STORIA ROMANA


Ottaviano: la congiura del 22 a.C.

L'apoteosi di Augusto

A sorpresa, il 26 giugno del 23 a.C. Ottaviano depose la sua alta carica di console per tornare a vita privata, dopo otto anni di carriera prestigiosa in cui aveva distrutto l'astro nascente, Antonio, e si era impadronito dei poteri civili e militari diventando il principe.

Al fine di dimostrare le sue buone intenzioni nei confronti del senato e della repubblica, scelse addirittura un sostituito ad hoc: Lucio Sestio, un entusiasta seguace del cesaricida Bruto.

In realtà tutto questo era solo una messinscena ben studiata, il cui scopo era quello non di diminuire ma piuttosto di aumentare i propri poteri.

E infatti per la seconda volta, dopo il 27 a.C., il senato gli conferì poteri tali da poter governare come un vero e proprio monarca: anzitutto, pur non essendo un tribuno della plebe (carica che un patrizio non poteva detenere) ne aveva ugualmente i medesimi poteri; in secondo luogo il senato gli consentiva di portare dinanzi alla curia qualsiasi mozione; in terzo luogo l'imperio pro-consolare, che aveva detenuto per dieci anni, fu trasformato in maius e a tempo indeterminato (il che in sostanza voleva dire che il principe poteva governare anche sulle province affidate ad altri proconsoli e poteva disporre di tutte le legioni dell'impero).

Ma come poteva Ottaviano essere sicuro di questo incredibile successo? Il motivo è relativamente semplice: nel 28 a.C. egli aveva provveduto a epurare il senato di tutti gli elementi che avrebbero potuto ostacolarlo, sfruttando il pretesto del sovrannumero e soprattutto della immoralità di diversi senatori.

Lo appoggiarono nettamente tutti i seguaci di Antonio, di Bruto e di Cassio volutamente risparmiati da lui; la consistente maggioranza dei cesariani; la classe dei cavalieri; i figli dei liberti, che già sotto Cesare avevano avuto la possibilità di migliorare il loro status sociale.

Ottaviano aveva designato come suo successore il nipote e figlio adottivo Claudio Marcello, figlio di Ottavia, sorella dello stesso Ottaviano. Nel 24 a.C. lo aveva già nominato pontefice e gli aveva dato il diritto di sedere in senato tra i pretori, dopodiché sarebbe dovuto diventare edile e console dieci anni prima dell'età richiesta.

Tale cumulo di onori era in contrasto con l'iter regolare di un cittadino non raccomandato, che poteva diventare questore a 25 anni, pretore a 30 e console a 35. Un nepotismo così smaccato sacrificava le libere elezioni dei magistrati che avvenivano nelle assemblee popolari. E' probabile che proprio a queste ragioni si colleghi l'improvvisa morte di Marcello alla fine del 23 a.C.

Non a caso i nemici di Augusto pensarono che quello fosse il momento opportuno per eliminare anche lui e restaurare realmente la repubblica.

La congiura del 22 a.C. però fu sventata da un delatore di nome Castricio, liberto di Augusto, che fece i nomi di Fannio Cepione e Lucio Terenzio Varrone Licinio Murena, entrambi con un albero genealogico di tutto rispetto.

Essi erano i rappresentanti dell'aristocrazia, cioè di quella classe che Augusto stava sempre più allontanando dall'amministrazione statale.

Il ruolo della nobiltà era irreversibilmente in declino perché non esistevano più continue guerre in cui si potevano accumulare grandi fortune in terre e schiavi. Diminuivano le occasioni di assumere comandi militari importanti, giacché questi venivano assegnati generalmente a parenti di Augusto o a persone di particolare fiducia.

Gli uomini nuovi erano da tempo diventati i "cavalieri", cioè la classe imprenditoriale, commerciale, la borghesia di allora, nonché i liberti dotati di capacità intellettuali, organizzative, manageriali...

Condannati in contumacia da un regolare processo alla pena capitale, Cepione e Murena furono trovati e giustiziati sul posto. Infatti dovere del magistrato e anche di un cittadino privato era quello di eseguire ovunque si trovasse la sentenza emessa, a eccezione dei casi in cui i condannati risiedessero già in un altro Stato e avessero preso un'altra cittadinanza: in questo caso il loro status era quello di esiliati e non potevano far ritorno in patria.

L'accoglienza nelle città scelte per l'esilio (anticamente erano alcune città del Lazio) dava all'esule il diritto di prenderne la cittadinanza, rinunciando però a quella romana. Poiché in seguito alla guerra sociale del 90 a.C. la cittadinanza era stata estesa a tutte le città italiche e tutta l'Italia era diventata ager romanus, i condannati a morte non avevano altra possibilità che andare in Gallia, in Grecia o in Asia.

Astutamente Ottaviano fece in modo di affrettare il più possibile il processo, in modo di assicurarsi che l'eliminazione dei congiurati avvenisse sul territorio italico.


L'impero romano
Il principato di Augusto
Ottaviano
Vedi la scheda su Livia Drusilla Claudia
Enrico Galavotti

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014