Le erbe divinatorie
Peraltro, la tradizione popolare non ricorda soltanto le erbe sante, ossia quelle trovate sul monte della passione, ma anche i frutti del peccato, come ci conferma questa noterella pubblicata in un almanacco a fine '800: "Fu di cotogno il frutto colto da Eva nel Paradiso terrestre, e che Adamo, pel suo agro sapore, non poté mandar giù, onde tutti gli uomini, appunto perché figli di Adamo, ne conservano ancora la traccia nel groppo della gola, detto comunemente pomo d'Adamo. Figuratamente vale sempre amarezza, afflizione, interno cruccio, affanno. Le verghe di cotogno erano strumento di tortura, e servivano per frustare le nude spalle dei malfattori o degli imputati per farli confessare".
Nel mondo magico popolare assai spesso ciò che è legato all'amore si ricollega anche alla dannazione, ed è questa la duplice connotazione del melograno, simbolo del desiderio e del demonio: "Le verghe di melograno servono ad indicare dove siano nascosti i tesori occulti. Importa però che siano maneggiate da una maga o da persona che sappia le formule, gli scongiuri. Questa persona deve aver venduta l'anima al diavolo. La melagrana bianca era di Lucifero, quando egli stava in cielo, e diventò rossa quando egli sprofondò nell'inferno. La melagrana rossa pertanto è del diavolo, e quando se ne vede una a chicchi rosso carico, dicesi ch'essa è della vera razza di Lucifero".
Cosi come l'uomo poteva parlare con le piante, si credeva che anche queste fossero in grado di metterlo in guardia contro i pericoli, che potevano essere di vario genere. Per es. "Chi sospetta infedele la moglie, può accertarsene percotendo con un bastone un verbasco fiorito. Il numero dei fiori che ne cadranno, indicherà quante volte essa abbia tradito il marito!"
La tradizione riconosce al loglio la prerogativa di fare pronostici: "Se l'anno sarà di abbondanza o di scarsezza, si pronostica con una spiga di loglio, staccandone ad una ad una le spighette e pronunciando alternativamente "buono o cattivo?" La spighetta apicìlare darà l'indicazione che si ricerca. Percorrendo le spighe del loglio dalla base all'apice e dicendo "M'ama, non m'ama?" le giovanette innamorate conoscono se i loro amanti dican davvero o per ischerzo. Cosi anche le buone vecchie interrogano la sorte che toccherà loro nel mondo di là, e nel percorrere la spiga pronunciano queste parole: "Inferno? Purgatorio? Paradiso?".
Analoghi riti di consultazione avvenivano anche osservando le foglie di olivo, mentre per scoprire le streghe si utilizzavano semi di senape.
Tra gli esseri umani e il mondo vegetale intercorre dunque uno straordinario legame integrativo. A conferma di ciò esiste un infinito repertorio mitologico: l'eroe riceve la forza e l'energia morale, che sono venute a mancare, abbracciando il tronco di un albero; riposando all'ombra di una quercia evoca sogni profetici.
Si credeva inoltre, presso molti popoli indoeuropei, che la donna fosse agevolata nel parto, chiedendo aiuto ad una pianta e sdraiandosi presso le sue radici.
Il legame si fa più intrinseco nelle favole popolari, dove capita spesso di sentir raccontare che dentro un frutto, un'arancia o una melagrana, stia nascosta una bella fanciulla che poi verrà sposata da un principe.
Una suprema allegoria della vita si cela nella credenza che la morte violenta e anche il suicidio possano causare la trasformazione dell'uomo in pianta (si ricordi ad esempio la metamorfosi delle disperate sorelle di Fetonte in pioppi, l'anemone nato dal sangue di Adone, oppure l'involucro arboreo che imprigiona il corpo di Pier delle Vigne, secondo la descrizione dantesca).
Per di più notiamo come nel linguaggio la commistione del livello vegetativo con quello umano sia immediatamente palese: di un uomo in buona salute diciamo vegeto, e gli anni della giovinezza si dicono 'verdi', in base ad un cromatismo arboreo peculiare e simbolico.