LA STORIA CONTEMPORANEA
dalla prima guerra mondiale ad oggi


LE CAUSE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

I FATTI - I TRATTATI - IL DOPOGUERRA

SPARTIZIONE DELL'IMPERO OTTOMANO

L'INGRESSO DEGLI STATI UNITI IN MEDIORIENTE

Dal Congresso di Vienna...

Dopo la caduta dell’impero napoleonico, il cui obiettivo era stato quello d’imporre con la forza i valori democratico-borghesi della rivoluzione francese, i vincitori ridisegnarono, col Congresso di Vienna (1815), l’assetto dell’Europa per restaurarvi l’assolutismo monarchico basato sul predominio dell’aristocrazia terriera.

A est della Francia vennero creati degli Stati cuscinetto per arginarla: Paesi Bassi (Belgio e Olanda), Confederazione svizzera, Confederazione germanica (39 staterelli sotto il dominio austriaco), Regno di Sardegna (Piemonte, Sardegna, Liguria e Savoia).

Al Congresso si creò anche la Santa Alleanza tra Austria Russia e Prussia, cui più tardi aderirà anche l’Inghilterra. Il fine era quello di reprimere in tutta Europa qualunque tentativo di modificare l’assetto stabilito al Congresso.

In realtà il Congresso riuscì solo a rallentare la crescita borghese e capitalistica dell’Europa. Infatti sin dal 1820-21 cominciano a crearsi le prime società segrete della borghesia, con finalità cospirative. L’attività di queste società veniva ovunque duramente repressa, ma a volte i sovrani erano indotti a concedere una Costituzione parlamentare, per quanto con poteri molto limitati.

Intanto in America latina e nell’impero ottomano scoppiarono moti rivoluzionari: nella prima contro i colonialisti spagnoli; nel secondo le popolazioni balcaniche (Grecia, Bulgaria, Romania, Serbia ecc.) volevano rendersi indipendenti dai turchi e venivano aiutate dalla Russia, col pretesto ch’erano prevalentemente di religione ortodossa, ma in realtà perché gli zar da tempo speravano di avere uno sbocco sul Mediterraneo. La dottrina della Santa Alleanza in questi territori non ebbe alcun effetto.

Gran Bretagna e Stati Uniti si sviluppavano enormemente a livello industriale-capitalistico grazie al progresso tecnico-scientifico. In questi paesi nascono i primi movimenti operai e sindacali.

L’Italia non sopportava più di stare sotto l’Austria (centro-nord), i Borboni (sud) e la Chiesa, che frenavano lo sviluppo borghese.

Il primo importante intellettuale che prepara un progetto insurrezionale nazionale è Mazzini. Tutti i suoi moti però furono fallimentari, poiché egli non riponeva fiducia nelle classi operaie e contadine ma solo in quelle borghesi.

L’anno cruciale delle rivoluzioni borghese-operaie contro i sovrani assolutisti e le classi aristocratiche fu il 1848: in Francia, in Germania, in Austria… In Italia scoppia addirittura la prima guerra d’indipendenza contro l’Austria, favorita dal regno sabaudo.

Tuttavia la reazione assolutista ha la meglio e tutte le rivolte vengono represse.

Il primo ministro piemontese, Cavour, pensò allora di chiedere aiuto alla Francia per liberarsi dell’Austria e, per dimostrare le sue intenzioni, inviò un contingente armato a sostegno dei francesi nella guerra di Crimea (1854).

In questa guerra Francia e Inghilterra impedirono alla Russia di vincere la Turchia, perché temevano che i russi potessero entrare nel Mediterraneo. Quella guerra fu una crepa nel trattato della Santa Alleanza.

Nella seconda guerra d’indipendenza, mentre la Francia stava vincendo l’Austria in Italia, improvvisamente i due paesi preferirono scendere a patti e con l’armistizio di Villafranca (1859) l’Austria cede la Lombardia al Piemonte ma si tiene tutto il resto.

Dalla grande delusione di Cavour nasce il progetto di Garibaldi di realizzare l’unificazione senza l’aiuto di un paese straniero. Di qui l’impresa dei Mille garibaldini che partono dalla Liguria, diretti in Sicilia, intenzionati a cacciare i Borboni da tutto il Mezzogiorno con l’aiuto delle popolazioni locali.

Garibaldi consegna la liberazione del Mezzogiorno ai piemontesi, senza porre condizioni politiche, e nel 1861 Vittorio Emanuele II di Savoia viene proclamato re d’Italia.

A questo punto i problemi da risolvere erano: come cacciare gli Austriaci dal Veneto; come risolvere la “questione romana” (togliere il potere temporale alla chiesa); come risolvere la “questione meridionale” (il sud non era ancora industrializzato e il capitalismo del triangolo industriale voleva un mercato unico nazionale).

Gli austriaci furono cacciati con la terza guerra d’indipendenza (1866), anche se rimase loro il Trentino; lo Stato della chiesa fu sconfitto con la breccia di Porta Pia (1870); al sud s’impose il capitalismo con la forza, il che determinò la nascita del brigantaggio, sconfitto il quale si formò un’emigrazione contadina di massa verso il nord d’Italia, il nord Europa e gli Stati Uniti.

L’Italia era riuscita a sconfiggere l’Austria perché aveva concertato con la Prussia un attacco simultaneo. Anche la Prussia riusciva a creare uno Stato unitario molto grande. Il Reich (impero tedesco) del 1871 era in grado di sconfiggere a Sedan i francesi e di avere a est i suoi confini con la Russia.

Francesi e tedeschi si trovarono tuttavia uniti quando si trattò di eliminare la Comune operaia di Parigi nel 1871.

Alla fine dell’Ottocento si verificano due fenomeni molto importanti: la seconda rivoluzione industriale, che dà a Inghilterra, Francia, Stati Uniti un predominio tecno-scientifico mondiale; e l’imperialismo, con cui le potenze occidentali si spartiscono il mondo intero.

Ormai le potenze del vecchio assolutismo feudale stanno uscendo dalla storia: l’impero austro-ungarico, che vorrebbe dominare i Balcani al posto della Turchia ma non è in grado di farlo (la dichiarazione di guerra alla Serbia, che farà scoppiare la I guerra mondiale, segnerà la sua fine definitiva); l’impero russo zarista, che viene sconfitto per la prima volta da una potenza molto più piccola: il Giappone (1905) e che nel 1917 verrà sconfitto da una rivoluzione interna, quella bolscevica; l’impero turco, su cui tutti vogliono mettere le mani, non è in grado di impedire l’indipendenza dei paesi balcanici, né di conservare i territori in Africa (Egitto, Libia) e non sarà in grado d’impedire durante la I guerra mondiale l’indipendenza dei paesi arabi del Medioriente, aiutati da Francia e Inghilterra.

Dal 1870 al 1914 si sviluppa la rivoluzione industriale e l’imperialismo, ma due potenze europee, essendo partite tardi nel loro processo di unificazione nazionale borghese, avvertono di avere bisogno di più colonie per svilupparsi in senso capitalistico: la Germania e l’Italia (in oriente il Giappone).

... alla Prima Guerra Mondiale

All'origine della I guerra mondiale vi è un forte contrasto imperialistico (dominio economico mondiale attraverso la conquista di colonie) tra Germania, da un lato, e Francia-Inghilterra dall'altro. E vi è anche il tentativo dei vecchi imperi feudali di non lasciarsi travolgere dalle nuove forze democratico-borghesi che al loro interno vanno emergendo, senza considerare che negli stessi paesi capitalistici si stanno formando forze chiaramente di tipo socialista, che destano vive preoccupazioni in tutti i governi in carica.

La Germania si era costituita come nazione capitalistica dopo la sconfitta di Sedan inflitta alla Francia nel 1870 (guerra franco-prussiana): la propria unificazione nazionale era avvenuta sotto l'egemonia della Prussia, uno dei suoi 25 Stati (lander). L'Impero tedesco fu proclamato nel 1871 e Guglielmo I ne fu l'imperatore.

Gli Stati della Germania erano presieduti da un governo centrale: il cancelliere (Bismarck), l'imperatore e lo stato maggiore, che disponevano di tutti i poteri, in quanto il parlamento non esercitava alcun vero controllo. Poi vi era il consiglio federale, costituito dai rappresentanti degli Stati, anch'esso con poteri molto limitati.

Bismarck realizzò un'intesa di tipo conservatore, tra le classi dominanti di quel periodo: gli junker (aristocrazia agraria, che occupava posti di rilievo nell'esercito e nella pubblica amministrazione) e gli industriali. Tale alleanza si era consolidata grazie all'esito favorevole della guerra contro la Francia e al raggiungimento dell'unità nazionale.

Bismarck condusse una politica repressiva nei confronti della classe operaia e del partito socialdemocratico che la rappresentava, impedendo che si emanassero leggi a favore della libertà di stampa, di riunione, ecc., anche se varò un sistema di assicurazioni sociali (per malattie, infortuni e vecchiaia) in modo da contenere le rivendicazioni dei ceti marginali. Egli era contrario anche al partito cattolico (specie dopo la proclamazione del dogma dell'infallibilità pontificia), ma trovò poi il modo di allearsi coi cattolici in funzione antisocialista.

Nel 1864 Bismarck, stabilita un'alleanza con l'Austria, attaccò la Danimarca, sottraendole i ducati dello Shleswig e dello Holstein (in posizione strategica a cavallo tra il Mare del Nord e il Mar Baltico) e nel 1866 dichiarò guerra alla stessa Austria costringendola a dare l'autonomia all'Ungheria, sicché dall'impero d'Austria nacque l'impero austro-ungarico con due capitali: Vienna e Budapest. All'Italia viene dato il Veneto.

Nel 1870 mise la Francia in condizioni di dichiarare guerra alla Prussia e a Sedan la sconfisse, facendo nascere il Reich tedesco (la corona di imperatore Guglielmo I la riceve addirittura a Versailles). La Germania si annette l'Alsazia e la Lorena.

Nel 1873 promosse il "Patto dei tre imperatori" (tedesco, austriaco e russo), che durò però molto poco a causa dei contrasti insanabili tra Austria e Russia nei Balcani. Qui infatti alcuni territori (principati danubiani, che si unirono in un solo Stato: la Romania, e poi la Serbia, il Montenegro, la Bosnia, l'Erzegovina e la Bulgaria) volevano liberarsi dell'egemonia ottomana e, siccome da soli non sempre erano in grado di farlo, chiedevano spesso l'aiuto alla Russia, che infatti nel 1877 dichiarò guerra alla Turchia, costringendola a riconoscere l'indipendenza o l'autonomia amministrativa di quegli Stati.

Questa situazione non piacque per nulla all'Austria, che minacciò di dichiarare guerra alla Russia. Per evitare lo scontro, Bismarck organizzò un congresso internazionale a Berlino nel 1878, col quale, da un lato, si riconobbe l'indipendenza di vari Stati balcanici, e dall'altro si assegnò all'Austria (con cui la Germania stipulerà una stretta alleanza nel 1879) una sorta di protettorato sulla Bosnia e l'Erzegovina (che sarebbe dovuto servirle per avere in futuro uno sbocco nel mar Egeo), mentre la Russia, che aveva vinto la guerra anti-turca, ottenne soltanto la Bessarabia (ch'era stata già sua).

L'Inghilterra dal congresso di Berlino ottenne il riconoscimento del possesso dell'isola di Cipro, posizione strategica per l'accesso al Mediterraneo orientale. L'Italia, pur facendo parte sin dal 1882, con l'Austria e la Germania, della Triplice Alleanza, in funzione anti-francese, in quanto rivendicava dei territori tunisini, conquistati dalla Francia nel 1881, non ottenne nulla, anche se il trattato prevedeva compensi all'Italia in caso di espansione dell'Austria verso i Balcani.

Il risultato del congresso fu che la Russia si avvicinò sempre di più alla Francia in funzione anti-tedesca e anti-austriaca, anche se nel 1887 la Germania fece con la Russia un "Trattato di Contro-Assicurazione", ottenendo, in cambio di un proprio disimpegno nei Balcani, che la Russia rimanesse neutrale nel caso in cui la Francia avesse dichiarato guerra alla Germania.

Nel 1908, l'Austria, approfittando di un colpo di stato in Turchia, compiuto dai "Giovani Turchi", che volevano modernizzare il loro paese, trasformandolo da feudale a borghese, annette definitivamente al proprio territorio la Bosnia e l’Erzegovina, assicurandosi il riconoscimento di Germania e Italia. Sarà proprio questa annessione forzata che provocherà la nascita di un movimento irredentista slavo, la cui ala serba eliminerà l'erede al trono austriaco, l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo (eccidio di Sarajevo del 1914), scatenando la ritorsione dell'Austria contro la Serbia e quindi lo scoppio della I guerra mondiale.

Dopo Bismarck il kaiser Guglielmo II (1888-1918), consapevole che la Germania aveva raggiunto una notevole espansione economica (specie nei settori meccanico, chimico, tessile ed elettrico), grazie anche allo sfruttamento dei giacimenti di ferro e carbone nell'Alsazia e nella Lorena, sottratte alla Francia, ha intenzione di creare in Europa una grande area dominata nettamente dal suo impero (pangermanesimo), recuperando velocemente il tempo perduto: di qui le forti esigenze di tipo coloniale.

Quando iniziò la propria espansione coloniale, la Germania incontrò subito forti resistenze da parte di Francia e Inghilterra, in Africa, Asia e Medio Oriente. Nonostante questo riuscì ad occupare nel 1883-85 i seguenti territori:
- Togo e Camerun (Africa occidentale);
- Africa sud-occidentale (Namibia)
- Uganda e Tanganika (Africa sud-orientale);
- Nuova Guinea e arcipelago "Bismarck" (oceano Pacifico)
- Isole Marianne e Caroline (acquistate dalla Spagna)
- Baia di Kiao-Ciao (ottenuta in affitto dalla Cina nel 1898).

Guglielmo II provvide a costruire una flotta navale in grado di competere se non addirittura di distruggere quella inglese, e cominciò a preparare la Germania a una guerra contro la Francia e l'Inghilterra.

Infatti già durante un conflitto greco-turco per l'isola di Creta, la Germania spalleggiò i Turchi, ottenendo in cambio la concessione di costruire la ferrovia di Baghdad, che dal Bosforo doveva arrivare fino al golfo Persico, minacciando gli interessi inglesi in India. Per tutta la I guerra mondiale la Germania resterà alleata della Turchia.

Nel 1893, la Francia, avendo già sentore di quanto stava avvenendo in Germania e intenzionata a recuperare l'Alsazia e la Lorena perdute dopo la sconfitta di Sedan, si alleò con la Russia, cui si unì nel 1907 anche l'Inghilterra (Triplice Intesa).

Nel 1904 Francia e Inghilterra regolamentano, con un'Intesa cordiale, i rispettivi interessi coloniali in Africa, in modo da evitare dei contenziosi che avrebbero potuto essere nocivi nel caso fosse scoppiata una guerra contro la Germania.

Nella conferenza di Algesiras del 1906 la Francia può imporre il proprio protettorato sul Marocco, ma in cambio deve riconoscere alla Germania alcune strisce di terra nel Congo.

Nel 1907 la Russia stipula un accordo con l'Inghilterra per regolamentare i rispettivi interessi in Persia, Afghanistan e Tibet.

Il progetto modernizzatore dei Giovani Turchi, che diventa moto rivoluzionario nel 1908, era ispirato al liberalismo europeo: infatti volevano una Costituzione laica, l'abolizione dei tribunali speciali contro gli oppositori politici, l'inviolabilità della corrispondenza, la libertà di stampa e di associazione, l'equiparazione delle diverse etnie e religioni dell'impero. Ma quando videro l'Austria annettersi subito dopo la Bosnia-Erzegovina, la Bulgaria dichiarare la propria indipendenza e la Grecia occupare Creta (che considerava sua per motivi storici), l'ispirazione liberale lasciò il posto a un risentimento nazionalista e il regime costituzionale si trasformò ben presto in una feroce dittatura, che, tra il 1911 e il 1913, perseguitò duramente tutte le minoranze etniche (soprattutto quella armena, soggetta a genocidio, il primo del Novecento), stringendo stretti rapporti d'alleanza con la Germania imperiale.

Nel 1912-13 scoppiano due guerre balcaniche, il cui scopo è quello di liberarsi definitivamente del dominio turco. Esse furono condotte, la prima, dalla Lega balcanica (Serbia, Montenegro, Bulgaria e Grecia) che si concluderà vittoriosamente, e la seconda condotta dalla Bulgaria (appoggiata dall'Austria) contro Grecia, Montenegro e Serbia (cui poi si unirà anche la Romania) per questioni di ripartizione territoriale. Poiché la Bulgaria perse la guerra, il territorio della Macedonia venne suddiviso tra Serbia e Grecia (quest'ultima ottenne anche la Tracia occidentale e l'isola di Creta), mentre la Romania ebbe dalla Bulgaria la Dobrugia meridionale. Dal canto suo l'Austria era riuscita ad appoggiare con successo l'indipendenza dell'Albania dai turchi e a imporre un principe tedesco a capo del governo. Ma con l'occupazione serba e greca della Macedonia e di Salonicco, l'Austria dovrà rinunciare definitivamente alle mire espansionistiche verso l'Egeo.

Addendum

Spesso gli storici sostengono che la I guerra mondiale scoppiò senza che nessuno se l'aspettasse, senza che nessuno la volesse. Capitò come un fulmine a ciel sereno. Eppure, se è vero uno dei principi fondamentali della dialettica hegeliana, secondo cui una serie di determinazioni quantitative può produrre, ad un certo punto, una nuova qualità, bisogna dire ch'essa fu in realtà un risultato più o meno inevitabile degli eventi, la cui scontatezza era dovuta proprio al fatto che al trend crescente di conflittualità locali e regionali non si riuscì ad opporre un'efficace resistenza in grado d'impedire uno svolgimento internazionale di quei conflitti.

In particolare quel che mancò furono due fattori: uno all'interno del capitalismo avanzato dell'occidente, e cioè una lotta di classe condotta dalle forze socialcomuniste; l'altro all'interno dell'area coloniale del capitalismo occidentale, e cioè l'opposizione ferma e risoluta da parte delle tribù indigene o degli Stati che le governavano.

I motivi di questa fiacca resistenza sono molteplici ma sostanzialmente si riconducono a due: nell'area metropolitana lo sfruttamento delle colonie tendeva a garantire al proletariato industriale e agli intellettuali di sinistra condizioni di vita accettabili, per cui vi erano tendenze più favorevoli al riformismo e al sindacalismo che non alla rivoluzione (gli unici ad apparire rivoluzionari erano gli anarchici, che però si limitavano a eliminare i rappresentanti più significativi delle istituzioni, senza riuscire a creare una vera organizzazione di massa).

Nell'area periferica delle colonie i governi esistenti erano soltanto intenzionati, generalmente, a cercare compromessi con le potenze occidentali; oppure le varie tribù ed etnie non riuscivano a coalizzarsi contro un nemico comune.

Che esistessero dei conflitti significativi prima della Grande Guerra è fuor di dubbio. Semmai i dubbi vengono quando si tratta di connetterli, tutti insieme, come causa remota, alla guerra mondiale vera e propria.

Quando parliamo di "età dell'imperialismo", intendiamo un colonialismo selvaggio, senza risparmio di mezzi, ampiamente sostenuto dagli Stati, totalmente privo di riserve morali, esteso a quasi tutto il pianeta. Intendiamo una corsa sfrenata all'acquisizione di quante più terre possibili dal 1870 circa, cioè in conseguenza della grave crisi di sovrapproduzione del periodo 1873-96, sino appunto allo scoppio della guerra del 1914.

Agli inizi del Novecento si può parlare di Belle époque, cioè di superamento della crisi, proprio perché essa era stata interamente pagata dalle colonie europee presenti in Africa e Asia. Praticamente negli ultimi 30 anni dell'Ottocento le potenze europee avevano raddoppiato i milioni di kmq di colonie già in loro possesso, arrivando alla astronomica cifra di 40 milioni.

In questa colossale spartizione del pianeta, la fetta maggiore se la presero Francia e Regno Unito, in Europa, mentre gli Stati Uniti facevano la loro parte nel nuovo continente e cominciavano ad affacciarsi sul Pacifico, dove qui stava emergendo il Giappone militarista. A tutte le altre nazioni capitalistiche andarono solo le briciole. Francia e Inghilterra s'arricchirono così tanto che nessun paese poteva pensare di non dipendere da loro o di non essere in qualche modo influenzato dai loro commerci, dal loro stile di vita.

Tra i paesi esclusi dalla grande spartizione del mondo, il più significativo fu indubbiamente la Germania, ch'era riuscita ad annettersi soltanto la Tanzania, la Namibia, il Togo e il Camerun, oltre ad alcune isole del Pacifico. Era impossibile che questa nazione (che si faceva chiamare, pomposamente, "impero prussiano" e che aveva una produzione industriale di alto livello qualitativo e quantitativo) non venisse a scontrarsi con la Francia confinante, che già aveva sconfitto a Sedan nel 1870, ponendo fine al secondo impero napoleonico, sottraendole altresì l'Alsazia e la Lorena e obbligandola a un'enorme indennizzo di danni di guerra.

La Germania sapeva bene di non poter tenere sotto occupazione la Francia né di poterle requisire le colonie; per questo mirava a espandersi, più che in Africa, verso l'Europa orientale, a spese della Polonia, dell'Ucraina, della Bielorussia e, possibilmente, della stessa Russia. Ecco perché durante la I guerra mondiale considerava come suo obiettivo principale occupare quanti più territori possibili del mondo slavo. E lo zar sarà costretto ad accettare la sfida non solo per difendersi, ma anche perché la guerra costituiva ormai l'unica valvola di sfogo per impedire che scoppiasse all'intero del suo impero decadente, già sconfitto nella guerra contro il Giappone, già scosso dalla prima rivoluzione russa del 1905, una guerra civile che ponesse fine alla dinastia feudale dei Romanov.

Ora, i conflitti regionali che rischiarono di far scoppiare una guerra di dimensione ben più ampia furono i seguenti:

  1. guerra ispano-americana, che praticamente iniziò a fine Ottocento e che comportò il controllo di tutta l'America latina e delle principali isole del Pacifico (sino all'arcipelago delle Filippine nel 1898) da parte degli Usa;
  2. guerra anglo-boera, voluta dagli inglesi, i quali, dopo aver occupato l'Egitto nel 1882, agli inizi del Novecento avevano raggiunto, seguendo una linea verticale, l'odierno Sudafrica, già colonizzato dagli olandesi. La guerra, per molti versi spietata, in quanto, per la prima volta, ci si accorse di aver ammazzato più civili che militari, durò dal 1899 al 1902;
  3. intervento armato in Cina da parte di varie potenze agli inizi del Novecento (Germania, Austria, Francia, Italia, Gran Bretagna, Russia, Stati Uniti e Giappone), che posero fine alla dinastia imperiale e fecero nascere la Repubblica Cinese, che durò fino al 1949, quando divenne comunista;
  4. guerra russo-nipponica del 1904-05, con cui il Giappone riuscì ad annettersi la Manciuria, la Corea e l'isola di Sakhalin. Fu in seguito a questa guerra che scoppiò la rivoluzione russa del 1905-07;
  5. crisi in Bosnia nel 1908, in seguito all'annessione di Bosnia-Erzegovina da parte dell'impero austro-ungarico, appoggiato dalla Prussia;
  6. crisi in Marocco nel 1911, dovuta al fatto che la Prussia era intenzionata a occuparlo per impedire che se lo spartissero Francia e Spagna, le quali però ottennero il consenso degli inglesi (la Germania dovette accontentarsi di alcuni territori francesi nel Congo);
  7. guerra italo-turca nel 1911, in cui l'Italia approfitta dello sfacelo dell'impero ottomano per occupare la Libia e il Dodecaneso, col consenso degli altri paesi europei;
  8. due guerre balcaniche, poco prima dello scoppio della Grande Guerra, con cui i paesi danubiani, appoggiati dalla Russia, riuscirono a liberarsi dell'oppressione ottomana (tuttavia l'Austria, per impedire alla Serbia d'affacciarsi sull'Adriatico, impose la nazione dell'Albania).

Perché l'Italia entrò in guerra?

Dopo l'attentato di Sarajevo il kaiser Guglielmo II informa Vienna che la Germania è pronta per la guerra. Senza questa assicurazione, l'Austria non si sarebbe mossa, perché era un impero in declino, o comunque l'avrebbe fatto solo nel caso in cui sarebbe stata sicura di vincere e non poteva di certo esserlo vedendo che la Russia spalleggiava la Serbia. Va detto tuttavia che spesso proprio gli imperi in declino si servono di azioni estreme, come appunto le guerre, per distogliere le loro popolazioni dall'affronto dei problemi interni. La politica estera viene usata per supplire alle deficienze della politica interna.

Il governo italiano non viene informato dell'ultimatum austriaco lanciato allo Stato serbo, perché, pur facendo parte della Triplice Alleanza sin dal 1882 (il trattato, di tipo difensivo, era stato rinnovato nel 1912), l'Italia non veniva considerata un partner affidabile. Infatti nel 1913, alla fine della prima guerra balcanica, Italia e Austria, pur accordandosi per impedire l’accesso all’Adriatico della Serbia (l’intesa determinerà la creazione del Regno autonomo di Albania), non erano in buoni rapporti, in quanto l'Austria pareva intenzionata a impadronirsi di tutti i Balcani, sostituendosi alla Turchia, e l'Italia aveva più volte sostenuto che l'indipendenza della Serbia era considerata essenziale all'equilibrio balcanico. D'altra parte fin dal 1887 all'Italia era stato dato il diritto d'interferire nelle questioni balcaniche, ma questo non le aveva permesso di ottenere alcunché.

Dopo la dichiarazione di guerra alla Serbia, il governo italiano preferisce restare neutrale, benché gli ambasciatori austro-tedeschi premano in direzione opposta. D'altra parte l'Italia, dopo la guerra di Libia, ha un esercito a pezzi e non ha i capitali per risanarlo, e comunque è nel suo diritto non intervenire, visto che è stata l'Austria a dichiarare guerra per prima e per giunta senza neppure interpellare il nostro governo.

Grazie alla neutralità dell'Italia e alla guerra tra Russia e Germania, la Francia può sguarnire la frontiera alpina e concentrare tutte le sue forze sulla Marna, bloccando l'urto a sorpresa dei tedeschi e obbligandoli a una logorante guerra di posizione. Intanto l'Inghilterra dichiara guerra alla Germania.

A questo punto il governo italiano cerca di sfruttare la propria neutralità, chiedendo all'Austria la città di Trento e altri territori alpini. Tuttavia, se accetta di entrare in guerra dalla loro parte, i paesi della Triplice Intesa le promettono non solo Trento ma anche Trieste, alcuni territori della Dalmazia, la conferma del dominio del Dodecaneso e la rettifica a suo vantaggio delle frontiere dei possessi africani. Il governo (allora guidata da Salandra) vorrebbe aderire immediatamente, ma il capo dello Stato Maggiore, il maresciallo Luigi Cadorna, insiste nel dire che militarmente non siamo ancora pronti.

Intanto vari movimenti premono sul governo perché entri in guerra: nazionalisti, futuristi, irredentisti, socialisti rivoluzionari, sindacalisti rivoluzionari..., guidati da vari intellettuali: Corradini, Prezzolini, D'Annunzio, Corridoni, Bissolati... Invece Giolitti è dell'idea che, sfruttando la neutralità, si possono chiedere all'Austria tutte le terre irredente.

La molla che fa scattare la decisione di entrare in guerra è l'imponente sciopero proletario che va dal 7 al 12 giugno 1914 ("settimana rossa"): non essendo in grado di affrontare i problemi generati da un forsennato sviluppo capitalistico del nord Italia, il governo si spaventa e pone all'Austria delle condizioni che suonano come un ultimatum. Pretende la cessione immediata del Trentino (inclusa la provincia di Bolzano), una frontiera più larga nella zona di Tarvisio e nella Venezia-Giulia, la costituzione di Trieste in stato autonomo con porto franco, la cessione di tutte le isole dalmate da Spalato a Ragusa, la sovranità su Valona.

Nonostante queste richieste esorbitanti, l'Austria sembra disposta a cedervi, anche perché in Galizia e Bucovina ha la peggio con le truppe russe. Il nostro governo non si aspettava una reazione del genere, sicché alza il prezzo: ora vuole anche Gorizia, Gradisca e l'arcipelago delle Curzolare.

Poiché il governo austriaco, pur essendo disposto alle cessioni, non vuole però farlo immediatamente, il governo italiano decide di firmare segretamente il Patto di Londra, senza neppure informare le forze armate. Si voleva la guerra a tutti i costi.

Giolitti compie un ultimo tentativo, forte dell'appoggio di 300 deputati e 100 senatori, assicurando che l'Austria è disposta a cedere, ma gli interventisti dilagano, ora anche con Cesare Battisti e Benito Mussolini. Il governo è costretto a dimettersi, perché vede che in Parlamento non ha la maggioranza sufficiente per poter dichiarare guerra, ma, poiché Giolitti rifiuta di assumere l'incarico al posto di Salandra, il re Vittorio Emanuele III lo richiama al suo posto e dichiara guerra all'Austria: la Camera approva con 407 voti contro 74.

Vedi anche www.emerotecaitaliana.it e www.storiologia.it

Il ruolo particolare della Russia

Dai tempi di Napoleone gli europei hanno cominciato seriamente a pensare a come impadronirsi degli sterminati territori del continente russo. Quando il governo zarista sconfisse le truppe francesi, per un momento le aristocrazie europee pensarono di poter continuare a dominare ancora per lungo tempo, nonostante gli incredibili progressi della rivoluzione industriale.

Tuttavia quanto più la borghesia europea mostrava d'essere intenzionata a sostituirsi all'aristocrazia nella guida politica delle nazioni europee, tanto più difficile diventava per la Russia zarista continuare a svolgere il ruolo di bastione della reazione tardo-feudale, anche perché, in questo suo ruolo, essa non trovava alcun vero appoggio da parte dell'altro impero feudale europeo (quello austro-ungarico), intenzionato a espandersi nei Balcani, ove da secoli vivevano slavi di religione ortodossa protetti dalla Russia, anch'essa desiderosa d'aver un accesso al Mediterraneo (almeno attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli).

Le potenze europee, borghesi e feudali, proprio per impedire alla Russia di penetrare nei Balcani, le impedivano di eliminare l'altro impero feudale, ormai alle corde, quello ottomano, o comunque non le fornivano alcuno aiuto.

La prima guerra russo-turca era avvenuta nel 1828-29 e aveva permesso alla Russia di occupare il delta del Danubio e la costa orientale del mar Nero, obbligando i turchi a concedere autonomia amministrativa a Grecia, Serbia, Moldavia e Valacchia.

La seconda vittoria la ottenne nel 1853 quando sbaragliò la flotta navale turca nel mar Nero, ma, proprio mentre l'accesso agli stretti sembrava assicurato, Francia e Inghilterra (cui si unì il Regno di Sardegna dei Savoia) dichiararono guerra alla Russia (guerra di Crimea, 1853-56), che si concluse in maniera sfavorevole ai russi: nulla di militare potevano più tenere nel mar Nero e nessun protettorato potevano esercitare nei Balcani (intanto Moldavia e Valacchia, nonostante l'opposizione di austro-ungheresi, inglesi e turchi, si unirono per formare lo Stato rumeno, poi riconosciuto nel 1862).

Il terzo conflitto contro i turchi la Russia l'ebbe nel 1877-78, dopo che nel 1875 aveva appoggiato la rivolta anti-turca in Bosnia e l'anno la rivolta bulgara. Ebbe di nuovo la meglio, rendendo indipendenti dai turchi Romania, Serbia, Montenegro, Bulgaria, Bosnia ed Erzegovina. Col trattato di Santo Stefano era nato un grande Stato bulgaro, inglobante quasi tutta la Macedonia e con uno sblocco nell'Egeo.

I risultati di questo conflitto allarmarono notevolmente Inghilterra, Germania e Austria-Ungheria che, col trattato di Berlino (1878), imposero che la Bulgaria per i due terzi restasse sotto i turchi (senza Macedonia e senza sbocco marittimo) e che Bosnia-Erzegovina fossero controllate dall'Austria. Alla Russia si fecero concessioni nel Caucaso e si accettava l'idea che Serbia, Montenegro e Romania potessero esercitare una loro indipendenza politica.

La Russia zarista cominciava seriamente a preoccupare e nel 1904-1905 gli inglesi aiutarono volentieri i nipponici a sbaragliare la flotta navale russa di stanza nella baia di Port Arthur. Dopo quella catastrofe scoppiò in Russia la prima rivoluzione borghese del 1905-1907. In quel periodo lo zar dovette accordarsi con gli inglesi permettendo loro di controllare buona parte della Persia e dell'Afghanistan.

In cambio del riconoscimento dell'annessione della Bosnia-Erzegovina, la Russia chiese all'Austria-Ungheria, nel 1908 (dopo che in Turchia era stata fatta la rivoluzione democratico-borghese), il libero passaggio delle proprie navi da guerra negli stretti controllati dai turchi, ma Francia e Inghilterra si opposero risolutamente e lo fecero anche durante la guerra italo-turca (1911).

Intanto la Grecia, approfittando della svolta impressa dai Giovani Turchi, si annette Creta; Ferdinando I di Sassonia si proclama zar della Bulgaria e la Serbia comincia a pensare, vendendo l'annessione della Bosnia, che l'Austria è intenzionata a sostituirsi ai turchi nel controllo dei Balcani.

E infatti, quando, nel 1912, Serbia, Montenegro, Bulgaria e Grecia fecero l'Alleanza dei Balcani, per liberarsi definitivamente dei turchi, la loro vittoria preoccupò moltissimo il blocco austro-tedesco, che convinse la Bulgaria ad attaccare la Serbia.

Perché si giunse a questo? I fatti della prima guerra balcanica (ottobre 1912-maggio 1913) andarono così. Serbia e Bulgaria s'erano accordate per una spartizione della Macedonia. La Bulgaria, che confidava anche nel fatto che fruiva della protezione dell'Austria, era riuscita a occupare Adrianopoli e ad avvicinarsi al Bosforo. Quando le potenze europee si resero conto che per i turchi era finita, convinsero i bulgari (in un incontro a Londra nel 1913) a lasciare ai turchi il controllo degli stretti e a permettere che si creasse uno Stato indipendente albanese per impedire a quello serbo di avere uno sbocco nell'Adriatico.

Per tutta risposta la Serbia chiese alla Bulgaria di concederle maggiori territori in Macedonia; anche la Romania fece analoghe richieste ai bulgari e la Grecia non li voleva sul litorale. A questo punto la Bulgaria s'era sentita indotta a dichiarare guerra ai propri ex-alleati, convinta d'aver l'Austria dalla propria parte. Invece subì una sconfitta clamorosa, al punto che dovette restituire ai turchi Adrianopoli.

Col trattato di Bucarest (1913) tutta la Macedonia centrale, oltre al Kosovo, venne assegnata alla Serbia, mentre la Grecia ottenne la Macedonia meridionale. Alla Bulgaria restava soltanto una piccola parte della Macedonia orientale e un piccolo porto sull'Egeo. L'Austria non era intervenuta militarmente, anche se, a partire da quel momento, il rapporto tra tedeschi e turchi divenne particolarmente stretto.

Dopo il 1908 la principale preoccupazione dell'Austria era diventata quella di ridurre al massimo l'elemento nazionale serbo, parteggiando decisamente per i cattolici croati, che in Bosnia-Erzegovina erano una minoranza (21%, contro il 42% dei serbi e il 34% dei musulmani). L'arciduca ereditario Francesco Ferdinando, militarista intransigente, insensibile ai movimenti nazionali, sostenitore della politica della chiesa cattolica, era intenzionato a egemonizzare tutti i Balcani e stava cercando solo un pretesto per indurre la Serbia a fare un passo falso. L'ideale imperiale dell'Austria era quello di creare un forte Stato centralizzato, unitario (anche se dopo il 1867 era stata costretta ad accettare il "compromesso" coi magiari), militarizzato, germanizzato e destinato, dopo aver eliminato il concorrente serbo, a occupare l'intera penisola balcanica, esercitando un protettorato persino sulla Grecia. Se questo piano si fosse realizzato, per la Russia non ci sarebbe stata alcuna possibilità di entrare nei Balcani.

Non può infatti essere considerato un caso che l'Austria abbia dichiarato guerra alla Serbia subito dopo l'attentato di Sarajevo contro l'erede al trono Ferdinando (1914), senza intavolare alcuna trattativa. L'imperatore chiese al governo serbo di rispondere entro 48 ore alle sue richieste di reprimere i movimenti nazionalistici che non riconoscevano l'annessione della Bosnia e di epurare l'intera amministrazione dagli elementi ostili al governo imperiale; infine chiedeva che in Serbia vi fossero funzionari austriaci preposti a controllare l'effettiva applicazione delle condizioni. La Serbia non poteva accettare un ultimatum che le minava la propria sovranità.

Non può neppure essere considerato un caso che, subito dopo aver offerto il proprio appoggio all'Austria, la Germania, vedendo la mobilitazione generale della Russia per il sostegno alla Serbia, dichiarasse guerra sia alla Russia che alla Francia (vincolato dal patto dell'Intesa). Era evidente che da tempo la Germania e l'impero Austro-Ungarico si stavano preparando a una guerra in grande stile, i cui nemici da abbattere dovevano essere la Russia e naturalmente le nazionalità balcaniche, mentre con Francia e Inghilterra, dopo aver limitato la loro potenza, si sarebbe potuto scendere a trattative.

L'impotenza della II Internazionale

La prima guerra mondiale rappresentò anche un'enorme sconfitta del movimento operaio europeo, che non seppe impedire, attraverso lo strumento della Seconda Internazionale (fondata nel 1889 a Parigi dai partiti socialisti e laburisti europei) che il nazionalismo s'imponesse sull'internazionalismo, né che la guerra s'imponesse sul negoziato, né seppe approfittare della guerra per compiere una rivoluzione socialista contro le forze reazionarie e imperialiste.

D'altra parte la II Internazionale non era un "partito mondiale", non era in grado d'imporre una disciplina sovranazionale alle organizzazioni aderenti, come farà poi la III Internazionale voluta da Lenin nel 1919.

La decisione di difendere gli interessi nazionali venne presa quando si vide che a fianco della Serbia sarebbe intervenuta la Russia zarista, che in quel momento si temeva molto di più dell'Austria e della Germania.

In Germania la socialdemocrazia (partito socialista) nel 1912 aveva il 34% dei seggi in parlamento, tuttavia nel 1914 votò a favore dei crediti di guerra, sia perché in cambio aveva ottenuto un'imposta diretta sul reddito dei ceti borghesi e possidenti, sia perché vedeva la Russia, alleata della Serbia, come una barbarie dispotica che veniva dall'Oriente. Rosa Luxemburg e Carlo Liebknecht, contrari alla guerra, furono assassinati.

In Francia il partito socialista unificato aveva 104 seggi e la maggioranza relativa, eppure, dopo che il suo leader Jean Jaurès fu assassinato da un giovane nazionalista, ratificò l'Union sacrée e votò i crediti di guerra. Lo fece subito dopo che la Germania, occupando il Belgio neutrale, aveva intenzione d'invadere anche la Francia: i tedeschi venivano visti come barbarici e autocratici.

L'Italia era alleata con Germania e Austria dal 1882 (Triplice Alleanza) e sia i giolittiani che i cattolici che i socialisti riformisti (Turati...) non volevano fare alcuna guerra, anche perché erano convinti che Trento e Trieste si sarebbero potute ottenere per via diplomatica. Nel 1914 vi fu la "settimana rossa" organizzata dal sindacalismo rivoluzionario per l'abbattimento dello Stato monarchico e capitalistico. Quando questa esperienza fallì (anche perché non sostenuta dai socialisti) molti sindacalisti rivoluzionari si convinsero ad aderire alla guerra, pensando di poterla sfruttare per compiere la rivoluzione. All'interno del partito socialista la pensava allo stesso modo anche la corrente massimalista di Mussolini, direttore dell'Avanti!, che aveva impresso al partito una linea sovversiva e antimilitarista, che non fu però accettata dai socialisti riformisti, i quali ad un certo punto lanciarono nel 1915 il motto "non aderire né sabotare" (neutralismo), preferendo difendere la patria piuttosto che compiere la rivoluzione. Si illusero sino all'ultimo che il pericolo della guerra sarebbe stato scongiurato dalla diplomazia.

L'Internazionale si sciolse nel 1916, ma di fatto già nell'agosto 1914. Lenin fu l'unico che riuscì a trasformare la guerra in una rivoluzione.

Popolazioni e nazionalità dell'impero austro-ungarico (1910, in milioni)

Tedeschi 12
Magiari 10,1
Cechi 6,6
Polacchi 5
Ruteni (*) 4
Croati 3,2
Rumeni 2,9
Slovacchi 2
Serbi 2
Sloveni 1,3
Italiani 0,7
Totale 50,8

(*) Nei possedimenti asburgici (Rutenia subcarpatica), alla fine dell'Ottocento, si designavano come ruteni i soli ucraini seguaci della Chiesa greco-cattolica rutena, che si era unita alla Chiesa cattolica nel 1596. Altri ruteni invece appartenevano alla Chiesa ortodossa. Vivevano a cavallo di Ucraina, Slovacchia e Polonia e in aree circostanti dell'Europa orientale. Sono oggi concentrati nella Polonia meridionale, nella Slovacchia nord-occidentale (regione di Prešov) e nell'oblast' di Transcarpazia in Ucraina.

Confronto in percentuale tra 1880 e 1910 nelle grandi aree dell'impero austro-ungarico

Austria

1880 1910
Tedeschi 36,8 35,6
Cechi - Slovacchi 23,8 23
Polacchi 14,9 17,8
Ruteni 12,8 12,6
Serbo-Croati 2,6 2,7
Rumeni 0,9 1

 

Ungheria

1880 1910
Magiari 41,2 48,1
Rumeni 15,4 14,1
Tedeschi 12,5 9,8
Slovacchi 11,9 9,4
Croati 9 8,8
Serbi 6,1 5,3
Ruteni 2,3 2,3

 

Bosnia-Erzegovina

1910
Croati 21
Serbi 42
Musulmani 34

Vedi anche Spartizione dell'impero ottomano

Fonti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 28/09/2014