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Un esempio di scrittura creativa
nel Liceo Scientifico "N. Copernico" di Bologna
a.s.
2001-2002
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Un'ape gironzolava nel bosco in cerca di nettare, quando improvvisamente finì
nella tela di un ragno...
"Metafora della vita?".
"Provocazione?".
"Oh, già che c'era poteva iniziare con 'era una notte buia e tempestosa'...".
"Implicita richiesta di osare un cambiamento, di rischiare almeno una volta?".
"Ma cosa si può aspettare che io inventi?".
"E' una sfida? Io l'accetto!".
Questi e tanti altri erano i pensieri che ruzzolavano nell'aula, fra i banchi;
mille gli sguardi che rimbalzavano e domandavano ad altri sguardi un aiuto, un
consiglio.
I fogli bianchi non mancavano: alcuni si presentavano perfettamente intonsi,
altri un poco scarabocchiati sul margine. Biro mordicchiate per trovare
l'ispirazione, gambe inconsciamente frenetiche solleticavano il pavimento,
sospiri e rumori.
Ma, soprattutto, silenzio.
P. pensava, come tutti gli altri.
"Manca meno di un'ora e mezza. Un'ape gironzolava... già qui non capisco: come
fa un'ape a gironzolare? Un'ape ronza, vola, punge, infastidisce, si libra. Ma
gironzola? Boh... vacci a capire qualcosa...".
Capiamolo, questo ragazzo.
Ha due ore per inventare, creare. E non è facile.
Lui pensava; lui e tutti gli altri. Si potevano sentire i cervelli che
lavoravano, si potevano vedere le storie che prendevano forma nei loro occhi.
Prendevano forma, appunto; si abbozzavano.
"Ma come faccio a concluderla in un arco di tempo che non basterebbe neppure a
Oscar Wilde per scrivere un racconto degno dell'aggettivo 'creativo'? O forse a
lui basterebbe, ma io non sono Oscar Wilde. E poi c'è gente che ci mette anni
per scrivere un libro, e io in due ore devo elaborare un racconto?! Io non ho
mai avuto la dote della sintesi e non sono mai stato bravo a raccontare storie!!
E poi, lo chiama spunto iniziale, questo? Io lo chiamerei, piuttosto, ostacolo
mortale, impedimento alla mia sufficienza!".
P. non era cattivo, né tanto meno stupido. P. era preoccupato, come tutti.
Alle elementari e alle medie, coi temi, tutto era sempre andato bene. Ma ora,
perché mai non riusciva a smettere di azzannare la bic nera? Perché sentiva che
le idee lo fuggivano? Si sentiva vuoto e privo di quella fantasia che tutti,
sempre, gli avevano tanto invidiato. Era normale, per questo, che se la
prendesse con la colpevole più innocente: la prof.
Si girò istintivamente verso la finestra.
Il cielo pareva, come sempre nelle ultime settimane, più grigio, inutile e solo
di P. davanti al foglio protocollo, ancora solamente intestato.
Neppure nel nudo praticello che ormai conosceva a memoria poteva trovare
conforto.
Niente, era solo.
Solo con questa stupida ape che non guardava dove andava e questo insulso ragno
che, non si sa bene per quale motivo, si era trovato proprio sulla strada
dell'insetto tigrato.
Inevitabilmente, la sua giovane mente iniziò a vagare. A sognare, come sempre,
ad occhi aperti.
Non per tanto, purtroppo, perché il suono della campanella lo richiamò al suo
dovere e P., con un brusco cenno del capo, si scrollò quei pensieri dalla testa.
"Manca un'ora." si disse "Devo inventarmi qualcosa".
Ma ancora niente.
Gli sembrava che tutto fosse già stato scritto, che niente più si potesse
inventare.
Fissava il foglio, guardava gli altri, poi tornava a concentrarsi sul pezzo di
carta che aspettava solo di prendere vita.
Niente.
Poi, volse di nuovo lo sguardo fuori, al mondo.
E gli bastò vedere vorticare lentamente fino a terra dei piccoli batuffoli
candidi per risvegliarsi dal torpore.
Gli bastò vedere una ragazza camminare lentamente sotto la neve per ammirare
quello spettacolo antico come il mondo e dolce come una cioccolata in tazza con
panna e amici.
Questo bastò a P. per capire.
Più che altro, per ricordare.
Di quando era un bimbo e amava osservare tanto quei morbidi fiocchi quanto gli
insetti, gli animali e, addirittura, le tele dei ragni: geometricamente
perfette, sottili e fragili come solo la natura sa fare e, allo stesso tempo,
trappole mortali.
Così scrisse. Tanto.
Purtroppo, però, il tempo era ormai agli sgoccioli e non fece in tempo a
concludere il racconto.
Qualche giorno dopo seppe, infatti, che alla sufficienza non era arrivato, con
quel tema.
Ma aveva raggiunto un'altra meta, molto più importante per lui.
Si era ricordato che erano proprio gli incipit banali come quello del tema che,
fino a qualche anno prima, gli avevano permesso di scrivere quei testi tanto
fantasiosi. Gli erano tornati alla mente l'impagabile gioia e il profondo
divertimento che provava scrivendo per il solo piacere di inventare e
raccontare. Aveva ritrovato la capacità di stupirsi di ogni cosa, anche della
più semplice, come un'ape che finisce nella tela di un ragno.
E tutto ciò lo faceva sentire vivo.
Anche io non sono mai stata brava a raccontare storie, ma questa desideravo
farla conoscere. Perché tutti sappiano che un solito compito d'italiano in una
qualunque parte del mondo può diventare, per un normale ragazzo, ragione di
profonda riflessione e che un giorno come tanti altri può farci capire che
abbiamo davvero bisogno di continuare a meravigliarci e che non è giusto dare
tutto per scontato.
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