ECONOMIA E SOCIETA' |
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UN PAESE DI "TARTASSATI" ED "EVASORI"
Non esistono sistemi fiscali "perfetti". Generalmente un sistema fiscale può essere più "efficace" che giusto o più "giusto" che efficace. Il dramma del nostro sistema fiscale è che esso risulta: a- né efficace (stante il "buco nero" dell'evasione cresciuto negli
anni) Segno evidente del marcato "disequilibrio" del nostro sistema fiscale è che: a- mentre sulle spalle di lavoratori dipendenti e pensionati grava
gran parte del "carico fiscale" pendente sugli Italiani (da soli, queste
categorie garantiscono ben l'"82%" dell'intero gettito Irpef!) - "evadendo" le tasse (essendo il loro "reddito effettivo"
difficilmente accertabile) IL "TAX FREEDOM DAY" Del taglio delle tasse si discute da anni, per lo meno dal 1994 (proprio con lo slogan "meno tasse per tutti" è avvenuta la scesa in campo del nostro attuale Premier, Silvio Berlusconi). Salve qualche intervento settoriale e sporadico (come la cancellazione dell'ICI sulla prima casa), però, di risultati concreti non se n'è visto l'ombra! L'imposizione fiscale in Italia continua, così, ad essere tra le più alte d'Europa (se non del mondo!). In Italia quest'anno il "tax freedom day" (il giorno dell'anno a partire dal quale i lavoratori, al netto delle tasse dovute allo Stato, iniziano a guadagnare fino alla fine dell'anno solo per se stessi) si è ulteriormente spostato in avanti: dal 22 al 23 giugno. Ciò vuol dire che ogni contribuente italiano, nel corso del 2010, dovrà devolvere all'erario un'equivalente in media pari a tutto ciò che intascherà col suo lavoro dall'1 gennaio fino al 23 giugno! Un esempio di quanto il fisco italiano sia vorace? Nella dichiarazione dei redditi, quando si raggiunge la soglia dei 28.000 euro, scatta automaticamente l'aliquota del 38%: ciò vuol dire che una famiglia media italiana (con un reddito poco superiore ai 2.000 euro mensili, oggigiorno appena sufficiente per vivere se si è in affitto, si ha un mutuo da pagare o si hanno più figli a carico) deve restituire quasi il 40% del proprio reddito allo Stato! Per fare qualche significativa comparazione: - in Francia un contribuente dichiarante 55 mila euro di reddito paga
solo "3 mila euro" di tasse sul reddito (in Italia lo stesso sarebbe
tenuto a pagare ben "16 mila euro"!) BERLUSCONI (LA PROMESSA): "DUE SOLE ALIQUOTE IRPEF PER GLI ITALIANI" "Riforma fiscale? Si parta dalla riduzione a due delle aliquote Irpef!". Questo il progetto al quale starebbe lavorando il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ed il Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. La novità principale altro non è che la riedizione (per la terza volta) della proposta con cui lo stesso Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si era presentato agli elettori già 15 anni fa: la riduzione delle aliquote Irpef a due sole (del 23% per i redditi inferiori a 100 mila euro e del 33% per i redditi superiori). IL SISTEMA IRPEF VIGENTE IN ITALIA In Italia l'Irpef (l'imposta sul reddito delle persone fisiche) si articola: - in "cinque scaglioni" di reddito Più in dettaglio: I- per i redditi compresi tra 0 e 15 mila euro l'aliquota Irpef è
pari al 23% Sui redditi più bassi, inoltre, grazie ad un complesso sistema di "deduzioni" dal reddito e di "detrazioni" dall'imposta, l'incidenza effettiva media dell'Irpef risulta pari: - per i redditi fino a 8 mila euro, all'1,6% Che l'Irpef rappresenti l'"imposta perno" del nostro sistema fiscale, infine, lo dimostra il suo enorme gettito, pari: - a 163,4 miliardi di euro (contro i soli 43 dell'Ires e 38
dell'Irap) COSA CAMBIEREBBE CON L'ANNUNCIATA RIFORMA DELL'IRPEF? Se la riforma prospettata dal Premier entrasse in vigore, il sistema dell'Irpef si articolerebbe in due soli scaglioni di reddito con aliquote fiscali notevolmente ridotte rispetto alle attuali: I- per i redditi tra 0 e 100 mila euro l'aliquota risulterebbe del
23% CHI BENEFICEREBBE, IN CONCRETO, DELLA RIFORMA? Un simile disegno riformatore risulterebbe premiante soprattutto per i ceti sociali più alti. Più in dettaglio: - per le fasce sociali basse (dichiaranti fino a 15 mila euro) il
beneficio fiscale sarebbe "nullo": in sostanza, i soggetti più deboli
(come pensionati e lavoratori percepenti meno di 1.000 euro al mese) non
riceverebbero "1 solo euro" di riduzione fiscale! Secondo l'ufficio studi della Cgia di Mestre ("Associazione artigiani e piccole imprese"): - a fronte di una riduzione del carico fiscale di "520 euro" annui
per una coppia con un figlio a carico e con un reddito di 21.500 euro
ciascuno ECCO PERCHE' LA RIFORMA DELL'IRPEF IN CANTIERE RISULTA ESSERE "CLASSISTA", "INIQUA", "INSOSTENIBILE" E "POPULISTA"! I- UNA RIFORMA "CLASSISTA" A seguito dell'approvazione di una riforma del genere, a regime: - mentre chi dichiarerà 100 mila euro di reddito annuo beneficerà di
ben "14 mila euro" di sconto fiscale A dimostrazione del fatto che in pochi (anzi "pochissimi") beneficerebbero della riforma in oggetto basti considerare il fatto che: - mentre il 50,9% dei contribuenti (oltre 21 milioni) dichiara meno
di 28 mila euro annui Questi dati, da soli, evidenziano il carattere "classista" di una riforma che sarebbe soltanto un'"offesa alla dignità" di chi lavora ed un "regalo" inatteso per grossi professionisti, ricchi ereditieri e speculatori economico-finanziari! Qual è, dunque, l'"interesse generale" che giustifica una riforma "costosissima" ed a beneficio di una minoranza "risicatissima"? II- UNA RIFORMA "INIQUA" Secondo l'art. 53 c. 2 della Costituzione "il sistema tributario è informato a criteri di progressività". Progressività dell'imposizione fiscale significa che: a- chi guadagna di più, per un principio di "equità sociale", deve
pagare più tasse (non in proporzione ma "in progressione" al proprio
reddito) La riforma fiscale in discussione, invece, va esattamente nella direzione opposta! Se si considera che il 99,5% dei contribuenti italiani dichiara redditi inferiori a 100 mila euro (per cui l'aliquota del 33% si applicherebbe soltanto ad una ristrettissima minoranza di contribuenti), tale riforma comporterebbe, di fatto, l'introduzione di un'"unica aliquota" del 23% su tutti i redditi: il pensionato o l'operaio pagherebbero allo Stato (in proporzione al proprio reddito) le stesse tasse dovute da un imprenditore, un medico, un commercialista, un avvocato o un libero professionista! III- UNA RIFORMA "INSOSTENIBILE" Alle considerazioni sull'"impatto sociale" della prospettata riforma vanno aggiunte quelle sul suo "impatto economico". Come coniugare, infatti: - la notevole diminuzione del gettito provocata dalla riduzione degli
scaglioni e delle aliquote Irpef (intorno ai 20 miliardi di euro) Quale sarebbe il vero prezzo (in termini di tagli alla spesa sociale e/o di aumenti della fiscalità generale, ossia di "macelleria sociale") che gli Italiani sarebbero tenuti a pagare? IV- UNA RIFORMA "POPULISTA" Un ultimo interrogativo lo pone la tempistica degli annunci del Governo: - il 9 novembre 2009 il Premier ha pubblicamente manifestato il suo
proposito di riduzione delle aliquote Irpef L'impressione, allora, è che si tratti dell'ennesima "boutade berlusconiana"! Un ulteriore fatto, tra l'altro, ci impone di esser scettici: - lo scorso ottobre 2009 il Cavaliere si era impegnato (davanti
all'assemblea di Confcommercio) per una riduzione dell'Irap nella
Finanziaria 2010 Quale la ratio di questa politica dei "continui proclami"? Verrebbe voglia, al proposito, di richiamare alla mente una notoria citazione del sen. Giulio Andreotti: "A pensar male si sbaglia. ma a volte ci s'azzecca!". UNA PROPOSTA ALTERNATIVA DI RIFORMA DELL'IRPEF E DEL SISTEMA FISCALE Una riduzione dell'Irpef, sia pur necessaria (specie in una fase di generale impoverimento delle classi sociali medie, di perdita di potere d'acquisto delle famiglie e di crollo dei consumi), non può che avvenire: - nel rispetto del principio di "progressività dell'imposta" Stante le limitate risorse finanziarie di cui dispone attualmente lo Stato: - se è improponibile una "riduzione generalizzata" delle imposte per
tutti a- sui percettori di "redditi minori" Sarebbe allora opportuna una progressiva RIDUZIONE: a- e DEGLI SCAGLIONI DI REDDITO (portandoli da 5 a 4) Un nuovo possibile schema impositivo dell'Irpef, così, potrebbe
essere il seguente: Una riduzione così sostanziale del gettito Irpef, ovviamente, sarebbe sostenibile solo riequilibrando il sistema fiscale nel suo complesso. A tal fine sarebbe auspicabile: I- l'INTRODUZIONE DI UNA "TASSA PATRIMONIALE" SUI GRANDI PATRIMONI (ossia, di valore stimato superiore a "1 milione di euro"). In pratica, una "imposta di solidarietà sociale" che garantirebbe un nuovo gettito fiscale in grado di compensare, almeno in parte, la riduzione del gettito Irpef e di incentivare le fasce sociali più ricche a spendere i propri redditi piuttosto che accumularli parassitariamente. II- l'AUMENTO DELLA TASSAZIONE SULLE "RENDITE FINANZIARIE". In Italia l'aliquota sulle rendite finanziarie è del 12,5%. Ciò
significa che: Ragioni di "equità fiscale", dunque, impongono di portare la tassazione delle rendite ad un livello più adeguato, comparabile con quello europeo: sarebbe auspicabile il raddoppio dell'imposta dal 12,5 al 25%. III- l'AUMENTO DELL'IVA SUI "BENI DI LUSSO" E' auspicabile spostare progressivamente l'imposizione fiscale sempre più dal reddito ai consumi, sulla base della constatazione che la capacità di consumo (salvo che per i beni primari) cresce all'aumentare del reddito: l'imposta sui consumi di beni "di lusso", dunque, è l'imposta progressiva per eccellenza! In Italia l'aliquota Iva varia dal 4% (per beni primari come il pane e la pasta) al 20% (per beni come i profumi): sarebbe opportuno portare al 25% l'aliquota Iva sui beni di lusso (come auto di grossa cilindrata, barche di grosse dimensioni, ville, piscine.). IV- la REINTRODUZIONE DELL'ICI SULLA PRIMA CASA PER I REDDITI PIU'
ALTI, ossia: Blog "SPAZIO LIBERO!": spaziolibero.blogattivo.com Gruppo "PER UN FISCO PIU' EQUO E SOLIDALE. (Tolleranza zero contro l'evasione!)": www.facebook.com/group.php?gid=304648003215&ref=mf Testi
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