LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


STRUTTURA ECONOMICO-SOCIALE DEGLI STATI ELLENISTICI

LA DECADENZA DEL MONDO ELLENISTICO. ROMA. BISANZIO

Introduzione - Le esigenze degli Stati ellenistici - Sviluppi imprenditoriali e commerciali del mondo greco ed ellenistico - Caratteri dell'ellenismo nelle regioni asiatiche - L'affermazione dell'economia occidentale in Asia, la nascita di un'economia "mista" - Introiti statali ed economia ellenistica - Conclusioni sintetiche - Gli Stati ellenistici occidentali - Il mondo egeo e mediterraneo: Grecia e Rodi - I nuovi centri di potere del Mediterraneo orientale: Rodi - La dominazione romana dell'Oriente - La rinascita dell'Oriente e il declino dell'Impero romano occidentale - Conclusioni sintetiche e bibliografia

Abbiamo affrontato fin qui il tema degli stati ellenistici in un'ottica astratta e, per così dire, astorica, vedendoli cioè come entità stabili, seppure caratterizzate da rapporti sempre alquanto precari, e dotate di caratteri comuni e costanti nel tempo, oltre che da elementi di profonda diversità storica e culturale. Ora - al contrario - vogliamo soffermarci sull'evoluzione del mondo ellenistico nel periodo della conquista romana, ovvero nella sua fase di declino, e in particolare su quelle che furono le cause profonde di tale tendenza.

Tenteremo perciò, molto sommariamente, di descrivere: a) i fattori di debolezza (tanto interni quanto esterni) degli stati ellenistici; b) i fattori di forza rispetto a essi della vicina potenza romana, che tale sistema di stati avrebbe prima scardinato, e poi ricompreso (quantomeno per ciò che riguarda le zone occidentali… la conquista romana difatti si sarebbe spinta al massimo, sotto Traiano, fino alle regioni mesopotamiche) nei propri territori e nelle proprie zone d'influenza.

Marsia (Musei Capitolini)

Alcuni cenni verranno fatti poi in merito a quella che fu la situazione del "mondo ellenistico" (se così lo vogliamo ancora chiamare) durante la dominazione romana occidentale e, più in generale, nel periodo imperiale. In particolare, ci soffermeremo sulle modalità dello sfruttamento economico perpetrato dalle regioni imperiali d'occidente ai danni di quelle d'oriente, e sulle ragioni del successivo e graduale ribaltamento dei rapporti di forza tra esse vigenti.

Le ragioni della crisi e della conquista romana

Iniziamo dai fattori di debolezza interna, ovvero di divisione sociale. Per quanto riguarda tali fattori (che furono poi, con ogni probabilità, altrettanto importanti e decisivi rispetto a quelli esterni, di natura politica e militare) possiamo dire che radice ultima di essi fu una forte - nonché, col tempo, sempre più marcata - sperequazione tra classi benestanti e classi povere.

Le prime difatti, tanto quelle legate allo stato, ovvero all'enorme macchina amministrativa e militare, quanto quelle legate alle attività produttive e imprenditoriali (quindi borghesi) finirono progressivamente per rappresentare una sempre più ristretta ed esclusiva "élite del benessere", i cui interessi erano peraltro strettamente interconnessi. Ad essa si contrapponeva la massa dei lavoratori tipicamente asiatici, sempre più sfruttati e vessati dai tributi in ragione delle smisurate esigenze di una corte capace di sperperare i propri fondi nel lusso, ma anche di impiegarli nell'edificazione di opere pubbliche (in gran parte legate al potenziamento della rete viaria e dei trasporti, all'agricoltura, all'edilizia, ecc.) o infine in attività belliche (ad esempio, la progettazione e costruzione di ingegnosi strumenti d'assedio).

E come in Grecia si verificarono spesso sommosse dei contadini affamati, ansiosi - più o meno come al tempo di Solone - di ottenere una ridistribuzione delle terre e una (almeno parziale) remissione dei debiti, così nei territori asiatici e più in generale nei grandi Regni ellenistici, frequenti furono gli episodi di insurrezione popolare contro quelle ristrette élite di potere la cui ricchezza derivava da uno sfruttamento sempre più intensivo del loro stesso lavoro!

Fu dunque la struttura elitaria e marginale della nuova organizzazione economica, il più grande limite - almeno sul piano sociale - del mondo ellenistico. In mancanza difatti di strumenti tecnici atti a creare un benessere diffuso, la maggiore ricchezza prodotta rimaneva pur sempre un privilegio di pochi [1], così come d'altra parte il prezzo di una simile organizzazione era, più ancora che nelle moderne società capitalistiche, lo sfruttamento selvaggio e pressoché indiscriminato della maggior parte della popolazione.

L'altro - e senza dubbio più evidente - fattore di debolezza della compagine ellenistica, almeno nei confronti dell'Impero romano (e, verso est, della nascente potenza partica) fu il costante stato di divisione a livello politico e di conflitto sul piano militare.

Inevitabilmente difatti, i Greci (e i Macedoni, loro "discepoli"…) avevano esportato in Asia non soltanto le proprie innovazioni tecniche e la propria originale concezione della vita sociale ed economica, ma anche i propri endemici difetti, ovvero in sostanza: l'incapacità a costituire un centro di potere forte, l'ostinazione nell'individualismo e nella ricerca del prestigio personale (quella che Burckhardt definì la cultura greca dell'"agòn", cioè della lotta e della competizione), e - conseguenza di tutto ciò - il sempre riemergente istinto verso l'anarchia politica. Essi avevano insomma in qualche modo ricreato - in grande - la situazione che già aveva caratterizzato il mondo ellenico (soprattutto classico) dai suoi esordi fino al IV secolo.

E come Filippo II aveva saputo approfittare dell'endemica divisione delle poleis del mondo tardo-classico (IV secolo) per realizzare i propri disegni di conquista, altrettanto avrebbero saputo fare i Romani a spese della complessa e variegata compagine degli stati ellenistici. La monolitica organizzazione sociale e militare di questi ultimi, non incontrò infatti grandi difficoltà nel realizzare la propria opera di penetrazione e occupazione del mondo ellenistico più occidentale, che portò avanti in sostanza - similmente a quanto già aveva fatto Filippo II con le poleis greche - attraverso l'alleanza con alcuni stati ai danni apparentemente dei loro vicini: il che significa, in realtà, attraverso un'opera di assistenza e di tutela che presto assumeva i caratteri di un vero e proprio dominio militare.

Nonostante poi le parziali somiglianze tra mondo ellenistico e mondo romano-italico (laddove, ad esempio, anche quest'ultimo stava sviluppando, in gran parte attraverso un vasto e complesso sistema di appalti pubblici, una potente classe imprenditoriale di carattere privato: quella dei cavalieri o equites), dovute non in ultimo anche alla secolare influenza esercitata dalla civiltà greca sulle regioni occidentali limitrofe, vi erano tra tali realtà anche delle profonde differenze, di carattere soprattutto politico e militare.

Alla proverbiale disunione del mondo ellenistico difatti, faceva da contraltare - come già si è accennato - la ben maggiore coesione del nascente impero romano, nel quale si era ormai da tempo realizzata un'implicita alleanza tra le classi inferiori (la plebe) e quelle superiori (la nobiltà o il patriziato, e la classe dei cavalieri) in funzione imperialista, oltre che tra le oligarchie degli stati conquistati (soprattutto di quelli di più antiche tradizioni: ellenici e cartaginesi) e le classi dirigenti romano-italiche (che tendevano a ricomprendere le prime nei ranghi della propria nobiltà senatoria, con la conseguente condivisione sia dei privilegi che degli oneri connessi a tale status).

Se a ciò si aggiunge la conquista e la sottomissione di territori fino ad allora rimasti pressoché fermi a uno stadio di organizzazione primitivo (tribale), quali quelli della Gallia o dell'entroterra ispanico, il cui debole tessuto sociale i romani avevano avuto facilità a spazzare via e le cui popolazioni avevano assoggettato al proprio comando, si può facilmente intuire la profonda differenza esistente tra l'enorme ed efficiente macchina politica e militare di questi ultimi (che andava inoltre sviluppando da tempo un efficace sistema giuridico: il "diritto romano", prodigioso strumento di controllo e di organizzazione interna) e quella, estremamente caotica e slegata, del vicino mondo ellenistico.

Proprio in una tale diversità di fondo, ci è dato di scorgere le ragioni e i presupposti della graduale conquista - a partire soprattutto dal II secolo, in particolare con la distruzione di Corinto e con lo scioglimento della "Lega Achea" nel 146 a.C. - dell'Oriente ellenistico da parte delle nascenti forze imperialiste romane e occidentali.


[1] Ma le ragioni di una tale disparità non risiedettero soltanto nei limiti delle tecniche produttive dell'epoca, bensì anche - come giustamente fa notare Pierre Lévêque, a proposito dell'Egitto - nel fatto che "i Lagidi non vollero mai capire che aumentando i salari e spremendo di meno gli abitanti della campagne avrebbero favorito il potere d'acquisto e il commercio interno. La corrente è a senso unico: i battelli discendono il Nilo carichi di grano, stoffe, papiri; lo risalgono vuoti. La chora [cioè la campagna, n.d.r.] non partecipa per nulla all'agio, ai profitti, all'umanesimo del mondo greco." (torna su)


a cura di Adriano Torricelli

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 01/05/2015