Le contraddizioni del “Socialismo reale” in Unione Sovietica (pdf-zip)

di Cristina Carpinelli

Ricercatrice del Cespi (Centro Studi Problemi Internazionali) di Milano

La nozione di struttura sociale negli studi sovietici

La difficoltà sperimentata nel passato di riconoscere l’esistenza delle contraddizioni degli interessi, in Unione Sovietica, era dovuta al fatto che nello “Stato di tutto il popolo” non vi erano classi sfruttatrici e, di conseguenza, non vi potevano essere conflitti. Al contrario, regnava l’armonia sociale. Non esisteva, pertanto, nessuna teoria sovietica che affrontasse la natura del conflitto in presenza della proprietà socialista dei mezzi di produzione, ma soltanto tesi ufficiali che postulavano l’assenza del conflitto. Per il pensiero scientifico corrente le differenze degli interessi non erano concepite come conflitti, bensì come contraddizioni di carattere “non antagonistico”1. Quindi, esse non costituivano oggetto della materia costituzionale e politica, e le teorizzazioni vertevano principalmente sui metodi di “riconciliazione” degli interessi.

Tuttavia, negli anni della perestrojka, si era aperto un dibattito acceso su Riviste come “Voprosy filosofii”, “Voprosy ekonomiki”, “Kommunist”, attorno alla centralità del problema dell’obsolescenza del sistema dei rapporti di produzione socialista rispetto alla crescita qualitativa delle forze produttive, e sulla natura delle contraddizioni che il ritardo aveva aperto nella società. Si trattava di un dibattito fortemente avanzato e di rottura rispetto a quello tradizionale codificato in dottrina, ma che era stato recepito e tendenzialmente condiviso anche in taluni ambienti politici. Certo, le posizioni più spinte sostenute in sede di ricerca erano state filtrate politicamente ed espresse con cautela, attenuandone la portata dirompente. Ma si poteva trovare una misura di corrispondenza tra quanto affermato da Gorbačëv e la problematica sviluppata dalla sociologa Zaslavskaja, a partire dal suo noto Paper2, pubblicato in Occidente, nel quale si affermava la necessità di studiare il comportamento socio-economico dei lavoratori condizionato da interessi personali e di gruppo, al fine d’individuare una strategia diretta simultaneamente a mobilitare quei gruppi che erano interessati alla perestrojka e a immobilizzare quei gruppi che avrebbero potuto frenarla; dal momento che qualsiasi riforma del sistema dei rapporti di produzione e del sistema di gestione non poteva non produrre il conflitto. Gorbačëv includeva tra i problemi pressanti l’”attivazione” e l’”ottimizzazione” dei diversi interessi in subordine al prevalente interesse comune, la ricerca delle forme e dei metodi con cui nel sistema politico erano regolati questi interessi, e affermava che il sistema politico era chiamato ad intervenire energicamente su di essi, aprendo spazio agli interessi “sani”. Purtroppo - egli affermava - la dirigenza politica, che aveva bisogno di aggregare consenso e una forte coalizione sociale che fosse motivata alla perestrojka, non poteva contare sull’aiuto della scienza economica e sociale. La categoria degli interessi socio-economici, importantissima per la riforma, era stata poco studiata dalla scienza sovietica. Pochissimo si sapeva della punta dell’iceberg delle relazioni socio-economiche e, in particolare, delle caratteristiche effettive della posizione sociale dei vari gruppi di lavoratori industriali, impiegatizi, professionali, regionali e nazionali. Ancora meno noti erano la natura e il contenuto della coscienza socio-economica di questi gruppi, i loro valori e bisogni, la maniera in cui esprimevano e realizzavano i loro interessi.

Incominciavano, però, ad emergere nuovi orientamenti di pensiero, relativamente ad una società sovietica ampiamente “stratificata”, che si andavano ad affiancare all’abbondante letteratura sulla “omogeneità sociale”. I nuovi contributi sovietici parlavano delle diverse aggregazioni di cui si componeva la società. Essi mostravano sistematiche differenze nel reddito reale e nel tenore di vita, nelle prospettive d’istruzione e di promozione sociale. E questo era un dato tutt’altro che inedito. Di nuovo, tuttavia, c’era che le ineguaglianze economiche e sociali, di cui era permeata la vita sovietica, erano divenute, naturalmente entro certi limiti, accessibili all’indagine e alla discussione per gli studiosi di quel paese.

Contestualmente si era fatta largo in Unione Sovietica una considerevole letteratura attorno al tema dell’ineguaglianza. L’approccio al tema partiva da due punti di vista: 1) esporre e motivare in forma ragionata e sistematica alcune delle più evidenti posizioni ineguali dei vari gruppi socio-economici in rapporto alla distribuzione del reddito, alla ripartizione del potere decisionale, e così via. Questi indicatori non costituivano, in ogni modo, l’unico interesse degli studiosi sovietici. L’ineguaglianza era già stata riconosciuta “ufficialmente” come problema in numerose controversie che avevano caratterizzato il fermento intellettuale del periodo immediatamente successivo allo stalinismo; 2) esaminare il contenuto di queste controversie/dispute per quanto esso rivelava a proposito di tensioni, rivendicazioni e conflitti generati dalle profonde divisioni sociali che si riproducevano ormai sistematicamente nel paese dalla metà degli anni ‘70. “Oggetto” di queste dispute erano oltre alle esigenze di “democratizzazione” del management, le misure da intraprendere per il superamento della subordinazione delle donne, la messa a punto di una politica dell’istruzione non più solo “universale”, ma anche “mirata” (l’opportunità di una programmazione della domanda d’istruzione, che fosse in relazione alle esigenze del mercato del lavoro), la definizione di “approcci” e “categorie” alternative nell’esame della struttura sociale di classe. A dispetto del carattere non sempre “aperto” della discussione, si erano fatte via via avanti nuove idee in lotta per ottenere udienza, e lo spettro delle posizioni emerse era esso stesso evidente riflesso delle differenze che sottendevano queste nuove idee.


1 Sul dibattito delle contraddizioni sociali nell’Unione sovietica, che si era aperto alla fine degli anni ’50, rimando al saggio di Pierre Naville (Directeur de recherches presso il CNRS), qui di seguito riportato come Appendice.

2 T.I. Zaslavskaja. “Lo stato dell’economia sovietica. Il rapporto siberiano”, (a cura di) Viktor Zaslavski. Centro Gino Germani, 1985 (versione italiana).

 

Classi e “gruppi” (1)

Un ventaglio di disuguaglianze (2)

Antagonismi e contraddizioni (3)

L’interpretazione dell’ineguaglianza (4)

Il dibattito sulle contraddizioni sociali nell’Unione Sovietica (5)


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica
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Aggiornamento: 23-04-2015