DUNS SCOTO ha portato fuori strada l’Europa?

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DUNS SCOTO ha portato fuori strada l’Europa?

I - II - III - IV

Giuseppe Bailone

Duns Scoto

A  Un maestro pericoloso questo Duns Scoto?

B  Benedetto XVI, nel discorso del 12 settembre 2006 a Ratisbona, l’ha indicato come il maestro medievale di un pensiero che ha avuto sviluppi molto negativi e ha messo in crisi l’identità culturale europea più profonda.

A  Un cattivo maestro!

B  La cosa è complicata. Infatti, Giovanni Paolo II, nel 1993, l’ha proclamato beato, definendolo “cantore del Verbo incarnato e difensore dell’Immacolata Concezione”.

A  Cattivo maestro per un papa, ma beato per il suo predecessore! Non è un po’ strano?

B  In effetti. Se, poi, si tiene presente che del predecessore questo papa è stato, per così dire, il braccio destro in teologia …

A  Vuoi dire che questa beatificazione ha avuto anche la sua approvazione?

B  Credo proprio di sì.

A  Mi pare, inoltre, che Benedetto XVI abbia presentato recentemente Duns Scoto nelle sue lezioni pubbliche di catechesi teologica.

B  Sì, l’ha fatto nell’udienza generale del 7 luglio scorso, in termini molto elogiativi, come si conviene ad un beato.

A  Allora, è Benedetto XVI che si contraddice?

B  Il papa ha parlato in contesti diversi.

A  Contesti diversi, ma giudizi opposti: cattivo maestro dell’Europa moderna in un discorso, lodevole teologo in un altro?

B  Veramente, il papa si muove con abilità fra esigenze diverse: vuole denunciare un pericolo che ritiene molto grave per l’Europa, ma, anche celebrare il teologo di cui ha probabilmente approvato la beatificazione.

A  Un compito difficile!

B  Molto! Il papa cerca di salvare capra e cavoli: a Ratisbona distingue il pensiero di Duns Scoto dagli sviluppi che esso ha avuto successivamente e, anche nell’elogiare il beato, nella lezione romana di catechesi, non trascura di evocare i pericoli di certe interpretazioni di quel pensiero.

A  Un buon maestro male interpretato!

B  Sì. Mi pare che il papa intenda qualcosa del genere.

A  Ma che cosa ha detto il papa?

B  Da quale discorso cominciamo?

A  Io seguirei l’ordine temporale.

B  Partiamo, allora, da Ratisbona, dal discorso tenuto nell’università di quella città tedesca.

A  Un ritorno a casa!

B  Sì. Un ritorno a casa del teologo tedesco Ratzinger che, nel 1959, ha iniziato a fare il professore universitario a Bonn.

A  Un momento emozionante anche per un papa.

B  Lo dice lui stesso, proprio in apertura del discorso: “E’ per me un momento emozionante trovarmi ancora una volta nell’università e una volta ancora tenere una lezione”.

A  Ritorna in cattedra.

B  Sì, ma per parlare ai professori, ai “rappresentanti della scienza”.

A  Parla da maestro a color che sanno.

B  Fai bene ad usare l’espressione dantesca, perché il suo discorso è di alto livello e pronunciato in una sede geograficamente al centro dell’Europa. Ai rappresentanti delle scienze il papa chiede di accogliere la teologia come scienza tra le scienze, nel “tutto dell’universitas scientiarum”, all’Europa rimprovera la perdita della propria identità culturale.

A  Due temi molto impegnativi!

B  Sì, fondamentali e affrontati solennemente da una doppia cattedra.

A  Perché doppia cattedra?

B  Perché lui parla come professore universitario e come papa, come uomo di scienza, come teologo, e come capo di una grande istituzione religiosa bimillenaria, la cui storia si è profondamente intrecciata con quella europea.

A  Ho capito. Che cosa dice?

B  Il papa auspica la “coesione interiore nel cosmo della ragione”, che con profonda nostalgia ricorda ben presente nell’università di Bonn al tempo della sua ormai lontana attività universitaria.

A  Che cosa significa “coesione interiore nel cosmo della ragione”?

B  Significa – spiega il papa – che “nonostante tutte le specializzazioni, che a volte ci rendono incapaci di comunicare tra di noi”, è necessario che si formi “un tutto”, che si lavori “nel tutto dell’unica ragione con le sue varie dimensioni, stando così insieme anche nella comune responsabilità per il retto uso della ragione”.

A  Un bel sogno di unità culturale! Tutti uniti dall’esercizio della ragione!

B  Sì, un bel sogno.

A  Ma che cos’è “il retto uso della ragione”?

B  Buona domanda! L’espressione significa che la ragione non basta a se stessa e non può muoversi da sola, contando sulle sue sole forze.

A  Alla ragione non basta essere razionale?

B  No. Nell’espressione cattolica “recta ratio” l’aggettivo dice che la ragione ha bisogno di essere corretta, guidata.

A  E la “comune responsabilità” come la si deve intendere? A chi si dovrebbe rispondere del “retto uso della ragione”?

B  Le tua domanda è decisiva, ma il papa non se la pone e parla come se quel che sta dicendo fosse scontato.

A  Tanto in quell’aula magna non sono previste domande!

B  Certo! Una domanda come la tua metterebbe in luce la pretesa papale di controllo sulla cultura e …

A  … il potere non ama venire scoperto nelle sue mire.

B  No!

A  Come continua il papa?

B  Presenta come esemplare la pratica della ragione che il mondo cristiano ha fatto fino ad un certo punto del medioevo.

A  Fino a quando Duns Scoto non ha aperto una via pericolosa.

B  Proprio così. Il papa ricorda che il Vangelo è stato scritto in lingua greca, che il cristianesimo coniuga fede e ragione e realizza “la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia”.

A  Dice “greco nel senso migliore”?

B  Sì. Non dice “nel senso più autentico”, ma “migliore”. Non ne fa un problema filologico, ma morale: non si tratta tanto di riscoprire, come si proponevano i grecisti del Quattrocento, il volto autentico del mondo greco, ma il suo aspetto moralmente migliore. Siamo sempre nello spirito della recta ratio: il vero non basta se non è anche buono.

A  Il capo religioso, il moralista, prevale sullo scienziato!

B  In linea con l’impostazione tomistica che struttura l’autonomia filosofica al servizio della fede.

A  Ho capito. Vai pure avanti.

B  Il papa dice che il cristianesimo, a differenza dell’islam, affida alla ragione, non alla forza, la diffusione della fede. Ricorda che Maometto, agli inizi della sua predicazione, quando “era ancora senza potere e minacciato” non voleva “nessuna costrizione nelle cose di fede”. Poi, però, ha dato “disposizioni … fissate nel Corano circa la guerra santa”.

A  Un serpente insidioso!

B  Sì. Mite agli inizi, perché debole e inerme, ma aggressivo appena raggiunte condizioni di forza!

A  Giudizio pesantissimo, ma da che pulpito! La Chiesa, dove e quando si è trovata in minoranza, “senza potere e minacciata”, ha sempre invocato il rispetto della libertà religiosa, ma dove e quando è stata in maggioranza, in forza, ha sempre accampato il primato della verità, anzi della Verità, la sua, naturalmente.

B  Sì, Machiavelli avrebbe da impare, ma andiamo avanti. Il papa cita, poi, l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, che nel 1391, in una discussione con un saggio persiano sulla verità delle religioni islamica e cristiana, ebbe a dire: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava".

A  La citazione che ha suscitato tante polemiche!

B  Proprio quella. Ma quel che segue è ancor più pesante. Riguarda infatti la natura profonda dell’islam.

A  Che cosa dice?

B  L’imperatore bizantino, spiega il papa, si esprime in modo così “sorprendentemente brusco” e “pesante”, perché, “cresciuto nella filosofia greca”, sa che “non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”: non può, quindi, accettare la diffusione della fede con la violenza. “Per la dottrina mussulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza”.

A  Una fede poco razionale!

B  Sì. L’islam proporrebbe una trascendenza divina eccessiva: Dio verrebbe messo così in alto e così lontano che all’uomo non resterebbe che fare, non solo senza discutere, ma senza neanche pensarci su, tutto ciò che Dio gli ordina.

A  Come nel caso biblico di Abramo che obbedisce ciecamente all’ordine divino di sacrificargli il figlio.

B  Nella Bibbia si tratta di un caso che può essere inteso come eccezione, nel Corano invece questa abissale distanza dell’uomo da Dio sembrerebbe la regola. All’islam mancherebbe, secondo il papa, lo spirito della filosofia greca, il logos, ben presente, invece, nella religione cristiana.

A  Adesso il papa parla come autorità razionale. Sembra un illuminista!

B  “Autentico!” Il papa si presenta come “autentico” illuminista: a Ratisbona ha parlato del cristianesimo come incontro di “autentico illuminismo e religione”.[1]

A  Certo! Gli illuministi del Settecento non erano “autentici” illuministi: non facevano un uso retto della ragione, non la mettevano a servizio della fede. Parla il vertice supremo ed assoluto del magistero ecclesiastico.

B  Adesso in lui si fa sentire l’erede “autentico” del logos greco.

A  Il papa sta criticando un’altra religione e non può farlo in nome della fede, deve mettere in campo l’autorità della ragione. Quando parla al mondo proprio, quello cristiano, l’Europa, raccomanda il “retto uso della ragione”: la ragione deve lasciarsi guidare dalla fede. Quando, invece, parla a un’altra fede raccomanda la guida superiore della ragione.

B  Sempre in perfetto spirito tomista!

A  Imporre la propria fede alla ragione e la propria ragione alla fede degli altri.

B  E’ il suo magistero.

A  D’accordo! Andiamo pure avanti.

B  “La fede della Chiesa – continua il papa – si è sempre attenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata esista una vera analogia, in cui – come dice il Concilio Lateranense IV nel 1215 – certo le dissomiglianze sono infinitamente più grandi delle somiglianze, non tuttavia fino al punto da abolire l'analogia e il suo linguaggio. Dio non diventa più divino per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro ed impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore”.

A  Chiarissimo! La fede cristiana è razionale, quella islamica no.

B  Aspetta! C’è di più: la “sintesi tra spirito greco e spirito cristiano”, insieme al “patrimonio di Roma, ha creato l’Europa e rimane il fondamento di ciò che, con ragione, si può chiamare Europa”.

A  Ecco la lezione all’Europa!

B  Sì. In età moderna, avverte il papa, la ricerca teologica cristiana ha subito “onde di deellenizzazione”, cioè onde che ne hanno portato via lo spirito greco, e la scienza ha limitato il raggio della sua azione, ha ridimensionato le sue pretese conoscitive, ha ristretto il campo delle sue ricerche.

A  Due gravi errori della cultura europea?

B  Due gravi sbandamenti!

A  Non entro nel merito della valutazione della teologia moderna, che non conosco, ma come si fa a non apprezzare l’autolimitazione della scienza moderna? I successi delle scienze, che a partire dalla fisica galileiana si son venute strutturando in età moderna, hanno proprio nella limitazione del campo d’indagine una loro condizione fondamentale.

B  Hai ragione. Ma, dice il papa, la conseguenza è che “il problema Dio” appare oggi “problema ascientifico o prescientifico” …

A  Fermati! Il papa pensa che Dio sia un problema scientifico?

B  Non lo ritiene certo un problema proprio delle scienze particolari, ma non accetta che sia stato messo fuori del campo della ragione scientifica.

A  Questo non lo capisco.

B  Al papa non va giù che gli “interrogativi della religione e dell’ethos” siano stati “spostati nell’ambito del soggettivo” e affidati alla “discrezionalità personale”. Tieni presente la richiesta fondamentale del papa a Ratisbona!

A  Me la ricordi?

B  Accogliere la teologia come scienza nel coro delle scienze e riconoscerle il primato.

A  Ma, si tratta di tornare al medioevo!

B  Infatti! La modernità è andata fuori strada! L’Europa ha perso la sua identità greco – cristiana. La teologia ha perso la ragione greca e la ragione scientifica ha perso le domande fondamentali.

A  Il sapere ha fatto progressi, ma ha perso l’orientamento greco – cristiano.

B  Dici bene. Questi due errori della modernità sono per il papa “patologie minacciose della religione e della ragione”, che possono essere curate solo restituendo lo spirito greco, la razionalità scientifica, alla ricerca teologica, e superando i limiti della “ragione positivistica”, dischiudendo nuovamente alla ragione “tutta la sua ampiezza”.

A  Propone una correzione profonda, una lunga retromarcia.

B  Sì. “L’occidente, dice, da molto tempo, è minacciato da questa avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione”. Abbia “il coraggio di aprirsi all’ampiezza della ragione”! L’università ritrovi “questa vastità della ragione”!

A  L’Europa ritorni alla sintesi medievale tra spirito greco “nel senso migliore” e spirito cristiano!

B  La teologia sia nuovamente scienza tra le scienze e le altre scienze l’accolgano nel loro coro e, pur nella loro relativa autonomia, ne accettino il primato.

A  Si torni al quadro culturale del tomismo!

B  Sì. Al quadro che Duns Scoto ha rotto.

A  E’ Duns Scoto che ha avviato in Europa il processo di divorzio tra spirito greco e spirito cristiano, tra fede e ragione, tra religione e scienza? E’ lui che ha portato fuori strada l’Europa?

B  Sì. Subito dopo la critica all’islam, il papa, infatti, dice: “Per onestà bisogna annotare … che, nel tardo Medioevo, si sono sviluppate nella teologia tendenze che rompono questa sintesi tra spirito greco e spirito cristiano”.

A  Ammette, “per onestà”, che anche nel cristianesimo sono presenti tendenze irrazionalistiche come nell’islam, che anche il cristianesimo ha bisogno della guida della ragione.

B  Sì. Dice: “In contrasto con il cosiddetto intellettualismo agostiniano e tomista iniziò con Duns Scoto una impostazione volontaristica, la quale alla fine, nei suoi successivi sviluppi, portò all'affermazione che noi di Dio conosceremmo soltanto la voluntas ordinata. Al di là di essa esisterebbe la libertà di Dio, in virtù della quale Egli avrebbe potuto creare e fare anche il contrario di tutto ciò che effettivamente ha fatto. Qui si profilano delle posizioni che, senz'altro, possono avvicinarsi a quelle di Ibn Hazn[2] e potrebbero portare fino all'immagine di un Dio-Arbitrio, che non è legato neanche alla verità e al bene. La trascendenza e la diversità di Dio vengono accentuate in modo così esagerato, che anche la nostra ragione, il nostro senso del vero e del bene non sono più un vero specchio di Dio, le cui possibilità abissali rimangono per noi eternamente irraggiungibili e nascoste dietro le sue decisioni effettive”.

A  Una fede cristiana che sfugge al controllo della ragione e si avvicina pericolosamente all’islam più irrazionalistico.

B  E questo il papa lo dice ad un’Europa agitata da crescenti paure dell’invasione islamica!

A  Getta benzina sul fuoco!

B  Sì. Non fa certo il pompiere.

A  Ma, il volontarismo cristiano nasce con Duns Scoto?

B  In verità, il volontarismo di Duns Scoto non è così nuovo come dice il papa. Non viene dal nulla, né dall’islam: nel pensiero teologico antico e medievale, a partire dal disinteresse iniziale del cristianesimo per la filosofia, da Tertulliano, ma anche dalla polemica di Agostino contro Pelagio, vivono tendenze di cui il papa non tiene conto e che nel Duecento si riaccendono contro l’arrivo di Aristotele accompagnato da interpreti islamici e trovano nel movimento francescano nuove forze, che mettono in discussione anche l’impresa di Tommaso.

A  Ma il papa teologo non lo sa?

B  Credo che lo sappia benissimo.

A  Perché non lo dice?

B  Perché il male che denuncia risulterebbe nato col cristianesimo stesso invece che agli albori della modernità e quasi per contagio islamico.

A  Tu, quindi, sostieni che il volontarismo di Duns Scoto, ammesso che debba considerarsi un male, sarebbe un riacutizzarsi di un male antico quanto il cristianesimo stesso.

B  Sì, penso questo, ma ci torneremo più avanti. Adesso fermiamoci sul grande fermento culturale prodotto dall’arrivo di un logos inedito e sconvolgente, quello dei testi fondamentali di Aristotele accompagnati dai commenti di Avicenna e di Averroè.

A  Fermento culturale nel quale matura l’impresa di Tommaso.

B  Sì. Nel Duecento, messo in agitazione dal nuovo Aristotele, Tommaso propone una bella sintesi di fede cristiana e ragione greca, fondata su una profonda riforma dell’aristotelismo[3] e destinata a diventare nei secoli successivi esemplare per la Chiesa.

A  Tommaso addomestica Aristotele.

B  La tua espressione è un po’ pesante ma efficace: Tommaso rende Aristotele domestico, cioè familiare al mondo cristiano.

A  Corregge il logos aristotelico nei tratti che lo rendono incompatibile con la fede cristiana.

B  La sua bella sintesi, però, allora non viene universalmente riconosciuta e nel 1277, poco dopo la morte di Tommaso, la condanna delle autorità religiose di Parigi e di Oxford diretta contro l’averroismo coinvolge anche alcune sue tesi.

A  Una condanna!

B  Sì. La condanna è un successo delle tendenze teologiche agostiniane che respingono del tomismo la concezione aristotelica dell’anima come forma del corpo, ma anche la troppa autonomia della natura dall’azione di Dio e dell’intelletto dalla volontà. Lo spirito della condanna è, infatti, l’esaltazione della libertà e dell’onnipotenza divina contro l’idea di un ordine della realtà necessario, che i filosofi islamici hanno ripreso dalla tradizione filosofica greca.

A  Dal mondo islamico, allora, non viene solo il pericolo di una fede che sfugge al controllo della ragione, ma anche quello di una ragione che limita, chiude in vincoli razionali determinati, la volontà divina.

B  Sì.

A  L’islam è doppiamente pericoloso e in sensi opposti: la sua fede è senza logos greco e i suoi filosofi propongono un logos greco inaccettabile.

B  Sembra proprio che sia così: o niente o troppo! O una volontà divina senza vincoli razionali o con troppi vincoli!

A  Il logos greco in questi filosofi islamici non è presente nel “senso migliore”!

B  No.

A  Al mondo islamico manca sempre ciò che rende recta la ragione e ragionevole le fede?

B  Sembra proprio di sì. Gli manca ciò di cui la Chiesa ha il magistero.

A  Chiaro! Spiegami, adesso, perché la razionalità del nuovo Aristotele provoca tanta reazione di rigetto.

B  Perché la necessità dell’essere che prospetta diventa un limite della libertà e dell’onnipotenza divina.

A  Che cos’è la necessità dell’essere?

B  E’ che quel che è lo è con necessità: è così com’è e non può essere diversamente. Pensa alla teoria della sostanza aristotelica.[4]

A  Forse capisco: con questa “necessità dell’essere” si arriva a pensare come necessaria anche la creazione divina, a pensare Dio “costretto” dalla propria sostanza, dal proprio essere, a creare il mondo e a crearlo con l’ordine che esso ha.

B  Bravo!

A  Anche il logos, la ragione greca, può essere pericoloso!

B  Sì. Entrano qui in conflitto l’antica concezione greca degli dei, potenti ma non onnipotenti, al di sopra dei quali c’è il destino, il fato, la necessità dell’essere, e il Dio biblico e cristiano, onnipotente creatore dal nulla di tutte le cose e del loro ordine, delle loro leggi.

A  Due concezioni molto diverse della divinità e della realtà!

B  Radicalmente diverse. L’assunto biblico e cristiano dell’onnipotenza divina insorge con forza contro la necessità dell’essere aristotelica e mette fine alla luna di miele (l’espressione è dello storico neotomista della filosofia medievale Étienne Gilson) di filosofia aristotelica e teologia.

A  Uno stop al logos!

B  Sì, e con effetti sorprendenti. Questo stop promuove, infatti, anche un diverso atteggiamento nei confronti della realtà, vista non più come unico orizzonte dei problemi, ma come una delle infinite possibilità di Dio: l’aprirsi del vasto ambito del possibile al di là della realtà apre nuove vie di ricerca e di riflessione, anche in contrasto con i dati e le credenze scontati.

A  La realtà perde la pesantezza della necessità e apre un arco molto ampio di possibilità.

B  Un arco infinito come l’onnipotenza divina. La realtà si presenta contingente, diventa ciò che tra le infinite possibilità di Dio si è realizzato per sua libera decisione.

A  Adesso capisco meglio il discorso che abbiamo fatto prima sulla necessità dell’essere: il necessario è ciò ch’è reale perché deve, perché non può non essere reale; il contingente è ciò ch’è reale perché può esserlo, ma la sua possibilità di essere è solo una tra le infinite possibilità.

B  L’assoluta, libera onnipotenza creativa di Dio rende leggero, contingente, totalmente dipendente dalla sua libera volontà il mondo reale. Così, anche l’orizzonte fisico aristotelico perde la sua pesante, determinante unicità, diventa ciò che dal possibile è passato alla realtà per libera decisione divina.

A  Pensata come libera realizzazione di una possibilità, la realtà permette di pensare ad altri mondi possibili. Vero?

B  Sì. E si fanno strada ipotesi sulla pluralità dei mondi, sull’esistenza del vuoto e sulla mobilità della terra.

A  Molto prima di Copernico, di Giordano Bruno, di Galileo e di Torricelli!

B  Sì. Nella condanna del 1277 c’è un articolo che proibisce di pensare che Dio non potesse fare più mondi, perché non si possono mettere limiti all’onnipotenza divina.

A  Sorprendentemente una condanna teologica apre, anziché chiudere, gli orizzonti di ricerca: un divieto apre vie nuove e più ampie!

B  E’ proprio così. Le vie della ricerca sono infinite!

A  E Duns Scoto?

B  In queste nuove prospettive di ricerca Duns Scoto elabora una posizione originale, ispirata non al respingimento del logos aristotelico ma alla sua accettazione integrale, senza i profondi correttivi di Tommaso d’Aquino e senza riconoscersi nelle posizioni dell’averroismo latino.

A  Una posizione del tutto nuova.

B  Sì. Egli non accetta l’accordo tomistico di fede e ragione, né la doppia verità, religiosa e filosofica, degli averroisti.

A  Ma, accettando integralmente il logos aristotelico, accetta anche la necessità dell’essere. Come la mette con l’onnipotenza divina?

B  Svincola la libera onnipotenza divina, oggetto della teologia, dalla necessità dell’essere, oggetto della metafisica.

A  Divide l’universo medievale, rompe la sua unità culturale.

B  Sì. Lo fa per fedeltà profonda a Francesco d’Assisi e ad Aristotele.

A  Difficile tenerli insieme!

B  Infatti, li tiene separati. Rompe il “tutto dell’universitas scientiarum” medievale: da una parte la scienza, dall’altra la fede. La teologia diventa una scienza sui generis, molto importante, la più importante, ma non scienza come le altre.

A  Fedele a Francesco d’Assisi nella fede e nella teologia, fedele ad Aristotele nella scienza.

B  Sì. La metafisica, la scienza per eccellenza, è, aristotelicamente, teoria, contemplazione di un ordine razionale necessario, la teologia è scienza pratica, guida del comportamento finalizzato alla salvezza dell’anima. La teologia si fonda sulla fede libera nella rivelazione libera di Dio e orienta l’amore verso Dio. Perde, insieme alla natura di scienza al pari delle altre, anche la sua posizione di preminenza e di dominio sulle altre, assegnata da Duns Scoto alla metafisica.

A  Duns Scoto non porta fuori strada l’Europa, né la spinge alla guerra santa, come sembra ammonire l’accostamento papale della sua concezione della divinità a quella islamica.

B  No. Non porta fuori strada l’Europa.

A  Indica, però, due diverse vie.

B  E sconcerta chi pensa ad un’unica e recta via.

A  Le due strade sono quella della ricerca teologica e quella della ricerca metafisica e scientifica, vero?

B  Sì.

A  Ma se sono diverse, separate e non convergenti, quale delle due porta alla verità?

B  Per il papa nessuna delle due. Per lui, infatti, la strada giusta è quella della sintesi di fede e ragione.

A  Duns Scoto propone, invece, la separazione netta, il divorzio, di fede cristiana, nella versione francescana, e di logos aristotelico.

B  Sì. Da una parte la teologia deellenizzata (cioè liberata dall’eredità greca) e pratica (cioè guida del comportamento ai fini della salvezza) dall’altra la scienza, ispirata all’ideale aristotelico del sapere fondato su principi universalmente evidenti e costituito dalle deduzioni che da questi si possono ricavare con necessità razionale.

A  Necessità razionale?

B  Certo! E’ il riflesso logico della necessità dell’essere: per pensare l’essere nella sua necessità il pensiero deve riprodurla con un percorso logico necessario, fatto di passi obbligati.

A  Ho capito! Come nelle rigorose dimostrazioni geometriche.

B  Sì. Quindi, da una parte certezze pratiche saldissime per chi le accetta liberamente per fede, dall’altra una teoria valida universalmente ma limitata nelle sue competenze dal suo stesso rigore dimostrativo.

A  Due verità diverse! Sapere sacro da una parte e sapere profano dall’altra.

B  Sì, due verità diverse, ma non in contraddizione, non incompatibili, avendo a che fare con realtà e finalità diverse.

A  Perché, allora, il papa è così contrario?

B  Perché questa separazione comporta l’autonomia della filosofia e della scienza che la Chiesa ha sempre combattuto, con armi non solo culturali.

A  Perché?

B  E’ in gioco la teocrazia culturale, nata ben prima di quella politica e della quale costituisce la premessa e il fondamento.

A  Teocrazia culturale?

B  Sì, il potere, il controllo sulla cultura.

A  Nata prima della teocrazia politica?

B  La teocrazia culturale cristiana è nata con Ambrogio vescovo di Milano e con Agostino nel quarto e nel quinto secolo. Si basa sull’idea della insufficienza della ragione e dei mezzi naturali: solo affidandosi alla fede e alla guida della Chiesa, l’uomo può avere una recta ratio e far buon uso della cultura profana, in vista della beatitudine eterna.

A  L’uomo, minorato dal peccato, è sempre minorenne e va guidato, anche nell’uso della ragione.

B  Soprattutto nell’uso della ragione!

A  Certo, l’uso autonomo della ragione dissolve ogni potere sulla cultura.

B  Il pericolo rappresentato, nel Duecento, dalle novità culturali e dall’arrivo di Aristotele per via islamica!

A  Ricordo: il nuovo Aristotele crea scompiglio e mette in crisi il potere della Chiesa sulla cultura universitaria.

B  Sì. E Bonaventura reagisce con forza fideistica e intransigente. Tommaso, invece, moderato, propone una relativa autonomia della filosofia, messa però a servizio della fede.

A  La soluzione che piace al papa: una relativa autonomia in un quadro complessivo di dipendenza!

B  Sì. Duns Scoto, invece, un francescano che nel 1303 viene allontanato dall’università di Parigi per non essersi schierato con il re di Francia nel suo conflitto con il papa Bonifacio VIII, un fraticello che non si oppone alla teocrazia politica, affonda quella culturale in omaggio alle diverse e separate ragioni della fede e della scienza.

A  Mi pare che il papa apprezzi molto la posizione di Duns Scoto nello scontro tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello.

B  E’ così. Approva molto l’obbedienza al papa teocrate. Nel suo discorso del 7 luglio 2010 dice: “Questo fatto ci invita a ricordare quante volte, nella storia della Chiesa, i credenti hanno incontrato ostilità e subito perfino persecuzioni a causa della loro fedeltà e della loro devozione a Cristo, alla Chiesa e al Papa”.

A  Se il suo predecessore, di cui lui era il braccio destro in teologia, l’ha fatto beato, questo Duns scoto deve pur avere dei meriti, anche se ha aperto un varco ai pericoli della modernità.

B  Pericoli contro i quali il papa mette in guardia anche nella recente lezione celebrativa su Duns Scoto. Infatti, scrive: “Duns Scoto ha sviluppato un punto a cui la modernità è molto sensibile. Si tratta del tema della libertà e del suo rapporto con la volontà e con l’intelletto. Il nostro autore sottolinea la libertà come qualità fondamentale della volontà, iniziando un’impostazione volontaristica, che si sviluppò in contrasto con il cosiddetto intellettualismo agostiniano e tomista”.

A  Anche qui parla di “intellettualismo agostiniano e tomista” come a Ratisbona.

B  Come se Agostino e Tommaso avessero dell’intelletto la stessa concezione. Lascerei però per un’altra volta la discussione su questa differenza.

A  D’accordo.

B  E’ però interessante la ragione per cui li mette insieme: “Per san Tommaso, che segue sant’Agostino, la libertà non può considerarsi una qualità innata della volontà, ma il frutto della collaborazione della volontà e dell’intelletto. Un’idea della libertà innata e assoluta collocata nella volontà che precede l’intelletto, sia in Dio che nell’uomo, rischia infatti, di condurre all’idea di un Dio che non sarebbe legato neppure alla verità e al bene”.

A  La volontà senza vincoli è pericolosa perfino in Dio, non solo nell’uomo! Anche la volontà deve essere recta, come la ragione?

B  Certo! E’ in ballo il magistero della Chiesa di cui il papa è il capo assoluto.

A  E il buon maestro che cosa fa? Insegna e corregge!

B  Bravo! Ma, seguiamo ancora il discorso del papa: “Il desiderio di salvare l’assoluta trascendenza e diversità di Dio con un’accentuazione così radicale e impenetrabile della sua volontà non tiene conto che il Dio che si è rivelato in Cristo è il Dio “logos”, che ha agito e agisce pieno d’amore verso di noi”.

A  Ecco il pericolo cui espone Duns Scoto.

B  Sì, però il papa parla con cautela. Sta celebrando un teologo appena fatto beato: non può condannarlo troppo apertamente.

A  Anche perché quella condanna coinvolgerebbe tutto il francescanesimo.

B  Bravo! Infatti continua: “Certamente, come afferma Duns Scoto nella linea della teologia francescana, l’amore supera la conoscenza ed è capace di percepire sempre di più del pensiero, ma è sempre l’amore del Dio “logos”.

A  Un colpo al cerchio e uno alla botte!

B  Sì. Primato dell’amore, come insegna san Francesco, ma amore del Dio – ragione, come insegna la scrittura in greco del vangelo.

A  San Francesco e Aristotele vanno tenuti insieme, come insegna Tommaso d’Aquino, non separati.

B  Sì. E aggiunge: “Anche nell’uomo l’idea di libertà assoluta, collocata nella volontà, dimenticando il nesso con la verità, ignora che la stessa libertà deve essere liberata dai limiti che le vengono dal peccato”.

A  Ci siamo! Siamo arrivati al fondamento di tutto il ragionamento papale: il peccato ha reso l’uomo incapace di reggersi da solo sulle sue forze.

B  E’ così. L’uomo, in colpa fin dalla nascita, deve lasciarsi guidare dal maestro divino.

A  Ma, questo è poco greco…

B  Dici bene. Nel mondo greco non c’è il peccato originale e gli dei greci non fanno rivelazioni registrate in libri sacri gestiti da una istituzione ecclesiastica gerarchica. Si limitano ad essere dei modelli morali. In Socrate, ad esempio, la divinità impone all’uomo la ricerca della verità e del bene, non gli offre la verità rivelata e non gli scrive le leggi.

A  Il logos greco va però preso nella sua parte migliore, non così come si presenta in Socrate, in Platone e in Aristotele, nudo e crudo, va, cioè, messo in armonia con la fede e al suo servizio.

B  E’ sempre questo il punto fondamentale.

A  Indiscutibile per il papa. Ma, continuando il nostro discorso, come la mettiamo con la libertà divina, che non possiamo certo pensare compromessa dal peccato?

B  Apri una questione molto interessante ma anche molto ampia. Dobbiamo lasciarla per un altro momento.

A  Altrimenti finiamo noi fuori strada.

B  Spiritoso! Ascolta, invece, che cosa aggiunge il papa: “Parlando ai seminaristi romani – l’anno scorso – ricordavo che «la libertà in tutti i tempi è stata il grande sogno dell’umanità, sin dagli inizi, ma particolarmente nell’epoca moderna». Però, proprio la storia moderna, oltre alla nostra esperienza quotidiana, ci insegna che la libertà è autentica, e aiuta alla costruzione veramente umana, solo quando è riconciliata con la verità. Se è sganciata dalla verità, la libertà diventa tragicamente principio di distruzione dell’armonia interiore della persona umana, fonte di prevaricazione dei più forti e dei violenti, e causa di sofferenze e di lutti. La libertà, come tutte le facoltà di cui l’uomo è dotato, cresce e si perfeziona, afferma Duns Scoto, quando l’uomo si apre a Dio, valorizzando quella disposizione all’ascolto della Sua voce, che egli chiama potentia oboedientialis: quando noi ci mettiamo in ascolto della Rivelazione divina, della Parola di Dio, per accoglierla …”

A  Non per discuterla.

B  Taci e ascolta: “…allora siamo raggiunti da un messaggio che riempie di luce e di speranza la nostra vita e siamo veramente liberi”.

A  Il papa riesce, così, a volgere tutto in positivo il pensiero di questo beato medievale, seguendo il quale l’Europa moderna si è invece persa.

B  Sì. Infatti, in Duns Scoto, l’autonomia della ragione aristotelica aveva nella fede un antidoto di sicura efficacia salvifica.

A  Maestro di razionalità autonoma e di libertà, ma, anche, di obbedienza assoluta.

B  Sì. Obbedienza anche al papa teocrate Bonifacio VIII.

A  L’Europa moderna si è persa perché non l’ha seguito nell’obbedienza al papa!

B  Ha, invece, seguito anche altri maestri, come l’altro teologo e filosofo francescano, Guglielmo di Occam, che pochi decenni dopo, non solo propone anche lui la netta separazione di sapere sacro e sapere profano, ma arriva a schierarsi apertamente contro la teocrazia politica.

A  Veramente un cattivo maestro!

B  Infatti, non l’hanno fatto santo quasi subito, come Tommaso, e neppure beato con ritardo di molti secoli, come Duns Scoto.


[1] Sul pensiero di questo papa sull’illuminismo rimando al mio L’Illuminismo di Benedetto XVI, alle pagg. 385-89 del mio Viaggio nella filosofia europea, Ed. Alpina, Torino 2006.

[2] Teologo islamico precedentemente citato dal papa come esempio estremo di volontarismo irrazionalistico: “Si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l’uomo dovrebbe praticare anche l’idolatria”. 

[3] Di questa riforma ho scritto nel n. 3 dei “Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino”, Da Plotino a Tommaso d’Aquino, Torino 2010, a partire da pag. 110.

[4] Ho presentato  la sostanza aristotelica alle pagg. 145 e 146 del n. 1 dei “Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino”, La filosofia greca, Torino 2009.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2010-11 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)

Testi di Duns Scoto Giovanni

Testi su Duns Scoto


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015