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A L'"acquis comunitario" corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l'insieme degli Stati membri nel contesto dell'Unione europea. Esso è in costante evoluzione ed è costituito:
Oltre che dal diritto comunitario propriamente detto, l'"acquis" comunitario è costituito dunque da tutti gli atti adottati a titolo del 2° e del 3° pilastro dell'Unione, nonché dagli obiettivi comuni fissati dai trattati. L'Unione si è posta come obiettivo di salvaguardare integralmente l'"acquis" comunitario e di svilupparlo ulteriormente. I paesi candidati devono accettare l'"acquis" per poter aderire all'Unione europea. Le deroghe all'"acquis" comunitario sono eccezionali e di portata limitata. Per integrarsi nell'Unione, i paesi candidati devono recepire l'"acquis" nei rispettivi ordinamenti nazionali, e quindi applicarlo con decorrenza dalla data in cui la loro adesione è diventata effettiva. Si consulti: [ Indice ]
L'accordo europeo fissa una forma specifica di associazione tra l'Unione europea e i paesi dell'Europa centrale e orientale che sono diventati in seguito i paesi candidati all'adesione all'Unione europea. L'accordo europeo è fondato sul rispetto dei principi dei diritti dell'uomo, della democrazia, dello stato di diritto e dell'economia di mercato. Di natura bilaterale l'accordo europeo favorisce la creazione di relazioni privilegiate tra le parti, in particolare nella prospettiva della loro adesione all'Unione. Costituisce quindi il quadro per:
L'accordo europeo prevede anche la creazione di istituzioni per la sua attuazione. Elemento della strategia di preadesione rafforzata, l'accordo e le sue istituzioni contribuiscono pienamente al processo di preadesione, in particolare mediante il monitoraggio degli obiettivi e delle priorità identificate nel partenariato per l'adesione. La Bulgaria e la Romania sono stati i due ultimi paesi candidati a beneficiare di un tale accordo mentre gli accordi europei che legano l'Estonia, l'Ungheria, la Lettonia, la Lituania, la Polonia, la Repubblica ceca, la Slovacchia e la Slovenia all'Unione europea non sono più in vigore a partire dalla loro adesione nel 2004. D'altra parte la Turchia ha concluso un accordo detto di associazione che si basa su rapporti commerciali e di cooperazione e che ha lo scopo di creare un'unione doganale. Anche Cipro e Malta hanno usufruito di tali accordi di associazione fino al momento della loro adesione. Le relazioni bilaterali tra l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Croazia da una parte e l'Unione europea dall'altra, sono regolate mediante accordi di stabilizzazione e di associazione, in conformità con la politica dell'Unione europea nei confronti dei paesi dei Balcani occidentali. Questi ultimi accordi rispondono alle specificità della regione e dei paesi dei Balcani occidentali, pur essendo basati su un modello simile agli accordi europei. Si consulti: [ Indice ]
L'Accordo sociale è stato firmato nel dicembre 1991 da 11 Stati membri, mentre il Regno Unito aveva preferito non associarsi. L'accordo precisa gli obiettivi della politica sociale alla luce della Carta sociale del 1989: promozione dell'occupazione, miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, lotta contro l'esclusione, sviluppo delle risorse umane ecc., e stabilisce anche la procedura secondo cui vanno adottate le misure in materia sociale e ribadisce il riconoscimento del ruolo fondamentale svolto dalle parti sociali in questo settore. Al momento della sua firma, l'Accordo sociale era allegato al protocollo sociale col quale il Regno Unito autorizzava gli altri Stati membri a proseguire nella materia senza la sua partecipazione. Con l'insediamento di un nuovo governo nel maggio 1997, il Regno Unito ha annunciato l'intenzione di abbandonare la clausola di esenzione che lo riguardava. L'Accordo sociale di conseguenza è stato inserito dal trattato di Amsterdam nel capitolo sociale del trattato che istituisce la Comunità europea. Tale inserimento ha anche avuto come conseguenza la soppressione formale del protocollo sociale. Si consulti:
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Adesione di un nuovo Stato all'Unione L'adesione di un nuovo Stato all'Unione europea è regolamentata dall'articolo 49 del trattato sull'Unione europea. Uno Stato che desideri divenire membro dell'Unione deve ottemperare a due condizioni precise:
L'adesione viene decisa dal Consiglio il quale si pronuncia all'unanimità previa consultazione della Commissione e sulla base di un parere conforme del Parlamento europeo. Le condizioni e la data di adesione, gli eventuali periodi transitori necessari e gli adattamenti dei trattati sui quali è fondata l'Unione sono oggetto di un accordo, sotto forma di trattato concluso fra il paese candidato e gli Stati membri. Per rendere formale l'adesione, il trattato di adesione deve essere ratificato da tutti gli Stati membri e dal paese candidato, in base alle rispettive norme costituzionali. Praticamente, l'adesione non avviene automaticamente poiché dipende dalla particolare situazione di ogni paese candidato. Pertanto, è prevista una fase di preadesione più o meno lunga, durante la quale i paesi candidati provvedono ad adeguare le loro istituzioni, le loro normative e le loro infrastrutture per poter essere in grado di ottemperare ai loro obblighi in qualità di Stati membri al momento dell'adesione. Si consulti: [ Indice ]
L'Agenda 2000 è un documento strategico, adottato dalla Commissione europea il 15 luglio 1997, che presenta il progetto europeo all'orizzonte del 2000. Esso annuncia una riforma delle politiche comunitarie, segnatamente nella prospettiva dell'allargamento all'Europa centrale ed orientale, e delinea il quadro finanziario per il periodo 2000-2006. Al documento, riguardante l'insieme dei nodi a carattere politico, economico e sociale cui l'Unione europea dovrà fare fronte in questo inizio di XXI secolo, sono allegati i pareri della Commissione sulle candidature di adesione. L'Agenda 2000 è articolata in tre sezioni:
In queste tre aree la Commissione ha presentato una ventina di proposte legislative nel 1998. Nel marzo 1999 il Consiglio europeo di Berlino è pervenuto ad un accordo politico globale su questo pacchetto di proposte, il che ha consentito la loro integrale adozione entro la fine dell'anno. Queste misure, la cui validità si estende dal 2000 al 2006, riguardano quattro settori strettamente connessi:
È attualmente in preparazione una nuova riforma del progetto europeo che permetterà di consolidare le iniziative dell'Unione allargata e preparare le adesioni future. Sono inoltre allo studio nuove prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013 che determineranno la natura e la portata della nuova generazione di politiche comunitarie. Si consulti:
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Le agenzie dell'Unione europea sono organismi di diritto pubblico europeo, dotati di personalità giuridica propria, istituiti con atto comunitario di diritto derivato per lo svolgimento di compiti di natura tecnica, scientifica ovvero di compiti di gestione specifici. Le prime agenzie furono create negli anni '70, ma la maggioranza di esse ha avviato l'attività tra il 1994 e il 1995, dopo l'adozione da parte del Consiglio europeo di Bruxelles dell'ottobre 1993 della decisione con cui è stata fissata la sede di sette di esse. Le più recenti sono il Centro europeo di prevenzione e di controllo delle malattie (aprile 2004), l'Agenzia comunitaria di controllo della pesca (aprile 2005), l'Agenzia ferroviaria europea (aprile 2004) e l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'UE (ottobre 2004). Ventinove organismi rispondono attualmente alla definizione di agenzia comunitaria, nonostante la molteplicità dei termini utilizzati per designarli (Centro, Fondazione, Agenzia, Ufficio, Osservatorio). Le agenzie, in quanto organismi autonomi, costituiscono un gruppo eterogeneo unito da un modello organizzativo unico. Le agenzie possono essere suddivise in tre sottogruppi, a seconda della loro attività (pilastri dell'Unione europea): Le agenzie comunitarie:
Le agenzie che operano nel settore della politica estera e della sicurezza comune:
Le agenzie che operano nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale:
Si consulti:
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Le origini della politica di sviluppo della Comunità europea coincidono con la firma del trattato di Roma nel 1957 e i paesi e i territori d'oltremare degli Stati membri di allora sono stati i suoi primi beneficiari. Tuttavia, è solo dall'entrata in vigore del trattato sull'Unione europea (trattato di Maastricht 1993) che la politica di sviluppo ha ottenuto una base giuridica specifica (articoli da 177 a 181 del TCE). Con i successivi allargamenti dell'Unione la cooperazione è stata progressivamente estesa ad altri paesi, quali i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) che vantano una relazione particolarmente stretta e di lunga durata con alcuni Stati membri. L'accordo di Cotonou, firmato nel giugno 2000 e riveduto nel giugno 2005, ha ulteriormente rafforzato questo partenariato che si fonda in buona parte sulle diverse convenzioni di Lomé, di cui la prima firmata nel 1975. Al di là di questi primi accordi la politica di sviluppo comunitaria si rivolge anche ad altri paesi, quali quelli dell'America latina e dell'Asia. L'obiettivo principale della politica di sviluppo della Comunità europea consiste nell'eliminazione della povertà. Questa politica è attuata non solo attraverso accordi bilaterali e regionali ma anche mediante programmi specifici in alcuni settori, come la sanità e l'istruzione. La politica di sviluppo implica anche la cooperazione con le istituzioni internazionali e la partecipazione della Comunità e degli Stati membri alle iniziative avviate a questo livello, come quella a favore dei paesi poveri fortemente indebitati. Attualmente, l'Unione è il principale partner commerciale dei paesi in via di sviluppo ed è il primo tra coloro che contribuiscono all'aiuto allo sviluppo. La Comunità europea e i suoi Stati membri forniscono congiuntamente il 55% degli aiuti internazionali allo sviluppo. Si consulti: [ Indice ]
Un aiuto di Stato consiste nell'intervento di un'autorità pubblica (a livello nazionale, regionale ovvero locale), effettuato tramite risorse pubbliche, per sostenere alcune imprese o attività produttive. Un'impresa che beneficia di un tale aiuto ne risulta avvantaggiata rispetto ai suoi concorrenti. Il controllo degli aiuti di Stato risponde pertanto alla necessità di salvaguardare una concorrenza libera e leale all'interno dell'Unione europea. Sono vietati (articolo 87 del trattato che istituisce la Comunità europea - TCE) gli aiuti erogati in maniera selettiva dagli Stati membri, ovvero tramite risorse statali, che possano ostacolare gli scambi fra Stati membri ovvero ostacolare la libera concorrenza. Gli aiuti di Stato possono tuttavia essere autorizzati allorquando sono giustificati da obiettivi d'interesse generale: aiuti destinati allo sviluppo delle regioni più svantaggiate, ai servizi d'interesse economico generale, alla promozione delle attività delle piccole e medie imprese, alla ricerca e allo sviluppo, alla protezione dell'ambiente, alla formazione, all'occupazione e alla cultura. La Commissione europea è incaricata di controllare i provvedimenti riguardanti gli aiuti di Stato adottati dagli Stati membri, indipendentemente dal fatto che tali iniziative siano in fase di progetto o già operative, al fine di garantire che tali provvedimenti non ostacolino la libera concorrenza. La Commissione e la Corte di giustizia forniscono un'ampia interpretazione della nozione di « aiuto », sia per quanto riguarda l'organismo dal quale l'aiuto proviene (Stato, ente territoriale, organismo nel quale lo Stato esercita direttamente o indirettamente un'influenza preponderante, impresa privata o pubblica con statuto privato, ecc.), sia per quanto riguarda la forma dell'aiuto (aiuti diretti o indiretti; ad esempio misure di alleggerimento degli oneri finanziari di un'impresa) che la loro finalità. È attualmente in corso una riforma delle regole e delle procedure attinenti agli aiuti di Stato. Tale riforma propone che gli aiuti di Stato siano meno numerosi e meglio indirizzati, al fine di contribuire al miglioramento della competitività dell'industria europea, nonché alla creazione di posti di lavoro duraturi. Si consulti: [ Indice ]
L'Unione europea nel suo complesso (Commissione e Stati membri) è attualmente uno dei principali donatori di aiuti umanitari al mondo. Negli ultimi anni, la componente «aiuti umanitari» dell'azione esterna dell'Unione europea ha assunto un ruolo di primo piano, per il moltiplicarsi delle crisi nel mondo e la volontà dell'Unione di affermarsi nel settore dell'intervento umanitario internazionale. Nel 1992 è stato quindi istituito il servizio per gli aiuti umanitari (ECHO) della Commissione europea, che ha il compito di fornire assistenza e soccorso (sotto forma di beni o servizi) alle vittime delle catastrofi naturali o causate dall'uomo nonché dei conflitti al di fuori dell'Unione. Tale aiuto è basato sui principi di non discriminazione, imparzialità e umanità ed è distribuito dai partner di ECHO, ossia organizzazioni non governative, agenzie umanitarie delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali. La Costituzione, in corso di ratifica, include una sezione dedicata agli aiuti umanitari, per i quali è istituita una base giuridica specifica. Inoltre, l'importanza di tale componente è aumentata dalla futura creazione di un corpo volontario europeo di aiuto umanitario, che ha lo scopo di istituire un quadro per contributi comuni dei giovani europei in questo settore. Si consulti: [ Indice ]
L'aiuto di preadesione sostiene i paesi candidati all'adesione all'Unione europea affinché soddisfino i criteri di adesione (criteri di Copenaghen). L'adeguamento delle loro istituzioni e delle loro norme per conformarsi all'acquis e poter fronteggiare i relativi obblighi dello Stato membro richiede investimenti significativi. Elemento chiave della strategia di preadesione dell'Unione, l'aiuto di preadesione a favore dei paesi candidati è determinato dai partenariati di adesione. Per il periodo 2000-2006, l'aiuto di preadesione consiste in tre strumenti finanziari:
Inoltre, la Turchia beneficia di uno strumento di preadesione specifico. Per il periodo 2007-2013, lo strumento d'aiuto di preadesione (SPA) costituisce il quadro unico di finanziamento che sostituisce gli altri strumenti di preadesione. Esso sostituisce anche il programma CARDS destinato al programma di stabilizzazione e di associazione nei paesi dei Balcani occidentali. La Banca europea per gli investimenti (BEI) e le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) apportano anche un cofinanziamento ai paesi candidati. In seguito alla loro adesione, i nuovi Stati membri che non possono più pretendere aiuti di preadesione, beneficiano di un aiuto finanziario temporaneo, la Facilità transitoria, prevista dal trattato di adesione. Si consulti:
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Allargamento, Paesi membri e Paesi candidati * L'Unione europea comprende attualmente 27 Stati membri. Dall'Europa a sei, con la Germania, il Belgio, la Francia, l'Italia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi, 21 paesi hanno aderito all'Unione, e cioè:
L'ex-Repubblica yugoslava di Macedonia, la Croazia e la Turchia hanno lo statuto di paesi candidati. I negoziati di adesione con la Croazia e la Turchia sono stati avviati il 3 ottobre 2005. I paesi dei Balcani occidentali, impegnati nel processo di stabilizzazione e di associazione, hanno lo statuto di paesi candidati potenziali. Oltre all'ex-Repubblica di Macedonia e alla Croazia, tra i paesi candidati potenziali si annoverano: Albania, Bosnia Erzegovina, Serbia e Montenegro, compreso Kosov@, sotto l'egida delle Nazioni unite. Questi paesi sono spesso associati con la sigla CARDS (Community Assistance for Reconstruction, Development and Stabilisation) che era il nome di uno dei programmi di assistenza alla preadesione tra il 2000 e il 2006 oppure SEE (South-Eastern Europe). Si consulti:
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Alto rappresentante per la PESC (Sig. o Sig.ra PESC) La carica di alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune (PESC) è stata istituita dal trattato di Amsterdam (adottato nel 1997) ed è esercitata dal segretario generale del Consiglio, al fine di assistere la presidenza nelle questioni inerenti alla politica estera e di sicurezza comune. Questa funzione viene altresì designata con il termine di "sig. o sig.ra PESC" ed è stata istituita per consentire all'Unione di esprimersi con maggiore visibilità e coerenza sulla scena internazionale, assumendo un volto ed una voce maggiormente percepibili. L'alto rappresentante contribuisce inoltre alla formulazione, preparazione e attuazione delle decisioni politiche del Consiglio e conduce, a nome del Consiglio e su richiesta della presidenza, il dialogo politico con terzi. La gestione del segretariato generale del Consiglio spetta al segretario generale aggiunto. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede la sostituzione dell'alto rappresentante con il Ministro degli Affari esteri. Tale carica risulta dalla fusione delle funzioni dell'alto rappresentante per la PESC e del commissario per gli Affari esteri. Il ministro degli Affari esteri sarà anche vicepresidente della Commissione, nonché rappresentante del Consiglio per la PESC. Si consulti.: [ Indice ]
La politica ambientale dell'Unione europea si fonda sull'articolo 174 del trattato che istituisce la Comunità europea. Concerne la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente, nonché la protezione della salute umana, l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, la promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere problemi dell'ambiente a livello regionale e mondiale. La politica ambientale è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, di correzione alla fonte e sul principio di « chi inquina paga ». Il sesto programma d'azione per l'ambiente, adottato nel 2002, definisce le priorità e gli obiettivi della politica ambientale europea fino al 2010. Si concentra su quattro campi d'azione prioritari: il cambiamento climatico, la biodiversità, l'ambiente e la salute oltre che la gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti. È completato da sette strategie tematiche relative ai seguenti settori: l'inquinamento atmosferico, i rifiuti, l'ambiente marino, i suoli, i pesticidi, le risorse naturali e l'ambiente urbano. In trent'anni l'azione ambientale europea è passata da un metodo correttivo centrato su taluni problemi specifici ad un metodo più trasversale, preventivo ed integrato. La nozione di « sviluppo sostenibile » è stata inserita tra gli obiettivi dell'Unione con il trattato di Amsterdam e l'integrazione della protezione dell'ambiente è stata rinforzata nelle altre politiche comunitarie, in particolare nel quadro del mercato interno, dei trasporti e dell'energia. È stata rafforzata la possibilità di uno Stato membro di applicare norme più rigorose rispetto a quelle armonizzate. Tali norme più rigorose devono essere compatibili con il trattato e devono essere comunicate alla Commissione. La maggior parte degli atti comunitari in materia di ambiente sono adottati in conformità con la procedura di codecisione, ad eccezione dei settori che riguardano le disposizioni di natura fiscale, le misure concernenti l'assetto del territorio o le misure che possono incidere sensibilmente sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti energetiche. Si consulti:
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Le norme antitrust sono regole di concorrenza riguardanti gli accordi e le procedure commerciali anticoncorrenziali nonché gli abusi di posizione dominante. Gli accordi e le prassi commerciali suscettibili di limitare la concorrenza sono proibiti dalle norme comunitarie antitrust, segnatamente dall'articolo 81 del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE). Il divieto riguarda i cartelli (definiti parimenti intese) e le situazioni nelle quali alcune imprese concorrenti si uniscono per limitare la concorrenza, controllando i prezzi, limitando la produzione ovvero spartendosi i mercati. Accordi restrittivi possono peraltro essere a volte autorizzati se presentano più effetti positivi che negativi (accordi che migliorano la produzione, la distribuzione dei prodotti, la promozione del progresso tecnico, ecc.). Le regole comunitarie antitrust vietano inoltre alle imprese di abusare della loro posizione dominante su un mercato (articolo 82 del TCE). Un'impresa occupa una posizione dominante allorquando detiene una parte importante di un mercato ed è in grado di sottrarsi alla normale concorrenza su tale mercato. In questo caso, a tale impresa viene vietato di sfruttare indebitamente la sua posizione dominante, ad esempio praticando prezzi eccessivi o, inversamente, esageratamente bassi ovvero esercitando discriminazioni fra i partner commerciali. La Commissione può comminare pesanti ammende alle imprese che partecipano a iniziative commerciali illegali. A decorrere dal primo maggio del 2004, le norme comunitarie antitrust modernizzate consentono alle autorità nazionali competenti in materia di concorrenza di applicare, al pari della Commissione, le leggi comunitarie vigenti in materia di intese e di abusi di posizioni dominanti. Si consulti: [ Indice ]
Gli appalti pubblici riguardano gli ordini di forniture, servizi e lavori emessi dal settore pubblico. Nel 2004, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato un nuovo pacchetto legislativo che semplifica e modernizza le procedure di aggiudicazione. Questo pacchetto comprende due direttive. Una riguarda gli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, l'altra interessa gli appalti pubblici nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali. La legislazione comunitaria rende obbligatoria la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dei bandi di gara relativi agli appalti, il cui valore è superiore a certe soglie. Il Sistema d'informazione per gli appalti pubblici (SIMAP) fornisce agli operatori del settore dei contratti pubblici informazioni sulle possibilità di appalto a livello europeo e internazionale. Si consulti: [ Indice ]
L'approfondimento designa una dinamica di integrazione presente sin dall'inizio della costruzione europea. Unione doganale all'inizio, mercato comune poi e zona euro infine, le Comunità europee si sono trasformate in un'unione tra i popoli dell'Europa che, secondo il dettato dell'articolo 1 del TUE, aspira ad essere "sempre più stretta". L'approfondimento costituisce un movimento parallelo a quello dell'allargamento ed è spesso stato presentato come un preliminare necessario a quest'ultimo. In questo spirito, si è deciso di riformare le principali politiche comunitarie (politica agricola comune e politica strutturale) nonché il funzionamento delle istituzioni perché l'adesione di nuovi Stati membri all'Unione avvenga in un contesto favorevole. Si consulti.: [ Indice ]
L'armonizzazione fiscale consiste nel coordinare i regimi fiscali dei paesi europei in modo da evitare l'introduzione di modifiche non concertate che mettano in concorrenza le politiche fiscali nazionali, il che potrebbe rivelarsi nocivo per il mercato interno. Nel quadro del "pacchetto fiscale" volto a lottare contro la concorrenza fiscale nociva, il Consiglio ha adottato:
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Astensione costruttiva (astensione positiva) L'astensione costruttiva riflette l'esigenza di prevedere, nel quadro della politica estera e di sicurezza comune (PESC), che l'astensione di uno Stato membro in occasione del voto presso il Consiglio non possa ostacolare l'unanimità. Tale possibilità è stata introdotta tramite il trattato di Amsterdam con il nuovo articolo 23 del trattato sull'Unione europea (TUE), il quale prevede che se l'astensione è accompagnata da una dichiarazione formale, lo Stato membro in questione non sia tenuto ad applicare la decisione pur accettando che questa impegni l'Unione. Pertanto, tale Stato membro è tenuto ad evitare ogni comportamento che possa ostacolare l'azione dell'Unione basata su tale decisione. In base all'articolo 23 TCE, la decisione non può essere adottata se i membri del Consiglio, che manifestano la loro astensione accompagnata dalla dichiarazione suindicata, rappresentano oltre un terzo dei voti ponderati. Si consulti:
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Strumento giuridico del vecchio Titolo VI del trattato sull'Unione europea, l'azione comune è stata utilizzata dal 1993 al 1999. Con questo termine si designava un'azione coordinata dagli Stati membri, condotta in nome o nel contesto dell'Unione, allorché, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione stessa, gli obiettivi dell'Unione potevano essere meglio realizzati dall'azione comune che non dagli Stati membri che agivano isolatamente. L'azione comune è stata soppressa dal trattato di Amsterdam e sostituita dalle "decisioni" e "decisioni quadro". Si consulti:
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Strumento giuridico del Titolo V del trattato sull'Unione europea, con questo termine si designa un'azione coordinata dagli Stati membri, attraverso la quale risorse di qualsiasi genere (risorse umane, know-how, finanziamenti, materiali, ecc.) sono attivate per conseguire concreti obiettivi fatti propri dal Consiglio sulla base degli orientamenti generali formulati dal Consiglio europeo. Ai fini di una maggiore semplificazione, la Costituzione europea, attualmente in fase di ratifica, prevede di limitare gli strumenti della PESC alle decisioni europee e agli accordi internazionali. Quando la Costituzione sarà entrata in vigore, le azioni comuni e la loro attuazione saranno pertanto fondate sulle decisioni europee (atti non legislativi) adottati dal Consiglio dei ministri Si consulti: [ Indice ]
B La Banca centrale europea (BCE) è stata inaugurata il 30 giugno 1998 a Francoforte, ed è incaricata di dare attuazione alla politica monetaria nei 12 paesi membri della zona euro. Dal 1° gennaio 1999 ha il compito di mantenere la stabilità dei prezzi nella zona euro e di attuare la politica monetaria europea definita dal Sistema europeo delle banche centrali (SEBC). Gli organi decisionali della BCE (Consiglio direttivo e Comitato esecutivo) dirigono il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) il cui compito è di gestire la massa monetaria, di effettuare operazioni di cambio, di detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta degli Stati membri e di assicurare il corretto funzionamento dei sistemi di pagamento. La BCE agisce in completa autonomia. Il trattato di Nizza, entrato in vigore il 1° febbraio 2003, non ha modificato la composizione del Consiglio direttivo della BCE (composto dai membri del Comitato esecutivo e dai governatori delle banche centrali nazionali), esso ha però introdotto la possibilità di modificarne le regole relative alle decisioni (adottate di norma alla maggioranza semplice dei membri, i quali dispongono ciascuno di un voto). L'ampliamento previsto della zona euro ai dieci paesi che hanno aderito all'Unione nel 2004, comporterà un aumento del numero di membri di Consiglio direttivo della BCE. Una decisione del Consiglio del marzo 2003 ha permesso di modificare gli statuti della BCE e del SEBC riguardo alle modalità di voto. Lo scopo è di preservare la capacità del Consiglio direttivo di prendere decisioni in modo efficace nella zona euro allargata, qualunque sia il numero di Stati membri che hanno adottato l'euro. Si consulti: [ Indice ]
Banca europea per gli investimenti (BEI) Creata dal trattato di Roma, la Banca europea per gli investimenti è l'istituzione finanziaria dell'Unione europea. Essa ha il compito di contribuire alla coesione economica, sociale e territoriale attraverso lo sviluppo equilibrato del territorio comunitario. Gli azionisti della BEI sono i 25 Stati membri dell'Unione europea. La Banca è guidata da un consiglio dei governatori, composto dai quindici ministri delle finanze. Dotata di personalità giuridica e di autonomia finanziaria, la Banca concede finanziamenti a lungo termine per la realizzazione di progetti concreti di cui sia garantita l'attuabilità sotto il profilo economico, tecnico, finanziario e della tutela ambientale. La BEI concede prestiti attingendo essenzialmente a risorse raccolte sui mercati dei capitali, alle quali si aggiungono i capitali forniti dagli azionisti. Tra il 1994 e il 1999 i principali campi di intervento della BEI sono stati: i trasporti, le comunicazioni, l'energia, le risorse idriche, l'istruzione e la formazione. Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha richiesto un incremento del sostegno accordato alle piccole e medie imprese (PMI). Al fine di accrescere la competitività economica europea, è stato quindi costituito il "gruppo BEI", composto dalla BEI e dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI). Per mezzo dell'iniziativa Innovazione 2000, il gruppo intende stimolare l'imprenditorialità, l'innovazione e la valorizzazione del capitale umano, concedendo alle PMI prestiti a medio termine e garanzie bancarie, e finanziando attività di capitali di rischio. Al di fuori dell'Unione, la BEI sostiene le strategie di preadesione dei paesi candidati e dei Balcani occidentali. Essa attua inoltre il capitolo finanziario degli accordi conclusi nel quadro delle politiche di aiuto e di cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea. A tale riguardo interviene nei paesi mediterranei e nei paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (paesi ACP). Si consulti.: [ Indice ]
La questione del benessere degli animali è stata presa in considerazione per la prima volta da una normativa del 1974. Le esigenze in questa materia sono state confermate segnatamente in un protocollo aggiuntivo allegato al trattato di Amsterdam (1997). Tale «protocollo sulla protezione e sul benessere degli animali» stabilisce nuove regole riguardanti l'azione dell'Unione europea in questo settore. Esso riconosce ufficialmente che gli animali sono esseri sensibili e impone alle istituzioni europee di tener conto delle esigenze connesse al benessere degli animali nella formulazione e nell'attuazione delle politiche comuni. La legislazione europea in materia di protezione degli animali mira ad evitare di infliggere sofferenze inutili in tre settori fondamentali: l'allevamento, il trasporto e l'abbattimento. Alcune misure in tali settori risultano essenziali per motivi di ordine etico e morale, nonché per la salute degli animali e per la qualità dei prodotti alimentari. Nel quadro di una strategia globale sulla sicurezza alimentare altre politiche comunitarie (politica agricola, trasporti, mercato interno e ricerca) devono parimenti tener conto di tali necessità. All'inizio del 2006, la Commissione ha adottato un piano d'azione quinquennale volto a migliorare la normativa esistente, a sviluppare la ricerca, ad attuare misure di valutazione e di partecipazione, nonché a promuovere il benessere degli animali a livello internazionale. In collaborazione con le autorità competenti degli Stati membri, l'Ufficio alimentare e veterinario (OAV) effettua controlli in loco per garantire il rispetto della legislazione comunitaria. Dopo l'allargamento a 25 Stati membri, il ruolo di tale organo è stato potenziato. Si consulti: [ Indice ]
Tutte le entrate e le spese dell'Unione europea sono oggetto di previsioni annuali e sono iscritte nel bilancio comunitario. Diversi principi regolano tale bilancio, tra cui:
Ogni anno la Commissione europea ha il compito di trasmettere al Consiglio, che condivide col Parlamento europeo l'autorità di bilancio, un progetto preliminare di bilancio. La ripartizione del potere tra queste due istituzioni è stabilita in base alla natura delle spese; spese obbligatorie (l'ultima parola spetta al Consiglio) e spese non obbligatorie (il Parlamento decide in ultima istanza). Spetta poi al Parlamento europeo adottare o respingere il bilancio nel suo insieme. Al fine di stabilizzare i bilanci annuali, a partire dal 1988 questi ultimi sono oggetto di accordi interistituzionali pluriennali tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione in merito alla disciplina di bilancio. Tali prospettive finanziarie pluriennali determinano la ripartizione delle spese e hanno lo scopo di assicurare un livello di risorse adeguato per sostenere le priorità dell'Unione europea. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede l'istituzionalizzazione di tali prospettive con il nome di « quadro finanziario pluriennale », che tutte le istituzioni dovranno rispettare. L'obiettivo è garantire un'evoluzione ordinata delle spese, e ciò nei limiti delle risorse proprie dell'Unione. La Costituzione prevede altresì la modifica della procedura di bilancio, mettendo fine alla distinzione tra spese obbligatorie e spese non obbligatorie Si consulti.: [ Indice ]
La Commissione europea ha proposto, nel luglio del 2000, la creazione di un brevetto comunitario al fine di permettere agli inventori di entrare in possesso di un brevetto unitario legalmente valido in tutta l'Unione europea. Il carattere unitario del brevetto comunitario consentirebbe di ridurre in maniera considerevole gli oneri delle imprese ed i costi da sostenere per il rilascio di un brevetto. L'effetto atteso è quello di un rilancio della competitività europea con una contemporanea promozione dell'innovazione. I vantaggi del sistema del brevetto comunitario sarebbero i seguenti:
Il sistema proposto consentirebbe pertanto di eliminare gli ostacoli connessi all'attuale sistema del brevetto europeo, applicato dal 1973. Attualmente il brevetto europeo è infatti unitario solo fino al momento del rilascio, dopo di che si suddivide in tanti brevetti nazionali quanti sono i paesi indicati nella richiesta. Dopo il rilascio, il brevetto europeo è sottoposto alle leggi nazionali e nessuna istituzione comune consente di armonizzare la giurisprudenza a livello europeo su tale soggetto. Il brevetto comunitario proposto non mira a sostituire i sistemi nazionali ed il sistema europeo esistenti, bensì a coesistere con questi. Gli inventori resterebbero liberi di scegliere il sistema più conveniente ai fini della protezione del brevetto. La creazione di un sistema di brevetto comunitario costituisce tuttora un argomento delicato, ed il relativo dossier è tuttora bloccato presso il Consiglio dei ministri. Il principale impedimento consiste nella questione della traduzione delle rivendicazioni del brevetto. Nulla permette pertanto di prevedere quando il nuovo sistema di brevetto comunitario potrà risultare disponibile. Si consulti: [ Indice ]
C COREU (CORrispondenza EUropea) Il COREU (CORrispondenza EUropea) è una rete di comunicazione dell'Unione europea tra gli Stati membri e la Commissione ai fini della cooperazione in politica estera. La rete ha lo scopo di accelerare la presa di decisioni in caso di crisi. Si consulti.: [ Indice ]
E' questo il nome di una delle azioni del programma comunitario "Gioventù", attivo fino a dicembre 2006, rivolta ai giovani che avevano svolto un periodo di "Servizio volontario europeo". Nella nuova versione del programma "Gioventù in azione", questa azione è stata soppressa. Si consulti.: [ Indice ]
Carta dei diritti fondamentali A seguito del 50° anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, celebrato nel dicembre 1998, il Consiglio europeo di Colonia decise di avviare i lavori per la redazione di una carta dei diritti fondamentali. Si voleva in tal modo raccogliere in un unico testo i diritti fondamentali in vigore a livello dell'Unione, in modo da conferire loro maggiore visibilità. La carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea è stata proclamata in forma solenne nell'ambito del Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000. Essa si basa sui trattati comunitari, sulle convenzioni internazionali, tra cui la convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950 e la carta sociale europea del 1989, sulle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, nonché sulle varie dichiarazioni del Parlamento europeo. La Costituzione, in via di ratifica, segna un importante passo avanti in materia di protezione dei diritti fondamentali nell'Unione. Essa integra la carta dei diritti fondamentali e conferisce all'Unione la facoltà di aderire alla convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). La Carta - finora Dichiarazione solenne delle istituzioni e ormai parte integrante della Costituzione - permette di dotare l'Unione e i suoi Stati membri di una raccolta di diritti fondamentali che sarà giuridicamente vincolante per i soggetti che la sottoscrivono. La carta acquista altresì visibilità per i cittadini, che saranno meglio informati dei propri diritti. Inoltre, essa sancisce diritti che non sono tutelati nell'ambito della CEDU, che si limita alla tutela dei diritti civili e politici, mentre la carta annovera, nella fattispecie, i diritti sociali dei lavoratori, la protezione dei dati, la bioetica e il diritto a una buona amministrazione. Si consulti.:
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L'idea di carta dei servizi pubblici si riallaccia al progetto di puntualizzare in uno specifico documento i diritti fondamentali ed i principi che ispirano la prestazione dei servizi agli utenti. Figurerebbero tra questi principi:
L'articolo 16 del trattato di Amsterdam consacra il ruolo dei servizi pubblici nell'Unione europea. La politica condotta dall'Unione degli operatori di servizi pubblici è segnata dalla volontà di liberalizzare i servizi pubblici in rete e di aprire maggiormente i mercati nazionali alla concorrenza nell'ambito dei trasporti ferroviari, dei servizi postali, dell'energia e delle telecomunicazioni. Si consulti.: [ Indice ]
Carta sociale (carta dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori) La carta dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, detta anche carta sociale, è stata adottata nel 1989 sotto forma di dichiarazione da tutti gli Stati membri, ad eccezione del Regno Unito che l'ha ratificata nel 1998. È considerata uno strumento politico contenente degli "obblighi morali" volti a garantire il rispetto negli Stati membri di taluni diritti sociali, segnatamente nell'ambito del mercato del lavoro, della formazione professionale, della protezione sociale, della parità di opportunità e della salute e sicurezza sul luogo di lavoro. In essa si chiede espressamente alla Commissione di promuovere iniziative volte a tradurre in atti legislativi il contenuto della Carta sociale. A quest'ultima hanno fatto seguito programmi di azione e concrete proposte legislative. La carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e trasposta integralmente nella Costituzione europea (in via di ratifica), riprende fra l'altro i diritti enunciati nella carta sociale. Si consulti: [ Indice ]
Il concetto di "cerchi concentrici" sta ad indicare un'architettura dell'Europa costituita da sottoinsiemi di Stati che hanno raggiunto differenti livelli d'integrazione. Il concetto non si limita alla struttura integrativa dell'Unione europea. È stato comunque studiato da diverse personalità, di cui alcune ritengono che si avrebbe il "cerchio di diritto comune" (gli Stati membri dell'Unione); il "cerchio dei più vicini" (paesi non facenti parte dell'Unione ma in attesa di adesione) e, infine, i "cerchi più ristretti" che postulano una cooperazione più rafforzata (cerchio monetario, cerchio della difesa, ecc.). Si consulti: [ Indice ]
La cittadinanza europea è stata introdotta con il trattato sull'Unione europea (TUE) firmato a Maastricht nel 1992.
In esito all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (1999), lo status di « cittadino europeo » conferisce del pari i seguenti diritti:
La cittadinanza dell'Unione non sostituisce bensì va ad aggiungersi alle cittadinanze nazionali. Tale complementarità rende più tangibile il sentimento di appartenenza del cittadino all'Unione. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede una nuova base giuridica che consente all'Unione di adottare leggi che stabiliscano le misure necessarie per facilitare la protezione diplomatica e consolare dei cittadini europei. In base ai trattati attuali, spetta agli Stati membri il compito di adottare tali misure. Si consulti:
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La classificazione delle spese indica la distinzione tra, da un lato, le spese dell'Unione giuridicamente stabilite - in linea di principio e in termini di importo - dagli stessi trattati, dal diritto derivato, dalle convenzioni, dai trattati internazionali e dai contratti di diritto privato (spese "obbligatorie" - SO) e, dall'altro, le spese il cui importo può essere liberamente fissato dall'autorità di bilancio (spese "non obbligatorie" - SNO). La qualificazione delle spese (SO/SNO) è all'origine di contrasti tra i due detentori dell'autorità di bilancio - Consiglio e Parlamento europeo - giacché soltanto le SNO sono decise in ultima istanza dal Parlamento europeo. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede la soppressione di tale distinzione tra SO e SNO. L'unificazione delle spese avrà un duplice effetto: il Parlamento otterrà la facoltà di esercitare la propria influenza su tutto il bilancio, ma perderà il diritto all'"ultima parola" che gli consente di imporre la sua volontà al Consiglio in materia di SNO. Si consulti.:
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La clausola di sospensione è stata introdotta nel trattato sull'Unione europea (articolo 7) dal trattato di Amsterdam. Tale clausola prevede che in caso di violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei principi sui quali poggia l'Unione (libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo, delle libertà fondamentali, dello Stato di diritto) tale Stato possa essere sospeso dall'esercizio di determinati diritti (ad esempio il diritto di voto in sede di Consiglio). Restano per contro impregiudicati gli obblighi che incombono allo stesso Stato membro. Il trattato di Nizza ha completato la procedura con un dispositivo preventivo. Su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previo parere conforme del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave dei principi fondamentali da parte di uno Stato membro, e rivolgergli le appropriate raccomandazioni. Si consulti.: [ Indice ]
Codificazione dei testi legislativi La codificazione costitutiva od ufficiale consiste nell'adottare un atto giuridico nuovo, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (Serie L), che integri ed abroghi gli atti oggetto della codificazione (atti di base + atti che li modificano), senza cambiarne la sostanza. La codificazione in parola può essere:
Si consulti: [ Indice ]
Coesione economica, sociale e territoriale La coesione economica e sociale dà espressione alla solidarietà tra gli Stati membri e le regioni dell'Unione europea e favorisce lo sviluppo equilibrato del territorio comunitario, la riduzione dei divari strutturali tra le regioni comunitarie, nonché la promozione di pari opportunità reali tra i cittadini. Essa prende forma attraverso diversi interventi finanziari, nello specifico nell'ambito dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione. Ogni tre anni, la Commissione europea presenta una relazione sui progressi conseguiti nel perseguimento della coesione economica e sociale e su come vi abbiano contribuito le politiche comunitarie. In ambito europeo, le origini della coesione economica e sociale risalgono al trattato di Roma (1957) il cui preambolo faceva riferimento all'equiparazione dei diversi livelli di sviluppo tra le regioni. Negli anni '70, sono state intraprese iniziative comunitarie volte a coordinare ed integrare economicamente gli strumenti d'intervento nazionali. Con l'andar del tempo, tuttavia, queste misure si sono rivelate insufficienti in un contesto comunitario in cui, contrariamente alle previsioni, la creazione del mercato interno non aveva eliminato i divari fra le regioni. Nel 1986, oltre al mercato unico, l'Atto unico europeo ha introdotto l'obiettivo della coesione economica e sociale vera e propria, istituzionalizzata infine come politica dal trattato di Maastricht (1992) negli articoli da 158 a 162 del trattato CE. La coesione economica e sociale viene perseguita essenzialmente tramite la politica regionale dell'Unione. Insieme alla riforma della politica agricola comune e alla prospettiva dell'allargamento ai paesi dell'Europa centrale e dell'est, la politica regionale è stata uno dei temi più dibattuti dell'Agenda 2000, in particolare in ragione delle implicazioni finanziarie. Con una dotazione di 213 miliardi di euro per il periodo 2000-2006, essa rappresenta infatti attualmente la seconda voce di spesa del bilancio dell'UE. L'allargamento dell'Unione a 25 Stati membri cambia le carte in tavola: la superficie dell'Unione aumenta del 23%, la popolazione del 20%, la ricchezza solo del 5%. Il PIL medio pro capite dell'Unione europea diminuisce del 13% mentre le disparità regionali raddoppiano. Dal momento che il 60% delle regioni in ritardo di sviluppo è localizzato nei futuri Stati membri, il centro di gravità della politica regionale si sposta inevitabilmente ad est. Dopo il 2006, la coesione economica e sociale è destinata a concentrarsi sempre più sugli aspetti cruciali dello sviluppo, continuando tuttavia a sostenere le regioni che non avranno ancora completato il processo di convergenza reale. D'altro canto, le aree confrontate a specifiche difficoltà strutturali (aree industriali in fase di riconversione, aree urbane, rurali o dipendenti dalle attività di pesca, aree con gravi svantaggi naturali o demografici) continuano a necessitare di interventi strutturali. La prossima riforma sarà imperniata infine sulla semplificazione e la decentralizzazione della gestione degli strumenti finanziari della politica regionale. La costituzione europea, in fase di ratifica, prevede che al concetto di coesione economica e sociale si aggiunga l'obiettivo della coesione territoriale. In caso di ratifica, la politica regionale vedrà accordarsi definitivamente una dimensione territoriale e sarà inoltre potenziato il ruolo delle autorità territoriali. Il Comitato delle regioni si troverà inoltre maggiormente coinvolto nel controllo del rispetto del principio di sussidiarietà. Si consulti.:
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A tutti gli stadi del processo legislativo intervengono comitati che hanno il compito di assistere le istituzioni comunitarie. Da parte sua, la Commissione, prima di formulare una nuova proposta legislativa, consulta regolarmente dei comitati di esperti composti da rappresentanti degli ambienti interessati, da esperti privati o provenienti dalle pubbliche amministrazioni. Attraverso questi comitati la Commissione resta aperta alle preoccupazioni dei destinatari della nuova normativa. Per l'insieme dei settori di attività esistono circa 60 comitati consultivi, di cui la metà competente per questioni agricole. In sede di Parlamento europeo numerose commissioni permanenti organizzano il lavoro dei deputati europei. Anche il Consiglio è assistito da comitati e da gruppi di lavoro che ne preparano le decisioni. L'esistenza di alcuni comitati è prevista dagli stessi trattati (ad esempio, il comitato di cui all'articolo 36 competente per il settore della giustizia e degli affari interni); altri costituiscono dei comitati "ad hoc", come ad esempio il comitato degli affari culturali, che valuta le proposte in materia di cooperazione culturale; prepara i lavori del Consiglio e provvede al monitoraggio delle iniziative in atto. I comitati sono composti di rappresentanti delle amministrazioni degli Stati membri e di un membro della Commissione. Parallelamente, diversi gruppi di lavoro effettuano lavori preparatori per conto del Coreper. Se alcuni gruppi sono istituiti temporaneamente per trattare un dossier specifico, circa un centinaio di essi è attivo in settori determinati e si riunisce regolarmente. Una volta adottato un testo legislativo, occorrerà rispettare alcuni principi generali, per la cui applicazione potrebbero essere necessari provvedimenti di esecuzione più precisi. A tal fine il testo legislativo prevede l'istituzione di un comitato in seno alla Commissione al fine di prendere le decisioni più adeguate. Composti di esperti designati dagli Stati membri e presieduti dalla Commissione, questi comitati sono in massima parte gestiti attraverso le regole stabilite dalla decisione del Consiglio del 28 giugno 1999, cosiddetta "Decisione Comitatologia". Attualmente esistono circa 300 comitati, operanti soprattutto nei settori dell'industria, degli affari sociali, dell'agricoltura, dell'ambiente, del mercato interno, della ricerca e dello sviluppo, della protezione dei consumatori e della sicurezza alimentare. Si consulti:
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Comitato dell'articolo 36 del Trattato UE Il Comitato dell'articolo 36 del trattato sull'Unione europea, denominato anche CATS, è un gruppo di lavoro del Consiglio. Si consulti: [ Indice ]
Istituito nel 1992, in base al trattato di Maastricht, e instaurato nel 1994, il Comitato delle regioni (CdR) è un organo consultivo che consente alle collettività territoriali di far ascoltare la loro voce nel processo decisionale dell'Unione europea. Esso è composto da 317 rappresentanti delle collettività locali e regionali, nominati per quattro anni dal Consiglio. Il CdR viene consultato dal Consiglio, dal Parlamento e dalla Commissione nei settori di rilevanza per gli interessi regionali e locali. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, nel maggio del 1999, è previsto che il Comitato delle regioni debba essere consultato in numerosi settori: la coesione economica e sociale, l'occupazione, la politica sociale, le reti transeuropee di trasporto, l'energia e le telecomunicazioni, l'istruzione e la gioventù, la formazione professionale, la cultura, l'ambiente, la sanità pubblica e i trasporti. Il CdR può del pari rilasciare pareri di propria iniziativa. Il trattato di Nizza, adottato nel dicembre del 2000, non ha modificato né il numero né la suddivisione dei seggi per Stato membro presso il CdR. Tale trattato prevede peraltro che il numero dei membri di detto Comitato non possa essere superiore a 350. Questi ultimi devono ricevere un mandato elettorale regionale o locale o essere politicamente responsabili di fronte ad un'assemblea eletta. La Costituzione europea, in fase di ratifica, prevede di estendere il mandato dei membri del CdR da quattro a cinque anni. Si consulti: [ Indice ]
Nell'ambito della procedura di codecisione tra il Consiglio dell'Unione europea e il Parlamento europeo, può essere istituito, a norma dell'art. 251 (par. 4) del trattato che istituisce la Comunità europea, un comitato di conciliazione composto da membri del Consiglio o loro rappresentanti e da un numero uguale di rappresentanti del Parlamento, copresieduto dal Presidente del Parlamento europeo e dal Presidente del Consiglio. Il comitato interviene in caso di disaccordo tra le due istituzioni in seguito alla seconda lettura di una proposta, al fine di concordare un testo accettabile per le due parti. La Commissione partecipa altresì al comitato di conciliazione per promuovere un ravvicinamento delle posizioni tra il Parlamento europeo e il Consiglio. Il progetto comune deve in seguito essere adottato, entro un termine di sei settimane (prorogabile di due settimane) dal Consiglio e dal Parlamento. È adottato a maggioranza assoluta dei suffragi espressi per il Parlamento e a maggioranza qualificata per il Consiglio. La proposta è considerata non adottata in mancanza di approvazione da parte di una delle due istituzioni. Si consulti: [ Indice ]
Comitato economico e sociale europeo (CESE) Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è stato creato, in quanto organo consultivo, dal trattato del 1957 che ha istituito la Comunità economica europea, con il compito di rappresentare gli interessi delle diverse categorie economiche e sociali. Esso è composto da 317 membri, ripartiti in tre categorie: datori di lavoro, lavoratori e rappresentanti di attività specifiche (agricoltori, artigiani, PMI e industrie, professioni liberali, rappresentanti dei consumatori, rappresentanti della comunità scientifica e pedagogica, dell'economia sociale, delle famiglie, dei movimenti ecologici). I membri del Comitato sono nominati per un mandato rinnovabile di quattro anni dal Consiglio, che delibera all'unanimità. Il CESE è consultato preliminarmente all'adozione di un numero rilevante di atti relativi al mercato interno, all'educazione, alla tutela dei consumatori, alla protezione dell'ambiente, allo sviluppo regionale e al settore sociale. Esso può anche formulare pareri di propria iniziativa. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (maggio 1999), il CESE deve essere consultato obbligatoriamente in merito ad un numero più vasto di temi (la nuova politica in materia di occupazione, le nuove disposizioni in materia sociale, la salute pubblica e le pari opportunità) e può essere consultato dal Parlamento europeo. Il trattato di Nizza, entrato in vigore nel 2003, non ha modificato il numero dei membri e la ripartizione dei seggi per Stato membro in seno al Comitato. Esso ha però precisato la qualifica dei membri: il CESE è costituito da «rappresentanti delle varie componenti di carattere economico e sociale della società civile organizzata». La Costituzione europea, in corso di ratifica, prevede di fare passare il mandato dei membri del CESE da quattro a cinque anni. Si consulti.: [ Indice ]
Previsto dal trattato di Amsterdam, il comitato per l'occupazione sostituisce formalmente, con decisione del Consiglio del gennaio 2000, il comitato per l'occupazione e il mercato del lavoro (COML) istituito nel 1966. Il comitato per l'occupazione riprende i compiti finora svolti dal COML al fine di promuovere il coordinamento delle politiche nazionali in materia di occupazione e mercato del lavoro. Principale compito del comitato è quello di preparare i lavori del Consiglio nell'ambito della strategia europea per l'occupazione e dei relativi strumenti posti in atto (orientamenti in materia di occupazione, raccomandazioni per l'attuazione delle politiche nazionali per l'occupazione, ecc.). Il comitato formula inoltre pareri su richiesta del Consiglio, della Commissione o di propria iniziativa. Si consulti.: [ Indice ]
Comitato politico e di sicurezza (CPS) Conosciuto come « COPS », abbreviazione francese, il Comitato politico e di sicurezza è la struttura permanente competente in materia di politica estera e di sicurezza comune, prevista dall'articolo 25 del trattato sull'Unione europea. Composto dai direttori politici dei ministeri degli Affari esteri degli Stati membri, tale Comitato ha il compito di:
Il COPS esercita, sotto l'autorità del Consiglio, il controllo politico e la direzione strategica delle operazioni di gestione delle crisi. Così, ad esempio, esso può essere autorizzato dal Consiglio ad assumere decisioni nella gestione concreta di una crisi particolare. Esso è inoltre assistito da un gruppo di lavoro politico-militare, da un comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi, nonché dal Comitato militare (CM) e dallo Stato maggiore (SM). In esito all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, l'attuazione del COPS è stata decisa in linea di principio in occasione del Consiglio europeo di Helsinki nel dicembre 1999. Di natura temporanea inizialmente, il Comitato politico e di sicurezza ha assunto una forma permanente dopo il Consiglio europeo di Nizza del dicembre 2000. Si consulti: [ Indice ]
Secondo il trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), la Commissione dà esecuzione alla normativa comunitaria (articolo 202 TCE). In concreto, ciò significa che ogni atto legislativo precisa le competenze di esecuzione che il Consiglio dell'Unione europea conferisce alla Commissione. In tale ambito il trattato prevede che la Commissione venga assistita da un comitato, che opera nell'osservanza di una procedura comunemente nota come « comitatologia ». In quanto sedi di discussioni, i comitati sono composti da rappresentanti degli Stati membri e presieduti dalla Commissione. Sono organi che consentono a quest'ultima di instaurare un dialogo con le amministrazioni nazionali prima di adottare le misure di esecuzione. In tal modo la Commissione si assicura che le disposizioni di esecuzione corrispondano al meglio alla realtà di ciascuno dei paesi interessati. Le procedure che disciplinano le relazioni tra la Commissione e questi comitati corrispondono a modelli procedurali già dettati da una decisione del Consiglio (decisione « comitatologia »), adottata il 28 giugno 1999 che garantisce al Parlamento europeo il diritto di controllare l'attuazione degli atti legislativi adottati in codecisione. Il Parlamento può esprimere il proprio disaccordo sui progetti di misure presentate dalla Commissione o dal Consiglio che, a suo parere, eccedano le competenze d'esecuzione previste dall'atto di base. I comitati possono essere suddivisi nelle tre seguenti categorie a seconda delle procedure di funzionamento:
La decisione del Consiglio del 28 giugno 1999 ha sostituito la decisione del 13 luglio 1987 semplificando il procedimento e tenendo conto dell'introduzione della procedura di codecisione. La trasparenza del sistema dei comitati risulta così migliorata a vantaggio del Parlamento europeo e del pubblico. I documenti dei comitati sono resi più accessibili al cittadino e sono registrati in un registro pubblico. Grazie all'informatizzazione delle procedure codecisionali è possibile rendere pubblici su Internet i testi integrali dei documenti non riservati, che vengono trasmessi al Parlamento europeo. Si consulti:
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Istituzione collegiale politicamente indipendente, la Commissione europea incarna e difende l'interesse generale dell'Unione europea. Grazie al diritto di iniziativa quasi esclusivo sugli atti legislativi, la Commissione è considerata il motore dell'integrazione europea. Nel quadro delle politiche comunitarie, essa predispone ma anche attua gli atti legislativi adottati dal Consiglio e dal Parlamento europeo. La Commissione ha inoltre poteri di esecuzione, di gestione e di controllo. Essa assicura in effetti la programmazione e l'attuazione delle politiche comuni, esegue il bilancio e gestisce i programmi comunitari. In qualità di "custode dei trattati" essa vigila anche affinché sia applicata la legislazione europea. La Commissione è nominata a maggioranza qualificata per 5 anni dal Consiglio in accordo con gli Stati membri, ed è soggetta al voto di investitura del Parlamento europeo, dinanzi al quale è responsabile. Il collegio dei commissari è assistito da un'amministrazione composta da direzioni generali e da servizi specializzati, il cui personale è ripartito principalmente tra Bruxelles e Lussemburgo. Si consulti:
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Analogamente a quanto successo per i parlamenti nazionali, diverse commissioni sono state poste in essere dal Parlamento europeo al fine di predisporre i lavori in seduta plenaria. I lavori legislativi più importanti del Parlamento sono svolti proprio nell'ambito delle commissioni parlamentari. All'inizio e poi a metà legislatura, i deputati europei, membri di ciascuna commissione, sono eletti in funzione della loro appartenenza politica ed esperienza. Numero e attribuzioni delle commissioni parlamentari sono fissati dai parlamentari stessi, conformemente al regolamento interno del Parlamento europeo. Quanto alla sesta legislatura (2004-2009), si è deciso di portare a 20 il numero di commissioni permanenti specializzate, contro le 17 precedenti. Esse sono suddivise per settore (mercato interno, agricoltura, occupazione, industria, cultura, affari costituzionali e giuridici, ecc.). Ove lo ritenga necessario, il Parlamento può inoltre istituire sottocommissioni, commissioni temporanee, ovvero commissioni d'inchiesta. Finora sono state costituite due commissioni di inchiesta, di cui una nel 1996 sul regime del transito comunitario e l'altra nel 1997 sull'epidemia di encefalopatia spongiforme bovina (ESB). Nel 2003 è stata costituita inoltre una commissione temporanea sul rafforzamento della sicurezza marittima. Il principale compito delle commissioni permanenti è di dibattere in merito alle proposte di nuove disposizioni legislative trasmesse dalla Commissione europea e di predisporre rapporti di iniziativa. Per ogni proposta legislativa o di iniziativa è designato un relatore sulla base di un accordo tra i gruppi politici che compongono il Parlamento. La sua relazione è discussa, emendata e votata in seno alla commissione parlamentare e, successivamente, è trasmessa all'assemblea plenaria, che si riunisce una volta al mese a Strasburgo per dibattere e votare sulla base della relazione. Ai fini del voto d'investitura della Commissione europea, che spetta al Parlamento, le commissioni parlamentari sono anche il luogo in cui si svolge la preventiva audizione dei Commissari designati sul proprio settore di competenza. Si consulti: [ Indice ]
Le competenze comunitarie sono competenze attribuite dagli Stati membri all'Unione europea in settori determinati. A seconda del sistema d'attribuzione, esistono tre tipi di competenze:
Uno dei principali contributi della Costituzione europea - in via di ratifica - è quello di chiarire le competenze dell'Unione. Essa indica infatti chiaramente i settori per i quali gli Stati membri hanno trasferito i poteri d'azione all'Unione. Il testo introduce anche una classifica delle competenze dell'Unione, suddivise in base alle seguenti categorie:
Si consulti:
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Competenze esterne della Comunità europea Le competenze esterne della Comunità europea variano in base alla loro ripartizione fra la Comunità e gli Stati membri. Tali competenze vengono definite "esclusive" allorquando sono esercitate integralmente dalla Comunità (ad esempio, la politica agricola comune) e "miste" nei casi in cui sono condivise con gli Stati membri (ad esempio, la politica dei trasporti). Questa tipologia risulta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia ed è basata sulla teoria delle competenze implicite, in base alla quale la competenza esterna deriva dall'esistenza di una competenza esplicita sul piano interno. Infatti, il trattato che istituisce la Comunità europea ha esplicitamente attribuito competenze esterne solo in due casi: la politica commerciale (articolo 133) e gli accordi di associazione (articolo 310). Sottolineiamo che la politica estera e per la sicurezza comune deriva dalle relazioni esterne dell'Unione europea, regolate dal metodo intergovernativo (secondo pilastro) e non dalle competenze esterne della Comunità europea. Al fine di consentire alla Comunità di adattarsi all'evoluzione delle strutture dell'economia mondiale e di riflettere le responsabilità maggiori derivanti dall'Organizzazione mondiale del commercio, il trattato di Amsterdam ha modificato l'articolo 133 del trattato per permettere al Consiglio, con decisione all'unanimità, di estendere l'applicazione della politica commerciale comune ai negoziati e agli accordi internazionali riguardanti i servizi e i diritti di proprietà intellettuale. Si consulti:
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L'articolo 308 del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) introduce una clausola di flessibilità relativa ai campi di competenza della Comunità europea e permette così di adeguare le competenze della Comunità agli obiettivi fissati dal TCE quando quest'ultimo non ha previsto i poteri necessari per conseguire tali obiettivi. In altri termini l'articolo 308 del TCE può servire come base giuridica unicamente alle seguenti condizioni:
Inoltre l'opportunità di ricorrere a tale articolo compete al Consiglio dell'Unione europea che delibera all'unanimità su proposta della Commissione europea e dopo aver consultato il Parlamento europeo. L'articolo 308 del TCE riflette quindi l'idea dei redattori del trattato di Roma secondo cui i poteri conferiti sotto forma di attribuzioni specifiche (competenza funzionale) potrebbero rivelarsi insufficienti per conseguire obiettivi espressamente assegnati dagli stessi trattati (competenza materiale). Esso non può in alcun caso servire come base per ampliare i campi di competenza della Comunità. Si consulti: [ Indice ]
Un'economia competitiva è un'economia che presenta una crescita elevata e sostenuta della produttività. Poiché la strategia di Lisbona ha fissato l'obiettivo di fare dell'Europa l'economia della conoscenza più competitiva e più dinamica al mondo, la competitività è divenuta una delle priorità politiche dell'Unione europea. Un'industria europea competitiva è infatti indispensabile per raggiungere gli obiettivi comunitari economici, sociali e ambientali e garantire quindi un miglioramento della qualità di vita dei cittadini europei. Gli sforzi di competitività dell'Unione intendono anche adeguare l'economia europea alle mutazioni strutturali, alla dislocazione di attività industriali verso paesi emergenti, alla ridistribuzione dei posti di lavoro e delle risorse verso nuovi settori industriali e al rischio di un processo di disindustrializzazione. La competitività dell'Unione è stabilita dalla crescita della produttività e dipende quindi dalle prestazioni e dal futuro dell'industria europea, in particolare dalla sua capacità a procedere ad adeguamenti strutturali. Per essere competitiva, l'Unione deve tassativamente essere più redditizia in termini di ricerca e di innovazione, di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, di imprenditorialità, di concorrenza, di istruzione e di formazione. Un'analisi economica orizzontale combinata ad un'analisi approfondita dei vari settori è indispensabile per appoggiare l'azione dell'Unione in materia di competitività. Si consulti:
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Composizione della Commissione europea Fin dall'origine, la Commissione è sempre stata composta da due cittadini per gli Stati più grandi e da un cittadino per ciascuno degli altri Stati membri. Nel quadro di un'Europa allargata tale composizione si trova al centro di tutti i dibattiti. Si tratta, in effetti, di una questione di grande importanza in quanto occorre stabilire la dimensione ottimale del collegio dei commissari che garantisca la legittimità, la collegialità e l'efficacia di una istituzione la cui funzione è di rappresentare, in piena indipendenza, l'interesse generale. L'esigenza di collegialità costituisce un punto cruciale. La collegialità designa, infatti, un aspetto peculiare della struttura della Commissione: è grazie alla collegialità che le posizioni espresse dalla Commissione riflettono il punto di vista dell'intero collegio e non invece il punto di vista dei suoi singoli membri. In vista dei futuri allargamenti, alcuni temevano che un sensibile aumento dei numero di commissari potesse portare ad una nazionalizzazione della loro funzione a scapito della collegialità. Altri, per contro, temevano che in caso di limitazione del numero dei commissari alcuni paesi non fossero rappresentati in seno al collegio. Il trattato di Nizza, frutto della Conferenza intergovernativa tenutasi nel 2000, ha disciplinato in via provvisoria la questione, prevedendo una limitazione della composizione della Commissione ad un commissario per Stato membro a partire dall'entrata in carica della Commissione del periodo 2004-2009. Attualmente l'esecutivo europeo, presieduto dall'ex Primo ministro portoghese José Manuel Barroso, è quindi composto da 25 commissari. Il dibattito sulla futura composizione della Commissione ha costituito uno dei temi più delicati nell'ambito dei negoziati sulla Costituzione europea. Infine, la Costituzione, in via di ratifica, prevede una Commissione ridotta a due terzi del numero degli Stati membri a partire dal 2014. I commissari saranno allora scelti secondo un sistema di rotazione su un piede di parità. Si consulti:
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Il compromesso di Ioannina prende il nome da una riunione informale dei ministri degli Affari esteri svoltasi a Ioannina, in Grecia, il 29 marzo 1994, riunione in occasione della quale venne tra l'altro adottata una decisione del Consiglio sulla specifica questione del voto a maggioranza qualificata in un'Unione allargata a 16 membri. La decisione venne in seguito modificata per tener conto della mancata adesione della Norvegia. Il compromesso raggiunto prevedeva che qualora i membri del Consiglio che rappresentassero tra i 23 voti (precedente soglia della minoranza di blocco) ed i 26 voti (nuova soglia della minoranza di blocco) manifestassero la loro intenzione di opporsi all'adozione da parte del Consiglio di una decisione a maggioranza qualificata, il Consiglio avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per pervenire, entro un congruo termine, ad una soluzione soddisfacente che potesse essere adottata con almeno 68 voti su 87. Il trattato di Nizza, introducendo una nuova ponderazione dei voti in seno al Consiglio dei ministri, mette fine al Compromesso di Ioannina. Si consulti:
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Il compromesso di Lussemburgo, firmato il 30 gennaio 1966, prevede che: « Qualora, nei casi di decisioni che possano essere adottate a maggioranza su proposta della Commissione, siano in gioco rilevanti interessi di uno o più Stati della Comunità, i membri del Consiglio devono adoperarsi per giungere entro un congruo termine a soluzioni che possano essere approvate da tutti i membri del Consiglio, nel rispetto dei loro interessi reciproci e di quelli della Comunità ». Esso ha posto fine alla crisi che opponeva la Francia ai suoi cinque partner europei e alla Commissione europea a causa del passaggio progressivo dal voto all'unanimità al voto a maggioranza qualificata previsto dal trattato di Roma dal 1966. Per segnare la sua opposizione, il governo francese, che privilegiava l'approccio intergovernativo, praticò la politica della « sedia vuota ». In altri termini non ha partecipato alle sedute del Consiglio dei ministri dal 30 giugno 1965 per sette mesi. Tuttavia il compromesso, che è una dichiarazione politica dei ministri degli esteri e che non può modificare il trattato, non ha impedito al Consiglio di prendere le proprie decisioni conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea che, in numerosi casi, prevede il voto a maggioranza qualificata. Inoltre il voto a maggioranza qualificata è stato progressivamente esteso a numerosi campi, per cui la maggioranza qualificata è attualmente considerata come la regola e l'unanimità come l'eccezione. Il compromesso di Lussemburgo sussiste anche se, in pratica, può essere semplicemente evocato e non può quindi bloccare il processo decisionale. Si consulti: [ Indice ]
Con questo termine si indica il sistema secondo cui un determinato settore che, nell'assetto istituzionale dell'Unione, è soggetto al metodo intergovernativo (secondo e terzo pilastro), viene trasferito al metodo comunitario (primo pilastro). Il metodo comunitario si basa sull'idea secondo cui la difesa dell'interesse generale dei cittadini dell'Unione è meglio garantita quando le istituzioni comunitarie svolgono appieno il loro ruolo nel processo decisionale, sempre nel rispetto del principio di sussidiarietà. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (maggio 1999), gli aspetti inerenti alla libera circolazione delle persone che attualmente rientrano nel campo della giustizia e degli affari interni (terzo pilastro) sono stati "comunitarizzati" e quindi retti dal metodo comunitario dopo una fase transitoria di cinque anni. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede la fusione dei tre pilastri esistenti, pur conservando procedure particolari nel settore della politica estera e di sicurezza (PESC) e della politica di difesa. Ciò consentirà di comunitarizzare la maggior parte dei settori che, per il momento, sono retti dal metodo governativo. Si consulti:
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La Comunità europea (CE) è stata uno dei progetti fondatori della costruzione europea. Istituita con il trattato di Roma nel 1957, ha come obiettivo principale la realizzazione di un grande mercato comune senza frontiere interne. L'avvento dell'Unione europea (UE), nel 1992, non ha determinato la scomparsa della Comunità economica europea. Quest'ultima resta infatti una componente dell'UE e viene definita "Comunità europea". L'articolo 1° del trattato che istituisce la CE stabilisce che questa ha il compito di promuovere nell'insieme della Comunità:
Per perseguire tale risultato, la CE elabora un insieme di politiche settoriali, in particolare nei settori dei trasporti, della concorrenza, della pesca e dell'agricoltura, dell'asilo e dell'immigrazione, dell'energia e dell'ambiente. Tali politiche vengono attuate in base al processo decisionale previsto dal trattato che istituisce la CE, segnatamente in base alla procedura di codecisione. Il meccanismo decisionale che regola tali politiche è basato su un modello specifico definito "metodo comunitario". Si consulti:
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Una concentrazione consiste nella combinazione giuridica di due o più imprese mediante fusione o acquisto. Se le operazioni di concentrazione possono avere un impatto positivo sul mercato, sono anche suscettibili di limitare sensibilmente la concorrenza, creando o rafforzando un attore dominante. Al fine di prevenire il rischio di eventuali restrizioni di concorrenza, la Commissione europea esercita un controllo sui progetti di concentrazione di dimensione comunitaria (cioè quando l'operazione supera le frontiere di uno Stato membro e talune soglie di fatturati sul piano mondiale ed europeo) ed, eventualmente, le autorizza sotto riserva di condizioni oppure le impedisce. Per accertare la compatibilità con il mercato comune di un'operazione di concentrazione, la Commissione tiene conto, caso per caso, di diversi fattori, tra cui le nozioni di "dimensione comunitaria", di "posizione dominante", di "concorrenza effettiva" e di "mercato rilevante". La "posizione dominante" è il criterio fondamentale ai fini dell'analisi delle concentrazioni. In base a tale criterio si ritiene che una o più imprese godano di una posizione dominante se dispongono di un potere economico suscettibile di influenzare i parametri della concorrenza - in particolare i prezzi, la produzione, la qualità della produzione, la distribuzione e l'innovazione - e di limitare sensibilmente la concorrenza. Entrato in vigore il 1° maggio 2004, il regolamento (CE) n° 139/2004 ha effettuato una riforma profonda delle norme comunitarie in materia di controllo delle concentrazioni. Si consulti: [ Indice ]
Un mercato in cui il gioco della concorrenza è libero è un mercato in cui le imprese, indipendenti le une dalle altre, esercitano la stessa attività e rivaleggiano per attirare i consumatori. In altre parole, si tratta di un mercato in cui ogni impresa è sottoposta alla pressione concorrenziale delle altre. Una concorrenza effettiva offre quindi un ambiente competitivo alle imprese ma anche numerosi vantaggi ai consumatori (prezzi ridotti, migliore qualità, più ampia scelta, ecc). La politica europea di concorrenza intende garantire l'esistenza di una concorrenza libera e legale nell'Unione europea. Le norme comunitarie di concorrenza (artt. da 81 a 89 del Trattato che costituisce la Comunità europea - TCE) si articolano intorno a cinque assi principali:
La Commissione europea e le autorità nazionali di concorrenza vegliano al rispetto delle norme comunitarie di concorrenza. La loro cooperazione, attraverso la Rete europea di Concorrenza (REC), assicura l'applicazione effettiva e coerente di queste disposizioni. Si consulti: [ Indice ]
Conferenza intergovernativa (CIG) Il termine conferenza intergovernativa (CIG) indica una trattativa tra i governi degli Stati membri, che si svolge con l'obiettivo di apportare modifiche ai trattati. Questo tipo di conferenze svolge un ruolo fondamentale negli sforzi di integrazione europea, dal momento che ogni cambiamento istituzionale dev'essere il frutto dei negoziati cui esse danno luogo. Le conferenze sono aperte, su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione, dal Consiglio dei ministri, che delibera a maggioranza semplice in seguito a consultazione del Parlamento europeo e, se del caso, della Commissione. I lavori preparatori sono affidati a un gruppo composto da un rappresentante di governo per ciascuno Stato membro, cui tradizionalmente si è sempre aggiunto un rappresentante della Commissione. Il Parlamento europeo è associato da vicino a tutti i lavori, grazie alla presenza di osservatori e a scambi di vedute cui partecipa il presidente del Parlamento. Il gruppo riferisce regolarmente al Consiglio Affari generali. Le decisioni finali sono adottate, nel corso di un Consiglio europeo, dai capi di Stato e di governo. Va tuttavia sottolineato che, per quanto riguarda la CIG 2004, i lavori di preparazione sono stati effettuati in maniera inedita poiché essi sono stati affidati ad una Convenzione ed accompagnati da un ampio dibattito pubblico. Le CIG più importanti di questi ultimi anni hanno portato alla conclusione dei seguenti trattati:
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Il Consiglio dell'Unione europea (« Consiglio dei ministri » o « Consiglio ») è l'istanza decisionale preminente dell'Unione europea. Esso riunisce i ministri degli Stati membri e costituisce quindi l'istituzione di rappresentanza degli Stati membri. La sede del Consiglio è a Bruxelles, ma le riunioni possono aver luogo a Lussemburgo. Le sessioni del Consiglio sono convocate dalla Presidenza che ne fissa l'ordine del giorno. Il Consiglio si riunisce in varie formazioni (in totale 9) nel cui ambito si incontrano i ministri competenti degli Stati membri per i settori interessati: Affari generali e relazioni estere, Affari economici e finanziari, Occupazione, politica sociale, salute e consumatori, Competitività, Cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni (GAI), Trasporti, telecomunicazioni ed energia, Agricoltura e pesca, Ambiente, Istruzione, gioventù e cultura. Ciascun paese dell'Unione europea esercita la presidenza del Consiglio, secondo un sistema di rotazione, per un periodo di sei mesi. Le decisioni del Consiglio sono preparate dal Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper), che è assistito da gruppi di lavoro composti da funzionari delle amministrazioni nazionali. Il Consiglio esercita, con il Parlamento europeo, le funzioni legislative e di bilancio. Costituisce quindi l'istituzione principale con poteri decisionali in materia di politica estera, di sicurezza comune (PESC) oltre che di cooperazione delle politiche economiche (approccio intergovernativo). Esso detiene anche il potere esecutivo che delega generalmente alla Commissione. Nella maggioranza dei casi, il Consiglio decide su proposta della Commissione europea, in codecisione con il Parlamento europeo. In base ai settori da esaminare, esso delibera a maggioranza semplice, a maggioranza qualificata o all'unanimità, anche se la maggioranza qualificata è più ampiamente utilizzata (agricoltura, mercato unico, ambiente, trasporti, occupazione, salute, ecc.). La Costituzione europea, in via di ratifica, propone un nuovo sistema di esercizio della presidenza del Consiglio. La presidenza del Consiglio sarà esercitata da un gruppo di tre Stati membri per un periodo di 18 mesi. Ciascun paese eserciterà la presidenza per un periodo di sei mesi, assistito dagli altri due paesi sulla base di un programma comune. Il Consiglio Affari generali sarà inoltre presieduto dal ministro degli Affari esteri. Infine, il sistema di voto a maggioranza qualificata nell'ambito del Consiglio è modificato (sistema di doppia maggioranza degli Stati e della popolazione applicabile con decorrenza dal 2009). Si consulti:
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Il Consiglio europeo è costituito dai capi di stato e di governo degli Stati membri dell'Unione, che tengono riunioni regolari. Il suo compito è di stabilire gli orientamenti politici generali e di imprimere all'Unione europea l'impulso necessario al suo ulteriore sviluppo (articolo 4 del trattato sull'Unione europea). Esso non legifera e non è un'istituzione. Si riunisce almeno due volte all'anno (in pratica due volte per ogni Presidenza) e conta tra i suoi membri il presidente della Commissione europea, in quanto membro di diritto. Un Consiglio straordinario può essere organizzato ogni volta che si ritiene necessario. Esso è presieduto dallo Stato membro che esercita per sei mesi la presidenza dell'Unione europea. Le decisioni vengono prese di comune accordo in seguito a negoziati tra gli Stati membri prima che abbia luogo la riunione. I risultati dei lavori del Consiglio europeo sono ripresi nelle conclusioni pubblicate in seguito alla riunione. Istituito dal comunicato finale del Vertice di Parigi del dicembre 1974, si è riunito per la prima volta nel 1975. Si è sostituito alla prassi delle conferenze europee al vertice che hanno caratterizzato il periodo 1961 - 1974. L'esistenza del Consiglio è stata giuridicamente consacrata dall'atto unico europeo (1986) ed è ufficializzata dal trattato sull'Unione europea (trattato di Maastricht, 1992), che precisa le sue funzioni. Conformemente a una dichiarazione allegata all'atto finale della Conferenza intergovernativa che ha preparato il trattato di Nizza, tutte le riunioni del Consiglio europeo si tengono a Bruxelles da quando l'Unione europea conta 18 membri (maggio 2004). La Costituzione europea, in via di ratifica, conferisce al Consiglio europeo lo statuto di istituzione europea. Essa prevede inoltre di modificare il sistema della presidenza del Consiglio europeo e di creare la funzione permanente di Presidente del Consiglio europeo eletto, da questa stessa istanza, per una durata di due anni e mezzo. Si consulti: [ Indice ]
Consolidazione dei testi legislativi La consolidazione dei testi legislativi consiste nella semplificazione puramente declaratoria ed ufficiosa di atti normativi. L'integrazione delle varie modifiche nell'atto di base non implica l'adozione di un atto nuovo. Si tratta semplicemente di un'operazione di chiarimento condotta dalla Commissione. Il testo che ne risulta non produce effetti giuridici, ma può essere pubblicato, ove del caso, nella Gazzetta ufficiale (serie C), senza l'indicazione di "visti" o di "consideranda". Si consulti: [ Indice ]
Il contesto istituzionale unico (articolo 3 del trattato sull'Unione europea) costituisce l'espressione concreta del principio dell'unicità istituzionale. Esso implica che le istituzioni dell'Unione europea e della Comunità siano le stesse. Le istituzioni partecipano quindi al processo decisionale dei vari pilastri. L'unicità del contesto istituzionale costituisce uno dei mezzi utilizzati dagli autori dei trattati per preservare la coerenza tra l'azione dell'Unione europea e quella delle Comunità. Si consulti:
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Controllo dell'applicazione del diritto comunitario Il controllo dell'applicazione del diritto comunitario è assicurato dalla Commissione europea in quanto "custode dei trattati". Il controllo è da ricondursi al fatto che l'Unione europea è fondata sul diritto ed è indispensabile garantire il rispetto e l'effettiva applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Nell'esercitare la funzione di controllo la Commissione vigila anche alla salvaguardia del ruolo in materia che è stato affidato alle autorità nazionali, in particolare quelle giurisdizionali. La Commissione si informa, previene e sanziona gli Stati membri in caso di mancato rispetto dei trattati comunitari. La cattiva o la mancata applicazione dei trattati può essere il risultato di negligenze amministrative, difficoltà tecniche di applicazione del testo, difficoltà di attuazione o ancora timore della reazione di taluni settori dell'opinione pubblica. Nel caso in cui uno Stato membro sia venuto meno ai suoi obblighi, la Commissione può emettere un parere motivato dopo aver permesso allo Stato in questione di presentare le sue osservazioni. Se tale parere non è seguito da una reazione, essa può adire la Corte di giustizia (procedura per inadempimento prevista all'articolo 226 del trattato che istituisce la Comunità europea). A questo titolo la Commissione può chiedere alla Corte di infliggere una sanzione finanziaria allo Stato membro interessato se quest'ultimo non si è conformato al suo parere motivato. Questa competenza della Commissione rafforza notevolmente la sua capacità di controllare la corretta applicazione del diritto comunitario. Inoltre la pubblicazione delle relazioni annuali della Commissione sull'applicazione del diritto comunitario traduce la volontà di trasparenza che si esercita non solo nei confronti delle parti in causa ma anche dei cittadini e dei parlamentari. Si consulti: [ Indice ]
Convenzione (Titolo VI del Trattato UE) La convenzione è uno strumento del terzo "pilastro" dell'Unione europea relativo alla giustizia e agli affari interni. Essa è stata introdotta in occasione del trattato di Maastricht insieme all'azione comune ed alla posizione comune. A titolo d'esempio, Europol si fonda su una convenzione adottata nel 1995. Questo tipo di strumento è stato mantenuto dal trattato di Amsterdam. Si tratta, allo stesso modo della decisione e della decisione quadro, di un atto della nomenclatura previsto dall'art. 34 del trattato sull'Unione europea. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (maggio 1999), questo strumento può essere utilizzato solo per la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Una convenzione è adottata dal Consiglio all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo, ed entra in vigore dopo essere stata ratificata da almeno la metà degli Stati membri. Con la soppressione della struttura dell'Unione basata su pilastri, prevista dalla Costituzione europea in corso di ratifica, la convenzione, attualmente poco utilizzata, è destinata a scomparire per essere sostituita da leggi e da leggi quadro europee. Si consulti:
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Il processo che ha portato all'elaborazione di una Convenzione europea è stato avviato nel dicembre 2000 con una dichiarazione allegata al trattato di Nizza, denominata "Dichiarazione sul futuro dell'Unione". Essa proponeva di proseguire la riforma istituzionale oltre i risultati ottenuti nella conferenza intergovernativa del 2000 (CIG 2000) sulla base di un processo in tre tappe: l'avvio di un dibattito sul futuro dell'Unione europea, una Convenzione sulla riforma istituzionale, la cui attuazione è stata decisa nell'ambito del Consiglio europeo di Laeken nel dicembre 2001 e la convocazione di una CIG nel 2004. Conformemente al testo della "Dichiarazione di Laeken" che è alla base della Convenzione, quest'ultima doveva esaminare quattro questioni chiave sul futuro dell'Unione: la suddivisione delle competenze, la semplificazione dei trattati, il ruolo dei parlamenti nazionali e lo statuto della carta dei diritti fondamentali. A tal fine, il calendario dei lavori della Convenzione prevedeva tre fasi: una fase di ascolto, una fase di analisi ed una fase di redazione. A conclusione di quest'ultima fase, si doveva proporre un testo unico a carattere costituzionale. Il documento doveva servire da punto di partenza ai negoziati della CIG, condotti dai capi di Stato o di governo, cui appartiene, in fine, qualsiasi decisione riguardante il rimaneggiamento dei trattati. La riunione inaugurale della Convenzione si è tenuta il 28 febbraio 2002. I lavori si sono conclusi il 10 luglio 2003 dopo aver raggiunto un accordo su una proposta di Costituzione europea. La realizzazione della Convenzione ha costituito un fenomeno inedito nella storia dell'Unione europea, poiché le precedenti CIG non erano mai state precedute da una fase di dibattito aperto e trasparente per tutte le parti interessate. Il 18 giugno 2004, la conferenza intergovernativa, riunita a livello di capi di Stato o di governo, è pervenuta ad un accordo sul progetto di Costituzione europea predisposto dalla Convenzione. Si consulti:
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Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU-ECHR) * La convenzione europea dei diritti dell'uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950 sotto l'egida del Consiglio d'Europa, ha predisposto un originale sistema di tutela internazionale dei diritti dell'uomo, offrendo ai singoli soggetti la facoltà di invocare il controllo giudiziario sul rispetto dei loro diritti. La Convenzione, successivamente ratificata da tutti gli Stati membri dell'UE, ha istituito diversi organi di controllo, insediati a Strasburgo:
Il numero crescente di cause che vengono proposte alla Corte ha reso necessaria una riforma del meccanismo di controllo istituito dalla Convenzione . Pertanto, gli organi sopra descritti sono stati sostituiti, il 1° novembre 1998, da un'unica Corte europea dei diritti dell'uomo. La semplificazione delle strutture ha consentito di accorciare la durata dei procedimenti e di accentuare la natura giurisdizionale del sistema. È stata più volte ventilata l'idea di un'adesione dell'Unione europea alla CEDU ma, in un parere del 28 marzo 1996, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha stabilito che la Comunità non poteva aderire a tale convenzione poiché il trattato CE non prevede alcuna competenza delle istituzioni comunitarie per emanare norme o concludere accordi internazionali in materia di diritti dell'uomo. Questo stato di cose non ha però impedito al trattato di Amsterdam di sottolineare in alcuni punti il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla CEDU, mentre in altri articoli è stata formalizzata sul piano legislativo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in materia. Con riferimento ai rapporti fra le due Corti (la Corte europea e la Corte dei diritti dell'uomo) va osservato che la prassi della Corte di giustizia europea, di accogliere i principi della CEDU quali componenti dell'ordinamento comunitario ha consentito di salvaguardare la coerenza della loro giurisprudenza e la rispettiva indipendenza dei due organi. La Costituzione, in via di ratifica, prevede che l'Unione europea sia dotata di personalità giuridica, la qual cosa renderebbe possibile la sua adesione alla CEDU. Essa prevede altresì l'integrazione nella Costituzione della carta dei diritti fondamentali, proclamata al Consiglio europeo di Nizza (7 dicembre 2000), il che consentirebbe di conferire alla carta valore giuridico vincolante. Si consulti.: [ Indice ]
Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale Nel quadro dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, la cooperazione giudiziaria penale e di polizia si prefigge di garantire un livello di protezione elevato dei cittadini dell'Unione europea favorendo e rafforzando una cooperazione rapida ed efficace delle autorità giudiziarie e di polizia (articolo 29 del trattato sull'Unione europea). Oggetto del titolo VI del trattato UE (terzo pilastro), essa intende prevenire ma anche lottare contro il razzismo e la xenofobia da un lato e, dall'altro, la criminalità organizzata, in particolare il terrorismo, la tratta degli esseri umani, i crimini contro i bambini e il traffico di droga e di armi, la corruzione o la frode. La cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale si articola particolarmente in:
Essa viene applicata soprattutto per mezzo delle agenzie create dall'Unione nel quadro del terzo pilastro (Eurojust, Europol e la Rete giudiziaria europea). La cooperazione condotta nel quadro del titolo VI implica anche un ravvicinamento delle norme di diritto penale degli Stati membri e l'attuazione di meccanismi di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie in materia penale. Inoltre, la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale risponde ad una struttura intergovernativa in seno alla quale le competenze rispettive della Commissione europea, del Parlamento europeo e della Corte di giustizia delle Comunità europee sono limitate a profitto del Consiglio dell'Unione europea e degli Stati membri. Inizialmente, il titolo VI del trattato UE introdotto dal trattato di Maastricht, conteneva disposizioni che stabilivano una cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. Il trattato di Amsterdam ha tuttavia ridotto le materie coperte dal titolo VI trasferendone un certo numero nel trattato che istituisce la Comunità europea (primo pilastro), cioè il titolo IV intitolato « visti, asilo, immigrazione e altre politiche legate alla libera circolazione delle persone ». Nel titolo VI del trattato sull'Unione europea appaiono le disposizioni relative alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. In questo contesto, i titoli IV del trattato CE e VI del trattato UE formano insieme le basi giuridiche di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. La Costituzione europea, in via di ratifica, precisa il settore della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. Inoltre, sopprime il terzo pilastro riunendo le disposizioni attuali dei trattati CE ed UE in materia di giustizia e affari interni in un solo capitolo.
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Cooperazione giudiziaria in materia civile In un vero e proprio spazio europeo di giustizia i privati e le imprese devono essere liberi di esercitare appieno i loro diritti. L'obiettivo principale della cooperazione giudiziaria civile consiste nello stabilire una più stretta collaborazione tra le autorità degli Stati membri per eliminare tutti gli ostacoli derivanti dalle incompatibilità tra i diversi sistemi giudiziari e amministrativi (riconoscimento reciproco ed esecuzione delle decisioni, accesso alla giustizia e armonizzazione delle legislazioni nazionali). Il trattato di Maastricht (TUE) ha già integrato sin dal 1993 la cooperazione giudiziaria in materia civile nel suo titolo VI. Il trattato di Amsterdam ha trasferito l'ambito della cooperazione giudiziaria in materia civile al titolo IV del trattato CE (nuovo articolo 65). Esso ha quindi comunitarizzato la cooperazione giudiziaria in materia civile e l'ha inclusa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questa comunitarizzazione rimane però parziale per un periodo transitorio di 5 anni (articolo 67 TCE) poiché la Commissione condivide il suo diritto d'iniziativa con gli Stati membri, mentre il Parlamento europeo è soltanto consultato e l'unanimità domina nel Consiglio. Fino al trattato di Amsterdam la cooperazione giudiziaria in materia civile si è configurata essenzialmente nella forma di convenzioni. Grazie alla « comunitarizzazione » di tale ambito, la maggior parte delle convenzioni sono state aggiornate e trasformate in regolamenti, attribuendo così una competenza d'interpretazione alla Corte di giustizia. Il Consiglio europeo di Tampere (ottobre 1999) ha elevato il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie a vero e proprio « fondamento » della cooperazione giudiziaria nell'Unione tanto in materia civile quanto in materia penale. La Costitutione europea, in corso di ratifica, prevede di aggiungere all'articolo III-269 un paragrafo che consenta al Consiglio dei ministri, con delibera all'unanimità, di rendere applicabile la procedura legislativa ordinaria a certi aspetti del diritto di famiglia (clausola passerella). Si consulti:
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Cooperazione politica europea (CPE) La cooperazione politica europea (CPE) - lanciata in via informale nel 1970, (in seguito al rapporto Davignon) e successivamente istituzionalizzata dall'Atto unico europeo del 1987 - prevedeva la consultazione tra gli Stati membri in ordine ai settori attinenti alla politica estera. Nel suo ambito gli Stati membri dovevano prendere in considerazione il punto di vista del Parlamento europeo e, nella misura del possibile, difendere le posizioni comuni in seno alle organizzazioni internazionali. Alla cooperazione politica europea è successivamente subentrata la politica estera e di sicurezza comune (PESC). Si consulti.: [ Indice ]
La cooperazione rafforzata permette una cooperazione più stretta tra i paesi dell'Unione che desiderano approfondire la costruzione europea nel rispetto del quadro istituzionale unico dell'Unione. Gli Stati membri interessati possono quindi progredire secondo ritmi e/o obiettivi diversi. Tuttavia essa non permette di estendere le competenze che sono previste dai trattati. Inoltre la cooperazione rafforzata può essere messa in pratica unicamente come ultimo ricorso, cioè dal momento in cui il Consiglio constata che gli obiettivi fissati in base a tale cooperazione non possono essere raggiunti entro un termine ragionevole applicando le disposizioni del trattato. Il concetto generale di cooperazione rafforzata è previsto dal trattato sull'Unione europea (titolo VII del trattato UE) e riguarda sia l'Unione europea che la Comunità europea. In linea di principio un numero minimo di otto Stati membri deve partecipare alla cooperazione rafforzata, che rimane però aperta a qualunque Stato membro che desidera parteciparvi. Essa non deve costituire una discriminazione tra gli Stati che partecipano e gli altri. Inoltre essa deve contribuire alla realizzazione degli obiettivi dei trattati e rispettare l'insieme dell'acquis comunitario e delle competenze. Non può interessare un settore che rientra nelle competenze esclusive della Comunità. Aldilà del regime generale, modalità specifiche possono essere previste o aggiunte per ogni trattato com'è il caso nel quadro della Comunità europea (articoli 11 e 11 A del trattato che istituisce la Comunità europea). Quindi nell'ambito del TCE l'iniziativa di una cooperazione rafforzata emana dalla Commissione in seguito alla richiesta degli Stati membri interessati mentre nell'ambito del trattato sull'Unione europea l'iniziativa di una cooperazione rafforzata emana dagli Stati membri. In entrambi i casi l'avvio di una cooperazione rafforzata è subordinato a una decisione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata. Inoltre, una cooperazione rafforzata può essere sviluppata nel campo della politica estera e della sicurezza comune (PESC) ad eccezione delle questioni militari e della politica relativa alla difesa. Il concetto di "cooperazione rafforzata" è stato introdotto dal trattato di Amsterdam nel trattato sull'Unione europea (TUE) per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale e nel trattato che istituisce la Comunità europea (TCE). Il trattato di Nizza ha apportato dei cambiamenti importanti per quanto riguarda la semplificazione del meccanismo. In particolare, uno Stato membro non può opporsi alla creazione di una cooperazione rafforzata, com'era invece previsto inizialmente dal trattato di Amsterdam. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di facilitare il ricorso a tale meccanismo. In particolare, sono semplificate le procedure iniziali di autorizzazione e quelle relative all'ulteriore partecipazione di altri Stati membri. La soglia minima di partecipazione è stata fissata a un terzo degli Stati membri. Le restrizioni previste per la PESC sono soppresse. Nel campo della difesa la Costituzione prevede un meccanismo specifico: la cooperazione strutturata permanente. Si consulti:
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Il Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti) è costituito dagli ambasciatori degli Stati membri presso l'Unione europea ("Rappresentanti permanenti"). Ha il compito di assistere il Consiglio dell'Unione europea, trattando i dossier (proposte e progetti di atti presentati dalla Commissione) iscritti all'ordine del giorno di quest'ultimo, in una fase di prenegoziato. Detiene un ruolo centrale nel sistema decisionale comunitario in quanto è al tempo stesso organo di dialogo (dialogo tra i rappresentanti permanenti e di ciascuno di essi con la rispettiva capitale), e un'istanza di controllo politico (orientamento e supervisione dei lavori dei gruppi di esperti). È articolato in due formazioni al fine di far fronte all'insieme dei compiti ad esso affidati:
La qualità dei lavori del Coreper costituisce la garanzia per il buon funzionamento del Consiglio. Si consulti: [ Indice ]
La Corte dei conti europea, che ha sede a Lussemburgo, è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro. I suoi membri sono nominati per sei anni (rinnovabili) con decisione del Consiglio dell'Unione europea adottata a maggioranza qualificata, previa consultazione del Parlamento europeo. La Corte dei conti esercita la sua attività in completa indipendenza. La Corte controlla la legalità e la regolarità delle entrate e delle spese dell'Unione europea (e di ogni organismo creato dalla Comunità) e ne accerta la sana gestione finanziaria. Essa fornisce al Parlamento europeo e al Consiglio una dichiarazione di affidabilità relativa ai conti oltre di legalità e regolarità delle operazioni relative. Essa redige una relazione annuale, pubblicata nella Gazzetta ufficiale alla fine di ogni esercizio finanziario. In base al trattato di Amsterdam, la Corte dei conti è chiamata a riferire al Parlamento europeo e al Consiglio in merito ad ogni caso di irregolarità. Inoltre, il suo potere di controllo è stato esteso anche ai fondi comunitari gestiti dagli organismi esterni e dalla Banca europea per gli investimenti. Tuttavia, essa non dispone di un potere di sanzione. Dal trattato di Nizza essa può istituire, nel suo ambito, sezioni per l'adozione di talune categorie di relazioni o di pareri. Il trattato sull'Unione europea del 1992 ha conferito alla Corte, istituita nel 1975 ed entrata in funzione nel 1977, il rango di istituzione di pieno diritto. Essa è fondata sugli articoli da 246 a 248 del trattato delle Comunità europee. Si consulti: [ Indice ]
Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) La Corte di giustizia assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati costitutivi. E' composta da un numero di giudici pari al numero degli Stati membri (articolo 221) e consta attualmente di venticinque giudici che vengono rinnovati parzialmente ogni tre anni. Sono presieduti da un Presidente, designati dai suoi pari per un mandato di tre anni, rinnovabile. I giudici sono assistiti da otto avvocati generali, nominati per sei anni dagli Stati membri di comune accordo. La CGCE è stata creata nel 1952 dal trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e assolve due funzioni principali:
Data la congestione della corte e la durata sempre più lunga dei ricorsi, nel 1989 è stato istituito un tribunale di primo grado delle Comunità europee (TPGCE), che introduce un doppio grado di giurisdizione e consente di alleggerire il lavoro della CGCE. Nello stesso ordine di idee, dopo il trattato di Nizza è possibile creare camere specializzate secondo l'esempio del tribunale della funzione pubblica europea, operativa dal febbraio 2005. Sempre in uno spirito di semplificazione e di razionalizzazione del funzionamento della Corte, il suo statuto può d'ora innanzi essere modificato dal Consiglio che delibera all'unanimità su richiesta della Corte o della Commissione. Al tempo stesso, l'approvazione del regolamento di procedura della Corte da parte del Consiglio, si effettua ormai a maggioranza qualificata. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede la creazione di una corte unica bicefala, la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE), che raggruppa la "Corte di giustizia", il "Tribunale" e i tribunali specializzati. I cittadini e le imprese potranno anche impugnare più facilmente taluni regolamenti dell'Unione e ciò anche se essi non li riguardano individualmente. Si consulti: [ Indice ]
Costituzione europea (progetto di) La Costituzione europea, formalmente definita come il "trattato che stabilisce una Costituzione per l'Europa " costituisce una tappa fondamentale nella costruzione europea. Essa è il risultato dei lavori della Convenzione, che ha elaborato nel mese di luglio del 2003 un « progetto di trattato che stabilisce una Costituzione per l'Europa ». Tale progetto ha costituito la base dei lavori della conferenza intergovernativa (CIG) che hanno avuto ufficialmente inizio nell'ottobre del 2003. La CIG è terminata il 29 ottobre 2004 a Roma, con la firma del nuovo trattato costituzionale da parte dei 25 capi di Stato e di governo degli Stati membri. Il trattato che stabilisce una Costituzione per l'Europa mira a rendere l'Europa allargata più efficace, più democratica e più trasparente. Esso è destinato a sostituire il trattato sull'Unione europea, nonché il trattato che istituisce la Comunità europea. Peraltro esso:
Per entrare in vigore, il trattato che stabilisce la Costituzione dovrà essere ratificato da tutti gli Stati membri, in base alle rispettive norme costituzionali. Si consulti: [ Indice ]
Criteri di adesione (criteri di Copenaghen) Ogni paese che presenta la propria candidatura per aderire all'Unione europea (UE) è tenuto a rispettare le condizioni previste dall'articolo 49 ed i principi di cui all'articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull'UE. In tale contesto, alcuni criteri sono stati definiti in occasione del Consiglio europeo di Copenhagen, nel 1993, e successivamente migliorati in occasione del Consiglio europeo di Madrid nel 1995.
Per poter aderire all'Unione ogni paese deve pertanto rispettare i criteri di adesione. La strategia di preadesione e i negoziati di adesione definiscono il quadro in cui operare e gli strumenti necessari. Si consulti:
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Al fine di garantire la convergenza durevole che è necessaria per l'instaurazione dell'Unione economica e monetaria (UEM), il trattato ha stabilito cinque criteri di convergenza che devono essere rispettati dagli Stati membri per poter partecipare alla terza fase dell'UEM e quindi per introdurre l'euro. Il rispetto dei criteri di convergenza viene valutato in base di relazioni redatte dalla Commissione e dalla Banca centrale europea (BCE). Si tratta dei seguenti criteri:
Lo scopo dei criteri di convergenza è quello di garantire che lo sviluppo economico nel quadro dell'UEM risulti equilibrato, senza provocare tensioni tra gli Stati membri. Giova notare che i criteri riguardanti il deficit pubblico e il debito pubblico devono continuare ad essere rispettati dopo l'avvio della terza fase dell'UEM (1° gennaio 1999). A tale riguardo, un patto di stabilità e di crescita è stato approvato in occasione del Consiglio europeo di Amsterdam nel giugno 1997. Questo costituisce lo strumento che consente ai paesi membri della zona euro di coordinare le rispettive politiche nazionali di bilancio, nonché di evitare deficit di bilancio eccessivi. Si consulti: [ Indice ]
Se la volontà di condurre azioni culturali a livello europeo si è manifestata già negli anni Settanta, è solo nel 1991, col trattato di Maastricht e il suo articolo 151, che si è ufficialmente assegnato alla cultura un posto nella costruzione europea. In questo contesto, l'Unione europea deve contribuire "al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune". Per realizzare un vero spazio culturale europeo, l'Unione deve incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri e, se necessario, sostenerne e completarne l'azione in materia di:
Per dieci anni, la Commissione ha sostenuto la cooperazione culturale mediante tre programmi settoriali a carattere sperimentale relativi alle arti dello spettacolo, plastiche o visive, al patrimonio e al libro (vale a dire Caleidoscopio, Arianna e Raffaello). Inoltre, la Comunità europea ha sostenuto l'iniziativa degli Stati membri che designano annualmente, a partire dal 1985, una "città europea della cultura". Nel 2000, col programma quadro "Cultura 2000", la Commissione ha adottato un nuovo approccio per la sua azione culturale, nell'intento di realizzare uno spazio culturale comune promuovendo il dialogo culturale, la creazione, la diffusione della cultura e la mobilità degli artisti e delle loro opere, il patrimonio culturale europeo, le nuove forme d'espressione culturale e il ruolo socioeconomico della cultura.Accanto al programma Cultura 2000, la cooperazione culturale in Europa è incoraggiata mediante azioni specifiche finanziate da altri programmi europei. Si tratta in particolare di azioni condotte nel quadro delle politiche economiche, di ricerca, istruzione e formazione, oppure di aiuto allo sviluppo regionale, che incentivano anche la cooperazione culturale. Tale cooperazione va intesa nel senso più ampio, dal momento che la maggior parte dei programmi è aperta ai paesi membri dello Spazio economico europeo e ai paesi candidati, e considerando che sono coinvolti anche i paesi terzi e le organizzazioni internazionali. Si consulti: [ Indice ]
D Decisione e decisione-quadro (Titolo VI del Trattato UE) Questi nuovi strumenti del Titolo VI del trattato sull'Unione europea (cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale) sostituiscono l'azione comune dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam. Trattandosi di strumenti più diretti e più vincolanti, essi dovrebbero rivelarsi più efficaci nel contesto del terzo pilastro riorganizzato. La "decisione-quadro" è utilizzata per ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Essa può essere proposta su iniziativa della Commissione o di uno Stato membro e deve essere adottata all'unanimità. Vincola gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi da impiegare a tal fine. La "decisione" viene invece utilizzata per conseguire qualsiasi altro obiettivo che non sia il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. La decisione è vincolante, e le misure necessarie per darvi attuazione a livello dell'Unione europea sono adottate dal Consiglio a maggioranza qualificata. Con la soppressione del terzo pilastro prevista dalla Costituzione europea, in via di ratifica, le attuali decisioni e decisioni-quadro sono portate a sparire e ad essere sostituite da leggi e leggi-quadro europee. Si consulti:
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Il deficit democratico è una nozione invocata principalmente per sostenere che l'Unione europea e le sue istanze soffrono di una mancanza di legittimità democratica e che sembrano inaccessibili al cittadino a causa della complessità del loro funzionamento. Il deficit democratico rispecchia la percezione secondo cui il sistema istituzionale comunitario sarebbe dominato da un'istituzione che cumula poteri legislativi e di governo, il Consiglio dell'Unione europea, e da un'istituzione burocratica e tecnocratica che non ha un'effettiva legittimità democratica, la Commissione europea. Ad ogni tappa che ha segnato l'integrazione europea, la questione della legittimità democratica si è imposta all'attenzione in modo sempre più forte. I trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza hanno avviato l'incorporazione del principio della legittimità democratica nell'ambito del sistema istituzionale, rafforzando i poteri del Parlamento in materia di designazione e controllo della Commissione, nonché ampliando gradualmente il campo di applicazione della procedura di codecisione. Da allora, sono state lanciate due iniziative più ampie, miranti ad avvicinare l'Europa ai suoi cittadini. In seguito al Consiglio europeo di Nizza (dicembre 2000), si è realizzato un ampio dibattito pubblico sull'avvenire dell'Unione aperto a tutti i cittadini ed è stata istituita una Convenzione europea incaricata, in particolare, di migliorare la legittimità democratica dell'Unione. I lavori della Convenzione hanno portato ad un progetto di Costituzione europea adottato, passando attraverso taluni compromessi, dai Capi di Stato o di governo nel giugno 2004. La Costituzione europea, in via di ratifica, rafforza la legittimità democratica dell'Unione ed in particolare delle seguenti misure e disposizioni:
Si consulti:
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Il dialogo sociale indica le procedure di concertazione e di consultazione in cui sono implicate le parti sociali europee: l'Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), il Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica (CEEP) e la Confederazione europea dei sindacati (CES). Vi confluiscono le discussioni tra le parti sociali europee, le loro azioni congiunte ed eventuali trattative, nonché i dibattiti condotti con le istituzioni dell'Unione europea. Il dialogo è stato avviato nel 1985 dalla Commissione europea e, successivamente all'Atto unico europeo, è lo stesso trattato che pone a carico della Commissione l'obbligo formale di svilupparlo ulteriormente (articolo 138 del trattato CE). Per impartire nuovi impulsi al dialogo sociale europeo è stato convocato, nel marzo 2003, un vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione. Raggruppa al più alto livello politico la presidenza del Consiglio, la Presidenza della Commissione e le parti sociali europee. Si riunisce una volta l'anno, la vigilia del Consiglio europeo di primavera che si occupa della situazione economica e sociale dell'Unione. Il ruolo svolto dalle parti sociali e dal dialogo sociale autonomo è stato ancorato per la prima volta nella Costituzione europea in attesa di ratifica. Si consulti.:
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Dibattito sull'avvenire dell'Unione europea Aprendo la via all'allargamento, la Conferenza intergovernativa del 2000 (CIG 2000) auspicava anche che si avviasse un dibattito più ampio e più profondo sull'avvenire dell'Unione europea. Per tale motivo la "Dichiarazione di Nizza" allegata al Trattato dello stesso nome auspica lo sviluppo di un ampio dibattito che associ tutte le parti interessate: i rappresentanti dei Parlamenti nazionali come anche l'insieme dell'opinione pubblica, vale a dire gli ambienti politici, economici, universitari e i rappresentanti della società civile degli Stati membri e dei paesi candidati. Questo dibattito sull'avvenire dell'Unione si è prolungato fino a metà 2003 sia tramite discussioni che tramite l'utilizzazione di Internet, per raccogliere il numero più grande possibile di pareri sulle questioni chiave riguardanti l'avvenire dell'Europa. Tale dibattito era incoraggiato dalla Commissione che desiderava fosse avviato sia a livello europeo mediante contributi e tribune di discussione cui partecipassero personalità della sfera comunitaria come anche a livello degli Stati membri tramite l'avvio di dibattiti nazionali sull'avvenire dell'Unione che coinvolgessero in ampia misura i cittadini. Gli scambi realizzati nel quadro di tale dibattito sono stati portati avanti parallelamente ai lavori della Convenzione preparatoria della CIG 2004. I lavori della Convenzione si sono ultimati il 10 luglio 2003, dopo essere pervenuti ad un accordo su una proposta di Costituzione europea. Il 18 giugno 2004, la CIG, riunita a livello dei capi di Stato o di governo, è giunta ad un accordo, passando attraverso taluni compromessi, sul progetto di Costituzione europea predisposto dalla Convenzione. Si consulti:
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La dichiarazione è uno strumento non previsto dal titolo V del trattato sull'Unione europea anche se è caratteristico della cooperazione politica europea (CPE). La dichiarazione corrisponde generalmente a una linea politica, ma non è vincolante dal punto di vista giuridico. Il ricorso a quest'ultima è frequente nel quadro della politica estera e della sicurezza comune (PESC). Le dichiarazioni sono emesse dalla presidenza del Consiglio a nome dell'Unione europea e, se necessario, a nome della presidenza. Si consulti:
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Un anno dopo il trattato di Nizza e la dichiarazione dello stesso nome che propone di portare avanti la riforma istituzionale al di là dei risultati ottenuti in occasione della Conferenza intergovernativa del 2000 (CIG 2000), il Consiglio europeo riunito a Laeken ha adottato, il 15 dicembre 2001, una "Dichiarazione sul futuro dell'Unione europea" ovvero "Dichiarazione di Laeken" che impegna l'Unione a diventare più democratica, più trasparente e più efficace. Questa dichiarazione solleva 60 questioni attinenti al futuro dell'Unione, riunite attorno a quattro tematiche: la ripartizione e la definizione delle competenze, la semplificazione dei trattati, l'architettura istituzionale e la via verso una Costituzione per i cittadini europei. Per darvi risposta, la dichiarazione ha convocato una Convenzione che ha riunito le parti interessate al dibattito sul futuro dell'Unione. Questa Convenzione aveva il compito di esaminare le questioni essenziali, legate allo sviluppo futuro dell'Unione, per assicurare una preparazione quanto più ampia e trasparente possibile della CIG 2004. I lavori della Convenzione si sono ultimati il 10 luglio 2003, dopo essere giunti ad un accordo su una proposta di Costituzione europea. Il 18 giugno 2004, i capi di Stato o di governo degli Stati membri sono giunti ad un accordo, passando attraverso taluni compromessi, sul progetto di Costituzione europea predisposto dalla Convenzione. Si consulti:
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La difesa collettiva consiste nella partecipazione alla difesa dell'Europa in conformità dei trattati di Bruxelles (articolo V) e di Washington (articolo 5) i quali prevedono che gli Stati firmatari sono obbligati ad un'assistenza reciproca in caso di aggressione al fine di ristabilire le condizioni di sicurezza:
Dal 1949, la NATO è il garante principale della sicurezza in Europa occidentale, mentre l'UEO continua a funzionare al rallentatore da circa trenta anni. Peraltro, l'UEO è l'unica organizzazione strettamente europea ad avere previsto un obbligo di difesa collettiva ed automatica. Lo sviluppo di una politica europea per la sicurezza e la difesa (PESD) non incide minimamente sul principio in base al quale la NATO rimane il fondamento della difesa collettiva europea. Si consulti:
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La Corte di giustizia delle Comunità europee ha consacrato, nella sua giurisprudenza, i principi enunciati dalla convenzione europea sui diritti umani (CEDU) del Consiglio d'Europa, firmata a Roma il 4 novembre 1950. La Costituzione, in via di ratifica, prevede il conferimento della personalità giuridica all'Unione europea, il che renderebbe possibile la sua adesione alla CEDU. Il rispetto dei diritti umani è stato confermato nel preambolo dell'Atto unico del 1986 e, successivamente, inserito nell'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, che si basa sulla CEDU e sulle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Il trattato di Amsterdam ha rafforzato la garanzia del rispetto dei diritti fondamentali. Questo stabilisce, in particolare, che la Corte di giustizia è competente per vigilare al rispetto dei diritti fondamentali enunciati dall'articolo 6 per quanto riguarda l'operato delle istituzioni europee. Parallelamente, i provvedimenti da prendere qualora uno Stato membro dovesse violare i principi sui quali si basa l'Unione, in modo grave e persistente, sono precisati con l'inserimento di una clausola di sospensione. La Costituzione europea,in via di ratifica, incorpora la carta dei diritti fondamentali proclamata al Consiglio europeo di Nizza nel dicembre 2000. L'Unione europea si dota pertanto di una raccolta dei diritti fondamentali che sarà giuridicamente vincolante. La carta contiene diritti supplementari che non figurano nella convenzione europea dei diritti umani, nella fattispecie i diritti sociali dei lavoratori, la protezione dei dati, la bioetica e il diritto a una buona amministrazione. Si consulti.:
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In senso stretto, il diritto comunitario è costituito dai trattati costitutivi (diritto primario), nonché dalle disposizioni previste dagli atti adottati dalle istituzioni comunitarie in applicazione dei trattati stessi cioè regolamenti, direttive, ecc. (diritto derivato). In senso lato, il diritto comunitario comprende l'insieme delle norme giuridiche applicabili nell'ordinamento giuridico comunitario. Si tratta quindi anche dei diritti fondamentali, dei principi generali del diritto, della giurisprudenza della Corte di giustizia, del diritto scaturito dalle relazioni esterne della Comunità o del diritto complementare scaturito dagli atti convenzionali conclusi tra gli Stati membri ai fini dell'applicazione dei trattati. Si consulti:
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Al fine di svolgere appieno il suo ruolo di custode dei trattati e nell'interesse generale, la Commissione si è vista affidare un diritto d'iniziativa che le conferisce il mandato o l'obbligo di fare proposte sulle materie previste dal trattato, diritto che essa esercita nei casi espressamente previsti da quest'ultimo, ovvero quando lo ritenga opportuno.
Peraltro, il Consiglio ed il Parlamento europeo possono invitare la Commissione a formulare delle iniziative ove lo ritengano necessario. Il diritto d'iniziativa è considerato come un elemento fondamentale dell'equilibrio istituzionale della Comunità. Con il trattato di Amsterdam, il potere d'iniziativa della Commissione è stato esteso alle nuove politiche (occupazione, sanità), come pure al terzo pilastro ed alle questioni inerenti alla libera circolazione delle persone. Nell'ambito del terzo pilastro la Commissione ha un diritto d'iniziativa ripartito con gli Stati membri. Si consulti:
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Il diritto di petizione è il diritto di cui gode il cittadino dell'Unione europea, nonché qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede statutaria in uno Stato membro, di presentare al Parlamento europeo un'istanza o un reclamo su una materia che rientra nel campo di attività della Comunità e che lo concerne direttamente (articoli 21 e 194 del trattato che istituisce la Comunità europea). La commissione parlamentare competente per le petizioni esamina la ricevibilità delle domande e, ove lo ritenga opportuno, può sottoporre una questione all'attenzione del mediatore. Se una petizione è ritenuta ricevibile, la commissione competente per le petizioni può chiedere alla Commissione europea di trasmetterle determinati documenti o informazioni. Essa può inoltre trasmettere la petizione ad altre commissioni parlamentari per informazioni affinché queste ultime possano intraprendere un'azione. In casi eccezionali, la commissione competente per le petizioni può presentare una relazione al Parlamento affinché questa sia adottata in seduta plenaria o effettuare una missione d'indagine. Si consulti: [ Indice ]
Nella prospettiva di un'Europa ampliata, sono previste soluzioni per conservare l'equilibrio tra i paesi grandi e piccoli nel processo decisionale in sede di Consiglio dei ministri. Se il sistema attuale di ponderazione dei voti in seno al Consiglio fosse mantenuto dopo l'allargamento, vi sarebbe il rischio di una maggioranza qualificata dei voti rappresentativa di una minoranza della popolazione UE. Per questo motivo, gli Stati membri più popolosi auspicavano una riponderazione dei voti, o un sistema di duplice maggioranza in grado di garantire che la maggioranza raggiunta in sede di Consiglio rappresentasse non soltanto la maggioranza degli Stati membri, ma anche la maggioranza della popolazione europea. Il trattato di Nizza (2001) prevede una nuova definizione della maggioranza qualificata che corrisponde ad una duplice o addirittura triplice maggioranza. Oltre alla riponderazione dei voti favorevole ai paesi più grandi, la maggioranza qualificata deve in effetti anche rappresentare la maggioranza degli Stati membri. Vi è poi il cosiddetto sistema della "soglia demografica", per cui ciascuno Stato membro può chiedere che si verifichi se la maggioranza qualificata rappresenti almeno il 62% della popolazione dell'Unione. Se tale condizione non è soddisfatta, la decisione non viene adottata. Queste nuove regole sono entrate in vigore il 1° novembre 2004. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di introdurre con decorrenza dal 1° novembre 2009 un nuovo sistema di maggioranza qualificata basata su una duplice maggioranza: quella degli Stati membri e quella dei cittadini. La maggioranza qualificata sarà in questo caso raggiunta quando una decisione riunirà il 55% degli Stati membri (con un minimo di 15 paesi) rappresentanti perlomeno il 65% della popolazione dell'Unione. Si consulti:
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E La politica energetica dell'Unione europea mira a garantire un approvvigionamento sicuro, economico e senza rischi per la salute dei cittadini e l'ambiente. Originariamente i trattati istitutivi delle Comunità europee non prevedevano una politica comunitaria dell'energia.Gli inizi della costruzione dell'Unione europea hanno visto la creazione di quadri istituzionali per il carbon fossile e l'energia atomica:
I trattati successivi non hanno previsto una base giuridica specifica per la politica comunitaria dell'energia i cui fondamenti restano legati al trattato Euratom e a qualche disposizione contenuta nei capitoli «mercato interno» e «ambiente». Nel contesto energetico attuale, l'Unione europea deve fare fronte a numerose sfide: lo sviluppo delle energie rinnovabili, la liberalizzazione del mercato del gas e dell'elettricità, la limitazione della dipendenza energetica dell'Unione europea e la garanzia della sicurezza nucleare. Di fronte a queste nuove sfide energetiche, l'Unione europea ha preso misure per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento in una situazione di dipendenza dalle importazioni di petrolio da regioni politicamente instabili, ridefinire le priorità in materia di energia nucleare tenendo conto in particolare dei rischi di incidenti e dello smaltimento dei residui nonché sostenere lo sviluppo sostenibile. Con il nuovo programma di azione "Energia intelligente per l'Europa" (2003-2006) la Commissione propone inoltre di rafforzare il sostegno europeo alla promozione delle energie rinnovabili (ALTENER) e dell'efficienza energetica (SAVE), per riorientare l'azione internazionale verso queste due priorità (COOPENER). Si consulti: [ Indice ]
In base al principio dell'equilibrio istituzionale comunitario ogni istituzione è chiamata ad agire nell'ambito delle attribuzioni conferitele dai trattati, conformemente alla ripartizione delle competenze. Il principio non trova esplicita menzione nei trattati ma deriva da una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza Meroni nel 1958). Il principio dell'equilibrio istituzionale vieta qualunque sconfinamento, da parte di un'istituzione, negli ambiti di competenza attribuiti ad un'altra. Spetta alla Corte di giustizia delle Comunità europee vegliare sul rispetto di tale principio. In questo contesto, la nozione di "triangolo istituzionale" designa la relazione tra la Commissione europea, il Consiglio dell'Unione europea e il Parlamento europeo. Le relazioni tra le tre istituzioni e i poteri loro attribuiti dai trattati si sono considerevolmente evolute nel corso degli anni, in particolare il Parlamento europeo, il cui ruolo è stato rafforzato significativamente. Nonostante i progressi compiuti con il trattato sull'Unione europea e con il trattato di Amsterdam, l'asimmetria tra i poteri legislativi del Consiglio e quelli del Parlamento persiste: infatti, una reale condivisione del potere legislativo tra le due istituzioni vi è solo nei settori per i quali si applica la procedura di codecisione. Si consulti:
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Istituito con decisione del Consiglio nel 2002, Eurojust è l'organo incaricato di rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità grazie a una cooperazione giudiziaria più stretta all'interno dell'Unione europea. Questa entità di concertazione delle procure nazionali dell'Unione è costituita di 25 rappresentanti nazionali: giudici, magistrati del pubblico ministero e funzionari di polizia distaccati da ciascuno Stato membro. Eurojust può espletare i propri compiti per il tramite di uno o più dei suoi membri nazionali o collegialmente. Inoltre, ciascuno Stato membro può designare uno o più corrispondenti nazionali che possono essere un punto di contatto della rete giudiziaria europea. Eurojust è competente per quanto concerne le indagini e le azioni penali che interessano le forme gravi di criminalità, in particolare di criminalità organizzata o transfrontaliera. Eurojust ha l'obiettivo di promuovere il coordinamento tra le autorità competenti dei diversi Stati membri come anche la realizzazione della cooperazione giudiziaria internazionale e l'esecuzione delle domande di estradizione o del mandato d'arresto europeo. Eurojust contribuisce anche alle indagini penali degli Stati membri sulla base delle analisi effettuate da Europol. Le competenze dei due organi si intrecciano e riguardano: la criminalità informatica, la frode e la corruzione, il riciclaggio dei proventi di reato, la criminalità ambientale, la partecipazione a un'organizzazione criminale. La Costituzione europea, in corso di ratifica, amplia e identifica meglio le competenze operative di Eurojust. Con il trattato di Nizza Eurojust è abilitato a chiedere a uno Stato membro di aprire un'indagine senza però che tale richiesta abbia effetto cogente. Il trattato costituzionale prevede invece che Eurojust possa di propria iniziativa:
La Costituzione europea prevede anche che il Consiglio possa decidere all'unanimità di istituire una Procura europea a partire da Eurojust. Questa sarebbe competente per individuare, perseguire e trarre in giudizio gli autori di reati gravi a carattere transfrontaliero e di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione nonché i loro complici. Si consulti:
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E' la sigla che indica il partenariato euromediterraneo avviato col cosiddetto "processo di Barcellona". Oltre ai paesi dell'Unione Europea, comprende tutti i paesi che si affacciano sul bacino Mediterraneo ad eccezione di quelli balcanici: Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Palestina, Siria, Tunisia, Turchia (anche se la Turchia è un paese candidato all'accesso, al momento la sua partecipazione alla maggior parte dei programmi comunitari avviene come "Paese terzo") [ Indice ]
Europa "a geometria variabile" Con questo termine si designa un modo d'integrazione differenziata, che ammette l'esistenza di differenze insanabili nella struttura integrativa e che di conseguenza, permette una separazione permanente tra un gruppo di Stati membri ed unità integrative meno sviluppate. Si consulti.:
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L'Europa "a più velocità" indica un modo d'integrazione differenziata, secondo cui il perseguimento di obiettivi comuni è l'opera di un gruppo di Stati membri che sono al tempo stesso capaci e desiderosi di progredire, con l'idea sottesa che gli altri seguiranno successivamente. Si consulti.:
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L'Europa "alla carta" indica un modo d'integrazione differenziato, secondo cui i vari Stati membri hanno la facoltà di selezionare, come nel caso in cui si mangia "alla carta", il settore politico al quale vorrebbero partecipare, conservando al tempo stesso un numero minimo di obiettivi comuni. Si consulti:
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Europol (Ufficio europeo di polizia) Europol è un organo di cooperazione tra i servizi doganali e di polizia degli Stati membri. L'idea di istituire un Ufficio europeo di polizia venne avanzata già in occasione del Consiglio europeo di Lussemburgo (giugno 1991). Previsto dal trattato di Maastricht, l'ufficio ha avviato le sue attività nel gennaio 1994 con la denominazione di "Unità droghe di Europol" (UDE). La convenzione che ha istituito Europol è stata firmata nel luglio del 1995 ed è entrata in vigore il 1° ottobre 1998. Europol è competente in materia di lotta contro la criminalità e il terrorismo ma non è una polizia europea nel vero senso della parola. Si tratta di uno strumento al servizio degli Stati membri destinato a permettere loro di fronteggiare meglio il fenomeno della criminalità. Concretamente, l'azione di Europol consiste da un lato a facilitare la trasmissione di informazioni tra i servizi nazionali e dall'altro a fornire a questi ultimi analisi criminali. Europol partecipa alle squadre comuni di inchiesta formati dai servizi dei vari Stati membri fornendo loro sul posto le informazioni di cui hanno bisogno. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede un rafforzamento dei poteri dell'Ufficio al fine di garantire il coordinamento, l'organizzazione e lo svolgimento di inchieste realizzate congiuntamente alle autorità nazionali. La Costituzione prevede altresì che il Parlamento europeo eserciti una funzione di controllo su Europol, in associazione con i Parlamenti nazionali. L'operato dell'Ufficio europeo di polizia deve essere conforme alla carta dei diritti fondamentali ed è soggetto al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia. Si consulti:
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L'iniziativa eEurope è stata varata dalla Commissione europea nel dicembre 1999 ed è stata approvata dal Consiglio europeo di Lisbona nel marzo 2000. La comunicazione dal titolo "eEurope - Una società dell'informazione per tutti ", adottata in tale occasione, si inserisce nel contesto della "strategia di Lisbona", che ha l'obiettivo di fare dell'Unione europea entro il 2010 l'economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo. Gli obiettivi principali dell'iniziativa sono i seguenti:
Nel maggio 2000 la Commissione ha adottato a tal fine il piano d'azione eEurope 2002. Gli interventi principali miravano a favorire un internet meno caro, più rapido e sicuro, a promuovere investimenti umani e finanziari e a stimolare l'uso di internet. Il piano d'azione eEurope 2005 subentrato a eEurope 2002 si basava essenzialmente sulla disponibilità di un accesso a banda larga a prezzi competitivi, sulla sicurezza delle reti e sulla diffusione dell'uso delle tecnologie dell'informazione presso le amministrazioni pubbliche ("e-Governement"). Lanciata nel giugno 2005, l'iniziativa "i2010" rappresenta il nuovo quadro strategico della Commissione europea nel campo della società dell'informazione e dei nuovi media. i2010 è la prima iniziativa della Commissione adottata nel quadro della strategia di Lisbona riveduta e del partenariato per la crescita e l'occupazione. Si consulti: [ Indice ]
F Fondi strutturali e Fondo di coesione I Fondi strutturali e il Fondo di coesione costituiscono gli strumenti finanziari della politica regionale dell'Unione europea (UE), il cui scopo consiste nell'equiparare i diversi livelli di sviluppo tra le regioni e tra gli Stati membri. Essi contribuiscono pertanto a pieno titolo all'obiettivo della coesione economica, sociale e territoriale. Per il periodo 2000-2006, la dotazione finanziaria assegnata alla politica regionale ammonta a 213 miliardi di euro, di cui 195 miliardi destinati ai Fondi strutturali e 18 al Fondo di coesione. Tale importo rappresenta il 35% del bilancio comunitario, ovvero la seconda voce di spesa. Esistono quattro Fondi strutturali:
Per accelerare i tempi della convergenza economica, sociale e territoriale, nel 1994 l'Unione europea ha istituito il Fondo di coesione. Con una copertura di 18 miliardi di euro per il periodo 2000-2006, il fondo è destinato ai paesi con un PIL medio pro capite inferiore al 90 % della media comunitaria, in altri termini Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda (fino a fine 2003). Con l'allargamento dell'Unione a 25 Stati membri, anche i dieci nuovi paesi possono beneficiare del Fondo di coesione. La copertura prevista a tal fine ammonta a 8,5 miliardi di euro. Sul piano delle tematiche di intervento, il Fondo di coesione si propone di concedere finanziamenti a favore di progetti infrastrutturali nei settori dell'ambiente e dei trasporti. Gli aiuti nell'ambito del Fondo sono tuttavia soggetti ad alcune condizioni. Nel caso in cui lo Stato membro beneficiario presenti un deficit pubblico superiore al 3% del PIL (regole di convergenza dell'UEM), non verrà approvato alcun progetto nuovo fino a quando il deficit non sia di nuovo sotto controllo. Gli aiuti concessi a titolo dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione sono intesi sempre in termini di cofinanziamento. L'entità del finanziamento concesso varia in funzione del livello di ritardo economico della regione in cui viene attuato il progetto. Generalmente pari al 50%, gli aiuti ammontano al 75% delle spese ammissibili nel caso delle regioni che presentano un maggior ritardo di sviluppo (quelle cosiddette "obiettivo 1") fino a raggiungere l'85% in determinati casi. Una riduzione del tasso è prevista in base al principio "chi inquina paga" oppure laddove un progetto produca delle entrate. Tutti i progetti devono, ben inteso, rispettare le norme europee, soprattutto in materia di concorrenza, ambiente e aggiudicazione di appalti pubblici. La riforma della politica regionale, attualmente in corso, prevede entro il 2006 la riduzione a due dei Fondi strutturali (FEDER, FSE) e l'estensione del campo tematico d'azione del Fondo di coesione alle fonti di energia rinnovabili, all'intermodalità dei trasporti e ai trasporti urbani e collettivi. Si consulti.:
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Creato dal trattato di Roma del 1957, il Fondo europeo di sviluppo (FES) è il principale strumento dell'aiuto comunitario alla cooperazione allo sviluppo con gli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Stati ACP) come anche con i paesi e i territori d'oltre mare (PTOM). Si consulti: [ Indice ]
La politica della formazione professionale è basata sull'articolo 150 del trattato che istituisce la Comunità europea il quale cita: « La Comunità attua una politica di formazione professionale che rafforza e integra le azioni degli Stati membri, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi per quanto riguarda il contenuto e l'organizzazione della formazione professionale». In seguito all'iniziativa di Bruges dei direttori generali della formazione professionale (ottobre 2001) ha preso il via un processo di cooperazione rafforzata nel campo dell'insegnamento e della formazione professionale. La dichiarazione di Copenaghen (2002) e il comunicato di Maastricht (2004) ribadiscono le priorità consistenti nella trasparenza, nel riconoscimento e nella qualità della formazione professionale, e stabiliscono priorità a livello nazionale. Sono state elaborate due importanti iniziative: Europass-Formazione (1998) che attesta le competenze acquisite durante un periodo di formazione all'estero e Europass (2004) che riunisce ormai cinque documenti volti a comprovare in modo chiaro e agevole le qualifiche e le competenze dei cittadini ovunque in Europa. Il programma Leonardo da Vinci (istruzione e formazione permanente) è lo strumento finanziario per le azioni di formazione professionale. Esso mira a sostenere e a integrare le azioni avviate dagli Stati membri facendo leva sulla cooperazione transnazionale per migliorare la qualità, promuovere l'innovazione e rafforzare la dimensione europea dei sistemi e delle prassi di formazione. Il programma è stato aperto progressivamente a 31 paesi partecipanti. Le agenzie e gli organismi europei attivi nel campo della formazione sono:
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G Galileo è il nome del sistema europeo di radionavigazione via satellite sviluppato dall'Unione europea e dall'Agenzia spaziale europea (ESA) a decorrere dal 2002. Il Sistema dovrebbe essere operativo con decorrenza dal 2008. Galileo ha lo scopo di assicurare la fluidità, l'efficacia e la sicurezza dei trasporti in Europa. Potrà anche servire ad altri settori di attività grazie alle sue molteplici applicazioni. Galileo consentirà di rafforzare l'identità scientifica europea e di assicurare l'indipendenza dell'Unione nell'ambito strategico del posizionamento via satellite. Costituisce quindi una vera e propria alternativa al monopolio di fatto che sta costituendo il sistema americano GPS. Galileo sarà però compatibile con quest'ultimo come anche sistema di radionavigazione russo Glonass. Galileo consentirà agli utilizzatori dotati di un apparecchio ricevente di conoscere con grande precisione e in tempo reale la loro posizione. Il programma è costituito di 30 satelliti messi in orbita a partire dal 2006 e di stazioni a terra che permetteranno di rilanciare i segnali agli utilizzatori. Tra gli altri settori che potrebbero avvantaggiarsi delle applicazioni del programma Galileo vi sono: i servizi sociali (aiuto ai disabili e agli anziani), gli organi giudiziari e le dogane (controlli frontalieri), le operazioni di salvataggio (orientamento in mare e in montagna) e l'agricoltura (gestione precisa delle grandi superfici agricole). Si consulti : [ Indice ]
Gerarchia degli atti comunitari (gerarchia delle norme) Una dichiarazione allegata al trattato sull'Unione europea prevede che venga esaminato in che misura sia possibile riconsiderare la classificazione degli atti comunitari per stabilire un'appropriata gerarchia tra le diverse categorie di norme. Il principale obiettivo della gerarchia delle norme è di consentire al legislatore di concentrarsi sugli aspetti politici dei problemi, piuttosto che su questioni di dettaglio. Il processo decisionale comunitario verrebbe così strutturato in modo che gli atti di rango costituzionale siano soggetti a procedure più vincolanti (unanimità, maggioranza qualificata rafforzata, parere conforme, ecc.) rispetto agli atti legislativi, i quali a loro volta sarebbero soggetti a procedure meno flessibili (in particolare, procedura di codecisione) rispetto agli atti di applicazione (delega istituzionalizzata di poteri alla Commissione, per esempio). La questione ha formato oggetto di discussioni nel contesto dei primi dibattiti avviati nel 1990 sull'opportunità di inserire la procedura di codecisione nel trattato. L'idea di base era di impedire che venisse applicata una procedura troppo pesante a determinati atti d'importanza secondaria, in modo da evitare la paralisi legislativa. Nel 1991, nel corso dei negoziati sul trattato di Maastricht, la Commissione aveva proposto l'introduzione di una gerarchia degli atti e di una nuova tipologia delle norme comunitarie (trattato, leggi, atti accessori o di applicazione); la proposta si è però scontrata con le differenti tradizioni giuridiche degli Stati membri.
La Costituzione prevede anche di generalizzare la procedura di codecisione, destinata a diventare la "procedura legislativa ordinaria", secondo la quale saranno adottate le leggi e leggi-quadro europee. Si consulti: [ Indice ]
L'articolo 149, paragrafo 2, quinto comma del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) afferma che « L'azione della Comunità è intesa a favorire lo sviluppo degli scambi di giovani e di animatori di attività socioeducative ». L'ambito della gioventù è escluso da qualsiasi forma di armonizzazione delle disposizioni legislative e normative degli Stati membri. Ad eccezione dei programmi concernenti la gioventù e le organizzazioni per i giovani, i testi del Consiglio si configurano per la maggior parte quali raccomandazioni. Le istituzioni europee hanno deciso di utilizzare il metodo di coordinamento aperto per sviluppare la politica della gioventù. Gli sviluppi politici più recenti sono:
Al di là di questi testi che definiscono un quadro generale d'azione, l'Unione europea dispone di mezzi specifici e concreti per favorire la cooperazione in questo ambito:
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Globalizzazione dell'economia (mondializzazione) Con il termine "globalizzazione" si definisce il fenomeno di apertura delle economie e delle frontiere risultante dalla crescita degli scambi commerciali e dei movimenti di capitali, dalla circolazione degli uomini e delle idee, dalla diffusione dell'informazione, delle conoscenze e delle tecniche, nonché da un processo di liberalizzazione. Tale processo, al tempo stesso geografico e settoriale, non è recente; tuttavia ha fatto registrare un'accelerazione da qualche anno a questa parte. La globalizzazione è fonte di varie opportunità, pur restando una delle sfide più importanti che l'Unione europea è chiamata ad affrontare attualmente. Per sfruttare pienamente il potenziale di crescita collegato a tale fenomeno e garantire una ripartizione equa dei suoi vantaggi, l'Unione si adopera per dare attuazione, attraverso una governance multilaterale, ad un modello di sviluppo sostenibile volto a conciliare crescita economica, coesione sociale e protezione dell'ambiente. Si consulti: [ Indice ]
Il dibattito sulla governance europea, avviato dalla Commissione nel suo Libro bianco del luglio 2001, riguarda l'insieme delle regole, delle procedure e delle prassi attinenti al modo in cui i poteri sono esercitati in seno all'Unione europea. L'obiettivo consiste nell'adottare nuove forme di governance che avvicinino maggiormente l'Unione ai cittadini europei, la rendano più efficace, rafforzino la democrazia in Europa e consolidino la legittimità delle sue istituzioni. L'Unione deve condurre una riforma per colmare il deficit democratico delle sue istituzioni. Questa governance dovrebbe consistere nell'elaborazione e attuazione delle politiche pubbliche migliori e più coerenti che associno le organizzazioni della società civile alle istituzioni europee. Essa si realizza anche con un miglioramento della qualità della legislazione europea, della sua efficacia e semplicità. D'altro canto, l'Unione europea deve contribuire al dibattito sulla governance mondiale e svolgere un ruolo importante per migliorare il funzionamento delle istituzioni internazionali. Si consulti
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Grandi orientamenti delle politiche economiche - GOPE I grandi orientamenti delle politiche economiche (GOPE), previsti da una raccomandazione del Consiglio, costituiscono il riferimento centrale del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Tali orientamenti garantiscono una sorveglianza multilaterale dell'andamento economico negli Stati membri. Dal 2003 i GOPE vengono pubblicati per un periodo di tre anni consecutivi. La base giuridica dei GOPE è rappresentata dall'articolo 99 del trattato che istituisce la Comunità europea. Il Consiglio, decidendo a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, elabora un progetto per i GOPE e invia una relazione al Consiglio europeo su tale argomento. Il Consiglio europeo, a sua volta, adotta una conclusione su tale soggetto. Sulla base di tale conclusione, il Consiglio adotta successivamente, sempre a maggioranza qualificata, una raccomandazione in cui vengono stabiliti i grandi orientamenti. Il Parlamento europeo ne viene informato. Si consulti: [ Indice ]
H I Identità europea in materia di sicurezza e di difesa L'intervento militare della NATO in Bosnia ha evidenziato uno squilibrio in materia di rischio legato al fatto che le forze europee hanno operato sul terreno mentre le forze americane hanno prestato il loro intervento nello spazio aereo, con rischi minori. L'amministrazione Clinton ha riconosciuto l'eventualità di crisi in Europa nelle quali gli Stati Uniti non desidererebbero intervenire. Essa ha quindi sostenuto l'idea di creare una specie di pilastro europeo nell'ambito della NATO, cioè un'identità europea in materia di sicurezza e di difesa. In questo contesto, il Consiglio NATO tenutosi a Bruxelles nel gennaio 1994 ha riconosciuto quanto sia importante mettere a punto un'identità europea specifica in materia di sicurezza e di difesa. Quest'ultima ha cominciato a concretizzarsi a Berlino nel corso del Consiglio NATO del giugno 1996. Successivamente, l'Unione europea si è dotata di proprie strutture politiche e militari permanenti per assicurare il controllo politico e la direzione strategica delle crisi. Nel dicembre 2002, nel quadro degli accordi permanenti sulla consultazione e la cooperazione tra l'UE e la NATO detti « Berlin plus », l'Unione e la NATO hanno firmato un accordo di partenariato strategico in materia di gestione delle crisi. Grazie all'accordo l'Unione disporrà con effetto immediato di un accesso alle risorse logistiche e di pianificazione dell'Alleanza atlantica, anche per quanto riguarda l'informazione militare. Si consulti: [ Indice ]
Malgrado l'istituzione del mercato unico e dell'Unione economica e monetaria, non esiste ancora un'autentica politica fiscale a livello comunitario. Anche se specifiche disposizioni sono previste agli articoli da 90 a 93 del trattato istitutivo della Comunità europea, la procedura decisionale in materia di fiscalità richiede il voto unanime del Consiglio, il che ha finora sensibilmente frenato l'adozione di regole comuni in materia di imposizione fiscale diretta e indiretta. Per ovviare a tali ostacoli, la Commissione incoraggia attualmente il ricorso alla procedura di "cooperazione rafforzata" introdotta dal trattato di Amsterdam e ampliata dal trattato di Nizza. Attraverso questa procedura la Commissione può proporre che un gruppo di almeno otto Stati membri cooperi su un determinato tema previa autorizzazione del Consiglio a maggioranza qualificata. L'obiettivo è anche far sì che gli Stati membri adottino raccomandazioni volte ad eliminare gli ostacoli fiscali pregiudizievoli piuttosto che proposte legislative vincolanti. I controlli alle frontiere sull'imposta sul valore aggiunto sono stati soppressi con l'avvento del mercato unico nel 1993. Le merci sono attualmente tassate nel paese di acquisto ma, in futuro, quando il regime definitivo dell'IVA sarà adottato dal Consiglio, la tassazione avverrà nel paese di origine. Merita peraltro sottolineare che le aliquote IVA e le accise nei diversi Stati membri sono state ravvicinate. L'adozione della moneta unica rende più urgente l'istituzione di aliquote IVA comuni e di regole comuni per l'imposizione fiscale sulle imprese dell'Unione europea. Nell'ambito del «pacchetto fiscale», il cui obiettivo è di contrastare la concorrenza fiscale dannosa, il Consiglio ha adottato:
Varie proposte della Commissione sono attualmente in fase di valutazione da parte del Consiglio. Esse riguardano, tra l'altro, la rielaborazione del sistema comune IVA, la revisione del regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi, nonché la revisione del quadro comunitario relativo alla tariffazione per l'uso delle infrastrutture di trasporto (direttiva eurobollo). Si consulti: [ Indice ]
Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani (IEDDH-EIDHR) * L'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo(IEDDH-EIDHR) è stato uno strumento finanziario destinato a cofinanziare i progetti attinenti allo sviluppo e al consolidamento della democrazia e di uno Stato di diritto, nonché al rispetto dei diritti dell'uomo e alle libertà fondamentali nei paesi al di fuori dell'Unione europea (paesi terzi). In certe regioni l'iniziativa ha fornito e l'unica base giuridica di diverse azioni, in particolare la promozione dei diritti politici e civili, l'osservazione dei processi elettorali e le iniziative in materia di risoluzione dei conflitti. Prevista inizialmente per coprire il periodo 1999-2004, l'iniziativa è stata prorogata fino al 2006. Dall'1 gennaio 2007 l'Iniziativa è sostituita dagli Strumenti Europei per la democrazia e i diritti umani. Si consulti [ Indice ]
Investitura della Commissione europea La procedura di investitura si articola in due fasi:
Dopo il trattato di Nizza, la designazione del presidente spetta al Consiglio che si riunisce a livello di capi di Stato o di governo e delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo. Successivamente il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, e di comune accordo con il presidente designato, adotta l'elenco delle altre personalità che intende nominare membri della Commissione, conformemente alle proposte presentate dagli Stati membri, i quali vengono consultati dal presidente prima di dare il suo accordo sui nomi proposti. Infine, il presidente e i membri della Commissione sono nominati dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo. La Commissione attuale, in carica dal novembre 2004, è stata nominata secondo tale procedura. Si consulti:
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Le istituzioni europee, create dal trattato di Roma, sono i fautori politici della costruzione europea, . L'articolo 7 del trattato che istituisce la Comunità europea menziona cinque istituzioni europee stricto sensu:
In virtù dell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea le istituzioni esercitano i loro compiti in un quadro istituzionale unico. Ciò significa che esse sono protagoniste nel processo decisionale dei tre pilastri. Esse interagiscono con altri attori come il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato delle regioni, la Banca centrale europea, la Banca europea per gli investimenti, il Mediatore europeo e le agenzie comunitarie, costituendo così il sistema istituzionale europeo. In virtù della Costituzione europea, in corso di ratifica, il « quadro istituzionale » dell'Unione comprende il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri (denominato « Consiglio »), la Commissione europea, La Corte di giustizia dell'Unione europea nonché il Consiglio europeo che verrebbe così promosso al rango di istituzione europea. Si consulti:
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Ciascuno Stato membro assume la piena responsabilità dell'organizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione e del contenuto dei programmi. In conformità dell'articolo 149 del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) il ruolo della Comunità consiste nel contribuire allo sviluppo di un'istruzione di qualità, incoraggiando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendone e completandone l'azione. L'azione della Comunità tende principalmente a:
L'Unione non intende quindi sviluppare e realizzare una politica comune dell'istruzione. Essa però dispone di mezzi specifici per favorire la cooperazione nel settore:
Per raggiungere l'obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Lisbona nel marzo 2000 (diventare l'economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo) la Commissione ha rafforzato la cooperazione politica nel settore dell'istruzione, in particolare con l'utilizzo del metodo aperto di coordinamento. Si consulti.: [ Indice ]
Lanciato nel giugno 2005, i2010 - società europea dell'informazione per il 2010 - è il nuovo quadro strategico della Commissione europea per l'informazione e i media. i2010 è imperniato su tre priorità:
i2010 è la prima iniziativa della Commissione adottata nel quadro del partenariato rinnovato di Lisbona per la crescita e l'occupazione. Questa strategia fa seguito ai due piani d'azione "e-Europe 2002" e "e-Europe 2005" che definivano le azioni da realizzare per promuovere le TIC in Europa. Si consulti: [ Indice ]
J K L L'Unione europea è stata creata progressivamente e i trattati che ne sono alla base sono stati modificati in numerose occasioni. Tali modifiche hanno determinato difficoltà di leggibilità e di comprensione dei testi fondatori dell'Unione che hanno scavato un solco tra l'Unione e i suoi cittadini. Oltre ai trattati di Roma, i trattati fondatori, vi sono, tra l'altro, l'Atto unico europeo e il trattato sull'Unione europea, il cosiddetto trattato di Maastricht. Quest'ultimo ha creato una nuova struttura, l'Unione europea, che si è affiancata alle Comunità europee e che poggia su tre pilastri (le Comunità europee, la politica estera e di sicurezza comune, la cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni). Oltre a modificare i trattati precedenti, i trattati di Amsterdam e di Nizza contengono anche una nuova numerazione degli articoli. Inoltre, ai trattati è annesso un gran numero di protocolli e di dichiarazioni. Nel dicembre 2001 la dichiarazione di Laeken ha avviato un processo di semplificazione dei trattati. Esso si è concluso con l'adozione della Costituzione, in via di ratifica, che semplifica notevolmente la leggibilità dei trattati. Dopo la sua entrata in vigore, la Costituzione abrogherà interamente il diritto primario attualmente in vigore, e cioè i trattati precedenti, gli atti e trattati che li modificavano o li integravano nonché i trattati e atti di adesione. Un testo unico sarà allora alla base del funzionamento dell'Unione europea. Si consulti:
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Libera circolazione delle persone Il titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) definisce la politica dell'Unione europea in materia di "visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse alla libera circolazione delle persone". Questi settori comunitari legati alla realizzazione collettiva di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia riguardano:
Inoltre, la Corte di giustizia delle Comunità europee dispone di competenze più limitate rispetto al regime generale. Essa non può, ad esempio, deliberare sulle misure relative al mantenimento dell'ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna. Prima di essere inseriti nel TCE dal trattato di Amsterdam, questi settori rientravano nel titolo VI del trattato sull'Unione europea (terzo pilastro). Il trattato di Amsterdam le ha "comunitarizzate", cioè le ha integrate nel quadro giuridico del primo pilastro. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede che le politiche concernenti il controllo alle frontiere, i visti, l'asilo e l'immigrazione diventino politiche comuni. Si consulti:
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I libri bianchi pubblicati dalla Commissione sono documenti che contengono proposte di azione comunitaria in un settore specifico. Essi costituiscono talvolta il prolungamento dei libri verdi, il cui scopo è invece quello di avviare un processo di consultazione a livello europeo. Allorquando un libro bianco viene accolto favorevolmente dal Consiglio, può portare ad un programma di azione dell'Unione nel settore interessato. A titolo di esempio, si possono citare i libri bianchi sul completamento del mercato interno (1985), su « crescita, competitività e occupazione » (1993), ovvero sulla governance europea (2001). Più di recente, il libro bianco sui servizi di interesse generale (2004) e quello su una politica di comunicazione europea (2006) hanno parimenti contrassegnato l'evoluzione delle politiche comunitarie. Si consulti: [ Indice ]
I libri verdi sono documenti pubblicati dalla Commissione europea attraverso cui si vuole stimolare la riflessione a livello europeo su un tema particolare. Essi invitano le parti interessate (enti e individui) a partecipare ad un processo di consultazione e di dibattito sulla base delle proposte presentate. I libri verdi sono a volte all'origine degli sviluppi legislativi che vengono poi presentati nei libri bianchi. I libri verdi sull'imprenditorialità in Europa (2003), sui mutamenti demografici e una nuova solidarietà tra generazioni (2005) o più recentemente su una strategia europea per un'energia sicura, competitiva e sostenibile (2006) offrono esempi delle tematiche discusse. Si consulti: [ Indice ]
Lotta contro il razzismo e la xenofobia La prima grande iniziativa nell'ambito della lotta contro il razzismo è stata l'adozione - da parte del Consiglio e dei rappresentanti degli Stati membri, nel luglio 1996 - di una risoluzione che proclamava il 1997 "Anno europeo contro il razzismo". Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam l'articolo 13 consente di combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. Nel giugno 2000, sulla base di tale articolo, il Consiglio ha adottato una direttiva importante che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. Inoltre, nello stesso anno il Consiglio ha adottato un programma di azione comunitaria di lotta contro la discriminazione (2001-2006) al fine di promuovere azioni volte a prevenire e combattere, in particolare, la discriminazione in base alla razza e all'origine etnica. Parallelamente all'attuazione dell'articolo 13, l'Unione europea ha proseguito il suo impegno per integrare la lotta contro il razzismo e la xenofobia in tutte le sue politiche, nella fattispecie nei settori dell'occupazione, dei fondi strutturali europei, dell'istruzione, della formazione e della gioventù. Inoltre, l'articolo 29 del trattato sull'Unione europea, introdotto dal trattato di Amsterdam, fornisce una base giuridica per la lotta contro il razzismo e la xenofobia nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. Con l'entrata in vigore del trattato di Nizza (1° febbraio 2003) è stato affiancato al meccanismo di sanzione previsto dal trattato di Amsterdam un meccanismo di prevenzione o allarme, in particolare in caso di violazioni dei diritti dell'uomo quali il razzismo, la xenofobia e l'antisemitismo. L'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia (EUMC) svolge anch'esso una funzione importante. Istituito a Vienna nel giugno del 1997, l'Osservatorio ha come missione principale quella di studiare l'estensione e l'evoluzione dei fenomeni di razzismo e di xenofobia che si manifestano nell'ambito dell'Unione, di analizzarne le cause e di elaborare proposte da presentare alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri. L'Osservatorio è altresì incaricato di costituire e di coordinare una "rete informativa europea sul razzismo e sulla xenofobia" (RAXEN). Il 21 dicembre 1998 è stato inoltre concluso un accordo tra l'Unione europea e il Consiglio d'Europa volto a rafforzare la cooperazione tra l'Osservatorio e la Commissione contro il razzismo e l'intolleranza del Consiglio d'Europa. In occasione del Consiglio europeo del dicembre 2003 si è deciso di sviluppare l'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia e di estenderne il mandato affinché divenga un'Agenzia europea dei diritti dell'uomo. Si consulti.:
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Lotta contro il riciclaggio di denaro Il riciclaggio di capitali rappresenta il processo attraverso il quale gli autori di attività criminali mascherano l'origine illecita dei beni e dei proventi che ne derivano. La lotta contro il riciclaggio dei capitali persegue l'obiettivo di una migliore cooperazione fra gli Stati membri, in particolare delle loro autorità doganali. Essa assume di conseguenza due forme in seno all'Unione:
Mentre nell'ambito del primo pilastro erano già state prese misure all'inizio degli anni '90, la politica dell'Unione è stata rafforzata sulla base del terzo pilastro. A questo titolo, la lotta contro il riciclaggio di denaro si basa su programmi d'azione, attualmente il programma dell'Aja, approvato nel 2004 per un periodo di cinque anni, che succede al programma di Tampere del 1999. La Costituzione europea, in via di ratifica, ha aggiunto all'elenco elaborato ai fini dell'armonizzazione minima dei reati e delle sanzioni penali il riciclaggio, la contraffazione dei mezzi di pagamento e la criminalità informatica. Si consulti:
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L'articolo 29 del trattato sull'Unione europea fa riferimento specifico al terrorismo in quanto forma grave di criminalità. L'azione dell'Unione in materia di lotta contro il terrorismo si inserisce nel quadro del terzo pilastro, cioè la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (titolo VI del trattato sull'Unione europea). In questa prospettiva, le infrazioni terroristiche sono definite come « atti intenzionali, soprattutto il sequestro di persona o la presa di ostaggi, la diffusione di sostanze pericolose o la provocazione di incendi, inondazioni o esplosioni i cui effetti mettano in pericolo vite umane, omicidi (…). Sono anche considerate infrazioni terroristiche gli atti che possono arrecare grave danno a un paese o a un'organizzazione internazionale qualora siano commessi al fine di intimidire gravemente una popolazione o costringere i poteri pubblici, a destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali » (decisione quadro del 13 giugno 2002). L'azione dell'Unione si appoggia su strumenti specifici destinati a facilitare l'aiuto reciproco tra i servizi repressivi degli Stati membri, come Europol, Eurojust, il mandato di arresto europeo e le squadre comuni d'indagine (composte da responsabili delle autorità repressive dei vari Stati membri ed eventualmente di agenti di Europol). Altri strumenti mirano anche direttamente alle organizzazioni terroristiche, ai loro membri e al loro funzionamento come la messa a punto di una lista comune dei titolari i cui beni devono essere oggetto di confisca. I progressi dell'Unione in materia di lotta contro il terrorismo si sono evoluti soprattutto in funzione di vari eventi dagli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti. Di conseguenza sono stati approvati:
L'applicazione della lotta contro il terrorismo si basa attualmente sul programma dell'Aia approvato nel 2004 che determina le azioni prioritarie per il periodo 2005-2010. Si consulti:
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Lotta contro la criminalità organizzata La lotta contro la criminalità organizzata, prevista nel quadro della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (trattato sull'Unione europea, titolo VI - terzo pilastro), si prefigge di garantire al cittadino un alto livello di protezione in uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. La politica dell'Unione europea intende anche prevenire e lottare contro la criminalità organizzata. Essa si ispira e completa l'azione delle organizzazioni internazionali. La sua attuazione si basa principalmente sul ravvicinamento delle legislazioni penali nazionali in questo settore, nonché sull'azione di Europol e, in una certa misura, su quella di Eurojust. La lotta contro la criminalità organizzata si fonda sul programma dell'Aja, approvato nel 2004 per un periodo di cinque anni, che succede al programma di Tampere del 1999. Essa si articola intorno alla definizione di un concetto strategico previsto dal programma dell'Aja, presentato dalla Commissione nel 2005. Si consulti:
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La lotta contro la droga abbraccia diversi aspetti, i principali dei quali sono la prevenzione della tossicodipendenza e la lotta contro il traffico illecito di stupefacenti. L'intervento dell'Unione europea poggia su basi giuridiche specifiche in funzione dell'azione condotta. La lotta contro il traffico di droghe è stata chiaramente identificata dal trattato di Amsterdam come uno degli obiettivi del nuovo titolo VI del trattato sull'Unione europea. La lotta contro il traffico illecito di stupefacenti rientra nell'ambito quindi della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. La prevenzione della tossicodipendenza, dal canto suo, rientra nell'ambito di applicazione del disposto dell'articolo 152 del trattato che istituisce la Comunità europea, secondo cui "la Comunità completa l'azione degli Stati membri volta a ridurre gli effetti nocivi per la salute umana derivanti dall'uso di stupefacenti, comprese l'informazione e la prevenzione". In seguito alle conclusioni dei Consigli europei di Cardiff (giugno 1998) e di Vienna (dicembre 1998), il Consiglio, la Commissione e il Parlamento sono stati invitati ad elaborare un piano globale strategico di lotta contro la droga per succedere a quello esistente per il periodo 1995-1999. La Commissione ha risposto a questa domanda presentando:
Nel dicembre 2004, il Consiglio europeo ha approvato una strategia europea di lotta antidroga per il periodo 2005-2012, che si articola in due piani d'azione per i periodi 2005-2008 e 2008-2012. La lotta contro il traffico illecito di stupefacenti è gestita dall'unità "droghe" di Europol. Questa unità di informazione facilita la cooperazione di polizia e doganale fra gli Stati membri. L'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicomanie che ha sede a Lisbona, è incaricato di fornire informazioni obiettive, affidabili e comparabili che danno alla Comunità e agli Stati membri una vista d'insieme sul fenomeno delle droghe e delle tossicomanie e sulle loro conseguenze. Si consulti:
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La lotta contro la frode e la corruzione s'iscrive nel quadro generale della lotta contro la criminalità organizzata ma riguarda anche il problema più specifico della lotta contro ogni attività illegale che nuoce agli interessi finanziari della Comunità. Poggia su due basi giuridiche:
Dal giugno 1999, la lotta contro la frode è condotta in seno alla Commissione europea dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). L'OLAF sostituisce l'Unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF) istituita nel 1988. Per rafforzare l'azione comunitaria in materia di lotta contro la frode, in occasione della Conferenza intergovernativa di Nizza (febbraio 2000), la Commissione europea aveva proposto di introdurre nei trattati una base giuridica che consentisse di creare un quadro normativo relativo all'azione giudiziaria penale contro le frodi transnazionali e di istituire la figura di un procuratore europeo incaricato del coordinamento delle indagini e della repressione dei reati ai danni degli interessi finanziari dell'Unione. La proposta ha portato all'elaborazione di un libro verde (dicembre 2001) sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari, che suggerisce la creazione di una procura europea. La Costituzione europea, in via di ratifica, conserva la formulazione dell'articolo 280 del trattato CE. Essa sopprime una parte di tale articolo, ma crea la possibilità per l'Unione di adottare misure penali adeguate per tutelare i propri interessi finanziari. La Costituzione prevede inoltre l'istituzione, da parte del Consiglio, di una procura europea che sarà creata nell'ambito di Eurojust ai fini della lotta contro i reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione. Si consulti.:
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M La maggioranza qualificata (MQ) corrisponde al numero di voti da raggiungere, in sede di Consiglio, per adottare una decisione deliberando in conformità dell'articolo 205, paragrafo 2, del trattato che istituisce la Comunità europea. In seguito al trattato di Nizza, il numero di voti attribuito a ciascun paese è stato riponderato, in particolare per i paesi più popolosi, affinché la legittimità delle decisioni del Consiglio possa essere mantenuta in termini di rappresentatività demografica. Con decorrenza dal 1° novembre 2004, e in seguito dell'allargamento dell'Unione, la maggioranza qualificata è raggiunta quando sono riuniti 232 voti su 321 e la decisione ottiene il voto favorevole della maggioranza degli Stati membri. Inoltre, ciascuno Stato membro può chiedere che sia verificato se la maggioranza qualificata comprenda almeno il 62% della popolazione totale dell'Unione. In caso contrario, la decisione non è adottata. Nel susseguirsi delle riforme istituzionali, il voto a maggioranza qualificata ha sostituito il voto all'unanimità poiché esso risulta meno efficace nell'ottica di sviluppare una politica comunitaria operativa (rischio di veto). La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede quarantacinque nuovi casi di voto a maggioranza qualificata. Con decorrenza dal 1º novembre 2009, essa stabilisce che la maggioranza qualificata sarà fondata sul principio della duplice maggioranza. Quest'ultima sarà raggiunta con il voto favorevole di almeno 55% degli Stati membri e del 65% della popolazione dell'Unione. Per evitare che i paesi più popolosi possano bloccare una decisione, la minoranza di blocco deve comprendere almeno quattro Stati membri. In caso contrario, la MQ sarà considerata raggiunta, anche se il criterio della popolazione non è soddisfatto. Si consulti:
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Maggioranza qualificata rafforzata Quando il Consiglio agisce senza che una proposta della Commissione sia necessaria (campi di politica estera e di sicurezza comune o di cooperazione giudiziaria in materia penale o di polizia), la maggioranza qualificata deve raccogliere almeno i 2/3 degli Stati membri. Il ricorso a una maggioranza qualificata rafforzata è stato evocato da numerose delegazioni nazionali oltre che dalla Commissione europea durante la Conferenza intergovernativa del 1996, che è sfociata nell'adozione del trattato di Amsterdam. La Costituzione europea, in corso di ratifica, prevede l'aumento della soglia al 72% degli Stati membri per votare gli atti diversi da quelli che si basano sulla proposta della Commissione o del ministro degli Affari esteri. Si consulti:
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Il mandato d'arresto europeo è una decisione emessa da un'autorità giudiziaria di uno Stato membro in vista dell'arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata, ai fini dell'esercizio dell'azione penale o dell'esecuzione di una pena detentiva.Si tratta di uno strumento destinato a rafforzare la cooperazione tra le autorità giudiziarie degli Stati membri per mezzo della soppressione del sistema dell'estradizione. Si basa sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni in materia penale.Il mandato d'arresto europeo ha il suo fondamento in una decisione-quadro adottata dal Consiglio il 13 giugno 2002. Esso viene applicato dal 1° gennaio 2004. Si consulti:
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La funzione del mediatore europeo è stata istituita con il trattato sull'Unione europea (Maastricht, 1992) per vegliare sull'amministrazione e la trasparenza amministrativa a livello delle istituzioni europee. Il mediatore europeo è nominato dal Parlamento europeo, dopo ogni elezione di quest'ultimo per la durata della legislatura (cinque anni). È abilitato a ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell'Unione europea o di qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o che abbia la sede sociale in uno Stato membro, denunce che devono riguardare casi di cattiva amministrazione nell'operato delle istituzioni o degli organi comunitari (salvo la Corte di giustizia ed il Tribunale di primo grado). Ad esempio può trattarsi dell'assenza o del rifiuto di accesso alle informazioni, di un ritardo amministrativo ingiustificato, di un trattamento iniquo o discriminatorio o di una mancanza di trasparenza. Il mediatore può aprire un'indagine di sua iniziativa o in seguito ad una denuncia. Le denunce possono essere trasmesse direttamente al mediatore o tramite un deputato europeo. Qualora il mediatore constati un caso di cattiva amministrazione egli ne investe l'istituzione interessata, procede alle indagini, ricerca una soluzione che possa rimuovere il problema e propone eventualmente raccomandazioni a cui l'istituzione è tenuta a rispondere entro tre mesi con un parere circonstanziato. Se l'istituzione interessata non accetta di tenere conto delle raccommandazioni proposte, non può in alcun caso imporre una soluzione. Tuttavia potrà trasmettere una relazione speciale sulla questione al Parlamento europeo affinché quest'ultimo prenda le misure necessarie. Si consulti:
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Metodo comunitario e intergovernativo Il metodo comunitario designa il modo di funzionamento istituzionale del primo pilastro dell'Unione europea. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, il metodo poggia su una logica d'integrazione ed è segnatamente caratterizzato dai principali elementi qui appresso:
Il metodo comunitario si oppone al modo di funzionamento istituzionale del secondo e del terzo pilastro, il quale poggia su una logica di cooperazione intergovernativa (metodo intergovernativo), che è caratterizzata dai principali elementi qui appresso:
Si consulti:
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Metodo di coordinamento aperto Il metodo di coordinamento aperto è stato creato nel quadro della politica dell'occupazione e del processo di Lussemburgo. Esso è stato definito quale strumento della strategia di Lisbona (2000). Il metodo di coordinamento aperto funziona in ambiti che rientrano nella competenza degli Stati membri quali l'occupazione, la protezione sociale, l'inclusione sociale, l'istruzione, la gioventù e la formazione. Esso si basa essenzialmente su:
A seconda dei diversi ambiti il metodo di coordinamento aperto comporta misure dette di « soft law » che sono più o meno vincolanti per gli Stati membri, ma che non si configurano mai in forma di direttive, di regolamenti o di decisioni. Ad esempio, nel quadro della strategia di Lisbona, il metodo di coordinamento aperto impone agli Stati membri di elaborare piani di riforma nazionali e di trasmetterli alla Commissione. La politica delle gioventù invece non è corredata di obiettivi quantificati e la realizzazione degli obiettivi, a discrezione degli Stati membri, non è neanch'essa oggetto di piani d'azione nazionali coordinati a livello europeo. Si consulti: [ Indice ]
E' il nome di una delle azioni del programma comunitario Socrates, attivo in materia di formazione fino alla fine del 2006. Le sue attività, legate all'utilizzo delle nuove tecnologie nel settore, sono state assorbite all'interno del sottoprogramma trasversale del nuovo Programma per l'apprendimento permanente. [ Indice ]
Le « missioni di Petersberg » sono parte integrante della politica europea per la sicurezza e la difesa (PESD). Esse sono state espressamente incluse nel trattato sull'Unione europea (articolo 17) e comprendono:
Tali missioni sono state istituite tramite la dichiarazione di Petersberg, adottata al termine del consiglio ministeriale dell'UEO nel giugno 1992. Si consulti:
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N NATO (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico) L'Organizzazione del trattato del Nord Atlantico (NATO ovvero « Patto atlantico ») è stata istituita in base al trattato del Nord Atlantico, definito anche trattato di Washington, firmato in data 4 aprile 1949. Con sede a Bruxelles (Belgio), la NATO è costituita da 26 Stati membri. Ai dodici Stati fondatori si sono aggiunti in occasione di allargamenti successivi i seguenti Stati:
La politica dell'Unione europea rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri derivanti dal trattato del Nord Atlantico e la politica comune in materia di sicurezza e di difesa viene decisa in tale quadro. Si consulti:
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La NATO "rinnovata" si riferisce al processo di nuova definizione delle missioni e del funzionamento dell'Organizzazione, processo che è caratterizzato dal riconoscimento dell'identità europea della difesa, dal rafforzamento della componente europea del sistema di sicurezza transatlantico, dal nuovo ruolo che l'UEO è chiamata a svolgere e dalle prospettive dell'apertura della NATO ai paesi dell'Est. Lo stesso processo sarà accompagnato dall'approfondimento delle relazioni della NATO con i paesi terzi attraverso l'istituzione della "partnership per la pace" e attraverso il Consiglio di cooperazione del Nord-Atlantico (CCNA). Nello stesso contesto il principale obiettivo sarebbe di instaurare una partnership solida, stabile e durevole con la Russia e l'Ucraina. Si consulti:
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Natura 2000 è una rete di zone situate sul territorio degli Stati membri in cui si devono proteggere le specie vegetali e animali e il loro habitat. Questa protezione è organizzata dalla direttiva denominata « Uccelli » (1979) e dalla direttiva « Habitat » (1992). La legislazione comunitaria elenca le specie della fauna e della flora e gli habitat che presentano un interesse particolare perché rari o a rischio, in particolare le specie e gli habitat minacciati d'estinzione. Su proposta degli Stati membri la Commissione designa le zone in cui si organizza la protezione di tali specie e habitat. Queste zone sono classificate in base a sette regioni bio-geografiche dell'UE (alpina, atlantica, boreale, continentale, macaronesiana, mediterranea e pannoniana). La rete è strutturata in zone di protezione speciali (ZPS) finalizzate alla conservazione di più di 180 specie e sottospecie di uccelli, e in zone speciali di conservazione (ZSC) miranti alla conservazione di più di 250 tipi di habitat, di 200 specie animali e di più di 430 specie vegetali. Natura 2000 rappresenta oggi più di 10% del territorio dell'Unione europea. Gli Stati sono responsabili della gestione di queste zone e devono assicurare la conservazione delle specie e degli habitat designati dalla legislazione comunitaria. Le attività umane, come ad esempio l'agricoltura, continuano ad essere autorizzate all'interno di tali zone, ma devono essere compatibili con l'obiettivo di conservazione. Si consulti: [ Indice ]
I negoziati d'adesione sono determinanti per valutare il livello di preparazione dei paesi candidati all'adesione. Essi sono giudicati in base ai propri meriti alla luce del rispetto dei criteri d'adesione. I negoziati intendono sostenere i paesi candidati nella loro preparazione a fronteggiare gli obblighi derivanti dalla qualità di Stato membro. Essi devono anche consentire all'Unione europea di prepararsi all'allargamento in termini di capacità di assorbimento. I negoziati riguardano l'adozione e l'applicazione dell'acquis comunitario che forma oggetto di un controllo della Commissione. L'acquis si divide in capitoli. Esistono altrettanti capitoli che settori per i quali si devono realizzare dei progressi. Questi settori sono identificati nel corso dell'esame analitico dell'acquis ("screening") cui contribuisce il programma di assistenza tecnica e di scambio di informazioni (TAIEX). Ogni capitolo è negoziato individualmente. I negoziati si svolgono in seno a conferenze intergovernative bilaterali che riuniscono gli Stati membri e ciascun paese candidato. Posizioni comuni di negoziati sono stabilite per ciascuno dei capitoli di competenza comunitaria. I risultati dei negoziati sono incorporati in un progetto di trattato di adesione quando sono conclusi i negoziati sull'insieme dei capitoli. Il sistema delle misure transitorie consente, eventualmente, di concludere i negoziati anche se non è ultimata la ripresa dell'acquis. Si consulti:
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NIS è l'acronimo di "New Indipendent States" e indica la Comunità degli Stati Indipendenti nati dalla dissoluzione dell'Ex Unione Sovietica: Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Kazakistan, Kyrgyzstan, Moldavia, Federazione Russa, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan. [ Indice ]
Con questo termine si designa un gruppo ristretto di paesi che sono capaci e desiderosi di mettere in pratica una cooperazione rafforzata. Il concetto di nucleo duro ha trovato un'espressione pratica nella realizzazione dello spazio Schengen che ha permesso a un gruppo di Stati membri di eliminare progressivamente i controlli alle frontiere comuni e di instaurare un regime di libera circolazione delle persone. In un primo tempo esso si è formato al di fuori del quadro istituzionale dell'Unione europea e in seguito è stato integrato nei trattati mediante il trattato di Amsterdam. Il trattato di Amsterdam ha formalizzato il ricorso a tali nuclei duri mediante l'introduzione del concetto di « cooperazione rafforzata ». La cooperazione rafforzata permette ad un numero limitato di Stati membri di progredire sulla via dell'approfondimento della costruzione europea, nel rispetto del contesto istituzionale. Si consulti:
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O OLAF (Ufficio europeo per la lotta antifrode) L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha l'incarico, dal 1° giugno 1999, di reprimere le frodi ai danni del bilancio dell'Unione europea. Istituito con decisione della Commissione europea, l'Ufficio ha sostituito l'Unità di coordinamento della lotta antifrodi (UCLAF) creata dalla Commissione nel 1988 con un ambito operativo limitato a questa sola istituzione. L'OLAF può ora svolgere indagini sulla gestione e sul finanziamento di tutte le istituzioni e organi dell'Unione e gode di un'indipendenza operativa assoluta, garantita in particolare da due organi:
Un accordo interistituzionale concluso nel maggio 1999 dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione europea, precisa le modalità in base alle quali devono svolgersi le inchieste interne dell'OLAF allo scopo di combattere le frodi, la corruzione e le altre attività illegali che recano pregiudizio agli interessi finanziari delle Comunità europee. In base a tale accordo l'Ufficio ha competenza a indagare su fatti rilevanti che possono configurare un inadempimento degli obblighi professionali dei funzionari e degli altri agenti, passibili di conseguenze sul piano penale o disciplinare. Numerosi regolamenti precisano le modalità di notifica delle irregolarità e di riscossione delle somme indebitamente versate. Altri regolamenti determinano la procedura che va seguita nel corso delle indagini e operazioni, nonché controlli in situ. Si consulti: [ Indice ]
La riforma dei Fondi strutturali attuata con Agenda 2000 ha focalizzato l'intervento della politica regionale comunitaria sui problemi cruciali dello sviluppo. L'attuale regolamentazione prevede pertanto tre obiettivi prioritari in sostituzione dei sei obiettivi precedenti:
L'evoluzione degli obiettivi 1, 2 e 3 oltre il 2006 dipenderà dalle valutazioni del loro impatto sulla coesione economica, sociale e territoriale, nonché dalle conclusioni del dibattito sull'avvenire della politica regionale. L'allargamento dell'Unione a 25 Stati membri rivoluziona il contesto socioeconomico dell'Unione. Per il periodo 2007-2013 è necessario avviare una nuova strategia politica e una riforma degli strumenti di attuazione. Le principali priorità di questa riforma sono la concentrazione sui problemi cruciali di sviluppo, la semplificazione e il decentramento. Si consulti:
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Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (maggio 1999), che ha introdotto un nuovo titolo VIII sull' "Occupazione" nel trattato sulla Comunità europea, la promozione di un livello occupazionale elevato figura tra gli obiettivi della Comunità. L'occupazione rappresenta una competenza complementare degli Stati membri volta soprattutto all'elaborazione di una strategia europea per l'occupazione (SEO). La strategia è concepita come strumento principale per fornire gli orientamenti e assicurare il coordinamento delle priorità di politica occupazionale, cui gli Stati membri aderiscono a livello europeo. Il nuovo titolo VIII sull'occupazione prevede anche la creazione di un comitato dell'occupazione a titolo consultivo. Questo intende facilitare il lavoro dell'Unione nella promozione del coordinamento delle politiche nazionali in materia di occupazione e di mercato del lavoro. Il Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000) ha considerato che l'obiettivo generale di queste misure era quello di aumentare il tasso di occupazione globale dell'Unione europea al 70 % e il tasso di occupazione femminile a più del 60 % entro il 2010. Il Consiglio europeo di Stoccolma (marzo 2001) ha aggiunto due obiettivi intermedi e un obiettivo supplementare:
Il Consiglio di Barcellona (marzo 2002) ha chiesto di rafforzare la strategia europea per l'occupazione come strumento della strategia di Lisbona. Il sostegno finanziario alla politica occupazionale si effettua attraverso vari strumenti:
A livello europeo, i principali organi in materia occupazionale sono i seguenti:
Si consulti:
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ONG (Organizzazioni non governative) * In Italia il termine indica soltanto le organizzazioni che si occupano di cooperazione internazionale allo sviluppo, mentre in Europa questa sigla ha un signicato molto più ampio e indica tutte le organizzazioni libere ed indipendenti dai governi, qualunque sia la loro attività. [ Indice ]
Opting out (clausola di esenzione) L'opting out è la deroga che, onde impedire un bloccaggio generale, è concessa agli Stati membri che non desiderino associarsi agli altri Stati membri con riguardo ad un particolare settore della cooperazione comunitaria. In forza di questo principio, il Regno Unito ha chiesto di non partecipare alla terza fase dell'unione economica e monetaria (UEM) ed analogo trattamento è stato concesso alla Danimarca per quanto riguarda l'UEM, la difesa e la cittadinanza europea. Allo stesso modo l'acquis di Schengen è stato oggetto di un'adozione parziale in quanto Irlanda, Regno Unito e Danimarca possono decidere, caso per caso, se partecipare in modo totale o parziale alle misure previste. Si consulti:
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Organismi geneticamente modificati (OGM) Gli OGM sono organismi il cui materiale genetico (ADN) non è stato modificato dalla moltiplicazione e/o ricombinazione naturale bensì attraverso l'introduzione di un gene modificato o di un gene di un'altra varietà o specie. La legislazione comunitaria si interessa agli OGM dal 1998. L'azione dell'Unione mira a proteggere la salute umana e l'ambiente pur rispettando le regole del mercato unico. Essa riguarda l'uso, la diffusione, l'immissione sul mercato e la tracciabilità degli OGM, sia per gli alimenti destinati al consumo umano che al consumo animale. Si occupa inoltre dell'attuazione delle disposizioni del Protocollo di Cartagena sulla biodiversità relative ai movimenti transfrontalieri degli OGM. Nel 2004, dopo cinque anni senza nuova autorizzazione di immissione sul mercato, la Commissione europea ha autorizzato l'immissione in commercio di taluni alimenti OGM o contenenti degli OGM, nonché la commercializzazione e la coltura di sementi OGM. Per poter essere immessi sul mercato, gli OGM sono innanzitutto sottoposti a una valutazione molto rigorosa e devono poi recare etichette chiare, nel rispetto delle disposizioni in materia di etichettatura e di tracciabilità dei prodotti. Il Centro comune di ricerca (CCR) della Commissione funge da laboratorio di riferimento per la valutazione degli OGM. Esso coordina la rete europea di laboratori di riferimento per gli OGM e lavora al rilevamento, all'identificazione e alla quantificazione degli OGM contenuti nei prodotti alimentari. L'Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (AESA) fornisce anche pareri scientifici sugli OGM. Si consulti:
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Organizzazioni comuni dei mercati agricoli (OCM) Le organizzazioni comuni di mercati (OCM) rappresentano il primo pilastro della politica agricola comune (PAC). Le OCM costituiscono lo strumento fondamentale di regolazione dei mercati nella misura in cui disciplinano la produzione e il commercio dei prodotti agricoli di tutti gli Stati membri dell'Unione europea:
In seguito alla riforma della PAC del 2003, la maggior parte delle OCM sono sottoposte al nuovo sistema di pagamento unico per azienda e di disaccoppiamento, ad eccezione dei nuovi Stati membri (effettivo dal 2005 o 2006). Inoltre modifiche sono state introdotte nei meccanismi di gestione delle crisi e nella qualifica ambientale delle aziende. Si consulti: [ Indice ]
P Lo statuto di paesi candidati è concesso dal Consiglio europeo sulla base di un parere della Commissione europea formulato a seguito di una richiesta di adesione presentata dal paese candidato. Lo statuto di paese candidato non dà tuttavia diritto all'adesione automatica all'Unione. Da un lato, la Commissione esamina la candidatura alla luce dei criteri di adesione (criteri di Copenhagen), dall'altro il processo di adesione inizia in seguito alla decisione del Consiglio europeo di avviare i negoziati di adesione. Secondo la situazione dei paesi candidati, essi potrebbero essere impegnati ad avviare un processo di riforma nella prospettiva di allineare la loro legislazione sull'acquis comunitario e di rafforzare, eventualmente, le loro infrastrutture e amministrazioni. Il processo di adesione si avvale della strategia di preadesione che propone strumenti come l'aiuto finanziario. L'adesione dipende dai progressi realizzati dai paesi candidati che sono regolarmente valutati e seguiti dalla Commissione. Si consulti:
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Sono i paesi che non sono membri dell'Unione e non godono di status particolari come quello di candidato o candidato potenziale. La possibilità di partecipazione ai programmi dell'Unione Europea varia a seconda dei programmi stessi e a volte anche sulla base di accordi bilaterali. [ Indice ]
Quello delle pari opportunità è un principio di carattere generale le cui principali componenti sono il divieto di qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità e la parità tra uomini e donne. Tale principio è applicabile in tutti i campi, segnatamente nella vita economica, sociale, culturale e familiare. Nel trattato di Amsterdam è stata inserita una nuova disposizione al fine di rafforzare il principio di non discriminazione in stretto rapporto con le pari opportunità. Vi si stabilisce che il Consiglio può adottare tutti i provvedimenti ritenuti necessari per combattere qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le credenze, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. Grazie al suo programma di azione e di lotta contro tutte le discriminazioni (2001-2006) l'Unione europea incoraggia e affianca inoltre le azioni degli Stati membri volte a combattere qualsiasi forma di discriminazione. Adottata nel dicembre 2000 e in attesa di essere integrata nella costituzione europea in via di ratifica, la carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea comprende un capitolo intitolato "Parità" che riprende i principi di non discriminazione, parità tra uomini e donne, diversità culturale, religiosa e linguistica. Il capitolo affronta ugualmente il tema dei diritti dei bambini, degli anziani e dei disabili. La costituzione aggiunge esplicitamente i principi di parità e non discriminazione ai valori sui quali si fonda l'Unione. Il testo li considera alla stregua di disposizioni di carattere generale che l'Unione è obbligata a promuovere all'atto di definire e attuare le sue politiche e azioni. Si consulti.:
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Parità di trattamento economico tra uomini e donne Il trattato che istituisce la Comunità economica ha sancito nel 1957 il principio della parità tra uomini e donne e l'articolo 141 stabilisce parità di retribuzione per lo stesso lavoro tra uomini e donne. Successivamente, a partire dal 1975, diverse direttive hanno esteso il principio della parità di trattamento all'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali al fine di rimuovere qualsiasi discriminazione nel mondo del lavoro in materia di sicurezza sociale, regimi legali e regimi professionali. Ai programmi pluriannuali di promozione della parità di trattamento avviati negli anni 1980 la Commissione ha associato una strategia comunitaria (2001-2005) in modo da definire linee direttrici nel cui ambito tutte le attività comunitarie potranno contribuire al perseguimento dell'obiettivo volto ad eliminare le disparità di trattamento e promuovere la parità tra uomini e donne. Il trattato di Amsterdam ha inteso ampliare la portata dell'articolo 141, limitata alla parità di retribuzione, includendo la promozione della parità tra uomini e donne nell'articolo 2 del trattato CE in cui si enumerano i compiti assunti dalla Comunità. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, approvata nel dicembre 2000 e destinata ad essere integrata nella Costituzione europea in via di ratifica, ribadisce che "la parità tra uomini e donne deve essere garantita in tutti i campi, tra cui l'occupazione, il lavoro e la retribuzione". La Costituzione prevede di aggiungere il principio della parità tra uomini e donne ai valori sui quali si fonda l'Unione e di considerarlo alla stregua di una disposizione di carattere generale di cui l'Unione deve tener conto in tutte le sue azioni. Si consulti: [ Indice ]
Fin dal 1989 alcuni deputati delle commissioni competenti dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo si riuniscono semestralmente in seno alla Conferenza degli organi specializzati negli affari comunitari (COSAC). In seguito all'entrata in vigore del trattato di Maastricht (1993), le competenze dell'Unione europea sono state estese a settori che storicamente rientrano nella sfera di competenza nazionale, come la giustizia e gli affari interni. Per questo motivo l'importanza degli scambi tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo è stata sottolineata in una dichiarazione sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'ambito dell'Unione europea. A titolo di questa dichiarazione allegata al trattato di Maastricht, i governi nazionali sono invitati a trasmettere tempestivamente al loro parlamento rispettivo le proposte legislative della Commissione per loro informazione o per prenderle eventualmente in esame. Questa dichiarazione raccomanda anche di intensificare gli scambi di informazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali per facilitare l'implicazione di questi ultimi nel processo comunitario e di consentire loro di effettuare un miglior controllo democratico. Un protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali è stato allegato al trattato sull'Unione europea dal trattato di Amsterdam. Esso precisa che tutti i documenti di consultazione della Commissione (Libri bianchi, Libri verdi e comunicazioni) devono essere imperativamente trasmessi ai parlamentari nazionali. Deve essere rispettato un termine di sei settimane tra la data in cui una proposta legislativa è messa a disposizione dalla Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo e la data in cui essa è iscritta all'ordine del giorno del Consiglio: l'obiettivo è di consentire ai parlamentari nazionali di discuterla, ove lo ritengano necessario. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali nel funzionamento dell'Unione europea. La trasparenza dei lavori in seno al Consiglio consentirà, in particolare, ai parlamenti nazionali di seguire da vicino le posizioni del loro rispettivo governo sugli argomenti all'ordine del giorno. Inoltre, l'instaurazione di un meccanismo di "allarme tempestivo" sul rispetto del principio di sussidiarietà consentirà loro soprattutto di intervenire direttamente sul processo legislativo. Grazie a tale meccanismo, essi saranno informati su qualsiasi nuova iniziativa della Commissione. Qualora un terzo dei parlamenti nazionali ritenga che una proposta violi il principio di sussidiarietà, la Commissione dovrà in questo caso riesaminare la sua proposta. Si consulti: [ Indice ]
Il Parlamento europeo riunisce i rappresentanti dei 453 milioni di cittadini dell'Unione europea. Essi sono eletti a suffragio universale diretto dal 1979. Il Parlamento europeo conta 732 deputati, suddivisi in funzione della dimensione della popolazione degli Stati membri. Le funzioni principali del Parlamento europeo sono le seguenti:
Con il trattato di Amsterdam (entrato in vigore nel 1999), i poteri del Parlamento europeo si sono rafforzati, in particolare grazie al fatto che la procedura di codecisione è stata notevolmente estesa. Questa evoluzione verso un potenziamento del ruolo di colegislatore del Parlamento si è rafforzata con il trattato di Nizza (entrato in vigore nel 2003), che gli ha attribuito un diritto di ricorso davanti alla Corte di giustizia delle Comunità europee. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede inoltre di rafforzare i poteri di colegislatore del Parlamento europeo. Si prevede in effetti di estendere il campo di applicazione della procedura di codecisione a nuovi settori e di riconoscere al Parlamento, in materia di bilancio, un diritto di decisione pari a quello del Consiglio. Con decorrenza dal 2009, inoltre, il numero di deputati europei non potrà superare i 750. Si consulti:
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La Commissione ha l'obbligo di consultare le varie parti sociali quando intende presentare proposte in campo sociale. Il dialogo sociale (articolo 138 del trattato CE) è condotto con le tre principali organizzazioni interprofessionali che rappresentano le parti sociali a livello europeo:
Oltre a queste tre organizzazioni interprofessionali europee entrano in gioco molti altri gruppi socioprofessionali che rappresentano interessi specifici o settoriali. Compito della Commissione è quello di promuovere la consultazione delle parti sociali adottando tutti i provvedimenti necessari per agevolare il dialogo ed assicurando un appoggio equilibrato a tutte le parti. : [ Indice ]
Il partenariato per l'adesione costituisce uno strumento della strategia di preadesione che identifica le esigenze specifiche dei paesi candidati verso i quali deve essere diretto l'aiuto di preadesione che costituisce il quadro relativo:
Un partenariato per l'adesione è stabilito per ciascun candidato al fine di dirigere e di incoraggiare i paesi candidati nella loro preparazione all'adesione. A tal fine, ciascun paese candidato elabora un programma nazionale di adozione dell'acquis (PNAA) che presenta un calendario di messa in atto del partenariato. Inoltre ciascun paese candidato stabilisce un piano d'azione relativo al rafforzamento delle capacità amministrative e giudiziarie. Il partenariato per l'adesione può anche costituire oggetto di revisioni in funzione dei nuovi sviluppi, in particolare di nuove priorità che potrebbero essere identificate nel corso del processo di preadesione. Si consulti:
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Il processo decisionale del trattato, che istituisce la Comunità europea (primo pilastro) può essere introdotto per talune disposizioni del titolo VI del trattato sull'Unione europea (terzo pilastro) al fine di comunitarizzarle. Questa possibilità è prevista dall'istituzione dell'Unione europea. Il ricorso a detta possibilità, detta "passerella" necessita dell'unanimità in seno al Consiglio e della ratifica per ciascuno Stato membro secondo le rispettive disposizioni costituzionali nazionali. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede la scomparsa della passerella così come è concepita dal trattato di Maastricht nella misura in cui i pilastri saranno soppressi. Invece, la Costituzione instaura un altro meccanismo di passerella che consente il passaggio dall'unanimità alla maggioranza qualificata per l'approvazione degli atti. Tuttavia, la decisione spetta al Consiglio europeo che si pronuncia all'unanimità. Sono inoltre previste anche due passerelle specifiche: una per il settore di politica estera e di sicurezza comune (PESC), ad eccezione delle decisioni aventi implicazioni militari o di difesa, e l'altra per il quadro finanziario pluriennale. Si consulti:
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Patto di stabilità e di crescita Il patto di stabilità e di crescita (PSC) rientra nel contesto della terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) che è iniziata il 1° gennaio 1999. Tale patto si prefigge garantire che la disciplina di bilancio degli Stati membri continui dopo l'introduzione della moneta unica (euro). Formalmente, il patto di stabilità e di crescita è costituito da una risoluzione del Consiglio europeo (adottata ad Amsterdam il 17 giugno 1997) e da due regolamenti del Consiglio del 7 luglio 1997 che ne precisano gli aspetti tecnici (controllo della situazione di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche; applicazione della procedura d'intervento in caso di deficit eccessivi). In esito a varie discussioni sull'applicazione del PSC, i due regolamenti sono stati modificati nel giugno del 2005. A medio termine, gli Stati membri si impegnano a rispettare l'obiettivo di una posizione finanziaria vicina all'equilibrio di bilancio e a presentare al Consiglio e alla Commissione un programma di stabilità entro il 1° marzo 1999 (la presentazione di tale programma è stata successivamente prevista annualmente). Sullo stesso modello, gli Stati non partecipanti alla terza fase dell'UEM, vale a dire quelli che non hanno (ancora) introdotto l'euro, devono presentare un programma di convergenza. Il patto di stabilità e di crescita prevede la possibilità per il Consiglio di applicare sanzioni nei confronti di uno Stato membro partecipante che non abbia adottato le misure necessarie per porre fine a una situazione di deficit eccessivo (« procedura di deficit eccessivo »). In un primo tempo, la sanzione assume la forma di un deposito senza interessi presso la Comunità ; tuttavia questo potrà successivamente essere convertito in ammenda in caso di mancata correzione del deficit eccessivo nel corso dei due anni successivi. Non esiste tuttavia nessun automatismo per quanto riguarda tali sanzioni, le quali dipendono da una valutazione delle circostanze da parte del Consiglio. Si consulti: [ Indice ]
Personalità giuridica dell'Unione Le due Comunità - Comunità europea ed Euratom - che costituiscono l'Unione europea hanno personalità giuridica. Invece il trattato sull'Unione europea non contiene alcuna disposizione relativa alla personalità giuridica dell'Unione anche se quest'ultima ingloba le due Comunità precitate e due settori a carattere intergovernativo - politica estera e di sicurezza comune (PESC) e cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. La Comunità europea ha la capacità di concludere e di negoziare accordi nel rispetto delle sue competenze esterne, di divenire membro di un'organizzazione internazionale e di disporre di delegazioni nei paesi terzi. La questione della personalità giuridica dell'Unione è stata posta essenzialmente sul piano delle relazioni esterne, in particolare per quanto concerne la capacità a concludere trattati o ad aderire a convenzioni. L'Unione non detiene, a priori, il « treaty making power », cioè la capacità internazionale di concludere accordi con Stati terzi. Tuttavia essa persegue obiettivi propri sul piano internazionale sia con la conclusione di accordi mediante il Consiglio dell'Unione europea o con le sue prese di posizione sulla scena internazionale, soprattutto nel quadro della PESC. La Costituzione, in via di ratifica, prevede che l'Unione sia dotata di personalità giuridica. Si consulti:
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Le piccole e medie imprese (PMI) sono definite, a livello comunitario, in base a criteri cumulativi legati agli effettivi, al volume d'affari e all'indipendenza dell'impresa. Se si considera quindi soltanto il numero di dipendenti, una micro-impresa è un'impresa che dà lavoro a meno di 10 persone, una piccola impresa a meno di 50 e una media impresa a meno di 250. L'Unione europea ha definito espressamente le PMI per riservare la fruizione delle agevolazioni, poste in atto a favore di queste ultime, alle sole imprese che ne posseggano effettivamente le caratteristiche. Le PMI rappresentano più di 90% delle imprese in Europa e sono il cuore dell'economia europea. Conformemente al motto « Pensare anzitutto in piccolo » adottato nella Carta europea per le piccole imprese (2000), l'Unione europea indirizza diverse delle sue azioni a favore delle PMI europee (accesso ai finanziamenti, fiscalità, ricerca, tecnologia dell'informazione e della comunicazione, ecc.). Essa ha anche posto in atto un quadro politico coerente e unico per queste diverse azioni che intende liberare le potenzialità non valorizzate delle PMI per creare crescita e occupazione all'interno dell'Unione. L'Unione incoraggia l'utilizzazione della definizione comunitaria di PMI quale riferimento, ma essa è vincolante soltanto per certi ambiti come gli aiuti di stato, l'attuazione dei Fondi strutturali o i programmi comunitari. Si consulti: [ Indice ]
La nozione di "pilastri" è generalmente utilizzata per designare il trattato sull'Unione europea. Tre pilastri formano l'architettura dell'Unione europea, cioè:
Il trattato di Amsterdam ha trasferito una parte dei settori contemplati dal terzo pilastro al primo pilastro (libera circolazione delle persone). Questi tre pilastri funzionano secondo procedure decisionali diverse: procedura comunitaria per il primo pilastro e procedura intergovernativa per gli altri due. Di conseguenza, nel primo pilastro, solo la Commissione può presentare proposte al Consiglio e al Parlamento e la maggioranza qualificata basta per l'approvazione degli atti in seno al Consiglio. Nel quadro del secondo e terzo pilastro, questo diritto d'iniziativa è condiviso fra la Commissione e gli Stati membri e l'unanimità al Consiglio è in genere necessaria. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede una radicale rifusione del sistema. I tre pilastri sono destinati ad essere fusi, pur mantenendo procedure particolari nel settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica di difesa. Si consulti:
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Politica agricola comune (PAC) La politica agricola comune (PAC) appartiene alle competenze condivise tra l'Unione europea (UE) e gli Stati membri. In virtù dell'articolo 33 del trattato che istituisce la Comunità europea essa si prefigge di assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori europei e una remunerazione equa agli agricoltori soprattutto grazie all'organizzazione comune dei mercati agricoli e al rispetto dei principi, fissati nella conferenza di Stresa del 1958, dell'unicità dei prezzi, della solidarietà finanziaria e della preferenza comunitaria. La PAC costituisce una delle più importanti politiche dell'Unione europea (le spese agricole rappresentano circa il 45% del bilancio comunitario). La sua elaborazione è soggetta alla procedura decisionale che prevede la maggioranza qualificata in seno al Consiglio e la consultazione del Parlamento europeo. La PAC ha soddisfatto il suo principale obiettivo, cioè garantire l'autosufficienza alimentare della Comunità europea. Tuttavia, sono necessari ulteriori orientamenti importanti per correggere gli squilibri e gli eccessi di produzione della PAC. I suoi obiettivi sono quindi cambiati nel corso del tempo e i suoi strumenti si sono perfezionati attraverso le successive riforme (riforma McSharry del 1992 e Agenda 2000, in particolare). L'ultima riforma, quella del giugno 2003, sottolinea un'evoluzione profonda della PAC e comporta i seguenti punti:
La riforma comprende peraltro una revisione della politica di organizzazione comune dei mercati della PAC. Sono stati riformati già numerosi settori: il tabacco, il luppolo, il cotone, l'olio d'oliva e lo zucchero. Si consulti:
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La politica commerciale comune costituisce uno dei principali strumenti delle relazioni esterne dell'Unione europea. Tale politica rientra nella sfera di competenza esclusiva della Comunità (articolo 133 del trattato che istituisce la Comunità europea). Essa costituisce la contropartita dell'Unione doganale fra gli Stati membri. La politica commerciale comune implica una gestione uniforme delle relazioni commerciali con i paesi terzi, segnatamente tramite una tariffa doganale comune e tramite regimi comuni che regolano le importazioni e le esportazioni. La Comunità persegue l'eliminazione delle restrizioni agli scambi, nonché delle barriere doganali. Per proteggere il mercato comunitario, la Comunità dispone di strumenti quali le misure antidumping e antisovvenzioni, il regolamento sugli ostacoli al commercio e le misure di salvaguardia. La Commissione negozia e conclude accordi internazionali a nome della Comunità nel quadro delle sue relazioni bilaterali e multilaterali. Essa partecipa attivamente all'Organizzazione mondiale del commercio. L'Unione europea sostiene un commercio liberalizzato, equilibrato e favorevole agli interessi di tutti gli operatori internazionali e in particolare dei paesi meno favoriti. In tal senso, le misure preferenziali generali e specifiche in favore di questi ultimi costituiscono un aspetto importante della politica commerciale comune. Si consulti: [ Indice ]
L'obiettivo della politica comune dei trasporti è eliminare gli ostacoli alle frontiere tra gli Stati membri e contribuire così alla libera circolazione delle persone e delle merci. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam le decisioni in materia di trasporti sono prese secondo la procedura di codecisione, previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni. Si consulti.: [ Indice ]
Sebbene prevista sin dal 1957 dal trattato di Roma, la politica comune della pesca (PCP) - "l'Europa blu" - è divenuta una politica comune a pieno titolo soltanto nel 1983. La PCP condivide con la politica agricola comune (PAC) la stessa base giuridica (articoli 32-38 del trattato) e i medesimi obiettivi: incrementare la produttività, stabilizzare i mercati, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori. La PCP, come la PAC, è un ambito di competenza condiviso tra l'Unione europea e gli Stati membri. In seguito ad una serie di riforme gli obiettivi iniziali della PCP sono stati completati per includervi anche: lo sfruttamento sostenibile delle risorse, la protezione dell'ambiente, la garanzia di un livello elevato di protezione della salute umana e la partecipazione alla realizzazione dell'obiettivo di coesione economica e sociale. In particolare, la protezione delle risorse alieutiche e dell'ambiente marino rappresenta un obiettivo cruciale di fronte alla sfida rappresentata dalla rarefazione delle risorse. La PCP agisce a quattro livelli, segnatamente:
L'Unione europea si adopera oggi per creare una vera e propria politica marittima che comprenda le politiche della pesca, dell'ambiente e delle industrie del mare. Si consulti: [ Indice ]
La politica d'impresa ha l'obiettivo di creare un ambiente più favorevole alla costituzione e allo sviluppo delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese (PMI), all'interno dell'Unione europea. Gli sforzi intrapresi nel quadro di tale politica riguardano:
La politica d'impresa contribuisce in tal modo ad una crescita durevole e alla creazione di posti di lavoro. Essa partecipa inoltre alla realizzazione dell'obiettivo del Consiglio europeo di Lisbona, dei giorni 23 e 24 marzo 2000, in occasione del quale i capi di Stato e di governo hanno dichiarato che l'Unione dovrebbe diventare entro il 2010 l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo. L'azione dell'Unione in materia di politica d'impresa si traduce in un sostegno e in un coordinamento dell'azione svolta dagli Stati membri. L'Unione non può peraltro assumersi competenze nazionali, né armonizzare legislazioni e normative nazionali. Si consulti:
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La politica europea di vicinato (PEV) intende stabilire relazioni privilegiate con i paesi vicini dell'Europa dell'Est, della sponda sud del Mediterraneo e del Caucaso meridionale che non hanno prospettive di adesione. Sviluppata a partire dal 2003 per condividere con i paesi vicini i benefici dell'allargamento ed evitare il manifestarsi di nuove divisioni, la PEV rientra nel quadro della strategia europea di sicurezza. La PEV è imperniata sulla promozione della democrazia, delle libertà, della prosperità, della sicurezza e della stabilità ma va al di là delle relazioni già instaurate con ciascun paese vicino. L'instaurazione di queste relazioni privilegiate è però condizionata all'interesse reciproco a rispettare valori comuni, segnatamente quelli della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti dell'uomo, del buon governo, i principi di un'economia di mercato e di sviluppo sostenibile La PEV viene attuata mediante piani d'azione bilaterali basati sui bisogni del paese vicino interessato e sugli interessi reciproci di quest'ultimo e dell'Unione. Questi piani d'azione fissano un programma di lavoro per un periodo che va da tre a cinque anni che riguarda le riforme politiche ed economiche, il ravvicinamento delle legislazioni con la legislazione comunitaria, la partecipazione a certi programmi comunitari e lo sviluppo e il rafforzamento della cooperazione e del dialogo. Gli accordi bilaterali preesistenti alla PEV fungono da quadro per la realizzazione della PEV. I paesi vicini beneficiano anche di un'assistenza finanziaria e tecnica, essenzialmente per il tramite dei programmi TACIS e MEDA che lo Strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI) è chiamato a rimpiazzare a partire dal 2007. Si consulti: [ Indice ]
L'Unione economica e monetaria (UEM) comporta uno stretto coordinamento delle politiche economiche nazionali, le quali ormai sono diventate una questione di interesse comune. Per dare concreta attuazione a tale coordinamento, il Consiglio dei ministri, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, elabora un progetto di indirizzi di massima, che viene trasmesso al Consiglio europeo. Sulla base delle conclusioni di quest'ultimo, il Consiglio dei ministri, deliberando a maggioranza qualificata, adotta una raccomandazione che fissa gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e ne informa il Parlamento europeo (articolo 99 del trattato CE). Gli indirizzi di massima annuali rappresentano un elemento fondamentale del coordinamento delle politiche economiche dell'Unione. Oltre agli indirizzi di massima il trattato CE (Titolo VII) prevede altre disposizioni sulla politica economica, in particolare:
Il trattato CE specifica altresì le disposizioni di carattere istituzionale relative alla Banca centrale europea e le disposizioni transitorie per l'attuazione delle diverse tappe dell'UEM. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede una maggiore autonomia degli Stati membri della zona euro, che potranno risolvere tra loro talune questioni. Inoltre, il ruolo della Commissione sarà rafforzato per quanto attiene alla procedura relativa ai disavanzi eccessivi. Infine, la Costituzione apporterà una semplificazione sostanziale dei testi esistenti. Si consulti.:
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Politica estera e di sicurezza comune (PESC) La PESC è istituita e disciplinata dal titolo V del trattato sull'Unione europea (UE). Essa ha sostituito la cooperazione politica europea (CPE) e prevede, in futuro, la definizione di una politica comune di difesa, che al momento opportuno potrebbe portare a una difesa comune. Gli obiettivi del secondo pilastro dell'Unione sono stabiliti dall'articolo 11 del trattato UE e sono conseguiti attraverso strumenti giuridici specifici (azione comune, posizione comune), adottati all'unanimità in sede di Consiglio. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (1999), l'Unione europea può ormai avvalersi di un nuovo strumento: la strategia comune. Il trattato di Amsterdam ha previsto inoltre la possibilità di ricorrere alla votazione a maggioranza qualificata in determinati casi. Dopo la firma del trattato di Amsterdam, dunque, il settore della PESC ha continuato ad evolversi praticamente ad ogni Consiglio europeo. Il trattato di Nizza (2001) ha previsto la possibilità di instaurare, a determinate condizioni, una cooperazione rafforzata nel settore della PESC per attuare un'azione comune o una posizione comune. Tale cooperazione rafforzata non può riguardare questioni con implicazioni militari o relative alla difesa. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede la creazione della carica di ministro degli Affari esteri. Quest'ultimo, che sarà incaricato di dirigere la PESC, sarà assistito dal servizio europeo per l'azione esterna, anch'esso di recente istituzione. La Costituzione prevede inoltre il trasferimento del potere d'iniziativa in tale ambito dalla Commissione al nuovo ministro. L'unanimità resterà la regola generale; tuttavia, in alcuni settori si potrà ricorrere al meccanismo delle passerelle per passare alla maggioranza qualificata, purché in tali settori non vi siano implicazioni militari o di difesa. Una volta ratificata la Costituzione, gli strumenti legislativi saranno esclusi dalla PESC, nel cui ambito si utilizzeranno pertanto solo le decisioni europee e gli accordi internazionali. Le cooperazioni rafforzate potranno essere istituite in tutto il settore della PESC e non più soltanto per attuare un'azione comune o una posizione comune. Tuttavia sarà sempre richiesta l'unanimità. Si consulti:
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Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) La politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell'Unione europea comporta la definizione progressiva di una politica di difesa comune che, al momento opportuno, potrebbe portare ad una difesa comune. La Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) intende consentire all'Unione di sviluppare le proprie capacità civili e militari di gestione delle crisi e di prevenzione dei conflitti su scala internazionale, contribuendo così al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite. La PESD, che non comporta la creazione di un esercito europeo, si sviluppa compatibilmente con la NATO e in maniera coordinata con essa. Il trattato di Maastricht (1992) ha previsto per la prima volta disposizioni concernenti la responsabilità dell'Unione in termini di sicurezza e un'eventuale politica comune di difesa. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (1999), nel trattato sull'Unione europea (titolo V) sono state inserite nuove missioni. Tale importante innovazione riguarda le missioni umanitarie e di evacuazione, le missioni per il mantenimento della pace e quelle costituite da forze di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni intese a riportare la pace (le cosiddette missioni di Petersberg). A tali missioni di gestione delle crisi civili e militari si aggiunge la componente «prevenzione dei conflitti» della PESD. Il comitato politico e di sicurezza (COPS), il comitato militare dell'UE (CMUE) e lo Stato maggiore dell'UE (EMUE) costituiscono le strutture politiche e militari permanenti per una politica di difesa autonoma e operativa dell'Unione. Peraltro, il Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999 ha stabilito "l'obiettivo globale", cioè la possibilità per l'Unione di schierare, entro 60 giorni e per almeno un anno, fino a 60 000 uomini. In occasione del Consiglio europeo di Göteborg (giugno 2001), i capi di Stato e di governo hanno manifestato la volontà di migliorare le capacità dell'UE nei settori della prevenzione dei conflitti e della gestione delle crisi con mezzi militari e civili. Il trattato di Nizza (2001) ha affidato al COPS le operazioni di gestione delle crisi, sempre sotto la responsabilità del Consiglio. La Costituzione europea, in corso di ratifica, indica chiaramente l'obiettivo di pervenire all'attuazione di un'autentica difesa comune europea. Essa prevede l'aggiornamento delle missioni di Petersberg e l'introduzione di due clausole: una di mutua difesa ed una di solidarietà in caso di attacco terroristico o di catastrofe naturale o umanitaria. Inoltre, essa prevede la possibilità di affidare compiti militari a un gruppo di Stati membri o di stabilire una «cooperazione strutturata permanente» nel settore della difesa. Queste misure consentirebbero ad alcuni Stati membri di conseguire con maggiore rapidità l'obiettivo di una difesa comune europea. Si consulti.:
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Le disposizioni relative alla politica monetaria sono previste dagli articoli 105-111 (ex articoli 105-109) dal trattato che istituisce la Comunità europea, che costituiscono un elemento fondamentale dell'Unione economica e monetaria (UEM). In sede di attuazione sono applicabili molteplici procedure decisionali, a seconda delle questioni trattate:
Notiamo che le disposizioni istituzionali (articoli 1112-115) e transitorie (articoli 116-124), rubricate nel Titolo VII (ex Titolo VI) del trattato istitutivo della Comunità europea (politica economica e monetaria) prevedono procedure decisionali particolari, distinte da quelle summenzionate. Si consulti.:
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L'integrazione nel trattato che istituisce la Comunità europea, ad opera del trattato di Amsterdam, dell'accordo sociale stipulato da undici Stati membri pone fine ad una situazione complessa. Tra il 1993 e il 1999 esistevano infatti in materia di politica sociale due basi giuridiche distinte: il trattato CE e un accordo separato al quale il Regno Unito non aveva inteso aderire. Ormai, invece, tutti i provvedimenti sono riuniti nel titolo XI del trattato CE. Gli obiettivi della politica sociale definiti nel trattato CE e ripresi nel testo della costituzione europea si ispirano alla carta sociale europea del 1961 e alla carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989: tra gli obiettivi vi sono annoverati la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di lavoro, un'adeguata protezione sociale, il dialogo sociale, uno sviluppo delle risorse umane che consenta un elevato e durevole livello di occupazione e la lotta contro l'emarginazione. L'integrazione della carta dei diritti fondamentali nella costituzione rafforza la dimensione sociale dell'Europa ma non crea ulteriori competenze dell'Unione. Gli Stati membri e le istituzioni devono invece rispettarla quando adottano provvedimenti volti ad attuare il diritto dell'Unione. La costituzione, istituendo un nuovo sistema di competenze, annovera la politica sociale fra le competenze condivise e precisa che, a seconda dei campi di applicazione, si delineano tre casi:
Si consulti.:
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Ponderazione dei voti nell'ambito del Consiglio Il voto a maggioranza qualificata nell'ambito del Consiglio dell'Unione europea risponde al principio di ponderazione dei voti. Secondo la ponderazione attuale, gli Stati più popolosi beneficiano fra 27 e 29 voti, i paesi mediamente popolosi si sono visti assegnare fra 7 e 14 voti e i "piccoli paesi", dispongonodi 3 o 4 voti. Una decisione deve necessariamente raccogliere almeno 232 voti su 321 per poter essere approvata. La ponderazione dei voti rappresenta il frutto di un compromesso tra Stati membri che, pur eguali in diritto, presentano caratteristiche diverse. Il numero dei voti attribuito a ciascuno Stato membro è determinato soprattutto dal loro rispettivo peso demografico e da un adeguamento che determina una relativa sovrarappresentanza degli Stati meno popolosi. Nell'Europa dei 15, questo sistema ha consentito di garantire la legittimità delle decisioni adottate, in quanto le decisioni prese a maggioranza qualificata si fondano sul più ampio consenso possibile. Di conseguenza, i grandi paesi non potevano mettere i paesi piccoli in minoranza e viceversa. Nella prospettiva dell'allargamento la Conferenza intergovernativa (CIG) del 2000 ha proceduto ad una revisione delle ponderazioni dei voti in modo da evitare una sproporzione tra il peso relativo dei paesi piccoli e medi e la loro consistenza demografica. Così i voti degli Stati maggiormente popolosi sono aumentati in modo proporzionale rispetto a quelli assegnati agli altri, al fine di poter preservare la legittimità delle decisioni del Consiglio in termini di rappresentatività demografica. La ponderazione attuale dei voti, formalizzata dal trattato di Nizza, è entrata in vigore il 1° novembre 2004. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di sopprimere il sistema di ponderazione dei voti nell'ambito del Consiglio (attribuzione di un voto a ciascuno Stato membro) e di sostituirlo con una nuova definizione della maggioranza qualificata. Si consulti:
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La posizione comune nell'ambito della Politica estera e di sicurezza comune (PESC), è volta a rendere la cooperazione più sistematica e meglio coordinata. Gli Stati membri sono tenuti a seguire e difendere le posizioni adottate all'unanimità in seno al Consiglio dei ministri. Ai fini della semplificazione, la Costituzione europea, in corso di ratifica, prevede di limitare gli strumenti della PESC alle decisioni europee e agli accordi internazionali. Dopo l'entrata in vigore della Costituzione europea, le posizioni comuni e l'applicazione delle procedure saranno quindi basate sulle decisioni europee (atti non legislativi) adottate dal Consiglio dei ministri. Si consulti.: [ Indice ]
Posizione comune (Titolo VI del Trattato UE) La posizione comune è stata creata, nel quadro della cooperazione in materia di giustizia e affari interni dal trattato di Maastricht. Il trattato di Amsterdam conserva e inserisce questo strumento nel nuovo Titolo VI del trattato sull'Unione europea (cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale). La posizione comune è uno strumento giuridico in forza del quale il Consiglio definisce l'approccio dell'Unione su una questione determinata. Gli Stati membri si obbligano allora a conformarsi, nel loro ordine interno e nella loro politica estera, a quanto è stato deciso all'unanimità in sede di Consiglio. Con la soppressione del terzo pilastro, prevista dalla Costituzione europea (in corso di ratifica) la convezione attuale verrà soppressa per essere sostituita da leggi e leggi quadro europee. Si consulti: [ Indice ]
Presidente della Commissione europea In conformità dell'articolo 214, paragrafo 2, del trattato che istituisce la Comunità europea, il Consiglio, riunito a livello dei capi di Stato o di governo, designa a maggioranza qualificata la personalità che prevede di nominare. Tale designazione dev'essere approvata successivamente dal Parlamento. Questa procedura di designazione è prevista dal trattato di Nizza, mentre secondo il trattato di Amsterdam i governi degli Stati membri designavano di comune accordo la personalità che prevedevano di nominare Presidente della Commissione con l'approvazione del Parlamento. I governi degli Stati membri designano successivamente, di comune accordo con il nuovo Presidente, le altre personalità che intendono nominare membri della Commissione. Il Presidente della Commissione dispone di importanti poteri, ai sensi dell'articolo 217 del trattato CE che gli consentono di garantire la coerenza e l'efficacia di un collegio più ampio dopo l'adesione dei nuovi Stati membri. Così, ad esempio, il Presidente stabilisce gli orientamenti politici che consentono alla Commissione di assolvere i propri compiti e decide l'attribuzione delle competenze tra i membri del collegio dei commissari, nonché eventuali modifiche di ripartizione dei portafogli nel corso del mandato. Previa approvazione del collegio, il Presidente nomina i vicepresidenti, il cui numero non è stabilito dal trattato. Un membro della Commissione, infine, deve rassegnare le dimissioni se il Presidente, previa approvazione del collegio, glielo chiede. La Costituzione europea, in via di ratifica, non ha apportato modifiche alle modalità di designazione del presidente della Commissione. Per contro, allorquando il Consiglio europeo propone al Parlamento europeo un candidato alla funzione di Presidente della Commissione, deve tener conto dei risultati delle elezioni europee. L'ex Primo ministro portoghese, José Manuel Durão Barroso, è attualmente presidente della Commissione per il periodo 2004-2009 ed è succeduto a Romano Prodi alla guida dell'esecutivo europeo. Si consulti: [ Indice ]
Presidenza del Consiglio dell'Unione europea La Presidenza del Consiglio dell'Unione è organizzata secondo un sistema di rotazione semestrale, in base al quale ciascuno Stato membro detiene la presidenza per un periodo di sei mesi. L'ordine di rotazione degli Stati membri è determinato dal Consiglio europeo che delibera all'unanimità. Nell'ambito della componente istituzionale dei negoziati di adesione, si è stabilito di mantenere l'ordine di rotazione previsto tra i quindici fino al 2006, per consentire ai nuovi membri di beneficiare di un minimo di tempo di adattamento e di preparazione prima di assumere essi stessi la presidenza del Consiglio. L'esercizio della Presidenza costituisce un dovere e un contributo di ciascuno Stato membro al buon funzionamento delle istituzioni comunitarie. Le responsabilità della presidenza sono:
La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di modificare il sistema attuale della presidenza distinguendo la Presidenza del Consiglio dell'Unione e la Presidenza del Consiglio europeo. Essa suggerisce di dotare il Consiglio europeo di una presidenza propria creando la funzione permanente di Presidente del Consiglio europeo eletto dal Consiglio europeo, per una durata di due anni e mezzo, rinnovabile una volta. Per la Presidenza del Consiglio dell'Unione, la Costituzione prevede di instaurare un nuovo sistema di "rotazione su base paritaria" della Presidenza del Consiglio. Le disposizioni a tale effetto non sono previste dal testo costituzionale, ma in un progetto di decisione che sarà adottato all'entrata in vigore della Costituzione. Tale progetto prevede che, oltre al Consiglio Affari esteri (presieduto dal Ministro degli affari esteri), le varie formazioni del Consiglio siano presiedute per 18 mesi, da un gruppo di tre Stati membri. Ciascuno Stato presiederà il Consiglio per un periodo di sei mesi e sarà assistito dai due altri Stati sulla base di un programma comune. Si consulti: [ Indice ]
Principio di non discriminazione Il principio di non-discriminazione è volto a garantire la parità di trattamento tra le persone, quali che siano la nazionalità, il sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le credenze, un handicap, l'età o l'orientamento sessuale. Il divieto di qualsiasi discriminazione a causa della nazionalità è enunciato dall'articolo 12 (ex articolo 6) del trattato che istituisce la Comunità europea. Con il trattato di Amsterdam è stato introdotto un nuovo articolo 13 al duplice fine di rafforzare la garanzia di non discriminazione prevista dai trattati e di estenderla agli altri casi summenzionati. Per la lotta contro le discriminazioni, la Costituzione europea, in via di ratifica, prevede che le competenze dell'Unione siano allargate alla definizione dei "principi di base" delle misure di incentivazione da avviare in questo settore. Si consulti.:
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Il concetto di principio di precauzione deriva da una comunicazione della Commissione, adottata nel febbraio del 2000, sul "ricorso al principio di precauzione" nella quale definisce tale concetto e spiega come intende applicarlo. In questo documento la Commissione precisa in quali casi si applica tale principio:
In questi due casi, i rischi sono incompatibili con il livello di protezione elevato perseguito dall'Unione europea.
La Commissione rammenta, inoltre, che le misure risultanti dal ricorso al principio di precauzione possono configurarsi in una decisione di agire o di non agire. Questa decisione è funzionale al livello di rischio ritenuto "accettabile". Ad esempio, l'Unione aveva applicato questo principio di precauzione in materia di organismi geneticamente modificati (OGM) con l'adozione di una moratoria per la loro commercializzazione tra il 1999 e il maggio del 2004. Si consulti.:
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Come il principio di sussidiarietà, il principio di proporzionalità regola l'esercizio delle competenze esercitate dall'Unione europea. Esso mira a limitare e inquadrare l'azione delle istituzioni dell'Unione. In virtù di tale regola l'azione delle istituzioni deve limitarsi a quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi fissati dai trattati. In altre parole, l'intensità dell'azione dev'essere in rapporto con la finalità perseguita. Il principio di proporzionalità è chiaramente iscritto nel diritto primario all'articolo 5, comma 3 del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE). Un protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al TCE dal trattato di Amsterdam, specifica i criteri di applicazione di questi due principi. Si consulti [ Indice ]
La procedura del parere conforme (articolo 192 del trattato che istituisce la Comunità europea) è stata introdotta dall'Atto unico europeo (1986) e comporta che il Consiglio debba ottenere il consenso del Parlamento europeo ai fini dell'adozione di alcune decisioni che rivestono particolare importanza. Il principio del parere conforme si basa su una lettura unica. Il Parlamento può accettare o respingere una proposta ma non può modificarla. In mancanza del parere conforme, l'atto non può essere adottato. Il parere conforme si applica principalmente all'adesione di nuovi Stati membri (articolo 49 TCE), agli accordi di associazione e ad altri importanti accordi con paesi terzi. Inoltre il parere conforme del Parlamento europeo è richiesto anche in relazione alle sanzioni applicabili in caso di violazione grave e persistente dei diritti fondamentali da parte di uno Stato membro (articolo 7 del TUE) oltre che per una cooperazione rafforzata nel settore cui si applichi la procedura di codecisione. Il parere conforme del Parlamento europeo è espresso con la maggioranza dei suffragi. Tuttavia la maggioranza dei membri è richiesta in due ipotesi, cioè l'adesione di uno Stato membro e la procedura elettorale. Allo scopo di semplificare le procedure legislative, la Costituzione europea, in via di ratifica, integra il parere conforme, denominato «procedura di approvazione», nelle «procedure legislative speciali». Tale procedura si applica per le leggi e le leggi quadro europee. Si consulti:
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Procedura del parere semplice (procedura di consultazione) La procedura del parere semplice (articolo 192 del trattato CE) consente al Parlamento europeo di esprimere un parere su una proposta della Commissione. Nei casi previsti dal trattato, il Consiglio consulta il Parlamento prima di decidere in merito alla proposta della Commissione ed è tenuto a prendere in debita considerazione il punto di vista del Parlamento. Il Consiglio non è tuttavia vincolato dalla posizione del Parlamento, che è soltanto tenuto a consultare. Il Parlamento deve essere nuovamente consultato nell'ipotesi in cui il Consiglio intenda apportare modifiche sostanziali alla proposta iniziale. Il potere del Parlamento in relazione a questa procedura è abbastanza limitato, giacché può solo sperare che la Commissione prenda in considerazione i suoi emendamenti in una proposta modificata. Al di fuori dei casi previsti dai trattati, il Consiglio si è impegnato a consultare il Parlamento anche in merito alla maggior parte delle questioni importanti: si tratta di una consultazione facoltativa. La procedura del parere semplice è utilizzata anche per atti di natura non vincolante, ovvero le raccomandazioni e i pareri del Consiglio e della Commissione. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di integrare tale procedura nell'ambito delle "procedure legislative speciali" sotto il nome di "procedura di consultazione". Essa sarà applicabile per le leggi e leggi quadro del Consiglio, adottate previa consultazione (parere) del Parlamento europeo. Si consulti:
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La procedura di codecisione (articolo 251 del trattato CE), introdotta dal trattato di Maastricht, conferisce al Parlamento europeo il potere di adottare una serie di atti congiuntamente con il Consiglio dell'Unione europea. Prevede una, due o tre letture e si traduce in un maggior numero di contatti tra i due colegislatori, ovvero il Parlamento e il Consiglio, moltiplicando anche i contatti con la Commissione europea. In pratica la procedura di codecisione ha rafforzato il potere legislativo del Parlamento europeo nei seguenti settori: libera circolazione dei lavoratori, diritto di stabilimento, servizi, mercato interno, istruzione (azione di incentivazione), sanità (azioni di incentivazione), consumatori, reti transeuropee (orientamenti), ambiente (programmi generali d'azione), cultura (azione di incentivazione) e ricerca (programma quadro). Il trattato di Amsterdam ha semplificato la procedura di codecisione al fine di renderla più efficace e più rapida e rafforzare il ruolo del Parlamento. La procedura è stata inoltre estesa a nuovi settori, come l'esclusione sociale, la sanità pubblica e la lotta contro le frodi lesive degli interessi finanziari della Comunità europea. Il Parlamento deve partecipare all'esercizio del potere legislativo per rafforzare il carattere democratico dell'azione comunitaria. È per questo motivo che per ogni strumento normativo adottato a maggioranza qualificata è ipotizzabile il ricorso alla procedura di codecisione. Così, nella maggior parte dei casi alla procedura di codecisione in sede di Parlamento si accompagna il voto a maggioranza qualificata nell'ambito del Consiglio. Tuttavia in relazione ad alcune disposizioni del trattato la procedura di codecisione e l'unanimità continuano a coesistere. Il trattato di Nizza ha portato ad un parziale superamento di questa situazione. La Conferenza intergovernativa, apertasi nel mese di febbraio 2000, si è pronunciata infatti a favore di un ampliamento del campo di applicazione della procedura di codecisione, nonché a favore di un parallelo e contemporaneo ampliamento del ricorso alla maggioranza qualificata in sede di Consiglio. Sono sette le disposizioni del trattato per le quali la CIG ha previsto l'introduzione del voto a maggioranza qualificata e la contestuale introduzione della procedura di codecisione: si tratta delle misure di incentivazione volte a combattere le discriminazioni, della cooperazione giudiziaria in materia civile, delle misure specifiche destinate a svolgere un ruolo di sostegno nel settore industriale, delle azioni in materia di coesione economica e sociale (al di fuori dei fondi strutturali), dello statuto dei partiti politici a livello europeo ed infine delle misure in materia di visti, asilo e immigrazione. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di generalizzare tale procedura e di trasformarla in "procedura legislativa ordinaria". Essa sarà applicabile per l'adozione delle "leggi europee" e delle "leggi quadro europee", nuove denominazioni previste dalla Costituzione. Si consulti.:
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La procedura di cooperazione (articolo 252 del trattato CE) è stata istituita dall'Atto unico europeo (1986); ha fornito al Parlamento europeo la possibilità di influire maggiormente sul processo legislativo mediante la "doppia lettura". Inizialmente il trattato di Maastricht ha ampliato notevolmente il campo di applicazione di questa procedura; successivamente il trattato di Amsterdam ha segnato un'inversione di tendenza, favorendo la procedura di codecisione (articolo 251 del trattato CE). Pertanto la procedura di cooperazione si applica oggi soltanto in relazione all'Unione economica e monetaria. L'avvio della procedura di cooperazione presuppone sempre una proposta della Commissione trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo. Nel corso della prima lettura il Parlamento esprime un parere sulla proposta della Commissione. Il Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, adotta poi una posizione comune, che viene comunicata al Parlamento, assieme alle informazioni e alle motivazioni che hanno indotto il Consiglio ad adottare tale posizione comune. In fase di seconda lettura il Parlamento esamina la posizione comune ed entro un termine di tre mesi può approvare la posizione comune, proporre emendamenti o respingere la posizione comune. In queste ultime due ipotesi è previsto il voto a maggioranza assoluta dei membri che compongono il Parlamento. Qualora il Parlamento respinga la posizione comune, il Consiglio può deliberare in seconda lettura soltanto all'unanimità. A questo punto la Commissione riesamina, entro il termine di un mese, la proposta in base alla quale il Consiglio ha adottato la propria posizione comune e trasmette al Consiglio la propria proposta, che può recepire o escludere gli emendamenti proposti dal Parlamento. Entro il termine di tre mesi, il Consiglio può adottare la proposta riesaminata dalla Commissione deliberando a maggioranza qualificata, oppure modificare all'unanimità la proposta riesaminata oppure adottare gli emendamenti parlamentari che la Commissione non ha recepito, deliberando anche in questo caso all'unanimità. Nella procedura di cooperazione il Consiglio può sempre esercitare un diritto di veto rifiutando di pronunciarsi sugli emendamenti proposti dal Parlamento europeo o sulla proposta modificata della Commissione, e bloccare quindi l'iter legislativo. La Convenzione europea, in corso di ratifica, prevede la soppressione di questa procedura che sarà sostituita dalla procedura legislativa ordinaria (procedura di codecisione) e da atti non legislativi del Consiglio. Si consulti.:
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Il trattato che istituisce la Comunità europea prevede che il Parlamento europeo elabori progetti volti a permettere l'elezione dei suoi membri al suffragio universale diretto, sulla base di una procedura uniforme in ciascuno Stato membro o conformemente a principi comuni. Orbene, ciò non si verifica ancora attualmente (coesistenza di liste regionali e nazionali). L'interesse di una procedura siffatta è che essa consentirebbe di garantire una migliore rappresentatività delle varie tendenze politiche europee nell'ambito del Parlamento europeo. Dopo numerosi dibattiti e disaccordi, il Consiglio e il Parlamento hanno finalmente trovato un'intesa su quattro punti che, ferma restando la situazione attuale, armonizzano la procedura elettorale per le elezioni europee:
Tuttavia, le disposizioni normative relative al voto e all'elezione restano perlopiù differenziate: in particolare, le date delle elezioni, i collegi elettorali, l'applicazione del sistema proporzionale, il cumulo dei mandati, le condizioni di voto e di eleggibilità e la promozione della parità. Per quanto riguarda i collegi elettorali, gli Stati membri hanno perlopiù adottato il sistema del collegio unico (il territorio nazionale costituisce un unico collegio elettorale). Gli altri Stati membri hanno vari collegi elettorali: l'Irlanda, il Regno Unito, la Germania, l'Italia, la Grecia, il Belgio, la Polonia e la Francia che, dall'entrata in vigore della legge dell'aprile 2003, ha sostituito il collegio elettorale unico con otto collegi interregionali. A lungo termine, il Parlamento intende evolvere verso un collegio unico nell'ambito dell'Unione europea. La Costituzione europea, in via di ratifica, sollecita l'istituzione di una legge o una legge quadro europea che stabilisca le misure necessarie per uniformare la procedura elettorale. Si consulti: [ Indice ]
Procedura per i disavanzi eccessivi La procedura per i disavanzi eccessivi è prevista dall'articolo 104 del trattato che istituisce la Comunità europea. Tale articolo fa obbligo agli Stati membri di evitare disavanzi eccessivi nei bilanci nazionali. La Commissione valuta e il Consiglio decide se si attribuisce un disavanzo eccessivo. La Commissione, che elabora una relazione in tal senso, è tenuta a tener conto di tutti i fattori pertinenti (condizioni congiunturali, riforme, ecc.) che determinano un disavanzo eccessivo. Quando il Consiglio decide che in uno Stato membro esiste un disavanzo eccessivo, esso invia innanzitutto raccomandazioni allo Stato membro in questione. Quest'ultimo deve far cessare tale situazione entro un determinato periodo. Se lo Stato non si conforma a queste raccomandazioni il Consiglio può intimargli di prendere le misure volte alla riduzione del disavanzo. Il Consiglio può, se del caso, applicare sanzioni o ammende ed invitare la Banca europea per gli investimenti (BEI) a riconsiderare la sua politica di prestiti verso lo Stato in questione. Il valore di riferimento che serve per determinare l'esistenza di un disavanzo pubblico è pari al 3 % del prodotto interno lordo (PIL). Un regolamento del Consiglio del 1997 chiarisce e accelera la procedura per disavanzo eccessivo. Si consulti: [ Indice ]
Il processo di Barcellona, o partnership euromediterranea, costituisce la politica dell'Unione europea nei confronti dei paesi mediterranei. Il processo mira a rafforzare i legami fra l'Unione e i paesi partner, favorendo nel contempo il miglioramento dei collegamenti tra i paesi del Mediterraneo. Avviata nel 1995 in esito alla dichiarazione di Barcellona, la partnership ha lo scopo di favorire la pace e la stabilità nella regione perseguendo un dialogo politico nel rispetto dei valori comuni condivisi dalle varie parti, quali la democrazia e lo stato di diritto. Tale partnership ha del pari l'obiettivo di favorire la prevenzione e la composizione della controversia, nonché la prosperità, in particolare tramite la creazione di una zona di libero scambio e lo sviluppo di cooperazioni idonee. In tale contesto, la partnership euromediterranea riunisce gli Stati membri dell'Unione e i paesi mediterranei attorno ad un vasto programma di collaborazioni basato su tre aspetti distinti: l'aspetto politico della sicurezza, l'aspetto economico e finanziario e l'aspetto sociale e culturale. Il potenziamento della cooperazione in materia di giustizia, di migrazione e di integrazione sociale costituisce del pari un elemento importante di tale processo. La realizzazione della partnership è basata su due dimensioni: una dimensione bilaterale e una dimensione regionale. Per quanto riguarda la dimensione bilaterale, le relazioni vengono adattate alle esigenze specifiche di ogni paese partner per il quale gli accordi di associazione euromediterranei costituiscono un aspetto importante. Tale processo è del pari sostenuto da un'assistenza finanziaria comunitaria, dal programma MEDA, e dal sistema FEMIP (Facilità euromediterranea di investimento e di partnership) della Banca europea per gli investimenti. Si consulti: [ Indice ]
Processo di stabilizzazione e di associazione La politica dell'Unione europea nei confronti dei paesi dei Balcani occidentali si configura nel processo di stabilizzazione e di associazione avviato nel novembre 2000 in occasione del vertice di Zagabria. I paesi interessati sono: Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica iugoslava di Macedonia e Serbia-Montenegro, compreso il Kosovo. Questo processo ha l'obiettivo di assicurare la pace e la stabilità della regione promuovendo il rafforzamento della democrazia e dello stato di diritto come anche lo sviluppo di un'economia di mercato. Esso attribuisce un ruolo fondamentale allo sviluppo della cooperazione regionale, in particolare mediante la creazione di una zona di libero scambio e il dialogo politico. Il processo di stabilizzazione e di associazione intende stabilire relazioni privilegiate tra i paesi interessati e l'Unione quale contropartita dell'introduzione di riforme nella prospettiva della loro adesione, in particolare per quanto concerne il ravvicinamento della loro legislazione a quella comunitaria. Tali paesi sono riconosciuti quali paesi candidati potenziali. Il processo di stabilizzazione e di associazione completato in occasione del vertice di Salonicco nel 2003 fa propri alcuni elementi del processo di adesione. Esso si fonda su:
I paesi dei Balcani occidentali che acquisiscono lo status di paesi candidati all'adesione all'Unione continuano a beneficiare di certi aspetti del processo anche se sono impegnati nel processo di adesione. Si consulti: [ Indice ]
Programma di aiuto comunitario ai paesi dell'Europa centrale e orientale (PHARE) Phare costituisce il principale aiuto di preadesione a favore dei paesi candidati all'adesione all'Unione europea. Questo programma intende sostenere principalmente i paesi candidati nel processo di adozione e di applicazione dell'acquis e prepararli alla gestione dei fondi strutturali. In questa prospettiva, si concentra su due priorità:
Avviato nel 1989 per sostenere la ricostruzione delle economie della Polonia e dell'Ungheria, è stato progressivamente esteso all'insieme dei paesi dell'Europa centrale e orientale. A partire dal 1994, le missioni di Phare sono adeguate alle priorità e alle esigenze di ciascun paese candidato. Per il periodo 2000-2006, il programma Phare dispone di un bilancio di oltre 10 miliardi di euro (circa 1,560 miliardi di euro all'anno). E' stato completato nel 2000 dal programma ISPA relativo all'ambiente e ai trasporti e dal programma SAPARD relativo al settore agricolo. Per il periodo 2007-2013, lo strumento di aiuto di preadesione (IPA) è lo strumento finanziario unico a favore dei paesi candidati all'adesione all'Unione che sostituisce l'insieme degli aiuti di preadesione preesistenti, compreso il programma Phare. Si consulti: [ Indice ]
Come avviene per i beni materiali, le creazioni intellettuali possono essere oggetto di proprietà, detta «proprietà intellettuale». La proprietà intellettuale è tradizionalmente composta da due insiemi:
Questo settore riguarda aspetti culturali, sociali e tecnologici importanti di cui si deve tener conto nell'elaborazione di una politica coerente in materia. Per questi motivi, in tema di proprietà intellettuale la regolamentazione comunitaria mira a armonizzare le condizioni di registrazione dei marchi e a far beneficiare il detentore di regole uniche di tutela. Nel dicembre 2001, inoltre, è stato adottato un regolamento che istituisce un disegno o modello comunitario. Al fine di incentivare l'innovazione, l'Unione sta preparando anche l'istituzione di un brevetto comunitario. In materia di diritti di autore e di diritti connessi, la Comunità ha elaborato una legislazione europea armonizzata nei settori in cui le situazioni di incertezza giuridica avrebbero potuto scoraggiare lo sfruttamento dei diritti su alcuni territori (programmi per elaboratore e basi di dati, radiodiffusione via satellite e ritrasmissione via cavo, diritto di noleggio e prestito e alcuni diritti connessi). In seguito, la legislazione europea è stata adattata al fine di tener conto delle nuove poste in gioco legate alle evoluzioni tecnologiche e alla società dell'informazione. Nello stesso tempo sono state avviate, a livello europeo, delle azioni contro la contraffazione e la pirateria. Si consulti.: [ Indice ]
Le prospettive finanziarie costituiscono l'inquadramento delle spese comunitarie su un periodo di più anni. Risultano da un accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione e precisano l'ampiezza massima e la composizione delle spese comunitarie prevedibili. Fanno inoltre l'oggetto di un adeguamento annuale ad opera della Commissione per tener conto dei prezzi e dell'evoluzione del PNL comunitario. Merita sottolineare che le prospettive finanziarie non corrispondono ad un bilancio pluriennale, in quanto la procedura di bilancio annuale resta indispensabile per stabilire l'ammontare effettivo delle spese e la ripartizione tra le varie linee di bilancio. Finora sono stati conclusi tre accordi interistituzionali di questo tipo, rispettivamente nel 1988, nel 1992 e nel 1999:
Attualmente, sono in corso le negoziazioni per le prospettive finanziarie 2007-2013. La Costituzione europea, in via di ratifica, iscrive per la prima volta in un trattato il sistema delle prospettive finanziarie, con la denominazione di "quadro finanziario pluriennale". Questo sarà adottato all'unanimità dal Consiglio, previa approvazione del Parlamento europeo. Tuttavia, una clausola detta di "passerella" permette al Consiglio europeo, che delibera all'unanimità, di passare al voto a maggioranza. Tale quadro finanziario pluriennale è volto a garantire un'evoluzione ordinata delle spese nei limiti delle risorse proprie dell'Unione. Stabilisce massimali in ordine alle spese annuali per grandi settori di attività per periodi di almeno cinque anni. Si consulti.:
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La protezione dei consumatori forma oggetto dell'articolo 153 del trattato istitutivo della Comunità europea, introdotto al trattato di Maastricht. Si tratta di promuovere la salute, la sicurezza e gli interessi giuridici dei consumatori, nonché il loro diritto all'informazione. Il conseguimento degli obiettivi previsti dall'articolo 153 rinvia espressamente ad un'altra base giuridica, l'articolo 95, che prevede la procedura di codecisione, per qualsiasi provvedimento volto al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di attuazione del mercato interno, allorché si tratti della protezione dei consumatori. Parallelamente, è previsto che le azioni specifiche che appoggiano o completano la politica condotta dagli Stati membri, sono adottate conformemente alla procedura di codecisione e previa consultazione del Comitato economico e sociale. Gli Stati membri sono liberi di mantenere in vigore o di emanare provvedimenti di protezione dei consumatori ancora più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla Comunità, nella misura in cui essi siano compatibili con il trattato e vengano notificati alla Commissione. Si consulti.:
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Adottato nel dicembre 1997, questo protocollo alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (CQNUCC) evidenzia il nuovo atteggiamento della comunità internazionale rispetto al cambiamento climatico. In virtù di questo protocollo i paesi industrializzati si sono impegnati a ridurre di almeno il 5% le loro emissioni di sei gas ad effetto serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) nel periodo 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990. Il protocollo di Kyoto prevede tre meccanismi fondati sul mercato: lo scambio di quote di emissione fra i paesi che fanno farte del protocollo, l'applicazione congiunta tra questi paesi e il meccanismo per uno sviluppo pulito (con i paesi che non partecipano al protocollo). In questo contesto i paesi membri dell'Unione europea si sono, da parte loro, impegnati a ridurre dell'8% le emissioni nel corso dello stesso periodo. Nel 2003 le emissioni globali dei sei gas serra provenienti dai paesi dell'Unione erano dell'1,7% al di sotto dei livelli del 1990. Il 31 maggio 2002, l'Unione europea e gli Stati membri hanno ratificato il protocollo di Kyoto. Con la ratifica della Russia nel 2004 il protocollo è potuto entrare in vigore il 16 febbraio 2005 ed è ora vincolante per tutti i firmatari. Il protocollo di Kyoto rappresenta una prima fase nella lotta ai cambiamenti climatici. Nel novembre 2005, una conferenza delle parti (CQNUCC e protocollo di Kyoto) ha consentito di dare un nuovo impulso al protocollo e di gettare le basi dei futuri dibattiti nel quadro internazionale di lotta contro il cambiamento climatico. Si consulti: [ Indice ]
Q R REACH: quadro normativo per i prodotti chimici Il sistema «REACH» stabilisce un quadro normativo unico per la registrazione, la valutazione e l'autorizzazione dei prodotti chimici. Tale sistema si prefigge di garantire una maggior sicurezza nel campo della fabbricazione e dell'utilizzazione delle sostanze chimiche. REACH prevede l'obbligo per le industrie di raccogliere informazioni complete sulle proprietà delle sostanze da esse fabbricate ovvero importate in quantità non inferiore a una tonnellata l'anno, nonché di dimostrarne la sicurezza di utilizzazione. Con la precedente normativa, le autorità pubbliche competenti degli Stati membri dovevano dimostrare l'esistenza di un rischio per poter vietare una sostanza. L'attuale inversione dell'onere della prova garantisce una maggiore efficacia della procedura. Tali informazioni dovranno successivamente essere trasmesse all'Agenzia europea dei prodotti chimici, istituita per l'occasione. L'Agenzia sarà incaricata di gestire la registrazione delle sostanze tramite la creazione di una base di dati. In mancanza di registrazione, la sostanza non potrà essere né fabbricata né importata sul mercato dell'Unione europea. Le competenti autorità pubbliche degli Stati membri saranno tenute ad esaminare i fascicoli di registrazione e le sostanze preoccupanti. Tali autorità saranno inoltre incaricate di rilasciare o meno le autorizzazioni per le sostanze che presentano un rischio per la salute o per l'ambiente. La procedura è stata quindi semplificata, anche se restano possibili restrizioni per quanto riguarda talune sostanze pericolose. Il sistema REACH, ancora allo stato di proposta, sostituirà 40 atti legislativi esistenti. In base alla legislazione attuale, le sostanze chimiche messe in circolazione prima del 1981 (vale a dire circa il 99% delle sostanze attualmente in circolazione) non vengono sottoposte a test. Peraltro, la procedura attuale, troppo lenta, finisce per penalizzare l'innovazione e la sostituzione delle sostanze disponibili sul mercato. Si consulti: [ Indice ]
Le regioni "ultraperiferiche" sono sette: la Guadalupa, la Guyana, la Martinica e la Riunione (che sono i quattro dipartimenti francesi d'oltremare) nonché le Canarie (Spagna), le Azzorre e Madera (Portogallo). Le RUP sono caratterizzate dalla scarsità della popolazione e dalla grande lontananza dal continente europeo. La loro situazione particolare ne fa degli avamposti dell'Europa per lo sviluppo di relazioni commerciali con i paesi terzi confinanti, generalmente meno sviluppati. Soprattutto, grazie alle regioni ultraperiferiche, l'Unione europea dispone del più vasto territorio marittimo del mondo, con una zona economica di 25 milioni di km². Le RUP formano oggetto di una dichiarazione allegata al trattato CE e possono beneficiare di misure specifiche in virtù dell'articolo 299 del trattato. La dichiarazione riconosce che le regioni in questione subiscono un notevole ritardo strutturale. Inoltre, tutte le RUP sono ammissibili all'Obiettivo 1 della politica regionale e sociale per il periodo 2000-2006. La dichiarazione prevede la possibilità di adottare misure specifiche in loro favore, finché esiste un bisogno oggettivo di prendere siffatte misure per lo sviluppo economico e sociale di queste regioni. Inoltre, l'articolo 299 del trattato autorizza il Consiglio ad adottare provvedimenti specifici che stabiliscano le condizioni alle quali il trattato è applicabile alle regioni periferiche, ivi comprese le politiche comuni. Si consulti.: [ Indice ]
Il concetto di responsabilità ambientale consiste nell'applicazione del principio secondo il quale «chi inquina paga», previsto dal trattato che istituisce la Comunità europea. Tale responsabilità è organizzata in base alla direttiva 2004/35/CE. La responsabilità ambientale si configura in caso di danni procurati all'ambiente o rischi di danni risultanti da attività professionali, allorquando è possibile stabilire un rapporto di causalità fra il danno e l'attività in questione. I danni ambientali sono i danni diretti o indiretti causati all'ambiente acquatico, alle specie e agli habitat naturali protetti dalla rete Natura 2000, nonché la contaminazione diretta o indiretta del suolo che determina un rischio importante per la salute dell'uomo. Sono previsti due distinti regimi di responsabilità: un regime senza prova della colpa e un regime nel quale dev'essere fornita la prova di una colpa o di una negligenza. Il primo regime si applica alle attività professionali pericolose o potenzialmente pericolose indicate dalla normativa comunitaria. In questo caso, l'operatore può essere considerato responsabile anche se non ha commesso alcun errore. Il secondo regime si applica a tutte le altre attività professionali allorquando esiste un danno o un rischio imminente per le specie e gli habitat naturali protetti dalla legislazione comunitaria. La responsabilità dell'operatore sarà in questo caso determinata solo se quest'ultimo è responsabile di una colpa o di una negligenza. Si consulti: [ Indice ]
Rete giudiziaria europea in materia penale (RGE) La rete giudiziaria europea in materia penale è uno strumento che mira a facilitare la reciproca assistenza giudiziaria nel quadro della lotta alla criminalità transnazionale. Ha il suo fondamento in un'azione comune adottata dal Consiglio il 29 giugno 1998. La rete giudiziaria è composta da punti di contatto di cui le autorità giudiziarie locali e le autorità giudiziarie degli altri Stati membri possono avvalersi per allacciare contatti diretti tra di loro. I punti di contatto forniscono inoltre le informazioni giuridiche e pratiche necessarie alle autorità giudiziarie interessate per introdurre efficacemente le domande di cooperazione giudiziaria. Esiste altresì una rete giudiziaria in materia civile e commerciale istituita con una decisione del Consiglio del 28 maggio 2001, sul modello della rete in materia penale. La Costituzione europea, in via di ratifica, segna una nuova tappa verso la realizzazione di un' "Europa giudiziaria", in quanto prevede l'adozione di leggi e di leggi-quadro volte a fornire il supporto alla formazione dei magistrati Si consulti:
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Le reti transeuropee devono consentire di collegare le regioni europee e le reti nazionali per mezzo di una infrastruttura moderna ed efficace. Sono indispensabili al buon funzionamento del mercato unico in quanto assicurano la libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi. Il titolo XV del trattato che istituisce la Comunità europea costituisce la base giuridica delle reti transeuropee (RTE). Le reti transeuropee sono presenti in tre settori di attività:
Alla linea di bilancio RTE si aggiungono i contributi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo di coesione, della Banca europea per gli investimenti (BEI) e del Fondo europeo per gli investimenti (FEI). Sin dal 1986, l'Atto unico europeo sottolineava il legame tra il buon funzionamento del mercato unico e l'obiettivo di coesione economica, sociale e territoriale. L'interconnessione e l'interoperabilità delle reti nazionali d'infrastrutture diventavano fattori chiave per la gestione coerente del territorio comunitario. Oggi l'allargamento ai paesi dell'Europa centrale e orientale rafforza l'importanza delle RTE, dato che ne estende la loro copertura all'insieme del continente europeo. Al di là della loro efficiente connessione alle reti dei paesi terzi situati più ad est (Russia e paesi della CSI) o più a sud (paesi del bacino del Mediterraneo) rappresenta un fattore d'equilibrio e di sviluppo economico. Si consulti:
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L'articolo 48 (ex articolo N) del trattato sull'Unione europea costituisce la base giuridica che consente di convocare una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri (CIG) ai fini della revisione dei trattati. Esso stabilisce che qualsiasi Stato membro o la Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti finalizzati alla revisione dei trattati. Se il Consiglio, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, esprime parere favorevole, il presidente del Consiglio convoca la conferenza. In seguito, l'entrata in vigore degli eventuali emendamenti sarà effettiva due mesi dopo la ratifica da parte di tutti gli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di modificare la procedura di revisione dei trattati. Le revisioni saranno di massima elaborate nell'ambito di una convenzione ricalcata sul modello della Convenzione che ha predisposto il progetto di Costituzione europea. La convenzione dovrà adottare, per consenso, una raccomandazione alla CIG che deciderà di comune accordo (unanimità) le modifiche. Per entrare in vigore, esse dovranno essere ratificate da tutti gli Stati membri. Secondo la Costituzione, il Parlamento europeo potrà inoltre avviare la revisione. E' anche prevista una procedura di revisione semplificata per le politiche e le azioni interne dell'Unione. Secondo tale procedura, la convocazione della CIG non sarà necessaria, ma l'unanimità del Consiglio europeo e l'approvazione della decisione da parte di tutti gli Stati membri saranno nondimeno richieste. Si consulti:
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Al centro della strategia di Lisbona, che mira a migliorare l'occupazione e la crescita in Europa, la politica di ricerca e sviluppo è una delle priorità dell'Unione europea. La ricerca, insieme all'istruzione e all'innovazione, costituisce il « triangolo della conoscenza » che deve consentire all'Europa di preservare il suo dinamismo economico e il proprio modello sociale. Il settimo programma quadro di ricerca (2007-2013) ha quale obiettivo quello di migliorare lo Spazio europeo della ricerca, nonché di favorire gli investimenti nazionali per raggiungere l'obiettivo del 3% del PIL. Il coordinamento delle iniziative in materia di ricerca e sviluppo all'interno della Comunità si basa su diversi strumenti:
La politica europea in materia di ricerca e sviluppo si basa su precise disposizioni contenute nei tre trattati fondatori (CECA, EURATOM e titolo XVIII del trattato CE). L'Atto unico europeo ha inserito la nozione di tecnologia nel diritto comunitario e il trattato sull'Unione europea (UE) ha sviluppato, successivamente, gli obiettivi della Comunità in questo settore. Si consulti. [ Indice ]
Rifusione dei testi legislativi La rifusione dei testi legislativi implica l'adozione, in occasione di nuove modifiche apportate ad un atto di base, di un atto giuridico nuovo che, integrando queste modifiche, abroga l'atto di base. Contrariamente alla codificazione, la rifusione presuppone modifiche di carattere sostanziale. Al tempo stesso consente di avere una visione di insieme in ordine ad un determinato settore legislativo. Il nuovo atto giuridico è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (serie L). Si consulti:
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La ripartizione delle competenze tra l'Unione europea e gli Stati membri permette di distinguere tre categorie di competenze diverse:
I principi di sussidiarietà e di proporzionalità hanno il ruolo di regolare le competenze per garantire il rispetto di tale ripartizione delle competenze. La Costituzione europea, in via di ratifica, chiarisce i limiti delle competenze tra l'Unione europea e gli Stati membri. Essa riprende la tipologia classica delle competenze introducendo però un'enumerazione dei campi che rientrano in ciascun tipo di competenza. Essa distingue le competenze esclusive, le competenze condivise e le competenze di sostegno, di coordinamento e di complemento. Si consulti:
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Agli inizi del processo di costruzione europea, il bilancio della Comunità europea (CE) dipendeva dai contributi finanziari dei vari Stati membri. In esito ad una decisione del 21 aprile 1970, i contributi degli Stati membri sono stati sostituiti da risorse proprie. Tali risorse corrispondono ai trasferimenti effettuati dagli Stati membri a profitto del bilancio comunitario, al fine di garantire il finanziamento delle spese dell'Unione europea (UE). Grazie al finanziamento del bilancio comunitario tramite risorse proprie, è stato possibile realizzare l'autonomia finanziaria dell'UE. Attualmente, il totale degli importi dell'insieme delle risorse proprie non può superare l'1,24 % del totale dei redditi nazionali lordi (RNL) degli Stati membri. Il sistema delle risorse proprie comprende quattro tipi di entrate:
Queste due risorse costituiscono le "risorse proprie tradizionali".
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S Prevista dall'articolo 152 del trattato che istituisce la Comunità europea, l'azione della Comunità in materia di sanità pubblica verte sulla prevenzione delle malattie, ivi compresa la tossicodipendenza. Tale azione favorisce la ricerca sulle loro cause e sulla loro trasmissione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria. In particolare, un livello elevato di protezione della salute umana deve essere garantito nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e di tutte le azioni svolte dalla Comunità. L'attuazione degli obiettivi di cui all'articolo 152 può assumere la forma di provvedimenti comunitari, a completamento dell'azione degli Stati membri; peraltro tale azione riguarda principalmente l'incoraggiamento della cooperazione fra Stati membri, in conformità del principio di sussidiarietà. Prevista dal trattato di Maastricht, l'azione della Comunità in materia di sanità pubblica è stata potenziata tramite il trattato di Amsterdam. La Costituzione europea, in corso di ratifica, inserisce la sanità pubblica fra le azioni di coordinamento, di completamento o di sostegno svolte dall'Unione europea. Si consulti:
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Schengen (accordo e convenzione) L'accordo firmato a Schengen il 14 giugno 1985 fra il Belgio, la Francia, la Germania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi intende eliminare progressivamente i controlli alle frontiere comuni e introdurre un regime di libera circolazione per i cittadini degli Stati firmatari, degli altri Stati membri della Comunità o di paesi terzi. La convenzione di Schengen completa l'accordo e definisce le condizioni di applicazione e le garanzie inerenti all'attuazione della libera circolazione. Firmata il 19 giugno 1990 dagli stessi cinque Stati membri, è entrata in vigore solo nel 1995. L'accordo e la convenzione di Schengen, le regole adottate sulla base dei due testi e gli accordi connessi formano "l'acquis di Schengen". Dal 1999, l'acquis di Schengen è integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione europea in virtù di un protocollo allegato al trattato di Amsterdam. Gli accordi di Schengen sono stati estesi nel tempo all'insieme dei quindici vecchi Stati membri: l'Italia ha firmato gli accordi nel 1990, la Spagna e il Portogallo nel 1991, la Grecia nel 1992, l'Austria nel 1995 e la Finlandia, la Svezia e la Danimarca (con uno statuto adattato) nel 1996. L'Irlanda e il Regno Unito partecipano, dal canto loro, solo parzialmente all'acquis di Schengen, in quanto sono stati mantenuti i controlli alle loro frontiere. I dieci nuovi Stati membri hanno aderito all'acquis di Schengen. Tuttavia l'eliminazione dei controlli alle frontiere di questi paesi deve avvenire mediante decisione del Consiglio dell'Unione europea. Anche due paesi terzi, l'Islanda e la Norvegia, fanno parte dello spazio di Schengen dal 1996. La loro partecipazione al processo decisionale è tuttavia limitata. La Svizzera ha peraltro avviato un processo di partecipazione all'acquis di Schengen. I paesi candidati all'adesione all'Unione europea devono aver accettato integralmente l'acquis di Schengen al momento della loro adesione. Si consulti:
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L'esame analitico dell'"acquis", definito screening, costituisce la fase di preparazione dei negoziati di adesione. Tale esame è fondamentale in quanto serve come base per i negoziati bilaterali fra l'Unione europea e ciascuno dei paesi candidati. Lo screening realizzato congiuntamente dalla Commissione e da ciascuno dei paesi candidati consente infatti a questi ultimi di familiarizzarsi con l'acquis comunitario, nonché di dimostrare la loro capacità di darne attuazione. Lo screening ha del pari lo scopo di individuare i settori dell'acquis comunitario nei quali è necessario compiere progressi affinché le legislazioni dei paesi candidati possano risultare compatibili con le normative comunitarie. Tali settori sono suddivisi in capitoli che vengono negoziati singolarmente. Uno screening può essere realizzato nel corso dei negoziati per l'adesione in caso di un'attualizzazione dell'acquis comunitario. Si consulti: [ Indice ]
Obiettivo della semplificazione legislativa è quello di alleggerire le disposizioni legislative grazie alla rigorosa applicazione dei principi di necessità e di proporzionalità. La rifusione, la codificazione e la consolidazione dei testi normativi vi contribuiscono in modo previlegiato. Il concetto di semplificazione ha assunto importanza nel settore del mercato interno dopo la pubblicazione del libro bianco sul completamento del mercato interno. Nel 1992 il Consiglio europeo di Edimburgo gli ha attribuito grande rilievo. Di fatto, la principale priorità dell'ultimo decennio è stata la realizzazione di un mercato destinato a previlegiare le quattro libertà, il che ha determinato una produzione particolarmente copiosa di testi legislativi europei. In questo contesto, è divenuta prioritaria l'opera di semplificazione legislativa volta a garantire la necessaria trasparenza ed efficienza delle azioni comunitarie. Nel maggio del 1996 è stato attuato il programma pilota SLIM (Simpler legislation for the internal market) che abbraccia quattro settori specifici ed è stato rafforzato da un programma pluriannuale di semplificazione e di aggiornamento della legislazione comunitaria, approvato dalla Commissione nel febbraio 2003. Più in generale, all'atto finale della Conferenza intergovernativa del 1997 è allegata una dichiarazione relativa alla qualità redazionale della legislazione comunitaria. In essa si raccomanda al Parlamento europeo, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione di formulare linee direttrici al fine di migliorare la forma della legislazione. L'accordo interistituzionale "legiferare meglio" firmato fra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione nel dicembre 2003 risponde a questo invito. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di rafforzare i principi di sussidiarietà e di proporzionalità in nome della semplificazione. Essa semplifica anche gli strumenti giuridici, riducendone il numero, e le procedure legislative (generalizzazione della codecisione). Il testo della Costituzione è stato inoltre redatto nell'interesse della leggibilità e della chiarezza, in maniera da rendere la sua lettura accessibile ai cittadini europei. Si consulti:
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Servizi d'interesse economico generale I servizi d'interesse economico generale designano le attività commerciali che assolvono missioni d'interesse generale. A tal fine sono assoggettati dagli Stati membri ad obblighi specifici di servizio pubblico (articolo 86, ex articolo 90 del trattato CE). È questo in particolare il caso delle reti di trasporto, di energia e di comunicazione. Il trattato di Amsterdam ha inserito nel trattato CE l'articolo 16. Riconoscendo l'importanza dei servizi di interesse economico generale nell'ambito dei valori comuni dell'Unione europea, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale di quest'ultima, l'articolo prescrive che tali servizi devono funzionare in base a principi e condizioni che consentono loro di assolvere i propri compiti. A norma dell'articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell'Unione, questa riconosce e rispetta l'accesso ai servizi d'interesse economico generale. La Costituzione, attualmente in fase di ratifica, ingloba la Carta dei diritti fondamentali e, di conseguenza, il testo integrale del suddetto articolo 36. La Costituzione modifica inoltre l'attuale articolo 16 del trattato CE disponendo quanto segue: "… l'Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell'ambito del campo di applicazione della Costituzione, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti". Si consulti.:
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I servizi d'interesse generale designano attività di servizio, commerciali o non, considerate di interesse generale dalle autorità pubbliche e soggette quindi ad obblighi specifici di servizio pubblico. Essi raggruppano le attività di servizio non economico (sistemi scolastici obbligatori, protezione sociale ecc.), nonché le funzioni inerenti alla potestà pubblica (sicurezza, giustizia, ecc.) ed i servizi di interesse economico generale (energia, comunicazioni, ecc.). Ricordiamo che le condizioni di cui all'articolo 86 (ex articolo 90) del trattato non si applicano alle due prime categorie (attività di servizio non economico e funzioni inerenti alla potestà pubblica). Nel maggio 2003, la Commissione europea ha adottato un libro verde sui servizi d'interesse generale in Europa, che ha dato adito a un dibattito sul ruolo dell'Unione europea nella promozione dei servizi d'interesse generale e nella definizione dei loro obiettivi d'interesse generale, nonché sul modo in cui tali servizi vengono organizzati, finanziati e valutati. A seguito di questo dibattito, nel maggio 2004 la Commissione ha adottato un libro bianco in cui illustra l'impostazione seguita dall'Unione europea per favorire lo sviluppo di servizi d'interesse generale di qualità. Il documento espone gli elementi più salienti di una strategia volta a mettere a disposizione dei cittadini e delle imprese dell'Unione servizi d'interesse generale abbordabili e di qualità. A tal fine, la Commissione ha deciso di sviluppare e di continuare a seguire la sua impostazione settoriale senza ricorrere, per il momento, a una direttiva quadro. Si consulti.:
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La nozione di servizio pubblico ha un duplice senso: può designare l'ente che produce il servizio, ovvero la missione d'interesse generale ad esso affidata. E' al fine di favorire o permettere l'assolvimento della missione di interesse generale che specifici obblighi di servizio possono essere imposti dall'autorità pubblica all'ente che produce il servizio, ad esempio nel campo dei trasporti terrestri, aerei o ferroviari, ovvero, nel campo energetico, obblighi che possono essere esercitati a livello nazionale o regionale. Da notare che spesso si confonde a torto servizio pubblico con settore pubblico (ivi compresa la funzione pubblica) ossia missione e statuto, destinatario e proprietario. Si consulti.:
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Il concetto di servizio universale è stato sviluppato dalle istituzioni comunitarie. Esso definisce un insieme di esigenze di interesse generale cui dovrebbero essere assoggettate, nell'intera Comunità, le attività come le telecomunicazioni o le poste, ad esempio. Ne discendono precisi obblighi nell'intento di garantire a tutti e dappertutto l'accesso a determinate prestazioni essenziali, di qualità ed a prezzi ragionevoli. Si consulti.:
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La politica della Comunità in materia di audiovisivi deve tener conto di interessi e priorità diversi e talvolta antinomici, quali le regole della concorrenza (in particolare in materia di aiuti di Stato), i principi relativi ai servizi pubblici e la valorizzazione della cultura europea. Inoltre, il mercato audiovisivo europeo deve affrontare un certo numero di difficoltà. Fra queste:
In modo schematico, l'azione della Comunità nel settore audiovisivo si sviluppa lungo due direttrici:
Nel luglio 2004, la Commissione ha adottato una proposta di decisione sul programma MEDIA 2007, destinato a sostituire MEDIA Plus e MEDIA Formazione. Lo stanziamento di bilancio proposto è pari ad oltre 1 miliardo di euro per il periodo 2007-2013. Il trattato di Amsterdam, adottato nel giugno 1997, ha aggiunto al trattato che istituisce la Comunità europea un protocollo sul sistema di radiodiffusione pubblica. È stato così precisato il ruolo degli Stati membri nei confronti dei canali pubblici: gli Stati possono continuare a finanziare il servizio pubblico, purché l'emittente svolga tale ruolo e a condizione che il suo finanziamento non alteri né gli scambi, né la concorrenza nel settore. Si consulti: [ Indice ]
L'Unione europea ha fatto della sicurezza alimentare una delle grandi priorità della sua agenda politica. La sicurezza alimentare è divenuta oggi un obiettivo trasversale da integrare in vari ambiti di competenza comunitaria, fra i quali si possono annoverare la politica agricola comune e il suo pilastro dello sviluppo rurale, l'ambiente, la sanità pubblica, la tutela dei consumatori e il completamento del mercato interno. In risposta alle crisi alimentari degli anni 1990 (BSE, afta epizootica) la Commissione europea ha pubblicato nel gennaio 2000 un libro bianco sulla sicurezza alimentare che segna una tappa importante nella trasformazione della legislazione europea in materia. Vi si annuncia l'elaborazione di un quadro giuridico che copra l'insieme della filiera alimentare - "dalla fattoria alla tavola" - in base a un approccio globale e integrato. Secondo tale logica la sicurezza alimentare concerne l'alimentazione e la salute degli animali, la protezione e il benessere degli animali, i controlli veterinari, le misure di polizia sanitaria, i controlli fitosanitari, la preparazione e l'igiene dei prodotti alimentari. Il libro bianco ribadisce parimenti la necessità di instaurare un dialogo permanente con i consumatori in modo da informarli ed educarli. Adottato nel febbraio 2002, il regolamento che fonda la nuova legislazione alimentare definisce sei principi generali fondamentali:
È stata istituita un'Autorità europea per la sicurezza alimentare (AESE), i cui compiti principali sono quelli di fornire pareri scientifici indipendenti su questioni attinenti alla sicurezza alimentare, raccogliere e analizzare informazioni su rischi potenziali o emergenti e avviare un dialogo permanente con il grande pubblico. L'autorità formula segnatamente pareri scientifici su alcuni alimenti o componenti di alimenti (additivi, OGM). Il Consiglio europeo di Bruxelles del dicembre 2003 ha assegnato la sede dell'AESE alla città italiana di Parma. Si consulti:
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Per società dell'informazione si intendono le "nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione". Dall'inizio degli anni '90 in poi tali tecnologie hanno conosciuto una folgorante espansione. La generalizzazione dello scambio elettronico di informazioni, la convergenza verso le tecnologie digitali, la crescita esponenziale di Internet e la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni sono altrettante manifestazioni di questa evoluzione. La società dell'informazione offre nuove prospettive in numerosi campi della vita di tutti i giorni, soprattutto in materia di accesso alla formazione e alla conoscenza (insegnamento a distanza, servizi di apprendimento elettronico), di organizzazione del lavoro e di trasferimento delle competenze (telelavoro, imprese virtuali), di vita pratica (servizi di telesanità) e di tempo libero. Presenta inoltre opportunità inedite in termini di partecipazione, offrendo ai cittadini maggiori possibilità di esprimere le loro opinioni. Questa evoluzione positiva fa sorgere tuttavia nuove preoccupazioni: la diffusione di Internet, ad esempio, rende necessario contrastare nuove forme di criminalità e di pirateria e far fronte alle questioni di tutela dei dati personali e di proprietà intellettuale. La società dell'informazione potrebbe infine contribuire ad emarginare alcune categorie di persone accentuando pertanto le disparità sociali. A fronte di queste potenzialità e di queste minacce l'Unione europea ha fatto della società dell'informazione l'obiettivo strategico centrale per il XXI secolo. Ha in particolare avviato azioni di sostegno e di promozione (Si consulti. piano d'azione eEurope) ed adottato una serie di misure finalizzate a contenere e controllare i rischi derivanti dalla diffusione della società dell'informazione, come il piano d'azione volto a promuovere l'uso sicuro di Internet e a lottare contro i messaggi a contenuto illecito o nocivo Si consulti.: [ Indice ]
La Società europea designata con il suo nome latino di «Societas Europaea», ovvero SE, è una società di diritto comunitario che possiede un quadro giuridico proprio e funziona quale operatore economico unico in tutta l'Unione europea. Nel 2001, l'Unione ha adottato formalmente il regolamento volto a definire lo statuto della Società europea nonché la direttiva correlata relativa alla partecipazione dei lavoratori delle società europee. Questa legislazione è entrata in vigore nel 2004 dopo circa 30 anni di discussioni. Essa consente alle imprese di ridurre i costi amministrativi e offre loro una struttura giuridica adattata al mercato interno, evitando nel contempo i vincoli giuridici e pratici che risulterebbero da 25 ordinamenti giuridici diversi. Lo statuto della Società europea contempla quattro modi di costituzione di una SE:
La SE ha un capitale minimo di 120 000 euro e la sua sede, fissata dallo statuto, deve corrispondere al luogo in cui si trova la sua amministrazione centrale, vale a dire la sua sede reale. L'accordo sulla SE costituisce una delle priorità identificate dal « Piano d'azione per i servizi finanzieri » (PASF) in quanto elemento essenziale per la creazione di un mercato dei servizi finanziari pienamente integrato. Si consulti: [ Indice ]
Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia Per rendere effettiva la libera circolazione delle persone sul territorio dell'Unione europea e per lottare più efficacemente contro le forme gravi di criminalità si è deciso di istituire uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. In passato i settori della giustizia e degli affari interni (GAI)erano disciplinati unicamente da norme intergovernative e rientravano nel campo di applicazione del Titolo VI del trattato di Maastricht, altrimenti denominato "terzo pilastro". Il trattato di Amsterdam "comunitarizza" l'asilo, l'immigrazione e la cooperazione giudiziaria in materia civile, mentre conserva il terzo pilastro, che ormai concerne unicamente la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. Le materie relative alla GAI, sia del primo che del terzo pilastro, restano comunque unite da un progetto comune: lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia comune (SLGS). La Costituzione, in via di ratifica, permette di compiere un sostanziale passo avanti: essa prevede la soppressione dei pilastri, comunitarizzando la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. Le disposizioni relative allo SLGS figurano al capitolo IV del Titolo III, Parte III. La Costituzione mantiene integralmente in vigore i regimi di deroga per il Regno Unito, l'Irlanda e la Danimarca. Si consulti:
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Spazio economico europeo (SEE-EFTA) * Comprende Islanda, Liechtenstein e Norvegia. Questi paesi hanno accesso a quasi tutti i programmi dell'Unione Europea. [ Indice ]
Lo spazio europeo della ricerca riunisce i vari mezzi di cui dispone la Comunità per meglio coordinare le attività di ricerca e innovazione a livello degli Stati membri e dell'Unione europea. Questa idea è stata lanciata dalla Commissione nel 2000 onde sviluppare opportunità effettivamente interessanti per i ricercatori. Fino a quel momento la ricerca a livello europeo doveva affrontare varie difficoltà: frammentazione degli sforzi, isolamento dei sistemi nazionali di ricerca, disparità dei regimi di regolamentazione e amministrativi e scarsi investimenti nelle conoscenze. Grazie ai mezzi attuati lo Spazio europeo della ricerca permetterà lo scambio di dati, la comparazione dei risultati, la realizzazione di studi multidisciplinari, i trasferimenti e la tutela di nuove conoscenze scientifiche nonché l'accesso ai poli di eccellenza e alle apparecchiature più avanzate. Lo spazio europeo della ricerca mira anche a rispondere ad un'ambizione determinante dell'Unione europea, ossia realizzare un'effettiva politica comune della ricerca. Si consulti.: [ Indice ]
Statuto dei deputati europei In virtù dell'articolo 190 del trattato che istituisce la Comunità europea, il Parlamento europeo fissa lo statuto e le condizioni generali di esercizio delle funzioni dei suoi membri previo parere della Commissione e approvazione del Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata (ad eccezione del regime fiscale dei membri che richiede l'unanimità). Dopo circa dieci anni di trattative tra il Parlamento europeo e il Consiglio, è stato finalmente approvato nel settembre 2005 un nuovo statuto. I principali cambiamenti introdotti dal nuovo regime riguardano anche:
Il nuovo statuto entrerà in vigore il primo giorno della legislatura del Parlamento europeo che avrà inizio nel 2009. Si consulti: [ Indice ]
Statuto dei partiti politici europei Il regolamento relativo allo statuto e al finanziamento di partiti politici a livello europeo è entrato in vigore nel 2004. Esso stabilisce le condizioni necessarie al riconoscimento di un partito politico a livello europeo, riconoscimento che dà diritto al finanziamento comunitario:
Lo statuto determina anche le condizioni necessarie per poter accedere al finanziamento comunitario (8,4 milioni di euro l'anno): pubblicazione delle spese e dei redditi annuali, dichiarazione delle fonti di finanziamento e divieto di accettare determinati doni. I fondi comunitari devono essere utilizzati per coprire le spese legate al programma politico e non possono in alcun caso servire al finanziamento dei partiti politici nazionali. Il Partito Popolare Europeo (PPE), il Partito del socialismo europeo (PSE), l'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa (ADLE), il Partito Verde Europeo (PVE) e il Partito della Sinistra unitaria europea (GUE) sono esempi di formazioni che si sono costituite come partiti a livello europeo. Si consulti.: [ Indice ]
La strategia comune è uno strumento introdotto nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dal trattato di Amsterdam. Secondo l'articolo 13 del trattato sull'Unione europea, spetta al Consiglio europeo stabilire i principi e gli indirizzi generali della PESC e decidere in merito alle strategie comuni che l'Unione dovrà seguire nei settori in cui gli Stati membri hanno interessi comuni di rilievo. Nel concreto, una strategia comune precisa i propri obiettivi, la durata degli interventi e i mezzi che dovranno essere messi a disposizione dall'Unione e dagli Stati membri. Essa è tradotta in atto dal Consiglio, soprattutto attraverso azioni e posizioni comuni. Il Consiglio ha facoltà di raccomandare strategie comuni al Consiglio europeo. Malgrado il loro scarso utilizzo, la Costituzione europea, attualmente in fase di ratifica, prevede di riprendere le strategie comuni sotto forma di orientamenti generali, anche nel caso di questioni che abbiano implicazioni in materia di difesa. Per la loro definizione e attuazione saranno necessarie decisioni europee relative ad azioni o posizioni comuni. Si consulti.: [ Indice ]
Strategia coordinata ai fini dell'occupazione (SEO) Il trattato di Amsterdam ha introdotto nel trattato che istituisce la Comunità europea il nuovo titolo VIII "Occupazione" trasformando in tal modo in una priorità comunitaria il coordinamento delle politiche per l'occupazione condotte dagli Stati membri. È sulla base di tali nuove disposizioni che il Consiglio europeo di Lussemburgo ha lanciato, nel novembre 1997, la strategia europea per l'occupazione (SEO), ugualmente chiamata "processo di Lussemburgo". La SEO costituisce un programma annuale di pianificazione, monitoraggio, esame e riaggiustamento delle politiche attuate dagli Stati membri in modo da coordinare i loro strumenti di lotta contro la disoccupazione. A tal fine si serve di quattro strumenti:
Nel 2005, la strategia di Lisbona è stata riveduta per concentrare gli sforzi sullo sviluppo di una crescita forte e sostenibile e sulla creazione di un'occupazione piena e di migliore qualità. Questo rilancio della strategia di Lisbona ha portato ad una revisione completa della SEE il cui nuovo processo è stato messo in pratica nel luglio del 2005 con l'approvazione da parte del Consiglio europeo degli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione. La strategia europea per l'occupazione si serve di quattro strumenti:
Gli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione serviranno da base al programma comunitario di Lisbona e ai programmi d'azione nazionali. Si consulti:
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In occasione del Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000) i capi di Stato e di governo hanno avviato una strategia detta di Lisbona allo scopo di fare dell'Unione europea (UE) l'economia più competitiva del mondo e di pervenire alla piena occupazione entro il 2010. Sviluppata nel corso di diversi Consigli europei successivi a quello di Lisbona, questa strategia si fonda su tre pilastri:
Per raggiungere gli obiettivi fissati nel 2000 è stato stabilito un elenco di obiettivi quantificati. Poiché le politiche in questione rientrano quasi esclusivamente nelle competenze attribuite agli Stati membri, è stato messo in atto un metodo di coordinamento aperto che comprende l'elaborazione di piani d'azione nazionali. Al di là degli indirizzi di massima per le politiche economiche, la strategia di Lisbona prevede l'adattamento e il rafforzamento dei processi di coordinamento esistenti: il processo di Lussemburgo per l'occupazione, il processo di Cardiff per il funzionamento dei mercati (beni, servizi e capitali) e il processo di Colonia in merito al dialogo macroeconomico. Il bilancio a metà percorso realizzato nel 2005 da Wim Kok, ex primo ministro dei Paesi Bassi, ha dimostrato che gli indicatori utilizzati nell'ambito del metodo di coordinamento aperto hanno fatto perdere di vista la gerarchizzazione degli obiettivi e che i risultati raggiunti sono attenuati. Per dare un nuovo impulso alla strategia di Lisbona la Commissione propone un processo di coordinamento semplificato corredato di una concertazione sugli sforzi da compiere nel quadro dei piani d'azione nazionali. Si consulti:
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La strategia di preadesione offre un "dialogo strutturato" fra i paesi candidati e le istituzioni dell'Unione nel corso del processo di adesione, fornendo all'insieme degli attori il quadro e gli strumenti necessari. Essa viene definita per ciascun paese candidato, valutato secondo i propri meriti. La strategia di preadesione risponde alle caratteristiche stabilite durante il Consiglio europeo di Lussemburgo (dicembre 1997) nel corso del quale era stata avviata una strategia rafforzata di preadesione per i dieci candidati dell'Europa centrale e orientale, la quale si fonda essenzialmente:
Aldilà di questi strumenti principali, la strategia di preadesione può prevedere strumenti supplementari per ciascun candidato secondo le sue specificità. Si consulti:
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Strumenti giuridici comunitari Gli strumenti giuridici comunitari sono gli strumenti di cui le istituzioni comunitarie dispongono, ai fini dell'assolvimento delle loro missioni nell'ambito del trattato istitutivo della Comunità europea e nel rispetto del principio di susussidiarietà. Si tratta dei seguenti strumenti:
Al di là di questi atti enunciati all'articolo 249 del trattato CE, la pratica ha condotto allo sviluppo di tutta una serie di atti atipici: accordi interistituzionali, risoluzioni, conclusioni, comunicazioni, libri verdi e libri bianchi. Inoltre, nel quadro del secondo e terzo pilastro, sono utilizzati strumenti giuridici specifici come le strategie, le azioni e le posizioni comuni in materia di PESC e le decisioni, decisioni quadro, posizioni comuni e convenzioni in materia di GAI. La Costituzione, in via di ratifica, prevede di semplificare la tipologia degli atti comunitari:
Si consulti:
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Il principio di sussidiarietà è volto a garantire che le decisioni siano adottate il più vicino possibile al cittadino, verificando che l'azione da intraprendere a livello comunitario sia giustificata rispetto alle possibilità offerte dall'azione a livello nazionale, regionale o locale. Concretamente ciò significa che nei settori che non sono di sua esclusiva competenza l'Unione interviene soltanto quando la sua azione è considerata più efficace di quella intrapresa a livello nazionale, regionale o locale. Il principio di sussidiarietà è strettamente connesso ai principi di proporzionalità e di necessità, secondo cui l'azione dell'Unione non può andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato. Il Consiglio europeo di Edimburgo del dicembre 1992 ha stabilito gli elementi fondamentali della nozione di sussidiarietà nonché gli orientamenti per l'interpretazione dell'articolo 5 che accoglie la sussidiarietà nel trattato sull'Unione europea. Le conclusioni del Consiglio sono state inserite in una dichiarazione che costituisce ancora oggi un testo essenziale in materia di principio di sussidiarietà. Con il trattato di Amsterdam l'impostazione che scaturisce dalla dichiarazione anzidetta è stata accolta in un protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea. Questo protocollo introduce, tra l'altro, l'analisi sistematica dell'impatto delle proposte legislative sul principio di sussidiarietà, e il ricorso, ove possibile, alle misure comunitarie meno vincolanti. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede di rafforzare il principio di sussidiarietà, in particolare facendo obbligo alle istituzioni di tenere informati i parlamenti nazionali per tutta la procedura legislativa. L'instaurazione, inoltre, di un meccanismo di "allarme tempestivo"sul rispetto del principio di sussidiarietà consentirà ai parlamenti nazionali di chiedere alla Commissione di riesaminare una proposta legislativa qualora essi ritengano che la medesima violi il principio di sussidiarietà. Si consulti:
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La politica di sviluppo rurale costituisce il secondo pilastro della politica agricola comune (PAC) e s'inserice nella linea degli obiettivi di competitività di Lisbona e di sviluppo sostenibile di Goeteborg. Essa s'impernia su quattro settori fondamentali:
Il miglioramento della competitività è assicurato da azioni che hanno come obiettivo il capitale umano e fisico nonché i prodotti alimentari, compresa la produzione di qualità. Vengono introdotte misure di protezione delle risorse naturali e di miglioramento dei sistemi agricoli e dei prodotti della silvicoltura ad alto valore naturale nonchè dei paesaggi culturali. La qualità della vita nelle zone rurali è migliorata dall'incoraggiamento della diversificazione delle attività economiche e dallo sviluppo delle infrastrutture locali. Infine, l'iniziativa Leader si prefigge la diversificazione delle attività economiche dei territori rurali attraverso l'attuazione di strategie innovatrici di sviluppo territoriale, integrate e partecipative. La politica di sviluppo rurale è integrata in un quadro finanziario e in una programmazione unica. Il Consiglio ha stabilito orientamenti strategici per il periodo 2007-2013 che saranno tradotti nei piani strategici nazionali. Con decorrenza dal 1° gennaio 2007, tutte le azioni saranno finanziate da un unico fondo: il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). Si consulti:
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Il concetto di sviluppo sostenibile fa riferimento a un sistema di sviluppo che risponda alle esigenze del presente, senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Tale tipo di sviluppo mira a migliorare le condizioni di vita delle persone tutelando nel contempo il loro ambiente a breve, a medio e soprattutto a lungo termine. Lo sviluppo sostenibile persegue un triplice obiettivo: uno sviluppo economicamente efficace, socialmente equo e ambientalmente sostenibile. Nel maggio del 2001, è stata adottata e poi modificata nel 2005, una strategia dell'Unione europea in favore dello sviluppo sostenibile, volta a conferirgli un nuovo impulso. La partnership mondiale per lo sviluppo sostenibile, cui ha aderito la Commissione nel 2002, gli ha successivamente conferito una dimensione esterna. L'integrazione delle questioni ambientali nella definizione e nell'attuazione delle altre politiche risulta fondamentale per perseguire l'obiettivo dello sviluppo sostenibile. Tale principio è stato ribadito nel trattato di Maastricht e il vertice di Cardiff del 1998 ha poi permesso di predisporre le basi per un'azione coordinata a livello comunitario per l'integrazione di tali questioni ambientali. Per promuovere uno sviluppo sostenibile, le autorità pubbliche devono adottare i provvedimenti necessari per limitare gli effetti nocivi dei trasporti e dei rischi per la salute, per migliorare la gestione delle risorse naturali, segnatamente per quanto riguarda i consumi e per lottare contro l'emarginazione sociale e la povertà tanto in Europa quanto nel mondo. Tali provvedimenti mirano parimenti a lottare contro i cambiamenti climatici e a limitarne le conseguenze. L'Unione europea e gli Stati membri operano in favore dello sviluppo sostenibile non soltanto all'interno ma anche oltre le frontiere, segnatamente nell'ambito degli organi internazionali competenti e in occasione di riunioni quale il Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, svoltosi a Johannesburg (agosto-settembre 2002). Si consulti:
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T TAIEX (Technical Assistance Information Exchange Office) Il programma di assistenza tecnica e di scambio di informazioni (TAIEX) è uno strumento di sostegno alle istituzioni per missioni a breve termine nel settore dell'adozione e dell'attuazione dell'acquis comunitario. Le competenze di tale programma, operativo dal 1996, sono state successivamente ampliate così come il suo campo d’intervento. L’assistenza del programma TAIEX è destinata ai paesi candidati, ai paesi aderenti nel quadro della strategia di preadesione e di screening, ai dieci nuovi Stati membri, nonché ai paesi dei Balcani occidentali. Il programma TAIEX è utile del pari ai paesi partecipanti alla politica europea di buon vicinato e alla Russia, fornendo un’assistenza per l’elaborazione e l’attuazione delle rispettive legislazioni in conformità dei loro piani d’azione. TAIEX riceve le domande di assistenza provenienti tanto dalle autorità pubbliche quanto dal settore privato e facilita la messa in contatto dei richiedenti e degli Stati membri interessati. Il programma si giova dell'apporto di esperti distaccati e organizza “peer reviews”, visite di studio o di valutazione, seminari, incontri di lavoro e di formazione. Esso fornisce del pari un'assistenza alla traduzione delle legislazioni e delle basi di dati di esperti e fornisce informazioni sul ravvicinamento delle varie normative. Si consulti:
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Nella prospettiva del completamento del mercato interno, la liberalizzazione delle telecomunicazioni è apparsa, fin dal 1987, come una priorità per la Comunità europea (Libro verde sullo sviluppo del mercato comune dei servizi e apparecchiature di telecomunicazione). Nel 1988, una direttiva ha aperto alla concorrenza i mercati dei terminali di telecomunicazioni. In un secondo tempo, una direttiva adottata nel 1990 ha liberalizzato i servizi di telecomunicazioni, ad esclusione della telefonia vocale. Nel 1994 è stata estesa alle comunicazioni e servizi di trasmissione via satellite e, nel 1996, alle reti televisive via cavo e alle comunicazioni mobili. Parallelamente, è stata realizzata a partire dal 1990 una rete aperta di telecomunicazioni in materia di infrastrutture e di servizi (ONP). L'adozione di norme comuni ha permesso l'armonizzazione delle condizioni di accesso al mercato a nuovi operatori. Nel 1993, il Consiglio dei ministri ha fissato al 1° gennaio 1998 la scadenza per la completa liberalizzazione dei servizi di telefonia vocale. A partire dal 1994, nel contesto dello sviluppo della "società dell'informazione", la liberalizzazione generale delle strutture di telecomunicazioni è stata presentata come un mezzo per permettere lo sviluppo multimediale. Varie iniziative sono state adottate in materia di armonizzazione delle norme di comunicazioni mobili (norma europea unica GSM) e per satelliti della rete digitale di servizi integrati (Integrated Services Digital Network - ISDN). Nel 1999, la Commissione europea ha avviato la rifusione del quadro normativo europeo delle telecomunicazioni con l'obiettivo generale di migliorare l'accesso alla società dell'informazione istituendo un equilibrio tra la regolamentazione del settore e le norme di concorrenza europea. Il nuovo quadro normativo, il "pacchetto telecom", comprende cinque direttive di armonizzazione: direttiva quadro, direttive accesso ed interconnessione, autorizzazioni, servizio universale e diritti degli utenti e tutela della vita privata. A ciò si aggiungono la decisione del 2002 relativa ad un quadro normativo per la politica dello spettro radio e il regolamento, adottato nel 2002, relativo all'accesso alla rete locale. La Comunità europea promuove anche e sostiene attivamente la diffusione delle comunicazioni mobili di terza generazione (3G). Si consulti.: [ Indice ]
Le fondamenta di una televisione senza frontiere si basano sulla libera circolazione dei programmi televisivi europei e sulla creazione di "quote di trasmissione" (obbligo per i canali di riservare più della metà del tempo di trasmissione ad opere europee). La direttiva "Televisione senza frontiere" (direttiva TSF) rappresenta la pietra angolare della politica audiovisiva della Comunità europea. Essa intende perseguire alcuni importanti obiettivi di interesse pubblico, quali la diversità culturale, la tutela dei minori (provvedimenti contro i programmi violenti o pornografici) e il diritto di risposta. Sono state introdotte inoltre norme particolareggiate in merito ai contenuti e alla frequenza della pubblicità televisiva. Dopo consultazione delle parti interessate, la Commissione ha pubblicato, nel dicembre 2005, una proposta di revisione della direttiva TSF volta a modernizzare le norme esistenti. La principale motivazione di questa revisione è quella di tener conto degli sviluppi tecnologici e dei cambiamenti verificatisi nella struttura del mercato audiovisivo dopo l'approvazione della direttiva nel 1989. La nuova proposta intende anche allegerire il carico imposto dalle regolamentazioni attuali che gravano sui fornitori di servizi audiovisivi. Ciò si applicherebbe in particolare alle disposizioni in materia di pubblicità per le quali la Commissione propone una flessibilità delle regole. Si consulti: [ Indice ]
Trasparenza (accesso ai documenti) L'articolo 255 del trattato che istituisce la Comunità europea afferma il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione per ogni cittadino dell'Unione europea, nonché ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro. Il regolamento del 30 maggio 2001 attua questo diritto d'accesso ai documenti delle tre istituzioni. Tuttavia esso mantiene due tipi di eccezioni al principio: le ipotesi nelle quali il rifiuto all'accesso è previsto per legge (attentato alla sicurezza pubblica, alla difesa e alle relazioni internazionali, ecc.) e quelle in cui l'accesso è rifiutato (attentato alla protezione degli interessi commerciali di un privato, ecc.) fatto salvo un interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione del documento. Inoltre l'accesso ai documenti dev'essere facilitato mediante la creazione di un registro pubblico elettronico. La nozione di trasparenza rinvia all'apertura delle istituzioni comunitarie e alla chiarezza del loro funzionamento. La trasparenza è legata alla richiesta da parte dei cittadini di un accesso più ampio all'informazione e ai documenti dell'Unione europea, oltre che a una più intensa partecipazione al processo decisionale che favorirebbe un sentimento di vicinanza con l'Unione europea. L'articolo 255 è stato inserito nel trattato nel 1997, ma già in precedenza il Consiglio e la Commissione avevano adottato un codice di condotta nel dicembre 1993. Tale codice fissava i principi comuni alle due istituzioni nella logica della dichiarazione n. 17 relativa al diritto d'accesso all'informazione allegata all'atto finale del trattato sull'Unione europea. Sulla base di tale codice le due istituzioni hanno inserito nel loro regolamento interno disposizioni particolari relative all'accesso ai loro documenti. Il progetto di Costituzione in via di ratifica estende il principio d'accesso ai documenti all'insieme delle istituzioni, organi e organismi dell'Unione europea. Si consulti:
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Trasparenza dei lavori del Consiglio Il Consiglio dell'Unione europea stabilisce nel suo regolamento interno le condizioni di accesso del pubblico ai suoi documenti (art. 207 del trattato che istituisce la Comunità europea). La sua azione in qualità di legislatore (art. 7 del regolamento interno del Consiglio) deve essere associata ad un migliore accesso ai documenti. In particolare, « i risultati e le spiegazioni dei voti, nonché le dichiarazioni iscritte al processo verbale, sono resi pubblici ». Per quanto concerne le deliberazioni e le discussioni, nel quadro della procedura di codecisione, le discussioni che seguono alla presentazione da parte della Commissione delle sue proposte legislative e i voti (comprese le deliberazioni finali) e le spiegazioni del voto) sono pubblici. Inoltre una volta all'anno sono organizzate discussioni pubbliche sugli orientamenti e sulle proposte legislative importanti. La pubblicità è in linea di massima organizzata con mezzi audiovisivi. In linea di amssima i voti, le spiegazioni di voto e i processi verbali del Consiglio, nei casi in cui egli operi in qualità di legislatore, sono pubblici. Inoltre possono anche essere pubblicati i risultati dei voti riguardanti talune decisioni, soprattutto del secondo e terzo pilastro; in questo caso la pubblicità è sottoposta a condizioni. Sono esclusi invece dalla pubblicità i voti indicativi e l'adozione di atti preparatori. Al di là di queste regole, viene mantenuto il segreto professionale per le deliberazioni del Consiglio. La trasparenza dei lavori del Consiglio si inserisce quindi nel quadro dell'art. 255, integrato dal trattato di Amsterdam, relativo al diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea per ciascun cittadino dell'Unione europea nonché per ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro. Inoltre, analogamente a quanto succede per le altre istituzioni europee, il Consiglio deve rendere accessibile al pubblico un registro dei documenti. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede che il Consiglio si riunisca in seduta pubblica quando delibera e vota su un progetto di atto legislativo. Si consulti: [ Indice ]
La creazione della prima "Comunità", la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA) ha costituito il punto di partenza di oltre cinquant'anni di elaborazione di trattati europei. Dal 1951 (trattato CECA) al 2001 (trattato di Nizza), sono stati firmati ben sedici trattati. I vari trattati non solo hanno modificato il testo originale ma hanno dato origine ad altri testi che si sono combinati con esso. Lista dei principali trattati:
Tutti questi trattati sono stati modificati a più riprese, in particolare in occasione dell'adesione di nuovi Stati membri: nel 1973 (Danimarca, Irlanda e Regno Unito), nel 1981 (Grecia), nel 1986 (Spagna e Portogallo), nel 1995 (Austria, Finlandia e Svezia) e nel 2004 (Repubblica ceca, Cipro, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia). Il trattato costituzionale europeo, firmato nell'ottobre del 2004, abroga e sostituisce mediante un testo unico tutti i trattati esistenti, ad eccezione del trattato Euratom, consolidando così cinquant'anni di trattati europei. La Costituzione entrerà in vigore solo dopo la sua ratifica da parte dei 25 Stati membri. Consultare:
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Il trattato di Amsterdam è il risultato della Conferenza intergovernativa lanciata il 29 marzo 1996 in occasione del Consiglio europeo di Torino. Esso è stato adottato dal Consiglio europeo di Amsterdam (16 e 17 giugno 1997) e successivamente firmato, in data 2 ottobre 1997, dai ministri degli affari esteri dei quindici Stati membri. È entrato in vigore il 1° maggio 1999 (primo giorno del secondo mese successivo alla ratifica da parte dell'ultimo Stato membro) in seguito alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri secondo le loro rispettive norme costituzionali. Sul piano giuridico, il trattato di Amsterdam modifica alcune disposizioni del trattato sull'Unione europea, come pure dei trattati istitutivi delle Comunità europee e di alcuni atti connessi, introducendo in particolare: la definizione di una politica comunitaria in materia di occupazione, la comunitarizzazione di determinati temi del settore «giustizia e agli affari interni» (GAI), la riforma della politica europea di sicurezza comune (PESC), l'estensione del voto a maggioranza qualificata, l'aumento dei poteri del Parlamento europeo e la possibilità di intensificare la cooperazione tra gli Stati membri. Il trattato di Amsterdam si aggiunge ma non si sostituisce agli altri trattati. Si consulti: [ Indice ]
Adottato in occasione del Consiglio europeo di Nizza nel dicembre 2000, e firmato il 26 febbraio 2001, il trattato di Nizza è entrato in vigore il 1º febbraio 2003. Esso è il risultato della Conferenza intergovernativa (CIG) avviata nel febbraio 2000, il cui oggetto era l'adattamento del funzionamento delle istituzioni europee all'arrivo di nuovi Stati membri. Il trattato di Nizza ha aperto la via alla riforma istituzionale, necessaria per l'allargamento dell'Unione europea ai paesi dell'Europa orientale e meridionale. Talune disposizioni sono state adattate dal trattato di adesione, firmato nell'aprile 2003 ad Atene, che è entrato in vigore il 1º maggio 2004, data dell'allargamento. I principali cambiamenti instaurati dal trattato di Nizza riguardano la limitazione delle dimensioni e della composizione della Commissione, l'estensione del voto a maggioranza qualificata, una nuova ponderazione dei voti in seno al Consiglio e l'ammorbidimento del dispositivo delle cooperazioni rafforzate. La "Dichiarazione sul futuro dell'Unione", allegata al trattato, ha fissato le prossime tappe da seguire per approfondire le riforme istituzionali e fare in modo che il trattato di Nizza costituisca soltanto una tappa di tale processo. La Costituzione europea, in via di ratifica, costituisce l'ultima tappa di questo processo di riforma dell'Unione. Dopo la sua entrata in vigore, il trattato di Nizza sarà abrogato e sostituito da questo trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa.
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Tribunale di primo grado delle Comunità europee (TPGCE) Come la Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE), il Tribunale di primo grado delle Comunità europee (TPGCE) assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati costitutivi da parte delle istituzioni comunitarie e degli Stati membri. Creato nel 1989, il TPGCE introduce un duplice grado di giurisdizione il cui obiettivo consiste nel migliorare la tutela giurisdizionale dei soggetti sgravando l'onere della CGCE e nell'assicurare un regolamento più rapido delle cause. Il Tribunale di primo grado è composto da almeno un giudice per Stato membro (art.224 del trattato che istituisce la Comunità europea). Lo statuto della CGCE fissa il loro numero a venticinque giudici, nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri, per un mandato di sei anni rinnovabile. Il presidente del TPGCE è eletto tra i giudici per un periodo di tre anni rinnovabile. Non esistono avvocati generali ma i membri del TPGCE possono essere chiamati a svolgere questa funzione. Inoltre, il TPGCE si riunisce in camere che contano da tra a cinque giudici. E' altresì possibile l'istituzione di un giudice unico. Al fine di alleggerire ulteriormente il lavoro della CGCE, il TPGCE è competente per l'insieme dei ricorsi diretti formati dai privati e dagli Stati membri (soprattutto annullamento, inadempienza e responsabilità), ad eccezione dei ricorsi attribuiti ad una camera giurisdizionale e di quelli riservati alla Corte (225 TCE). Sulla base di un diritto d'iniziativa ripartito tra la Corte e la Commissione, possono essere istituite camere giurisdizionali incaricate di conoscere in primo grado talune categorie di ricorsi su materie specifiche. Questa possibilità è stata utilizzata per creare un Tribunale della funzione pubblica europea che esiste dal febbraio 2005. Infine, il Tribunale di primo grado può essere dotato di competenze pregiudiziali in talune materie specifiche definite dallo statuto della CGCE. Le sue decisioni possono formare oggetto di un'impugnazione dinnanzi alla CGCE, limitata in principio alle questioni di diritto. La Costituzione europea, in via di ratifica, prevede l'istituzione di una giurisdizione bicefala, la "Corte di giustizia dell'Unione europea" composta dall'istanza suprema, la "Corte di giustizia" e dal Tribunale. Tribunali specializzati potranno anche essere aggiunti al Tribunale, che conterà almeno un giudice per Stato membro. Si consulti: [ Indice ]
La Troïka rappresenta l'Unione europea nelle relazioni esterne facenti capo alla politica estera e di sicurezza comune (PESC). In seguito al trattato di Amsterdam, la troïka è costituita dallo Stato membro che detiene la presidenza del Consiglio. Essa è assistita, da un lato, dal Segretario generale del Consiglio che svolge le funzioni di Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e, dall'altro, dalla Commissione. Si consulti:
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U L'unanimità indica l'obbligo di raggiungere un consenso tra tutti gli Stati membri riuniti in sede di Consiglio affinché una proposta possa essere adottata . In seguito all'adozione dell'Atto unico europeo, il campo di applicazione dell'unanimità è risultato sempre più limitato. È così che nel contesto comunitario del primo pilastro il voto a maggioranza qualificata costituisce ormai la regola. Invece il secondo ed il terzo pilastro sono ancora largamente caratterizzati dal metodo intergovernativo e dal ricorso al voto all'unanimità anche se il trattato di Nizza introduce la maggioranza qualificata per taluni settori. Tenendo conto della sfida posta dall'allargamento e delle sue conseguenze per l'unanimità, la Costituzione europea, in via di ratifica, generalizza la maggioranza qualificata. Il voto all'unanimità viene nondimeno mantenuto in oltre una sessantina di settori, fra cui la fiscalità connessa al mercato interno e le prescrizioni minime di sicurezza sociale. Una cosiddetta disposizione "passerella" apre la possibilità di passare, in alcuni casi, dall'unanimità alla maggioranza qualificata. Si consulti:
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Unione dell'Europa occidentale (UEO) L'UEO è un'organizzazione europea fondata nel 1948 dal trattato di Bruxelles a fini di cooperazione nei settori della difesa e della sicurezza. E' costituita da 28 paesi che godono di quattro status differenti: membri effettivi, membri associati, osservatori e partner associati. Dell'UE a quindici, dieci paesi hanno lo status di membri effettivi mentre gli altri cinque - Austria, Danimarca, Finlandia, Irlanda e Svezia - godono dello status di osservatori. I sei membri associati sono Ungheria, Islanda, Norvegia, Polonia, Repubblica ceca e Turchia. Infine, i sette partner associati sono Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia e Romania. Il trattato di Amsterdam aveva definito l'UEO come un'organizzazione che fa parte integrante del processo di sviluppo dell'Unione, alla quale conferisce una capacità operativa nel settore della difesa. Tuttavia, questo comma è stato soppresso con il trattato di Nizza. L'UEO ha in effetti svolto un ruolo importante nell'attuazione delle prime missioni di Petersberg, come il distacco di polizia a Mostar o la cooperazione con la polizia albanese. Però attualmente questo ruolo sembra essere passato in secondo piano rispetto allo sviluppo di strutture e di capacità proprie dell'Unione nell'ambito della politica estera e di difesa (PESD). Ciò è dimostrato dal trasferimento delle capacità operative dell'UEO all'Unione. In tale contesto, gli organi sussidiari dell'UEO, ossia l'Istituto di studi sulla sicurezza e il Centro satellitare, sono usciti il 1° gennaio 2002 dall'ambito dell'organizzazione e sono diventati agenzie dell'Unione. Inoltre, il trattato di Nizza ha soppresso alcune disposizioni del trattato sull'Unione europea relative alle relazioni tra l'UEO e quest'ultima. La difesa collettiva, in origine di competenza dell'UEO, è ora entrata a far parte delle competenze dell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO). La Costituzione europea, in corso di ratifica, indica nella NATO il fondamento della difesa collettiva degli Stati che ad essa aderiscono e l'organismo incaricato di attuare tale politica di difesa. Si consulti.:
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L'unione doganale è l'elemento essenziale del mercato comune. L'istituzione di un'unione doganale, ultimata nel 1968, costituiva l'obiettivo principale dopo la firma del trattato di Roma. Le misure più importanti prevedevano:
Sono state elaborate procedure e regole comuni ed è stato introdotto un documento amministrativo unico (DAU), destinato a sostituire i diversi documenti precedentemente utilizzati. Con l'entrata in vigore del mercato unico nel 1993, sono stati aboliti sia i controlli regolari alle frontiere interne che le formalità doganali. Pertanto, la riscossione delle accise, dell'IVA e la raccolta di dati statistici non rientrano più tra le competenze dei servizi doganali degli Stati membri. La Comunità ha concluso una serie di accordi speciali sia al fine di facilitare gli scambi economici, come quello relativo allo spazio economico europeo (SEE), sia per promuovere lo sviluppo offrendo accesso preferenziale ai mercati europei, come nel caso della Convenzione di Lomé, firmata con i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Gli obiettivi futuri prevedono la promozione di una cooperazione sempre più stretta tra le amministrazioni nazionali e la lotta contro la frode attraverso i successivi programmi Dogana 2002 e Dogana 2007. Una delle priorità del programma Dogana 2007 consiste nel continuare ad aiutare gli Stati membri ad adattare i loro sistemi in modo da gestire il libero scambio ed effettuare i controlli doganali alle nuove frontiere esterne dell'Unione europea. Si consulti.: [ Indice ]
Unione economica e monetaria (UEM) L'Unione economica e monetaria (UEM) designa un processo volto ad armonizzare le politiche economiche e monetarie degli Stati membri dell'Unione europea con l'obiettivo ultimo della creazione di una moneta unica, l'euro. Di essa si è occupata una conferenza intergovernativa (CIG) conclusasi a Maastricht nel dicembre del 1991.
All'epoca del lancio della terza fase dell'UEM, undici Stati membri hanno adottato l'euro come moneta unica e due anni più tardi sono stati raggiunti dalla Grecia. Tre Stati membri non hanno adottato la moneta unica: il Regno Unito e la Danimarca, che beneficiano di una clausola di esenzione detta di "opt-out" e la Svezia, che non ha introdotto l'euro in seguito ad un referendum negativo nel settembre 2003. I dieci Stati membri che hanno aderito all'Unione il 1° maggio 2004, sono tenuti ad adottare l'euro non appena soddisferanno tutti i criteri di convergenza. Non è stata accordata loro alcuna clausola di esenzione nei negoziati di adesione. Il 1° gennaio 2002 le monete e le banconote in euro sono state introdotte negli Stati membri che hanno gradualmente sostituito le vecchie monete nazionali. La fase transitoria della doppia circolazione delle vecchie monete e dell'euro si è conclusa il 28 febbraio 2002. Le sfide per garantire il successo a lungo termine dell'UEM sono il proseguimento del risanamento del bilancio e il coordinamento più stretto delle politiche economiche degli Stati membri. E' in questo senso che la Costituzione europea, in via di ratifica, prevede la possibilità di un più intenso coordinamento tra gli Stati membri della zona euro. Si consulti:
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L'Unione europea (UE) è stata istituita dal trattato sull'Unione europea (Maastricht, 1992). L'idea della sua creazione risale a molto prima. Il vertice europeo del 1972 aveva infatti evocato per la prima volta la sua creazione. L'Unione è nel contempo un progetto politico e un'organizzazione giuridica. Per pervenire a tale risultato le sono assegnati diversi obiettivi:
La Costituzione europea, in via di ratifica, aggiunge due elementi. L'Unione è innanzitutto fondata su valori: il rispetto della dignità umana, della democrazia, dell'uguaglianza, dello stato di diritto e dei diritti dell'uomo. Essa è anche dotata di simboli: una bandiera (dodici stelle su fondo blu), un inno (Inno alla gioia di Ludwig van Beethoven), un motto «Unita nella diversità», una moneta (l'euro), una giornata che celebra l'Europa (il 9 maggio). L'Unione è un'organizzazione giuridica. Essa si articola in pilastri:
Essa possiede un quadro istituzionale unico (costituito essenzialmente dal Consiglio europeo, dal Parlamento europeo, dal Consiglio dell'Unione e dalla Commissione europea) per i tre pilastri. Tale quadro assicura la coerenza e l'omogeneità dell'azione dell'Unione tra i diversi pilastri. I trattati non conferiscono ufficialmente all'Unione una personalità giuridica. Tuttavia vi è un consenso tra gli attori politici per riconoscergliela. Quest'opzione è d'altronde confermata dalla Costituzione che l'afferma chiaramente. Si consulti:
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