ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA |
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Arte medievale Maestro Svevo, Crocifisso ligneo, Duomo di Cividale - Coppo di Marcovaldo, Crocifisso di San Gimignano, Pinacoteca civica.
Del Maestro Svevo autore del Crocifisso ligneo di Cividale, si conosce assai poco. Di sicuro fu presente sul territorio italiano per certe iniziative imperiali (del Sacro Romano Impero) al tempo degli Svevi. La datazione del Crocifisso è posta fra la fine del XII secolo e la metà del XIII. Recentemente è stato restaurato: cosa comprensibile, trattandosi di legno, di un materiale cioè facilmente deperibile. Il restauro è garantito rispettoso dell’originale, ma ovviamente, come spesso in questi casi, le discussioni non mancano. I Maestri d’ascia svevi erano soliti recarsi in diverse diocesi del territorio tedesco per lavori del genere. Questo, a contatto delle superiore civiltà italiana, deve essere stato particolarmente ispirato. L’opera non ha richiami particolari, se non l’originalità della corona in testa. La posizione è classica. L’esecuzione sorprendente, dati i tempi. Di Coppo di Marcovaldo si sa invece relativamente molto, pur trattandosi di un personaggio del Duecento (pochissimi i nomi dei pittori pervenuti). Pare fosse nato a Firenze nel 1225 e quivi morto nel 1276. Numerose le opere attribuite a lui o in parte a lui. Disponeva spesso di maestranze. Sicuramente sua è la Madonna del bordone dipinta dopo la battaglia di Montaperti fra Firenze e Siena. Era stato catturato dai Senesi e per riscattarsi dipinse una Madonna con Bambino per una Chiesa di Siena (Basilica di S. Maria dei Servi), firmandola. A causa di questo dipinto fu per qualche tempo considerato un antesignano della coloratissima pittura senese. Coppo di Marcovaldo fa parte, invece, della nascente pittura fiorentina, alla quale porta in dote la rigidità bizantina, aggiungendovi una ricchezza coloristica frutto della propria personalità. Il pittore toscano è anche autore, forse senza aiuti, di un Inferno all’interno di un Giudizio Universale, a mosaico, posto nel Battistero di San Giovanni a Firenze. Dante vi avrebbe preso dell’ispirazione. La differenza fra le due Crocifissioni è notevole: l’una, quella del Maestro Svevo, è un lavoro ripetuto destinato alla committenza raffinata. Probabilmente solo le Chiese tedesche d’un certo rilievo potevano permettersi opere del genere, non soltanto da un punto di vista economico, bensì anche come fruizione intellettuale. I devoti erano dei privilegiati, il messaggio religioso doveva essere “levigato”, cogliere il momento di abbandono di Cristo al suo destino umano. Nel contempo, la presenza della corona richiamava l’ingiustizia per l’esecuzione del figlio di Dio. I due fenomeni erano molto sentiti dalla cultura tedesca, da una cultura cioè soggetta agli insegnamenti evangelici e come stordita dalle reiterazioni della passione cristiana proposte dalla Chiesa. Così come l’imperatore (pensiamo al Barbarossa) anche il mondo tedesco si sentiva inferiore alla romanità classica, pur se si batteva per esserne all’altezza. La risposta degli artisti tedeschi consistette, nel periodo, in un’esecuzione a regola d’arte del soggetto prescelto, senza osare di entrare nel merito dello stesso. Coppo di Marcovaldo sembra offrire un’opera che non va molto al di là delle esperienze iconografiche bizantine. Ma la sua Crocifissione racconta una storia, entra nel merito di essa, indugiando su particolari altrimenti poco frequentati. L’espressione del viso è quella di un uomo, non è quella di Cristo. La Croce ha una ricchezza di informazioni straordinaria. La ricchezza esteriore è indice di una forte sacralità dell’evento. Il pittore invita a riflettere sulla cura che egli ha posto a un manufatto vile. Rendendolo esteticamente elegante, Coppo eleva la Croce a simbolo allegorico dell’accaduto. Lo spettatore è costretto a pensare che l’uomo si occupi solo della superficialità delle cose, sino a sacrificare un altro uomo, buono e innocente: quest’ultimo diventa il personaggio d’eccellenza per una via sia diretta che indiretta. Il vigoroso gioco cromatico costringe a guardare. Si vede una sofferenza materiale, la caduta del corpo in mezzo ad un baluginare corposo di tinte che acceca l’occhio e fa aprire la mente a un pubblico sicuramente folto e sicuramente a digiuno di spiegazioni filosofiche. La Toscana del tempo brulicava di gente ed era ricca di Chiese. Si sentiva il centro del mondo, essendo particolarmente attiva, prima in tutto, grazie alla sua intraprendenza. Mancava una morale adeguata che l’arte si ritrovava impegnata a dare su commissione religiosa. Coppo fu tra i primi pittori a cogliere lo spirito del tempo e a provvedere, in un modo o nell’altro, alla diffusione “corretta” del dettato cristiano, vale a dire della Gerusalemme in terra. Dello stesso autore:
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