Oltre
ad essere più numerose degli uomini, le donne
mostrano un'incidenza crescente all'aumentare dell'età.
Tra gli iscritti che hanno un'età superiore ai
30 anni, le donne rappresentano quasi i tre quarti degli
iscritti, mentre sono meno del 60% nella classe con
meno di 25 anni.
Sembra perciò che i maschi abbiano maggiori difficoltà
solo ad entrare nel mercato del lavoro, soprattutto
se non hanno una qualifica o se hanno titoli di studio
più attinenti a ruoli impiegatizi.
Per
le donne invece la maggiore problematicità si
associa a tre fattori principali:
-
la necessità di un lavoro flessibile che si
concili (più che per l'uomo) con la vita familiare,
- una
scolarizzazione elevata, ma su competenze più
spendibili a livello impiegatizio,
- per
quelle più anziane e meno scolarizzate, la
mancanza di competenze necessarie ad entrare/rientrare
nel processo produttivo.
La maggiore inadeguatezza delle competenze della componente
femminile, sia dovuta all'elevata scolarizzazione delle
più giovani o alla scarso aggiornamento/formazione
delle più anziane, unita alla più diffusa
esigenza di flessibilità, determinano la minore
"spendibilità" delle donne sul mercato
del lavoro locale, che costituiscono oltre i due terzi
degli iscritti.
La
gravità della situazione femminile aumenta se
si considera che questa componente del mercato del lavoro
incide in maniera elevata tra i disoccupati di lunga
durata [1], dove costituisce il 72,8% a Forlì
ed il 74% a Cesena [2].
Il
fatto che la maggiore presenza sia concentrata nelle
classi di età più elevate porta l'attenzione
anche sul problema dell'aggiornamento delle competenze.
Anche le persone con una elevata formazione/specializzazione
col passare del tempo vedono diminuire l'adeguamento
delle competenze, per cui la dequalificazione tende
a condizionare sempre di più le persone che restano
disoccupate per una lunga durata, che risultano essere
soprattutto le donne.
Una recente indagine svolta dall'Istat conferma, a livello
nazionale, quanto affermato, evidenziando come il 30%
delle donne dichiari che il proprio titolo di studio
non è rilevante per trovare lavoro, e il 19%
non usa le competenze acquisite durante gli studi nel
lavoro che svolge.
[1]
Ovvero gli iscritti al collocamento da 2 anni ed oltre.
[2] Il dato di Forlì è riferito alla situazione
presente al 26/07/01, mentre quello di Cesena alla situazione
del 31/12/00, per questo non si è ritenuto opportuno
sommare i due valori per ricavare il dato provinciale.
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