LE RICETTE DELL'ARTUSI

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO
INDICE 55 TORTELLI
56 ZUPPA DI PURÈ DI PISELLI DI MAGRO
57 ZUPPA DI FAGIUOLI
58 ZUPPA TOSCANA DI MAGRO ALLA CONTADINA
59 FARINATA GIALLA DI MAGRO
60 SEMOLINO DI MAGRO
61 ZUPPA DI LENTICCHIE
62 ZUPPA DI MAGRO COLLE TELLINE
63 SPAGHETTI CON LE TELLINE
64 ZUPPA DI RANOCCHI
65 ZUPPA COL BRODO DI MUGGINE
66 ZUPPA ALLA CERTOSINA
67 PASTINE O CAPELLINI SUL BRODO DI OMBRINA
68 ZUPPA DI PURÈ DI PISELLI SECCHI
69 TAGLIATELLE COL PROSCIUTTO
70 TAGLIATELLE VERDI
71 TAGLIATELLE ALL'USO DI ROMAGNA
72 RISOTTO COLLE TELLINE
73 RISOTTO COLLE TINCHE
74 RISOTTO NERO COLLE SEPPIE ALLA FIORENTINA
75 RISOTTO COI PISELLI
76 RISOTTO COI FUNGHI
77 RISOTTO COI POMODORI
78 RISOTTO ALLA MILANESE I
79 RISOTTO ALLA MILANESE II
80 RISOTTO ALLA MILANESE III
81 RISOTTO COI RANOCCHI
82 RISOTTO COI GAMBERI
83 RISOTTO COL BRODO DI PESCE
84 MACCHERONI ALLA FRANCESE
85 MACCHERONI ALLA NAPOLETANA
86 MACCHERONI ALLA NAPOLETANA
87 MACCHERONI ALLA BOLOGNESE
88 MACCHERONI CON LE SARDE ALLA SICILIANA
89 GNOCCHI DI PATATE
90 GNOCCHI DI FARINA GIALLA
91 PAPPARDELLE ALL'ARETINA
92 PASTE ALLA CACCIATORA
93 PASTE CON LE ARZAVOLE
94 PAPPARDELLE COL SUGO DI CONIGLIO
95 PAPPARDELLE COLLA LEPRE I
96 PAPPARDELLE COLLA LEPRE II
97 RAVIOLI
98 RAVIOLI ALL'USO DI ROMAGNA
99 RAVIOLI ALLA GENOVESE
100 SPAGHETTI COLLE ACCIUGHE
101 SPAGHETTI COI NASELLI
102 SPAGHETTI COL SUGO DI SEPPIE
103 SPAGHETTI DA QUARESIMA
104 SPAGHETTI ALLA RUSTICA
105 SPAGHETTI COI PISELLI
106 SPAGHETTI CON LA BALSAMELLA
107 MINESTRA DI ERBE PASSATE

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TORTELLI Ricotta o raviggiolo, oppure l'una e l'altro uniti, grammi200.
Parmigiano, grammi 40.
Uova intere n.1 e un rosso.
Odore di noce moscata e di spezie.
Un pizzico di sale.
Un po' di prezzemolo tritato.

Si chiudono in una sfoglia fatta come quella dei cappelletti e tagliata con un disco rotondo alquanto più grande. Io mi servo del disco n. 195. Si possono lasciare colla prima piegatura a mezza luna, ma è da preferirsi la forma dei cappelletti. Si cuociono nell'acqua salata a sufficienza, si levano asciutti e si condiscono a cacio e burro.
Con questa dose ne otterrete 24 o 25 e possono bastare, essendo grandi, per tre persone.

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ZUPPA DI PURÈ DI PISELLI DI MAGRO Piselli freschi sgranati, grammi 400.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Burro, grammi 40.
Una cipolla novellina non più grossa di un uovo.
Una piccola carota.
Un pizzico tra prezzemolo, sedano e qualche foglia di basilico.

Tritate fine il prosciutto con un coltello e fate un battuto con questo e con gli altri ingredienti. Mettetelo al fuoco col burro, poco sale e una presa di pepe. Allorché sarà rosolato versate l'acqua che giudicherete sufficiente per bagnare la zuppa e quando essa avrà alzato il bollore gettate giù i piselli per cuocerli insieme con due fette di pane fritte nel burro; poi passate ogni cosa per istaccio.
Ottenuto in questo modo un purè per sei persone, bagnate col medesimo il pane che avrete già messo in pronto come nei purè di grasso.

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ZUPPA DI FAGIUOLI Si dice, e a ragione, che i fagioli sono la carne del povero, e infatti quando l'operaio frugandosi in tasca, vede con occhio malinconico che non arriva a comprare un pezzo di carne bastante per fare una buona minestra alla famigliola, trova nei fagioli un alimento sano, nutriente e di poca spesa. C'è di più; i fagioli restano molto in corpo, quetano per un pezzo gli stimoli della fame; ma... anche qui c'è un ma, come ce ne sono tanti nelle cose del mondo, e già mi avete capito. Per ripararvi, in parte, scegliete fagioli di buccia fine o passateli; quelli dall'occhio hanno meno degli altri questo peccato.
Per rendere poi la zuppa di fagioli più grata al gusto e più saporita, dato che debba essere una quantità sufficiente a quattro o cinque persone, fatele un soffritto in questa proporzione: prendete un quarto di cipolla, uno spicchio d'aglio, un pizzico di prezzemolo e un bel pezzo di sedano bianco. Tritate finissimi questi odori colla lunetta e metteteli al fuoco con olio a buona misura; siate generosi a pepe. Quando il soffritto avrà preso colore, unitevi due ramaioli della broda dei fagioli, aggiungete un poco di sugo di pomodoro o di conserva, fateli alzare il bollore e versatelo nella pentola de' fagioli.
Per chi aggradisce nella zuppa un poco d'erbaggio può mettete in questa il cavolo nero, prima lessato e fatto bollire alquanto nel liquido del soffritto suddetto. Ora non resta che bagnare il pane, già preparato avanti con fette arrostite, grosse un dito e poi tagliate a dadi.

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ZUPPA TOSCANA DI MAGRO ALLA CONTADINA Questa zuppa che, per modestia, si fa dare l'epiteto di contadina, sono persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori, se fatta con la dovuta attenzione.

Pane bruno raffermo, di pasta molle, grammi 400.
Fagioli bianchi, grammi 300.
Olio, grammi 150.
Acqua, litri due.
Cavolo cappuccio o verzotto, mezza palla di mezzana grandezza.
Cavolo nero, altrettante in volume ed anche più.
Un mazzo di bietola e un poco di pepolino.
Una patata.
Alcune cotenne di carnesecca o di prosciutto tagliate a strisce.

Mettete i fagioli al fuoco con l'acqua suddetta unendovi le cotenne. Già saprete che i fagioli vanno messi ad acqua diaccia e se restano in secco vi si aggiunge acqua calda. Mentre bollono fate un battuto con un quarto di una grossa cipolla e due spicchi d'aglio, due pezzi di sedano lunghi un palmo e un buon pizzico di prezzemolo. Tritatelo fine, mettetelo al fuoco con l'olio soprindicato e quando avrà preso colore versate nel medesimo gli erbaggi tagliati all'ingrosso, prima i cavoli, poi la bietola e la patata tagliata a tocchetti. Conditeli con sale e pepe e poi aggiungete sugo di pomodoro o conserva, e se nel bollire restassero alquanto asciutti bagnateli con la broda dei fagioli. Quando questi saranno cotti gettatene una quarta parte, lasciati interi, fra gli erbaggi unendovi le cotenne; gli altri passateli dallo staccio e scioglieteli nella broda, versando anche questa nel vaso dove sono gli erbaggi. Mescolate, fate bollire ancora un poco e versate ogni cosa nella zuppiera ove avrete già collocato il pane tagliato a fette sottili e copritela per servirla dopo una ventina di minuti.
Questa quantità può bastare per sei persone; è buona calda e meglio diaccia.

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FARINATA GIALLA DI MAGRO Come minestra ordinaria, si può collocare fra le buone. Mettete al fuoco con acqua proporzionata quattro decilitri di fagioli bianchi, che tanti bastano per quattro persone. Dopo cotti passateli dallo staccio e il passato mescolatelo nella broda degli stessi fagioli e nella medesima mettete a bollire, per due ore circa, mezza palla tritata di cavolo bianco o verzotto che condirete con sale, pepe e foglie di pepolino, detto altrimenti timo.
Ponete un tegame al fuoco con olio a buona misura e due spicchi d'aglio interi sbucciati; quando questi saranno ben rosolati gettateli via e aggiungete all'olio sugo di pomodoro, o conserva sciolta nell'acqua e anche qui un altro poco di sale e pepe; bollito che abbia alquanto, versate anche questo condimento nella pentola ov'è la broda e il cavolo. Per ultimo, quando questo sarà cotto, versate con una mano, a poco per volta, la farina di granturco; coll'altra mescolate bene, onde non si formino bozzoli, e giunta che sia a una certa consistenza, cioè alquanto liquida, fatela bollire ancora un poco e servitela.

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SEMOLINO DI MAGRO Questa minestra non si può, a tutto rigore, dirsi di magro se c'entrano le uova, il burro, e il parmigiano; ma può venire opportuna quando manca il brodo. Cuocere il semolino nell'acqua e prima di levarlo dal fuoco salatelo, scioglietevi dentro un pezzo di burro proporzionato alla quantità del semolino ed aggraziatelo con un poco di sugo di pomodoro o conserva. Disfate nella zuppiera due o tre uova miste a parmigiano grattato e versateci il semolino. Se trattasi di minestra per una persona soltanto può bastare un solo rosso d'uovo con due cucchiaiate di parmigiano.

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ZUPPA DI LENTICCHIE Se Esaù vendé la primogenitura per un piatto di lenticchie, bisogna dire che il loro uso, come alimento, è antichissimo, e che egli o n'era ghiotto all'eccesso o soffriva di bulimia. A me sembra che il sapore delle lenticchie sia più delicato di quello de' fagioli in genere, e che, quanto a minaccia di bombardite, esse siano meno pericolose dei fagioli comuni ed eguali a quelli dall'occhio.
Questa zuppa potete farla nella stessa guisa della zuppa di fagioli; però la broda delle lenticchie e dei fagioli dall'occhio si presta bene anche per una minestra di riso, che si prepara e si condisce nello stesso modo; soltanto bisogna tener la broda più sciolta perché il riso ne tira molta. Per regolarvi meglio circa alla densità, aspettate che il riso sia cotto per aggiungere nella broda la quantità che occorre di lenticchie passate.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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ZUPPA DI MAGRO COLLE TELLINE Regolatevi come per il risotto colle telline n. 72.
Due spicchi d'aglio e il quarto di una cipolla potranno bastare se trattasi di una quantità sufficiente a sette od otto persone, e senza bisogno di ricorrere a burro e parmigiano sentirete una zuppa eccellente, se saprete tirar bene il soffritto. Il pane arrostitelo a fette che taglierete a dadi. Anche qui ci sta bene qualche pezzetto di funghi secchi.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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SPAGHETTI CON LE TELLINE Poiché si sentono ricordare spesso, come minestra asciutta di magro, anche gli spaghetti con le telline, mi converrà indicarveli, sebbene, a gusto mio, sia da preferirsi il riso. Se vi piace provarli, tritateli minuti per poterli portare alla bocca col cucchiaio e servitevi della ricetta n. 72 cuocendoli nell'acqua dove sono state schiuse le telline. Scolate l'acqua superflua, conditeli con quell'intingolo unito ad alquanto burro e parmigiano.

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ZUPPA DI RANOCCHI Certi usi del mercato di Firenze non mi vanno. Quando vi nettano i ranocchi, se non ci badate, gettano via le uova che sono le migliori. Le anguille si spellano. Le cosce e le lombate di castrato si vogliono vendere intere. Delle interiora del maiale si serba il fegato e la rete; di quelle della vitella di latte, il fegato e le animelle; il resto, compreso il polmone che, essendo tenero potrebbe servire, come in altri paesi, a fritto misto, si cede ai frattagliai che ordinariamente vendono queste frattaglie ai brodai. Forse in mano loro cascherà anche la così detta trippa di vitella di latte non avendola mai vista su quel mercato; ma essa in Romagna si dà per giunta, e al tempo dei piselli, messa arrosto morto con un pezzo di lombata, riesce tanto buona da preferirsi a questa.
Avanti di descrivervi la zuppa di ranocchi voglio dirvi qualche cosa di questo anfibio dell'ordine de' batraci (rana esculenta), perché, veramente, merita di essere notata la metamorfosi ch'esso subisce. Nel primo periodo della loro esistenza si vedono i ranocchi guizzare nelle acque in figura di un pesciolino tutto testa e coda che gli zoologi chiamano girino. Come i pesci, respira per branchie prima esterne, in forma di due pennacchietti, poscia interne, e nutrendosi in questo stato di vegetali ha l'intestino come quello di tutti gli erbivori, comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A un certo punto del suo sviluppo, circa a due mesi dalla nascita, perde, per riassorbimento, la coda, sostituisce alle branchie i polmoni e mandando fuori gli arti, cioè le quattro zampe che prima non apparivano, si trasforma completamente e diventa una rana. Nutrendosi allora di sostanze animali, ossia di insetti, l'intestino si accorcia per adattarsi a questa sorta di cibo. È dunque erronea l'opinione volgare che i ranocchi siano più grassi nel mese di maggio perché mangiano il grano.
Gli anfibi tutti, i rospi compresi, sono a torto perseguitati dal volgo essendo essi di grande utilità all'agricoltura, agli orti e ai giardini in ispecie, per la distruzione de' vermi, delle lumache e de' tanti insetti di cui si cibano. La pelle del rospo e della salamandra trasuda, è vero, un umore acre e velenoso; ma in sì piccola dose rispetto alla mucosità a cui si unisce, che non può recare nessun nocumento. Ed è appunto per questa mucosità, che la salamandra secerne in gran copia, che la medesima, potendo reggere per qualche istante all'ardore del fuoco, diede origine alla favola che tale anfibio sia dotato della virtù di restare incolume in mezzo alle fiamme.
Il brodo dei ranocchi essendo rinfrescante e dolcificante viene raccomandato nelle malattie di petto, nelle infiammazioni lente degl'intestini ed è opportunamente usato sul finire delle malattie infiammatorie e in tutti quei casi in cui l'infermo ha bisogno di un nutrimento non stimolante.
Le carni bianche, come quelle dei ranocchi, agnelli, capretti, pollastri, fagiani, ecc., essendo povere di fibrina e ricche di albumina, convengono alle persone di apparecchio digestivo delicato e molto impressionabili e a chi non affatica i muscoli col lavoro materiale.
Ma veniamo alla zuppa di ranocchi: due dozzine di ranocchi, se sono grossi, potrebbero forse bastare per quattro o cinque persone, ma meglio è abbondare.
Levate loro le cosce e mettetele da parte. Fate un battuto abbondante con due spicchi d'aglio, prezzemolo, carota, sedano e basilico se vi piace: se avete in orrore l'aglio, servitevi di cipolla. Mettetelo al fuoco con sale, pepe e olio a buona misura e quando l'aglio comincia a prender colore gettate giù i ranocchi. Rimoveteli di quando in quando onde non s'attacchino, e, tirato che abbiano buona parte dell'umido, buttate dentro pomodori a pezzi o, mancando questi, conserva allungata coll'acqua. Fate bollire ancora, e per ultima versate l'acqua occorrente per bagnare la zuppa, tenendo il tutto sul fuoco fin tanto che i ranocchi siano cotti e disfatti. Allora passate ogni cosa dal lo staccio, premendo bene onde non restino che le ossicine. Mettete a bollire le cosce, lasciate addietro, in un poco di questo brodo passato e disossatele quando saranno cotte per mescolarle nella zuppa insieme con pezzetti di funghi secchi fatti rammollire. Il pane arrostitelo a fette che taglierete a dadi piuttosto grossi.

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ZUPPA COL BRODO DI MUGGINE Uno dei pesci che meglio si presta per ottenere un buon brodo è il muggine che nell'Adriatico comincia ad essere bello e grasso nell'agosto e raggiunge colà il peso di oltre due chilogrammi. In mancanza di questo può servire l'ombrina, il ragno ed il rospo le cui carni, se non daranno il brodo saporito del muggine, saranno in compenso di qualità più fine e più digeribile.
Se trattasi di una zuppa per sette od otto persone prendete un muggine, ossia una baldigara (come chiamasi in alcuni paesi di mare), del peso di un chilogrammo almeno, raschiategli via le squame, vuotatelo e lessatelo con acqua in proporzione.
Fate un battuto alquanto generoso con cipolla, aglio, prezzemolo, carota, sedano e mettetelo al fuoco con olio, sale e pepe. Quando avrà preso colore fermatelo con sugo di pomodoro e fatelo bollire col brodo del pesce.
Poi questo brodo colatelo e con un po' del medesimo cuocete una piccola quantità di sedano, carota e funghi secchi, che servono per dare odore, il tutto tagliato a pezzetti.
Il pane per la zuppa arrostitelo e tagliatelo a dadi, poi mettetelo nella zuppiera e versateci sopra il brodo bollente insieme coi detti odori, servendola in tavola con parmigiano a parte.
La famiglia delle mugginidee ha lo stomaco a forti pareti muscolari a simiglianza del ventriglio degli uccelli, e il rospo di mare, Lofus pescatorius, della famiglia delle lofidee, con una pinna inargentata e movibile del capo attira i piccoli pesci per divorarli. Chiamasi in alcuni luoghi volgarmente grattale ed è anch'esso in pregio pel brodo da bagnare la zuppa.

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ZUPPA ALLA CERTOSINA Grammi 500 di pesce minuto di diverse specie potranno bastare per una zuppa da servirsi a quattro o cinque persone.
Fate un battuto con un quarto di cipolla, prezzemolo e sedano; mettetelo al fuoco con olio, e colorito che sia, versateci il pesce, bagnandolo quando è asciutto con acqua, sugo di pomodoro o conserva; sale e pepe per condimento. Lasciatelo cuocer bene e poi versate l'acqua occorrente per la zuppa: un litro o poco più fra prima e dopo potrà bastare. Passate il tutto dallo staccio o da un colino, strizzando bene, e rimettetelo al fuoco per fargli alzare il bollore e per versarlo adagio adagio nella zuppiera, ove avrete disfatte avanti due uova con tre cucchiaiate di parmigiano. Prima di mandare la zuppa in tavola, gettateci il pane, il quale, a piccoli dadi, può essere soltanto arrostito, oppure fritto nell'unto che più vi aggrada: burro, olio o lardo. Le uova col parmigiano, se non vi dispiace di vederle rapprese a stracci, si possono anche frullare a parte e versarle nella pentola, mescolandole fortemente, quando il brodo è a bollore.
Si dice che il Granduca di Toscana, avendo trovata eccellente questa zuppa in un convento di frati, mandò colà il suo cuoco ad impararla; ma il cuoco, benché molto abile fosse, non riusciva a farla buona come quella dei frati, perché questi non volevano far sapere al Granduca che usavano il brodo di cappone invece dell'acqua.

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PASTINE O CAPELLINI SUL BRODO DI OMBRINA L'ombrina, per essere un pesce de' più fini, lessata naturalmente, cioè senza odori di sorta, vi somministra un brodo che, quasi come quello di carne, si presta per una minestra leggiera di magro.
Le seguenti dosi saranno sufficienti per tre persone e forse anche per quattro.

Ombrina, grammi 500.
Pastine o capellini, grammi 120.
Burro, grammi 30.
Acqua, un litro.

Mettete al fuoco l'ombrina nella detta acqua diaccia, e salatela. Quando è cotta passate il brodo dal colino ed in esso cuocete la minestra aggraziandola col sugo di pomodoro per occultare il puzzo del pesce; indi versatela nella zuppiera ove avrete collocato il pezzo del burro. Servitela con parmigiano a parte come si usa per le minestre di grasso.

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ZUPPA DI PURÈ DI PISELLI SECCHI Dato che i piselli siano mezzo litro metteteli al fuoco in due litri d'acqua e frattanto fate un soffritto con mezza cipolla, una carota, due pezzi di sedano lunghi un dito e qualche gambo di aneto, se lo avete, e, tritato il tutto, mettetelo al fuoco con un pezzo di burro e fategli prendere il rosso. Versate allora i piselli mezzo cotti e scolati dall'acqua conditeli con sale e pepe e fate loro suzzare tutto il soffritto, poi versate sugo di pomodoro e l'acqua degli stessi piselli per tirarli a cottura. Passate ogni cosa per istaccio e, se il purè riescisse troppo denso, aggiungete acqua calda; assaggiatelo per aggiungere un altro pezzetto di burro che probabilmente occorre. Il pane tagliatelo a quadrettini e friggetelo nel burro.
Se vi porrete attenzione sentirete una minestra che sembra fatta sul brodo.
Questa dose potrà servire per dieci o dodici persone.

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TAGLIATELLE COL PROSCIUTTO Le chiamo tagliatelle, perché dovendo esser cotte nell'acqua e condite asciutte, va tirata la sfoglia alquanto più grossa e tagliata a strisce più larghe dei taglierini. Si tratta sempre di un impasto d'uova e farina, senza punta acqua se le desiderate ben sode e buone.
Tagliate a piccoli dadi una fetta grossa di prosciutto grasso e magro: tritate bene sedano e carota in tal quantità che ambedue facciano il volume del prosciutto all'incirca. Ponete al fuoco queste tre cose insieme, con un pezzo di burro proporzionato al condimento delle tagliatelle. Quando il battuto avrà preso colore, aggiungete sugo di pomodoro oppure conserva, ma con questa occorre un ramaiolino di brodo o, mancando questo, di acqua.
Le tagliatelle cuocetele poco e salatele pochissimo a motivo del prosciutto: levatele asciutte, conditele col detto intingolo e con parmigiano.
Al tempo delle salsicce potete sostituirle, bene sminuzzate al prosciutto, trattandole nella stessa guisa.
Chi ama il gusto del burro crudo ne serbi la metà per metterlo nell'intingolo quando lo ritira dal fuoco.
Anche gli spaghetti sono buoni conditi con le salsicce nella stessa maniera.

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TAGLIATELLE VERDI Si usano per minestra asciutta e sono più leggiere e più digeribili di quelle intrise di tutte uova. Per dar loro il color verde cuocete spinaci lessi, strizzateli bene e tritateli colla lunetta. Con due uova e un pugno di questi spinaci intridete sulla spianatoia quanta farina potete per ottenere una pasta ben soda che lavorerete molto colle mani. Poi, col matterello, tiratela a sfoglia sottile e quando dà cenno d'appiccicarsi, a motivo dell'erba che produce viscosità, spruzzatela leggermente di farina. Avvolgete la sfoglia in un canovaccio, e quando sarà asciutta tagliatela alquanto più larga de' taglierini da brodo, avvertendo che il bello di tali paste è la loro lunghezza il che indica l'abilità di chi le fece. Appena alzato il bollore levatele asciutte e conditele come gli spaghetti alla rustica n. 104, oppure come i maccheroni o le tagliatelle dei n. 87 e del n. 69; o semplicemente con cacio e burro.
Questa dose potrà bastare per quattro o cinque persone.

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TAGLIATELLE ALL'USO DI ROMAGNA Conti corti e tagliatelle lunghe, dicono i Bolognesi, e dicono bene, perché i conti lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l'imperizia di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina; perciò non approvo l'uso invalso, per uniformarsi al gusto degli stranieri, di triturare minutissimi nel brodo i capellini, i taglierini, e minestre consimili le quali per essere speciali all'Italia, debbono serbare il carattere della nazione.
Fate la sfoglia e tagliatela come quella del n. 69. Cuocetele poco, scolatele bene dall'acqua e mettetele in una casseruola sopra al fuoco per un momento, onde far loro prendere il condimento che è quello degli spaghetti alla rustica n. 104; più un pezzo di burro proporzionato alla quantità della minestra. Mescolate adagino e servitele. A parer mio questa è una minestra molto gustosa, ma per ben digerirla ci vuole un'aria come quella di Romagna. Mi ricordo che viaggiai una volta con certi Fiorentini (un vecchietto sdentato, un uomo di mezza età e un giovine avvocato) che andavano a prender possesso di una eredità a Modigliana. Smontammo a una locanda che si può immaginare qual fosse, in quel luogo, quaranta e più anni sono. L'oste non ci dava per minestra che tagliatelle, e per principio della coppa di maiale, la quale, benché dura assai ed ingrata, bisognava vedere come il vecchietto si affaticava per roderla. Era però tale l'appetito di lui e degli altri che quella e tutto il resto pareva molto buono, anzi eccellente; e li sentii più volte esclamare: - Oh se potessimo portarci con noi di quest'aria a Firenze! -
Poiché siamo in questi paraggi, permettetemi vi racconti che dimorava a Firenze, al tempo che correvano i francesconi, un conte di Romagna, il quale, facendo il paio col marchese di Forlimpopoli del Goldoni, aveva molta boria, pochi quattrini e uno stomaco a prova di bomba. Eran tempi in cui si viveva con poco a Firenze, che fra le città capitali, andava famosa per buon mercato. C'erano parecchie trattorie coll'ordinario di minestra, tre piatti a scelta, frutta o dolce, pane e vino per una lira toscana (84 centesimi). Quelle porzioni, benché piccole, pure sfamavano chiunque non fosse allupato, e frequentavano tali trattorie anche i signori; ma il conte in queste non si degnava. Che industria credete ch'egli avesse trovato per figurare e spender poco? Andava un giorno sì e un giorno no alla tavola rotonda di uno de' principali alberghi ove con mezzo francescone (lire 2,80), il trattamento era lautissimo, e là, tirando giù a strame, s'impinzava lo stomaco per due giorni facendo dieta in casa, il secondo, con pane, cacio ed affettato. Siavi di esempio e di ricetta.

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RISOTTO COLLE TELLINE Noto questo risotto nelle proporzioni che è stato fatto più volte nella mia cucina, e cioè:

Telline col guscio, chilogrammi 1,350.
Riso, grammi 500.

Per levare la sabbia che le telline racchiudono, lavatele prima, poi ponetele in acqua fresca salata, o meglio, acqua di mare, in un catino con un piatto rovesciato sotto alle medesime, e dopo due ore almeno, levatele asciutte e mettetele al fuoco con acqua in proporzione del riso da cuocere. Quando saranno aperte, levatene i gusci e serbate l'acqua, ma badate che in fondo alla medesima si sarà formata una qualche posatura di sabbia che va gettata via.
Fate un soffritto con olio, aglio, poca cipolla, prezzemolo, carota e sedano, il tutto tritato finissimo colla lunetta, e quando sarà rosolato bene, gettatevi le telline tolte dal guscio, qualche pezzetto di funghi secchi rinvenuti, una presa di pepe e un po' di quell'acqua serbata. Dopo qualche minuto gettate il riso in questo intingolo e tiratelo a cottura soda col resto dell'acqua suddetta. Assaggiatelo se sta bene di sapore col solo sale naturale delle telline e dei condimenti datigli; se non fosse così, aggiungeteglielo con sugo di pomodoro o conserva, ed anche con un pezzetto di burro e un pizzico di parmigiano.
Alle telline si possono sostituire le arselle o i peocci (cozze nere, muscoli) come a Venezia, nelle cui trattorie se il riso co' peocci (specialità del paese) fosse cucinato in questa maniera, sarebbe assai più gradito. Per conservare alcun poco i molluschi a conchiglia bivalve, vanno tenuti in luogo fresco, legati assai stretti in un sacchetto o in un canovaccio. D'inverno ho così conservate fresche le telline fino a sei giorni, ma non è da azzardare perché i molluschi riescono molto indigesti se non sono freschi.

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RISOTTO COLLE TINCHE Non vi spaventate nel sentire che le tinche possono prestarsi per una buona minestra, la quale saprà naturalmente di pesce e riuscirà un po' grave agli stomachi deboli; ma sarà grata al gusto, e fors'anche lodata, se avrete la prudenza di non nominare la specie del pesce usato.
Ecco le dosi di una minestra per sei o sette persone:

Riso, grammi 500;
Tinche, circa grammi 400.

Fate un battuto con due spicchi d'aglio, un pizzico di prezzemolo, qualche foglia di basilico, se vi piace il suo odore, una grossa carota e due pezzi di sedano bianco lunghi un palmo. Mettetelo al fuoco in una casseruola con olio, sale e pepe, aggiungendovi in pari tempo le tinche già sbuzzate e tagliate a pezzi, le teste comprese. Voltatele spesso onde non si attacchino al fondo, e quando saranno ben rosolate cominciate a bagnarle prima con sugo di pomodoro o conserva, poi con acqua versata a poco per volta in principio e in ultimo, in quantità tale da cuocere il riso, ma tenendovi piuttosto scarsi che abbondanti. Fate bollire finché le tinche non siano spappolate, e allora passate dallo staccio ogni cosa, in modo che non restino se non le lische e gli ossicini. Questo è il sugo che servirà per cuocere il riso, tirandolo asciutto e di giusta cottura. Per aggraziarlo potete aggiungere qualche pezzetto di funghi secchi e un pezzetto di burro e poi servirlo in tavola con parmigiano grattato per chi lo vuole.
Al tempo dei piselli questi sono da preferirsi ai funghi; grammi 200, sgranati, bastano. Cuoceteli a parte con un po' d'olio, un po' di burro e una cipolla novellina intera. Versate i piselli quando la cipolla comincia a rosolare, fateli soffriggere alquanto, conditeli con sale e pepe e tirateli a cottura con poca acqua. La cipolla gettatela via e mescolate i piselli col riso quando questo sarà quasi cotto.

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RISOTTO NERO COLLE SEPPIE ALLA FIORENTINA Questo invertebrato (Sepia officinalis) dell'ordine dei molluschi e della famiglia dei cefalopodi è chiamato calamaio in Firenze, forse perché (formando spesso la bella lingua toscana i sui vocaboli colle similitudini) esso racchiude nel suo sacco una vescichetta, che la natura gli ha dato a difesa, contenente un liquido nero che può servire da inchiostro.
I Toscani, i Fiorentini in ispecie, sono così vaghi degli ortaggi, che vorrebbero cacciarli per tutto e per conseguenza in questo piatto mettono la bietola che, mi pare, ci stia come il pancotto nel credo. Questo eccessivo uso di vegetali non vorrei fosse una, e non ultima, delle cagioni della flaccida costituzione di alcune classi di persone, che, durante l'influenza di qualche malore, mal potendo reggerne l'urto, si vedono cadere fitte come le foglie nel tardo autunno.
Spellate e sparate le seppie per nettarle delle parti inservibili che sono l'osso, l'apparato della bocca, gli occhi e il tubo digerente; mettete da parte la vescichetta dell'inchiostro, e dopo averle lavate bene tagliatele a quadrettino e le code a pezzetti.
Tritate minutamente due cipolle non grandi, o meglio una sola e due spicchi d'aglio, e ponetele al fuoco in una casseruola con olio finissimo e in abbondanza. Quando il soffritto avrà preso il rosso buttateci le seppie ed aspettate che queste, bollendo, comincino a divenir gialle per gettarvi grammi 600 circa di bietola, netta dalle costole più grosse e tritata alquanto. Mescolate e lasciate bollire per circa mezz'ora; poi versate grammi 600 di riso (che sarà il peso delle seppie in natura) e il loro inchiostro e, quando il riso si sarà bene impregnato di quel sugo, tiratelo a cottura con acqua calda. Il riso, per regola generale, dev'essere poco cotto, e quando si dice asciutto deve far la colma sul vassoio in cui lo servite. Accompagnatelo sempre col parmigiano grattato; ma se avete lo stomaco delicato astenetevi dal farne uso, quando è cucinato con questi e simili ingredienti di non facile digestione.
Ora v'indicherò un'altra maniera di fare questo risotto per scegliere fra i due quello che più vi aggrada. Niente bietola, niente inchiostro, e quando le seppie, come si è detto, cominciano a prendere il giallo, versate il riso e tiratelo a cottura con acqua calda e sugo di pomodoro o conserva, dandogli più grazia e sapore con un pezzetto di burro; quando è quasi cotto unite del parmigiano.
Se lo volete ancora migliore aggiungete a due terzi di cottura, i piselli accennati nel risotto colle tinche.

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RISOTTO COI PISELLI
Il riso! Ecco giusto un alimento ingrassante che i Turchi somministrano alle loro donne onde facciano, come direbbe un illustre professore a tutti noto, i cuscinetti adiposi.

Riso, grammi 500.
Burro, grammi 100.
Parmigiano, quanto basta.
Una cipolla di mediocre grossezza

Il riso, come già vi ho detto altra volta, non conviene lavarlo; basta nettarlo e strofinarlo entro a un canovaccio. Trinciate la cipolla ben fine colla lunetta e mettetela al fuoco colla metà del burro. Quando avrà preso il colore rosso versate il riso e rimuovetelo continuamente col mestolo finché abbia succhiato tutto il soffritto. Allora cominciate a versar acqua calda a un ramaiolo per volta, ma badate che se bolle troppo ristretto, resta duro nel centro e si sfarina alla superficie; salatelo e tiratelo a cottura asciutta, aggiungendo il resto del burro. Prima di levarlo dal fuoco, unitevi i piselli del n. 427 in giusta proporzione e dategli sapore con un buon pugno di parmigiano.
Questa dose basterà per cinque persone.

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RISOTTO COI FUNGHI Per questo risotto io mi servo dei funghi porcini, i quali in alcuni paesi chiamansi morecci.
Funghi in natura, perché vanno poi nettati e scattivati, metà peso del riso. Fate un battuto con poca cipolla, prezzemolo, sedano, carota e mettetelo al fuoco con tre cucchiaiate d'olio, se il riso fosse grammi 300, da servirsi cioè a tre persone. Quando il battuto avrà preso colore, fermatelo con sugo di pomodoro e acqua, conditelo con sale e pepe e fatevi bollir dentro uno spicchio d'aglio intero, che poi getterete via prima di passare il soffritto, il quale rimetterete al fuoco, per cuocervi i funghi, prima tritati alla grossezza poco meno del granturco; cotti che siano metteteli da parte. Il riso fatelo, così crudo, soffriggere con un pezzo di burro, poi tirate a cuocerlo con acqua calda versata a un ramaiolo per volta; a mezza cottura mescolateci dentro i funghi e prima di servirlo dategli sapore col parmigiano.
Sarà mangiato volentieri anche fatto con un pugno di funghi secchi invece di quelli freschi.

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RISOTTO COI POMODORI Riso, grammi 500.
Burro, grammi 100.
Parmigiano, quanto basta.

Versate il riso sul burro strutto e quando l'avrà succhiato cominciate ad aggiungere acqua calda, poca per volta; poi, giunto a mezza cottura, dategli sapore colla salsa di pomodoro del n. 125 e prima di levarlo dal fuoco aggiungete un buon pugno di parmigiano grattato. Nella detta salsa, per condire il risotto, potete, piacendovi, sostituire all'olio la carnesecca, od anche servirvi del sugo di pomodoro descritto al n. 6.

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RISOTTO ALLA MILANESE I Riso, grammi 500.
Burro, grammi 80.
Zafferano, quanto basta a renderlo ben giallo.
Mezza cipolla di mediocre grossezza.
Per la cottura regolatevi come al n. 75.

Per rendere questo risotto più sostanzioso e più grato al gusto occorre il brodo.
Lo zafferano, se in casa avete un mortaio di bronzo, comperatelo in natura, pestatelo fine e scioglietelo in un gocciolo di brodo caldo prima di gettarlo nel riso, che servirete con parmigiano.
Lo zafferano ha un'azione eccitante, stimola l'appetito e promuove la digestione. Questa quantità può bastare per cinque persone.

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RISOTTO ALLA MILANESE II Questo risotto è più complicato e più grave allo stomaco di quello precedente, ma più saporito.
Eccovi la dose per cinque persone.

Riso, grammi 500.
Burro, grammi 80.
Midollo di bue, grammi 40
Mezza cipolla.
Vino bianco buono, due terzi di bicchiere.
Zafferano, quanto basta.
Parmigiano, idem.

Tritate la cipolla e mettetela al fuoco col midollo e con la metà del burro. Quando sarà ben rosolata versate il riso e dopo qualche minuto aggiungete il vino e tiratelo a cottura col brodo. Prima di ritirarlo dal fuoco aggraziatelo con l'altra metà del burro e col parmigiano e mandatelo in tavola con altro parmigiano a parte.

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RISOTTO ALLA MILANESE III Potete scegliere! Eccovi un altro risotto alla milanese; ma senza la pretensione di prender la mano ai cuochi ambrosiani, dotti e ingegnosi in questa materia.

Riso, grammi 300.
Burro, grammi 50.
Un quarto di cipolla mezzana di grandezza.
Marsala, due dita di bicchiere comune.
Zafferano, quanto basta.

Rosolate la cipolla, tritata fine, con la metà del burro; versate il riso e dopo qualche minuto la marsala. Tiratelo a cottura col brodo e quando sarà cotto aggiungete il resto del burro e lo zafferano sciolto in un poco di brodo; per ultimo il pugnello di parmigiano.
Basta per tre persone.

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RISOTTO COI RANOCCHI Dice un famoso cuoco che per render tenera la carne dei ranocchi bisogna gettarli nell'acqua calda appena scorticati e dopo passarli in quella fresca: ma badate, appena mezzo minuto, se no li cuocete. Se sono grossi, dodici ranocchi ritengo che basteranno per grammi 300 di riso. Lasciate addietro le cosce; le uova, in questo caso, direi fosse meglio non adoperarle. Fate un battuto con un quarto di una grossa cipolla, uno spicchio d'aglio, carota, sedano, prezzemolo, basilico e mettetelo al fuoco con olio, pepe e sale. Allorché avrà preso colore buttate giù i ranocchi, rimestate a quando a quando e rosolati che siano buttate dentro pomodori a pezzi, che lascerete disfare; allora versate tanta acqua calda quanta potrà occorrerne. Fate bollire adagio finché i ranocchi siano ben cotti e poi passate ogni cosa strizzando bene. In un po' di questo sugo cuocete le cosce lasciate da parte, disossatele ed unitele al resto.
Mettete il riso al fuoco con un pezzetto di burro, rimestate, e quando il burro sarà stato tutto suzzato, versate il sugo caldo dei ranocchi a un ramaiolo per volta fino a cottura completa. Prima di levare il riso gettategli dentro un pugno di parmigiano e servitelo.

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RISOTTO COI GAMBERI Si racconta che una gamberessa, rimproverando un giorno la sua figliola, le diceva: - Mio Dio, come vai torta! Non puoi camminare diritta? - E voi, mamma, come camminate? - rispose la figliola; - posso andar diritta quando qui, tutti, vedo che vanno storti? - La figliola aveva ragione.

Grammi 300 circa di gamberi potranno bastare per grammi 700 di riso e servire per otto persone.

Fate un battuto abbondante con mezza cipolla, tre spicchi d'aglio, carota, sedano e prezzemolo e mettetelo al fuoco con olio in proporzione. Credo che l'aglio, in questo caso, sia necessario per correggere il dolce dei gamberi. Quando il soffritto avrà preso colore buttategli dentro i gamberi e conditeli con sale e pepe. Rivoltateli spesso e quando tutti saranno divenuti rossi, bagnateli con sugo di pomodoro o conserva e poco dopo versate tanta acqua calda che possa bastare pel riso. Lasciate bollire non tanto, perocché i gamberi cuociono presto, poi levateli asciutti e una quarta parte, scegliendo i più grossi, sbucciateli e metteteli da parte. Gli altri pestateli nel mortaio, passateli dallo staccio e la polpa passata mescolatela al brodo dove sono stati cotti.
Mettete al fuoco un pezzetto di burro in una casseruola e versatevi il riso nettato senza lavarlo; rimestate continuamente e quando il riso avrà preso il lustro del burro versate il brodo caldo a poco per volta; a più di mezza cottura uniteci i gamberi interi, già sbucciati, e prima di servirlo dategli grazia con un pugno di parmigiano.
Se, quando fate questi risotti di magro, avete in serbo del brodo di carne, servitevene ché con esso riusciranno più sostanziosi e più delicati.

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RISOTTO COL BRODO DI PESCE Quando avrete lessato un pesce di qualità fina od anche un grosso muggine nel modo descritto al n. 459, potrete servirvi del brodo colato per ottenerne un risotto, o una zuppa. Fate un battuto con un quarto di cipolla, uno o due spicchi d'aglio, prezzemolo, carota e sedano e mettetelo al fuoco con olio, sale e pepe. Quando avrà preso colore fermatelo con sugo di pomodoro o conserva sciolta in un ramaiolo del detto brodo. Lasciate bollire un poco e poi versate il riso che tirerete a cottura con lo stesso brodo bollente, versato poco per volta. A mezza cottura aggiungete un pezzo di burro, e quando il riso è cotto, un pugnello di parmigiano. Nella zuppa potete unire un pizzico di funghi secchi e il parmigiano servirlo a parte.

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MACCHERONI ALLA FRANCESE Li dico alla francese perché li trovai in un trattato culinario di quella nazione; ma come pur troppo accade con certe ricette stampate, che non corrispondono quasi mai alla pratica, ho dovuto modificare le dosi nelle seguenti proporzioni:

Maccheroni lunghi alla napoletana, grammi 300.
Burro, grammi 70.
Gruviera, grammi 70.
Parmigiano, grammi 40.
Un pentolino di brodo.

Date due terzi di cottura ai maccheroni in acqua non troppo salata. Mettete il brodo al fuoco e quando bolle gettateci il gruviera grattato e il burro per scioglierli bene col mestolo; ciò ottenuto, versatelo subito sui maccheroni già sgrondati dall'acqua e dico subito, perché altrimenti il gruviera cala a fondo e si appasta. Tenete i maccheroni al fuoco fino a cottura completa procurando che resti un po' di sugo. Quando li levate, conditeli col suddetto parmigiano e serviteli con altro parmigiano a parte, per chi, non avendo il gusto al delicato, ama il piccante.
Questa, come i maccheroni alla bolognese, è una minestra che fa molto comodo nelle famiglie, perché risparmia il lesso, bastando un pentolino di brodo del giorno avanti. Volendoli di magro, al brodo si sostituisca il latte.
Il gruviera, conosciuto in commercio anche col nome di emmenthal, è quel cacio a forme grandissime, di pasta tenera, gialla e bucherellata. Alcuni non amano il suo odore speciale che sa di ribollito; ma fo riflettere che questo odore nella stagione fredda è poco sensibile e che nella minestra si avverte appena.

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MACCHERONI ALLA NAPOLETANA Ve li garantisco genuini e provati colla scorta di una ricetta che mi sono procurato da una famiglia di Santa Maria Capua Vetere; vi dirò anche di essere stato lungo tempo incerto avanti di metterla in esecuzione non persuadendomi troppo quel guazzabuglio di condimenti. A dir vero questi maccheroni non riescon cattivi, anzi possono incontrare il gusto di chi non è esclusivista del semplice.
Prendete un pezzo di carne nel lucertolo e steccatelo con fettine di prosciutto grasso e magro, zibibbo, pinoli e con un battutino di lardone, aglio, prezzemolo, sale e pepe. Accomodata la carne in questa maniera, e legata collo spago per tenerla più unita, ponetela al fuoco con un battuto di lardone e cipolla finemente tritata; rivoltatela spesso e bucatela a quando a quando col lardatoio. Rosolata che sia la carne e consumato il battuto, aggiungetevi tre o quattro pezzi di pomodoro sbucciati e quando questi siano distrutti, unitevi, a poco per volta, del sugo di pomodoro passato. Aspettate che questo siasi alquanto ristretto, poi versate tanta acqua che copra il pezzo, condite con sale e pepe e fate bollire a fuoco lento. in mancanza di pomodori freschi servitevi di conserva. Col sugo e con formaggio piccante, come usano i Napoletani, si condiscono i maccheroni, e la carne serve di companatico.
Quanto ai maccheroni, insegnano di farli bollire in un recipiente largo, con molt'acqua, e di non cuocerli troppo.

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MACCHERONI ALLA NAPOLETANA Sono molto più semplici de' precedenti e buoni tanto che vi consiglio a provarli.
Per grammi 300 di maccheroni lunghi, che sono sufficienti per tre persone, mettete a soffriggere in un tegame o in una casseruola due grosse fette di cipolla con grammi 30 di burro e due cucchiaiate d'olio. Quando la cipolla, che bollendo naturalmente si sfalda, sarà ben rosolata, strizzatela col mestolo e gettatela via. In quell'unto a bollore versate grammi 500 di pomodori e un buon pizzico di basilico tritato all'ingrosso; condite con sale e pepe, ma i pomodori preparateli avanti perché vanno sbucciati, tagliati a pezzi e nettati dai semi più che si può, non facendo difetto se ve ne restano.
Col sugo condensato, con grammi 50 di burro crudo e parmigiano, condite i maccheroni e mandateli in tavola, che saranno aggraditi specialmente da chi nel sugo di pomodoro ci nuoterebbe dentro.
Invece dei maccheroni lunghi, possono servire le penne, anzi queste prenderanno meglio il condimento.

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MACCHERONI ALLA BOLOGNESE I Bolognesi, per questa minestra, fanno uso dei così detti denti di cavallo di mezzana grandezza, e questa pare anche a me la forma che meglio si presta, se cucinati in tal modo; avvertite però che siano di sfoglia alquanto grossa, onde nel bollire non si schiaccino; al qual difetto poco si bada in Toscana ove per la predilezione che sempre si dà ai cibi leggeri vengono fabbricate certe qualità di paste così dette gentili, a buco largo e a pareti tanto sottili che non reggono punto alla cottura e si schiacciano bollendo, il che fa disgusto a vederle non che a mangiarle.
Come ognuno sa, le migliori paste da minestra sono quelle di grano duro, che si fanno distinguere pel colore naturale di cera. Diffidate di quelle gialle, di cui si tenta mascherare l'origine ordinaria di grano comune, per mezzo di una tinta artificiale, che una volta era data almeno con sostanze innocue, quali lo zafferano o il croco.
Le seguenti proporzioni sono approssimative per condire grammi 500 e più di minestra:

Carne magra di vitella (meglio se nel filetto), gr. 150.
Carnesecca, grammi 50.
Burro, grammi 40.
Un quarto di una cipolla comune.
Una mezza carota.
Due costole di sedano bianco lunghe un palmo, oppure l'odore del sedano verde.
Un pizzico di farina, ma scarso assai.
Un pentolino di brodo.
Sale pochissimo o punto, a motivo della carnesecca e del brodo che sono saporiti.
Pepe e, a chi piace, l'odore della noce moscata.

Tagliate la carne a piccoli dadi, tritate fine colla lunetta la carnesecca, la cipolla e gli odori, poi mettete al fuoco ogni cosa insieme, compreso il burro, e quando la carne avrà preso colore aggiungete il pizzico della farina, bagnando col brodo fino a cottura intera.
Scolate bene i maccheroni dall'acqua e conditeli col parmigiano e con questo intingolo, il quale si può rendere anche più grato o con dei pezzetti di funghi secchi o con qualche fettina di tartufi, o con un fegatino cotto fra la carne e tagliato a pezzetti; unite, infine, quando è fatto l'intingolo, se volete renderli anche più delicati, mezzo bicchiere di panna; in ogni modo è bene che i maccheroni vengano in tavola non asciutti arrabbiati, ma diguazzanti in un poco di sugo.
Trattandosi di paste asciutte, qui viene a proposito una osservazione, e cioè che queste minestre è bene cuocerle poco; ma badiamo, modus in rebus. Se le paste si sentono durettine, riescono più grate al gusto e si digeriscono meglio. Sembra questo un paradosso, ma pure è così, perché la minestra troppo cotta, masticandosi poco, scende compatta a pesar sullo stomaco e vi fa palla, mentre se ha bisogno di essere triturata, la masticazione produce saliva e questa contiene un fermento detto ptialina che serve a convertire l'amido o la fecola in zucchero ed in destrina.
L'azione fisiologica della saliva è poi importantissima giacché oltre all'effetto di ammollire e di sciogliere i cibi, facilitandone l'inghiottimento, promuove per la sua natura alcalina la secrezione del succo gastrico allorché i cibi scendono nello stomaco. Per questa ragione le bambinaie usano a fin di bene un atto schifoso come quello di fare i bocconi e masticare la pappa ai bambini.
Si dice che i Napoletani, gran mangiatori di paste asciutte, vi bevano sopra un bicchier d'acqua per digerirle meglio. Io non so se l'acqua, in questo caso, agisca come dissolvente o piuttosto sia utile perché, prendendo il posto di un bicchier di vino o di altro alimento, faccia, naturalmente, rimaner lo stomaco più leggero. I denti di cavallo, quando sono più grossi e più lunghi, si chiamano in Toscana cannelloni e in altri luoghi d'Italia buconotti o strozzapreti.

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MACCHERONI CON LE SARDE ALLA SICILIANA Di questa minestra vo debitore a una vedova e spiritosa signora il cui marito, siciliano, si divertiva a manipolare alcuni piatti del suo paese, fra i quali il nasello alla palermitana e il pesce a taglio in umido.

Maccheroni lunghi alla napoletana, grammi 500.
Sarde fresche, grammi 500.
Acciughe salate, n. 6.
Finocchio selvatico, detto finocchio novellino, gr. 300. Olio, quanto basta.

Alle sarde levate la testa, la coda e la spina dividendole in due parti, infarinatele, friggetele, salatele alquanto e mettetele da parte.
I finocchi lessateli, spremeteli dall'acqua, tritateli minuti e metteteli da parte.
I maccheroni, dopo averli cotti così interi nell'acqua salata, scolateli bene e mettete anche questi da parte. Ponete al fuoco in un tegame dell'olio in abbondanza e in esso disfate le sei acciughe, ben inteso dopo averle nettate e tolta la spina; versate in questa salsa i finocchi, conditeli con poco sale e pepe e fateli bollire per dieci minuti con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Ora che avete tutto in pronto, prendete un piatto che regga al fuoco o una teglia e condite i maccheroni a suolo a suolo con le sarde e con l'acciugata di finocchi in modo che facciano la colma; metteteli a rosolare tra due fuochi e serviteli caldi.
Crederei dovessero bastare per sei o sette persone.

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GNOCCHI DI PATATE La famiglia de' gnocchi è numerosa. Vi ho già descritto gli gnocchi in brodo del n. 14: ora v'indicherò gli gnocchi di patate e di farina gialla per minestra e più avanti quelli di semolino e alla romana per tramesso o per contorno, e quelli di latte per dolce.

Patate grosse e gialle, grammi 400.
Farina di grano, grammi 150.

Vi noto la proporzione della farina per intriderli, onde non avesse ad accadervi come ad una signora che, me presente, appena affondato il mestolo per muoverli nella pentola non trovò più nulla; gli gnocchi erano spariti. - O dov'erano andati? - mi domandò con premurosa curiosità un'altra signora, a cui per ridere raccontai il fatto, credendo forse che il folletto li avesse portati via.
- Non inarchi le ciglia, signora - risposi io - ché lo strano fenomeno è naturale: quelli gnocchi erano stati intrisi con poca farina e appena furono nell'acqua bollente si liquefecero.
Cuocete le patate nell'acqua o, meglio, a vapore e, calde bollenti, spellatele e passatele per istaccio. Poi intridetele colla detta farina e lavorate alquanto l'impasto colle mani, tirandolo a cilindro sottile per poterlo tagliare a tocchetti lunghi tre centimetri circa. Spolverizzateli leggermente di farina e, prendendoli uno alla volta, scavateli col pollice sul rovescio di una grattugia. Metteteli a cuocere nell'acqua salata per dieci minuti, levateli asciutti e conditeli con cacio, burro e sugo di pomodoro, piacendovi.
Se li volete più delicati cuoceteli nel latte e serviteli senza scolarli; se il latte è di buona qualità, all'infuori del sale, non è necessario condimento alcuno o tutt'al più un pizzico di parmigiano.

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GNOCCHI DI FARINA GIALLA Quando vi sentite una certa ripienezza prodotta da esuberanza di nutrizione, se ricorrete a una minestra di questi gnocchi potrete, per la loro leggerezza e poca sostanza, neutralizzarla; e più ancora se farete seguire ad essa un piatto di pesce di facile digestione.
La farina, per quest'uso, è bene sia macinata grossa; se no è meglio ricorrere al semolino fine di granturco, che ora trovasi in commercio. Salate l'acqua e, quando bolle, versate colla mano sinistra la farina un po' per volta e col mestolo nella destra, mescolate continuamente. È necessario che questa farina bolla molto, e quando essa è ristretta in modo da reggere bene sul mestolo, gettatela, con un coltello da tavola, a tocchetti entro a un vassoio e ad ogni strato conditela con cacio, burro, sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Colmatene il vassoio e mandatela calda in tavola.
Se poi vi piacessero più conditi potete trattarli come la polenta con le salsicce del n. 232 o come i maccheroni alla bolognese del n. 87.

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PAPPARDELLE ALL'ARETINA Non ve le do come piatto fine, ma per famiglia può andare.
Prendete un'anatra domestica, mettetela in casseruola con un pezzetto di burro, conditela con sale e pepe e, quando avrà preso colore, aggiungete un battuto, tritato ben fine, di prosciutto, cipolla, sedano e carota. Lasciatelo struggere sotto l'anatra, rivoltandola spesso; poi levate via buona parte dell'unto come cosa indigesta, e tiratela a cottura con brodo ed acqua versata poca per volta, ma in quantità tale che vi resti il sugo per condire la minestra di pappardelle.
Procuratevi un pezzetto di milza di vitella o di manzo, apritela e raschiatene col coltello la parte interna per metterla a bollire sotto l'anatra quando questa sarà cotta e servirà per ingrediente al sugo a cui non sarà male aggiungere anche pomodoro e odore di noce moscata. Tirate una sfoglia di tutte uova, grossetta come quella delle tagliatelle e colla rotellina smerlata tagliate le strisce più larghe di un dito. Cuocetele poco e conditele col detto sugo, col fegatino dell'anatra a pezzetti, parmigiano e un poco di burro se occorre. Queste pappardelle servono per minestra e l'anatra per secondo piatto.

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PASTE ALLA CACCIATORA Così chiamano in Toscana una minestra di paste asciutte, (nocette, paternostri, penne e simili) condite con la carne delle arzavole. Le arzavole sono uccelli di padule, dal piede palmato, dal becco a spatola, somigliantissimi alle anatre se non che sono più piccole, da pesare in natura grammi 250 a 300. Due di queste sono sufficienti per condire una minestra di grammi 400 di pasta da bastare per quattro persone.
Gettate via la testa, le zampe, la stizza, e gli intestini per farle bollire con un mazzetto guarnito di sedano, carota e gambi di prezzemolo in tanta acqua salata che basti per cuocervi la minestra. Cotte che siano disossatele e tritatele con la lunetta insieme coi fegatini e i ventrigli vuotati che avrete cotti con le arzavole. Cotta la pasta nel detto brodo scolatela bene e conditela a suoli con questa carne tritata, burro e parmigiano a buona misura.
Riesce una minestra gustosa e, ciò che più conta, di non difficile digestione.

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PASTE CON LE ARZAVOLE La precedente minestra Paste alla cacciatora mi ha suggerito questa che non riesce men buona. Prendete un'arzavola e, vuotata e pulita come le suddette, mettetela a cuocere insieme con un battuto di cipolla (un quarto o mezza se è piccola), un bel pezzo di sedano, mezza carota, grammi 40 di prosciutto grasso e magro e un pezzetto di burro; sale e pepe per condimento. Rosolata che sia, tiratela a cottura con del buon brodo e un po' di sugo di pomodoro o conserva. Poi disossatela e tritatela insieme con qualche pezzetto di funghi secchi, se li avete uniti all'arzavola mentre cuoceva. Rimettete al fuoco questo intingolo con l'odore delle spezie o della noce moscata e un pezzo di burro impiastricciato di farina per legarlo, e con esso e parmigiano condite grammi 350 di paste che possono essere maccheroni, strisce, denti di cavallo od altre simili.
Questa quantità può bastare per cinque persone se non sono gran mangiatori.
Se unirete all'arzavola grammi 50 di filetto di manzo avrete l'intingolo più sostanzioso.

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PAPPARDELLE COL SUGO DI CONIGLIO Dopo aver lavato il coniglio, tagliatelo a pezzi più grossi di quello da friggere e mettetelo al fuoco in una casseruola per fargli far l'acqua che poi scolerete; quando sarà bene asciutto gettateci un pezzetto di burro, un poco d'olio e un battuto tritato fine e composto del fegato dell'animale, di un pezzetto di carnesecca e di tutti gli odori, cioè: cipolla, sedano, carota e prezzemolo. Conditelo con sale e pepe. Rimuovetelo spesso e quando sarà rosolato bagnatelo con acqua e sugo di pomodoro, o conserva, per tirarlo a cottura, aggiungendo per ultimo un altro poco di burro.
Servitevi del sugo per condire con questo e con parmigiano una minestra di pappardelle o di strisce, e mandate in tavola per secondo piatto il coniglio con alcun poco del suo intinto.
Se non volete condir la minestra non occorre nel battuto la carnesecca.

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PAPPARDELLE COLLA LEPRE I La carne della lepre, essendo arida e di poco sapore, ha bisogno in questo caso, di venire sussidiata da un sugo di carne di molta sostanza per ottenere una minestra signorile. Eccovi le dosi di una minestra per cinque persone che, per tante, a mio avviso, deve bastare una sfoglia di tre uova, tagliata a forma di pappardelle larghe un dito, con la rotella smerlata, oppure per grammi 500 o 600 di strisce di pasta comprata.

I due filetti di una lepre, che possono pesare in tutto grammi 180 a 200, compreso i rognoni
Burro, grammi 50.
Carnesecca, grammi 40.
Mezza cipolla di mediocre grandezza.
Mezza carota.
Un pezzo di sedano lungo un palmo.
Odore di noce moscata.
Parmigiano, quanto basta.
Una cucchiaiata di farina.
Sugo di carne, decilitri 6.

I filetti spellateli da quella pellicola che li avvolge e tagliateli a piccoli dadi, poi fate un battuto con la carnesecca, la cipolla, il sedano e la carota. Tritatelo ben fine con la lunetta e mettetelo al fuoco con la terza parte del detto burro e con la carne di lepre, condendola con sale e pepe. Quando la carne sarà rosolata, spargeteci sopra la farina e poco dopo bagnatela e tiratela a cottura coi detto sugo. Prima di servirvi di questo intingolo aggiungete il resto del burro e la noce moscata.
Le pappardelle o strisce che siano, cotte nell'acqua salata, levatele bene asciutte e conditele sul vassoio, senza rimetterle al fuoco, con parmigiano e l'intingolo suddetto.
In mancanza dei filetti servitevi dei coscetti.

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PAPPARDELLE COLLA LEPRE II Eccovi un'altra ricetta più semplice per condire con la stessa quantità di carne di lepre la medesima quantità di paste.
Fate un battuto con grammi 50 di prosciutto, più grasso che magro, un quarto di cipolla, sedano, carota e pochissimo prezzemolo. Mettetelo al fuoco con grammi 40 di burro e quando avrà soffritto, buttateci i pezzi della carne interi e conditeli con sale e pepe. Fatela rosolare e poi, per cuocerla, bagnatela a poco a poco con brodo e sugo di pomodoro o conserva, in modo che vi resti abbondante liquido; quando la carne è cotta levatela asciutta e tritatela non tanto minuta con la lunetta.
Fate, come dicono i Francesi, un roux o, come io direi, un intriso con grammi 30 di burro e una cucchiaiata di farina e quando avrà preso sul fuoco il color biondo, versate nel medesimo la carne tritata e il suo sugo, aggiungendo altri 30 grammi di burro e l'odore della noce moscata; poi con quest'intingolo e con parmigiano condite la minestra. Non mi rimproverate se in queste minestre v'indico spesso l'odore della noce moscata. A me pare che ci stia bene; se poi non vi piace sapete quello che avete a fare.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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RAVIOLI Ricotta, grammi 300.
Parmigiano grattato, grammi 50.
Uova, n. 2.
Bietola cotta, quanta ne sta in un pugno. Odore di noce moscata e spezie.
Sale, quanto basta.

La ricotta passatela, e se è sierosa strizzatela prima in un tovagliolo. La bietola nettatela dai gambi, lessatela senz'acqua, strizzatela bene e tritatela fine colla lunetta Fate un impasto di tutto, prendete il composto a cucchiaiate e mettendolo sopra a della farina, che avrete distesa sulla spianatoia, avvolgetelo bene dandogli la forma tonda e bislunga delle crocchette. Con questa dose farete circa due dozzine di ravioli. Per cuocerli gettateli in acqua, non salata, che bolla forte e levateli colla mestola forata perché restino asciutti. Conditeli o col sugo o a cacio e burro e serviteli per minestra o per contorno a un umido di carne.
Siccome la cottura ne è sollecita, bastando che assodino, cuoceteli pochi alla volta onde non si rompano.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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RAVIOLI ALL'USO DI ROMAGNA I Romagnoli, per ragione del clima che richiede un vitto di molta sostanza e un poco fors'anche per lunga consuetudine a cibi gravi, hanno generalmente gli ortaggi cotti in quella grazia che si avrebbe il fumo negli occhi, talché spesse volte ho udito nelle trattorie: - Cameriere, una porzione di lesso; ma bada, senza spinaci. - Oppure: - Di questi (indicando gli spinaci) ti puoi fare un impiastro sul sedere. - Esclusa quindi la bietola o gli spinaci, eccovi la ricetta dei ravioli all'uso di Romagna:

Ricotta, grammi 150.
Farina, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova, uno e un rosso.
Sale, quanto basta.

Fate tutto un impasto e versatelo sulla spianatoia sopra un velo di farina per dargli la forma cilindrica che taglie rete in quattordici o quindici pezzi eguali foggiandoli a modo. Lessateli poi per due o tre minuti in acqua non salata e conditeli con cacio e sugo di carne, oppure serviteli per contorno a uno stracotto o a un fricandò.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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RAVIOLI ALLA GENOVESE Questi, veramente, non si dovrebbero chiamar ravioli, perché i veri ravioli non si fanno di carne e non si involgono nella sfoglia.

Mezzo petto di cappone o di pollastra.
Un cervello d'agnello con alcune animelle
Un fegatino di pollo.

Mettete queste cose al fuoco con un pezzetto di burro e quando cominciano a prender colore tiratele a cottura col sugo di carne. Levatele asciutte e tritatele finissime colla lunetta insieme con una fettina di prosciutto grasso e magro; poi aggiungete pochi spinaci lessati e passati, parmigiano grattato, noce moscata e due rossi d'uovo. Mescolate, e chiudeteli come i cappelletti all'uso di Romagna n. 7, o in modo più semplice; con questa dose ne farete sessanta circa.
Cuoceteli nel brodo per minestra, o asciutti con cacio e burro, oppure col sugo.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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SPAGHETTI COLLE ACCIUGHE Per minestra di magro è appetitosa. Prendete spaghetti mezzani che sono da preferirsi a quelle corde da contrabbasso, eccellenti per gli stomachi degli spaccalegne. Grammi 350 sono più che sufficienti per quattro persone di pasto ordinario, e per questa quantità bastano cinque acciughe.
Lavatele, nettatele bene dalle spine e dalle lische, tritatele alquanto colla lunetta e ponetele al fuoco con olio buono in abbondanza e una presa di pepe. Non le fate bollire, ma quando cominciano a scaldarsi aggiungete grammi 50 di burro, un poco di sugo di pomodoro o conserva e levatele. Condite con questo intingolo gli spaghetti cotti in acqua poco salata, procurando che restino durettini.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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SPAGHETTI COI NASELLI Spaghetti, grammi 500.
Naselli (merluzzi), grammi 300.
Burro, grammi 60.
Olio, cucchiaiate n. 4.
Marsala, cucchiaiate n. 4.
Odore di noce moscata.

Tritate una cipolla di mediocre grossezza e strizzatela fra le mani per toglierle l'acredine. Mettetela al fuoco con l'olio suddetto e quando comincia a rosolare gettateci i naselli tagliati a pezzi e conditeli con sale e pepe. Rosolati che siano versate sugo di pomodoro, o conserva sciolta nell'acqua per cuocerli, e poi passateli da uno staccio di fil di ferro, bagnandoli con un poco di acqua calda se occorre, per estrarne tutta la polpa. Rimettete il passato al fuoco col burro, la marsala, la noce moscata e quando avrà alzato il bollore, se il sugo non avrà bisogno di essere ristretto per ridurlo a giusta consistenza, condite con questo intingolo e parmigiano gli spaghetti cotti in acqua salata.
È questa una dose per cinque persone ed è minestra che piacerà perché non è un intruglio come sembrerebbe alla descrizione.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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SPAGHETTI COL SUGO DI SEPPIE Eccovi le norme approssimative per fare questa minestra che basterà per cinque persone.
Prendete tre seppie di media grandezza, che potranno pesare, in complesso, dai 650 ai 700 grammi. Spellatele e nettatele dall'osso, dall'apparato della bocca, dagli occhi, dal tubo digerente e dall'inchiostro, che alcuni lasciano, ma che io escludo perché mi sembra faccia bruttura. Fate un battuto con grammi 100 di midolla di pane, un buon pizzico di prezzemolo e uno spicchio d'aglio, unitevi i tentacoli, che sono due per ogni seppia, tritati ben fini, conditelo con olio, sale e pepe a buona misura e con questo riempite il sacco delle seppie cucendone la bocca. Tritate una cipolla di mediocre grandezza, strizzatela per toglierne l'acredine e mettetela al fuoco con olio, non molto però, e quando avrà preso colore gettateci le seppie e conditele con sale e pepe. Aspettate che coloriscano per tirarle a cottura a fuoco lento con molto sugo di pomodoro o conserva, aggiungendo acqua a poco per volta. Fatele bollir tre ore, ma procurate che vi resti il sugo necessario per condire con esso e con parmigiano grammi 500 di spaghetti i quali sentirete che riescono piacevoli al gusto.
Le seppie, che in questo modo rimangono tenere e perciò di non difficile digestione, servitele dopo come piatto di pesce in umido.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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SPAGHETTI DA QUARESIMA Molti leggendo questa ricetta esclameranno: - Oh che minestra ridicola! - eppure a me non dispiace; si usa in Romagna e, se la servirete a dei giovanotti, sarete quasi certi del loro aggradimento.
Pestate delle noci framezzo a pangrattato, uniteci dello zucchero a velo e l'odore delle spezie e, levati asciutti gli spaghetti dall'acqua, conditeli prima con olio e pepe, poi con questo pesto a buona misura.

Per grammi 400 di spaghetti, che possono bastare per cinque persone:
Noci sgusciate, grammi 60.
Pangrattato, grammi 60.
Zucchero bianco a velo, grammi 30.
Spezie fini, un cucchiaino colmo.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

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SPAGHETTI ALLA RUSTICA Gli antichi Romani lasciavano mangiare l'aglio all'infima gente, e Alfonso re di Castiglia tanto l'odiava da infliggere una punizione a chi fosse comparso a Corte col puzzo dell'aglio in bocca. Più saggi gli antichi Egizi lo adoravano in forma di nume, forse perché ne avevano sperimentate le medicinali virtù, e infatti si vuole che l'aglio sia di qualche giovamento agl'isterici, che promuova la secrezione delle orine, rinforzi lo stomaco, aiuti la digestione e, essendo anche vermifugo, serva di preservativo contro le malattie epidemiche e pestilenziali. Però, ne' soffritti, state attenti che non si cuocia troppo, ché allora prende assai di cattivo. Ci sono molte persone, le quali, ignare della preparazione dei cibi, hanno in orrore l'aglio per la sola ragione che lo sentono puzzare nel fiato di chi lo ha mangiato crudo o mal preparato; quindi, quale condimento plebeo, lo bandiscono affatto dalla loro cucina; ma questa fisima li priva di vivande igieniche e gustose, come la seguente minestra, la quale spesso mi accomoda lo stomaco quando l'ho disturbato. Fate un battutino con due spicchi d'aglio e un buon pizzico di prezzemolo e l'odore del basilico se piace; mettetelo al fuoco con olio a buona misura e appena l'aglio comincia a colorire gettate nel detto battuto sei o sette pomodori a pezzi condendoli con sale e pepe. Quando saranno ben cotti passatene il sugo, che potrà servire per quattro o cinque persone, e col medesimo unito a parmigiano grattato, condite gli spaghetti, ossia i vermicelli, asciutti, ma abbiate l'avvertenza di cuocerli poco, in molta acqua, e di mandarli subito in tavola, onde non avendo tempo di succhiar l'umido, restino succosi.
Anche le tagliatelle sono buonissime così condite.

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SPAGHETTI COI PISELLI È una minestra da famiglia, ma buona e gustosa se preparata con attenzione; del resto queste minestre asciutte vengono opportune per alternare con quell'eterno e spesso tiglioso e insipido lesso.

Spaghetti, grammi 500.
Piselli sgranati, grammi 500.
Carnesecca, grammi 70.

Fate un battuto con la suddetta carnesecca, una cipolla novellina, un aglio fresco e qualche costola di sedano e prezzemolo. Mettetelo al fuoco con olio e, quando comincia a prender colore, versate i piselli insieme con qualche gambo di aneto tritato, se lo avete; conditeli con sale e pepe e cuoceteli.
Gli spaghetti tritateli con le mani per ridurli corti meno di mezzo dito, cuoceteli nell'acqua salata, scolateli bene, mescolateli coi piselli e serviteli con parmigiano a parte.
Questa quantità potrà bastare per sei o sette persone.

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SPAGHETTI CON LA BALSAMELLA Tolti asciutti dall'acqua e conditi sul vassoio con parmigiano e burro, né più né meno come siete soliti a fare, versateci sopra, se gli spaghetti fossero grammi 300, una besciamella composta di

Latte molto buono decilitri n. 3.
Burro, grammi 20.
Farina, grammi 5 che corrispondono a una mezza cucchiaiata.

È una minestra che potrà bastare a quattro persone.

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MINESTRA DI ERBE PASSATE Prendete un mazzo di bietola, uno di spinaci, un cesto (cespo) di lattuga e uno spicchio di cavolo cappuccio. Alla bietola togliete le costole più grosse, trinciate tutte queste erbe all'ingrosso e tenetele per alcune ore nell'acqua fresca.
Fate un battuto con un quarto di cipolla e tutti gli odori, cioè, prezzemolo, sedano, carota e qualche foglia di basilico, oppure di aneto; mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro e quando sarà ben colorito, versate sul medesimo le dette erbe alquanto grondanti, insieme con alcuni pomodori a pezzi e con una patata tagliata a fette. Condite con sale e pepe e lasciate bollire rimescolando spesso. Quando le erbe saranno ristrette, versate acqua calda e fatele cuocer tanto che divengan disfatte. Allora passatele per istaccio, sul quale rimarrà lo scarto di bucce e filamenti, e servitevi del sugo passato per cuocervi del riso o per bagnare una zuppa; ma prima assaggiatelo, per aggiungere condimento, e specialmente del burro, che sarà quasi sempre necessario.
Le dette minestre servitele con parmigiano a parte, ma vi prevengo di non tenerle troppo dense onde non sembrino impiastri.


MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO

Le ricette dell'Artusi - 2003