NIETZSCHE ANTI-FILOSOFO NELL’INTERPRETAZIONE DI GIORGIO COLLI
tesi di laurea in storia della filosofia contemporanea
di Marco Svevo


INTRODUZIONE

Res est magna tacere [1]

Prima che "scoprissi" la riflessione di Giorgio Colli su Nietzsche, mi ero (più o meno autonomamente) costruito una mia personale "interpretazione" del filosofo di Röcken. Tale interpretazione comprendeva alcune considerazioni su aspetti del pensiero di Nietzsche che mi interessavano particolarmente [2] , aspetti che ho poi ritrovato affrontati nei testi di Colli quasi con lo stesso mio approccio interpretativo (tanto che a volte mi capitava di leggere nei libri di Giorgio Colli ciò che io avevo soltanto pensato. Così è capitato che i “miei pensieri su Nietzsche” coincidessero quasi perfettamente con quelli di Colli anche nella terminologia. Da tale strana coincidenza è nata l'idea per la tesi, che si basa su principi metodologici, o, meglio, su punti di riferimento comuni e che posso anticipare e riassumere con uno dei “chiodi fissi” dell’interpretazione di Nietzsche di  Giorgio Colli, e cioè che Nietzsche non ha bisogno di interpreti [3] ; naturalmente ci sono anche altre  “considerazioni” [4]   su Nietzsche, che si trovano sparse (disordinatamente) ne La ragione errabonda e nel IV capitolo (“Morte della filosofia” ) di Dopo Nietzsche, che terrò presenti in questo mio lavoro.

Dopo essermi fatto un'idea di come la pensasse Colli su Nietzsche, ho scoperto, ancora una volta casualmente, il libro di Sossio Giametta, Nietzsche e i suoi interpreti, dove trovai una minuziosa analisi del rapporto Colli/Nietzsche: e ancora una volta stava  scritto su carta ciò che ero andato maturando da solo, man mano che approfondivo l'analisi dell'interpretazione colliana della filosofia di Nietzsche. In particolare mi colpì quanto sostenuto da Giametta,  sulla “atipicità”, sulla “anomalia” di Nietzsche come filosofo, il che mi portò ad approfondire ulteriormente l’interpretazione di Colli.

Quest’ultimo punto necessita di un'integrazione: parlare infatti di filosofo anomalo o dire  che Nietzsche non è un filosofo è fuorviante oltre che inutile, se prima non si cerca di mettersi d’accordo su che cosa significhi questo termine [5] ; per fare ciò conviene appoggiarsi, ancora una volta, a quanto scritto da Colli:

“Nietzsche è filosofo più di ogni altro filosofo moderno, se per filosofia s’intende una concezione totale della vita, più intuitiva che logica, che si oppone ad ogni limitazione e ad ogni compromesso pratico. Come rigore e approfondimento di una ricerca logico-razionale (è questo che viene inteso per filosofia nel mondo moderno) Nietzsche non è un filosofo.”, (La ragione errabonda, p. 93).

Tornando al percorso che mi ha condotto a questo lavoro, il cui punto di partenza  e d'arrivo ideale è e rimane Nietzsche, Colli rappresenta un primo approdo; mi spiego: avendo una passione per un filosofo, è naturale cercare di approfondirlo. Ma nella mia ricerca ero sempre rimasto insoddisfatto delle interpretazioni date di Nietzsche che avevo letto consultato,studiato ecc., cosicché ho continuato a cercare fino a scoprire quella di Colli, è stato come una rivelazione e una liberazione,perché finalmente “sentivo” che qualcuno aveva colto nel segno; da Colli a Giametta, successivamente il passo è stato breve, in quanto , una volta capito che Colli era l'Interprete, era logico cercare un approfondimento: e tale approfondimento poteva darsi solo a partire da  chi avesse studiato Colli e Nietzsche.

Nietzsche dunque è il perno di questa tesi, ed è in relazione a Nietzsche che ritengo fondamentale tener sempre presenti alcuni punti  (o spunti se si vuole) essenziali  per poter arrivare a comprenderlo, o meglio, per chiarire come io l'ho compreso (pur nella consapevolezza “colliana” che egli non può essere compreso); tali spunti  (o tracce, per rendere tributo al corrente filosofese) sono:

1.     la necessità di sfatare quei luoghi comuni per i quali Nietzsche sarebbe di volta in volta: il filosofo della volontà di potenza, il maestro dell’eterno ritorno,  il nunzio del superuomo e del nichilismo, il trasvalutatore di tutti i valori , o tutte queste cose insieme; volontà di potenza, eterno ritorno, superuomo, nichilismo, trasvalutazione di tutti i valori, potrebbe non essere altro che flatus vocis, nient’altro che maschere [6] ;

2.     ”mihi ipsi scripsi”, motto che si addice perfettamente al “caso Nietzsche” e che rimanda al “così mi racconto la mia vita” dello Ecce homo, e al “non bado più ai lettori (...) ma annoto me stesso” dei frammenti postumi (9 [188]) [7] ; si tratta, detto in breve, della necessità di riconoscere la forte impronta letteraria delle opere di Nietzsche [8] ;

3.     il fatto che Nietzsche non abbia mai “partorito” un’opera filosofica sistematica [9] , e che al contrario,  proprio il progetto  di un’opera sistematica (La volontà di potenza), ripreso e abbandonato più volte da Nietzsche, sia stato, da ultimo, definitivamente accantonato;

4.     il fatto (si tratta di un asso-dato biografico in definitiva) che gli anni più fecondi della vita di Nietzsche non comprendono lo studio sistematico della filosofia [10] ;

5.     il ruolo della musica, tema spesso lasciato in disparte o comunque sottovalutato dai “grandi interpreti di Nietzsche” [11] ;

6.     la sfiducia nei confronti dell’intelletto, della razionalità, degli elementi logici che nell’uomo moderno hanno raggiunto il loro apogeo ; sfiducia  che ha la sua controparte nella rivalutazione dell’elemento istintuale  e della corporalità [12] ; ciò non significa che Nietzsche pretenda di cancellare l’elemento razionale (l'apollineo) ,vuol dire farlo interagire armonicamente con la sfera “irrazional-istintuale” ( il dionisiaco);   in altre parole alla figura del filosofo Nietzsche contrappone quella del saggio (dove per saggio è da intendere l’uomo pienamente realizzato, l’uomo di “buon carattere” [13] );

7.     Nietzsche non fu un filosofo ; lo diventò suo malgrado: ne fecero un filosofo a posteriori :  Nietzsche stesso sembra preconizzare tale destino ne L’anticristo , quando scrive “C’è chi viene al mondo, postumo”, e in Ecce homo ,  “ ci sono uomini che nascono postumi”. 

C’è poi il problema FILOSOFIA: in Nietzsche questo termine ha un doppio significato; da un lato esso indica la storia della metafisica occidentale ( per usare la nota espressione heideggeriana) e in questo senso la filosofia è sottoposta ad una critica corrosiva condotta in nome  della vita tout court; dall’altro,  la filosofia in quanto lascito del suo pensiero, e cioè. accettazione incondizionata della vita che nel lessico nietzschiano viene chiamata di volta in volta amor fati, saggezza tragica, filosofia di Dioniso ecc.; quindi riassumendo una filosofia che tutto nega da una parte e una filosofia che tutto abbraccia dall’altra.

Questa duplicità di significato, ad ogni modo, ricorre spesso nelle opere di Nietzsche (nei contesto più disparati), rendendo così complicata la lettura e facilitando fraintendimenti e travisamenti [14] .

La “tesi” che vorrei cercare di (di)mostrare può essere riassunta così: vedere se per Colli  Nietzsche rientra nell’ambito della filosofia tout court, del sapere filosofico lato sensu o se invece non gli si debba riconoscere una diversa “cittadinanza”; o se, infine, non sia possibile fare né l’una né l’altra cosa: se cioè Nietzsche rimanga, e debba rimanere, un'incognita, un “inattingibile”: il “signor Nietzsche” è stato (ed è tuttora) etichettato di volta in volta come filosofo, poeta, moralista\immoralista), polemista, libellista, letterato, ed altro ancora; tuttavia rimane il sospetto che egli, rispetto a tutte le definizioni che hanno cercato di “immobilizzarlo”, rimanga inesauribile, inavvicinabile, indefinibile, anche qualora si faccia a ricorso a formule negative (e perciò più sfumate) come, ad esempio, non-filosofo.

Ora, il modo più fruttuoso di procedere va fondato sul chiarimento di che cosa  intenda Nietzsche stesso per filosofia e quale sia la sua posizione nei confronti di essa e di verificare se Nietzsche comprendesse se stesso come filosofo, e se sì, stabilire che tipo di filosofo pensasse di essere.

Il mio compito, dunque, sarebbe (sarà?) quello di mostrare la presunta a-filosoficità (per il momento dico così), o come dice Giametta la “anomalia [15]  di Nietzsche come pensatore”.

Per mettere in rilievo la  poca importanza che ebbe la filosofia per Nietzsche, al di là di rimandi meramente testuali, ci sono altri modi indicati da Colli: egli si basa, ad esempio, su alcuni dati biografici, come il decennio dedicato all’insegnamento della filologia classica, la preponderanza, nei primi anni, dell’interesse per la musica e la poesia, l’amore per l’antichità classica ecc..

Altri spunti interessanti (alcuni dei quali sono ricalcati, tra l’altro, su quelli di Colli) li offre Giametta nel  libro Nietzsche e i suoi interpreti, dove ad esempio viene rimarcato come l’originalità di Nietzsche in qualità di pensatore sia di molto diminuita qualora si mettano in rilievo i debiti nei confronti di Schopenhauer (del quale il giovane Nietzsche aveva letto l’opera fondamentale nel 1865, rimanendone fortemente colpito [16] ).

Lo stesso vale anche per altri filosofi  (e non solo filosofi) “saccheggiati da Nietzsche”, (per usare una colorita espressione di  Anacleto Verrecchia, cfr. La catastrofe di Nietzsche a Torino); è il caso di Spinoza, per citarne uno.

Sossio Giametta è uno di quegli interpreti che hanno appassionatamente sostenuto la afilosoficità di Nietzsche, proponendo una interpretazione della sua opera che rende ragione delle sue indubitabili doti di poeta e moralista. Tuttavia, per quanto il suo lavoro sia apprezzabile, credo che l’ultima parola su Nietzsche spetti a Colli, anche se, va ripetuto ancora una volta, qualcosa come “l’ultima parola su Nietzsche” non esiste [17] .


[1]  Marziale, IV, 80, 6 (motto citato da Nietzsche).

[2]  Aspetti che verranno fuori più avanti.

[3]  “Non ha senso parlare di Nietzsche perché è meglio quello che ha detto lui stesso”. Che l'affermazione di Colli suoni paradossale è un fatto sul quale non si può e non si deve sorvolare tanto facilmente.

[4] Tali considerazioni riguardano, ad esempio, la mancanza, in Nietzsche, di "una disciplina filosofica istituzionale" ( Dopo Nietzsche, p.189 ) e di originalità filosofica ,il non aver affrontato il problema della razionalità, il carattere particolare della sua scrittura ecc..

[5] Un altro problema, invece, è cercare di stabilire che cosa significasse per Nietzsche.

[6]  Il tema della maschera è stato molto discusso dalla critica (cfr. Vattimo, 1974); forse sarebbe ora di cominciare a parlare di mascherata (e di mascherata filosofica), si pensi alla percezione che Nietzsche aveva di sé (percezione che si fece sempre più forte verso la fine della sua vita) come pagliaccio, buffone dell’eternità, epiteti che peraltro spettano anche al personaggio di Zarathustra. Se si ha da parlare di genio, più o meno filosofico, in relazione a Nietzsche, ebbene di genio clownesco si tratta.

[7]  “Io scrivo per me stesso: che senso avrebbe mai lo scrivere in quest’epoca logora a forza di scrittura? ben poco...”, frammento risalente all’estate del 1883 (cfr. Opere, vol. VII, tomo I, parte I) tanto più interessante se lo si confronta con quest’altro (7[107]): “ (...) i filosofi : essi vogliono che il loro gusto domini nel mondo -per questo insegnano e SCRIVONO.”

[8] Anche se il confine che separa letteratura e filosofia tende ad essere sempre più sfumato.

[9]  Fatta eccezione per Genealogia della morale , che però non è propriamente un’opera filosofica.

[10] Bensì quello della filologia ; tuttavia i primi “esercizi filosofici” risalgono già al 1860: "La prima traccia di riflessione filosofica che io possa accertare, dando uno sguardo alla mia vita, la incontro in un piccolo scritto del mio tredicesimo anno di età (...).",frammento postumo giugno-luglio 1885, v. F.W.Nietzsche, Opere, vol. VII, tomo III, p. 299.

[11]  “Si è mai notato che la musica rende libero lo spirito? (...) e che si diventa tanto più filosofi quanto più si è musicisti?” ,Il caso Wagner, p. 8; per una trattazione dell’importanza dell’elemento musicale in Nietzsche, cfr. C.P. Janz, Vita di Nietzsche . Janz , ad es., parla della musica come della “ sua più forte inclinazione” e “sua passione innata” , (v. C.P. Janz, Vita di Nietzsche, vol. I, p.40 , p.43, pp. 58-59)

[12] “Il corpo come filosofo” annota Nietzsche nei frammenti postumi 1882-1884, cfr. Opere, vol. VII, tomo I, parte I, p.212;cfr. anche il capitolo dello Zarathustra intitolato, "Dei dispregiatori del corpo".

[13]  Cfr. G. Vattimo “L’ideale di Nietzsche non è l’uomo naturalistico o barbarico, ma l’uomo che sopporta e adopera l’intelletto, senza esserne guastato.”, Al di là del soggetto ,pp. 27-50; (cfr. anche Colli per il tema filosofia/sapienza, La ragione errabonda, p.85). Questo passo è illuminante ,tra le altre cose, per chiarire e per smentire (in modo definitivo?) le accuse indiscriminate, di irrazionalismo rivolte da certa critica (Lukács, ad es.) contro Nietzsche.

[14]  Secondo alcuni autori (Janz in primis) tale duplicità sarebbe il riflesso di una più profonda “doppiezza esistenziale”,per usare l'espressione di Janz.

[15]  Anomalia peraltro già rilevata da autori come Löwith, J.P. Stern (A Study of Nietzsche ,Cambridge ,1979) , Rickert, Fink, come non manca di osservare lo stesso Giametta.

[16]  Anche se Nietzsche ritrattò piuttosto rapidamente la propria “fede schopenhaueriana”, come si sa; se ne riparlerà più avanti.

[17]  Di parere opposto Mazzino Montinari, cfr.S. Barbera- G. Campioni, Giorgio Colli , p.16.

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Aggiornamento: 26/04/2015