CONTRO LA GRAMMATICA ITALIANA |
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IL PERIODO IPOTETICO I - II
Non è comico che, parlando del periodo ipotetico, il Sensini, contraddicendo apertamente la pretesa indipendenza della reggente, sbandierata fin dall'inizio della sua grammatica, dica che la proposizione subordinata esprime la condizione da cui dipende quanto detto nella reggente? P.es. "Se ti senti solo, non leggere il Sensini". "Se ti senti solo" è la premessa (o protasi), mentre "non leggere il Sensini" è una conseguenza (o apodosi). Nel linguaggio informatico la stringa è formata da if... then. E' dunque ben strano che in presenza di una proposizione condizionale, la reggente assuma il ruolo non di una principale ma di una subordinata. Questo è un chiaro esempio di come sia assurdo stabilire meccanicamente una principale, al di fuori del contesto semantico dell'intera proposizione. Ragionavano meglio i greci quando dicevano che la protasi è quasi sempre una subordinata e che solo nel periodo ipotetico dipendente si potevano invertire i ruoli tra protasi e apodosi, come p.es. in questa frase: "Dicono che Sensini, se fosse stato più concreto, sarebbe stato un ottimo grammatico". Nel periodo ipotetico "Se ti senti solo, non leggere il Sensini", quella che di regola dovrebbe essere la principale e che qui invece diventa per il Sensini una subordinata, ha un valore in sé così evidente che addirittura lo si comprende a prescindere dal contesto semantico della frase. Ma è indubbio ch'essa acquista un significato molto più pregnante se la si considera una conseguenza (in questo caso assolutamente da evitare) della premessa. Vediamo ora altri aspetti curiosi delle regole del periodo ipotetico. E' noto che i grammatici italiani tendono a suddividerlo in tre livelli: realtà, possibilità e irrealtà. Realtà: "Se vuoi imparare la grammatica, non leggere il Sensini". Si tratta di un fatto reale e sicuro. Possibilità: "Se tu regalassi a qualcuno la grammatica del Sensini, ci guadagneresti". Questo caso dipende solo dalla buona volontà o dalla propria generosità o dal proprio livello di consapevolezza. Irrealtà: "Se in tutte le scuole si vietasse la grammatica del Sensini, studenti e docenti ne trarrebbero grande giovamento". E' un sogno che si spera un giorno di veder realizzato. Anzitutto sarebbe stato meglio mettere al posto della parola "realtà" la parola "oggettività". Questo perché la realtà è qualcosa di esistente e qui invece si ha a che fare con delle ipotesi. L'oggettività invece indica un'azione che avrebbe potuto verificarsi con certezza, nel rispetto di determinate condizioni. Inoltre si dovrebbe essere più sfumati: tra possibilità e irrealtà spesso il confine è sottile come un capello. P.es. "Se il Ministero della Pubblica Istruzione dicesse basta al Sensini, i docenti di italiano dovrebbero adottare un altro manuale". E' solo un'ipotesi irreale? Sì, finché non si crea un movimento d'opinione abolizionista. L'irrealtà diventa possibilità quando le armi della critica si trasformano in critica delle armi. Astrattamente la differenza è minima: il passaggio alla concretezza è relativo soltanto al tasso di partecipazione democratica. Peraltro i greci distinguevano tra eventualità (o probabilità) e possibilità: per loro erano quattro i periodi ipotetici. Non lo diciamo forse anche noi? L'eventualità è puramente teorica, è quasi una casualità, mentre la possibilità possiede un certo margine di fattibilità. Si comprende la differenza dal contesto della frase, dalle situazioni in cui i verbi vengono usati: in questo i greci erano di molto superiori ai latini. P.es. "Se cambio scuola, brucio la grammatica del Sensini". Non so se la cambio (eventualità), ma se lo faccio, il Sensini ne pagherà le conseguenze, anche se non potrò farlo se nell'altra scuola avranno adottato la medesima grammatica. Quanto aveva ragione Gramsci quando diceva che "ogni proposizione, anche non 'tecnicamente' grammaticale, può essere espressiva e giustificata in quanto ha una funzione, sia pure negativa"(Letteratura e vita nazionale, Editori Riuniti, Roma 1971, p. 247). Io avrei tolto anche quel "sia pure negativa", perché riduttivo. Una proposizione è anzi tanto più espressiva quanto più contiene elementi che ci fanno andare oltre ciò che formalmente essa dice. La ricchezza del linguaggio è infinita, e lo è a prescindere dalla forma in cui viene espresso. Altrimenti dovremmo dire che il Prologo del Vangelo di Giovanni è, rispetto alle tragedie di Eschilo o di Sofocle, una poesiola da scolaretto. "La proposizione può essere non logica in sé, contraddittoria, ma nello stesso tempo 'coerente' in un quadro più vasto", diceva ancora Gramsci 70 anni fa (p. 248). Il compito più importante è proprio quello di verificare a quale "quadro ampio" si riferisce una determinata espressione linguistica. In tal senso andrebbero evitati, in un manuale di grammatica, tutti gli esempi astratti, estranei all'utenza scolastica. |
Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"