L’IMPOSIZIONE FISCALE IN UNA SOCIETA’ APERTA Qui a fianco chi legge potrà farsi una idea di quello che pensavo
qualche anno fa. Ero quel che Popper avrebbe definito un “totalitario”
(sia pure in buona fede!) perché fissavo una volta per tutte un sistema
giusto da imporre alla collettività.
Ora ho cambiato idea. Non ho raggiunto certo una idea definitiva su come
dovrebbe essere l’imposizione fiscale, né ho rigettato completamente
alcuni sogni del passato. Insomma, il lettore rischia di ritrovarsi fra
qualche tempo una terza colonna che presenti una nuova revisione!
Le ultime elezioni politiche in Italia (nel 2006) che hanno visto la
vittoria del centro-sinistra, hanno avuto una grossa novità: la nascita
della Rosa nel Pugno, un movimento politico che definisco eclettico,
perché prende alcuni valori storici della sinistra (come ad esempio
l’affermazione del diritto a un reddito di esistenza, dato cioè per il
solo fatto di esistere) e valori propri del liberismo (il libero
mercato, con il lavoro precario, la cui apparente ingiustizia è corretta
appunto dalla presenza di un reale sistema di indennità di
disoccupazione – che può essere identificato con il reddito di esistenza
di cui ho parlato prima).
Questo eclettismo politico mi convince, almeno in questo momento
storico, per l’affermazione dei diritti di laicità, contro le ingerenze
della Chiesa, e per altri motivi che non dirò per non uscire fuori tema.
Dunque mi sono persuaso che non si può stabilire una volta per tutte una
aliquota di tassazione. Occorre ragionare in termini di attualità,
provvisorietà e ricerca di un accordo sempre rivedibile, nell’ottica di
un riformismo progressivo, quale indicato da Popper nel modello di
società aperta.
I punti fermi sono, secondo me, i seguenti:
1) necessità del federalismo fiscale, solidale, nel senso che una parte
degli introiti andrà gestito localmente, e un’altra parte dovrà essere
indirizzato a un organismo centrale – nazionale, o meglio ancora, in un
prossimo futuro, mondiale, il quale organismo penserà ad attuare la
solidarietà nei confronti delle regioni del mondo meno ricche;
2) fine di ogni totalitarismo, con una politica di democratizzazione
mondiale (e nel campo fiscale ciò si riflette in un ordine nuovo, che
impedisce a dittatori di decidere arbitrariamente chi tassare e come
gestire gli introiti, ma ogni decisione viene presa da organismi
democraticamente eletti, sia a livello locale e poi via via sino ad
arrivare a un organismo centrale mondiale);
3) questo organismo centrale mondiale può identificarsi in una ONU che
finalmente abbia poteri vincolanti (il lettore potrà leggere a fianco
rendendosi conto di come i sogni più antichi siano sempre validi, sia
pure adattabili alla situazione attuale…).
Fasano, 9 maggio 2006 |
UN’IMPOSIZIONE FISCALE FORTEMENTE PROGRESSIVA
PER ASSICURARE L’UGUAGLIANZA TRA I CITTADINI
E’ proprio di questi giorni il dibattito tra forze politiche di
centro-destra e centro-sinistra se sia doveroso ridurre le tasse ai
cittadini. Si vorrebbe addirittura giungere a una aliquota massima del
33%, rispetto all’attuale 45%, per le persone fisiche. Solo l’estrema
sinistra percorre una via diametralmente opposta: l’aliquota massima
dovrebbe essere elevata, le tasse diventare fortemente progressive, al
fine di assicurare l’uguaglianza sostanziale tra i cittadini.
Qual è il sistema migliore? E in particolare cosa si augura un
socialista democratico?
Un teorico recentemente scomparso, Robert Nozick (liberista), propugnava
uno Stato minimo con bassa tassazione tale però da garantire un sistema
di polizia e magistratura atto ad assicurare il rispetto dei contratti
traslativi della proprietà e difendere i consociati da furti e altri
illeciti. Il resto doveva essere lasciato al libero arbitrio dei
cittadini. Ma lo stesso Nozick era consapevole che le situazioni
patrimoniali esistenti sono il risultato spesso di vecchi illeciti (la
proprietà è originata da furti, inganni e avvelenamenti, come ben sapeva
Marx!) e giustizia vuole che tali situazioni vengano rettificate nel
breve periodo con uno Stato più che minimo, che permetta anche ai
cittadini più bisognosi (che si presume siano i discendenti delle
vittime di antichi soprusi) di godere di un patrimonio dignitoso.
Ma il sistema di Nozick, che garantisce sicuramente la piena espressione
della libertà dei consociati, non è – a mio parere – il migliore dei
sistemi possibili. Cosa assicura, una volta che è trascorso il breve
periodo dello Stato più che minimo, che le cose si mettano in moto con
un respiro che non si incepperà mai più? E poi, se taluno dissipa il
patrimonio personale, certamente i suoi discendenti dovranno pagarne le
amare conseguenze. E – cosa ancor più grave – Nozick non conosceva una
solidarietà sociale che andasse oltre la non obbligata liberalità.
E’ proprio la solidarietà il cardine intorno a cui ruota una concezione
di vita che concili democrazia e comunismo. Per ottenere l’uguaglianza
sostanziale è doverosa una imposizione fiscale fortemente progressiva
(fino all’80-90% di aliquota massima). Questo enorme patrimonio
ritornerà di fatto nelle mani dei consociati, che dovranno essi stessi
pianificare i modi di utilizzo, pianificazione che non deve essere
centralizzata per non incorrere in uno Stato burocratico come era l’ex
Unione Sovietica.
Il sogno è, a ben guardare, antichissimo. Dante stesso parlava di
autonomie locali che avrebbero dovuto essere coordinate da un vertice
che per quei tempi sarebbe stato l’imperatore, mentre oggi potrebbe
benissimo essere l’ONU. I proventi delle tasse devono al tempo stesso
servire ad attuare le scelte particolaristiche decise a livello
regionale e quelle supernazionali e di coordinamento e solidarietà
socio-economica decise da un’ONU democratizzata.
In particolare dovranno essere assicurati i servizi sociali, non più
gestiti da una burocrazia centralizzata ma dalle autonomie locali e
dalle università che diventeranno veri centri di ricerca.
Fasano, 25 luglio 2003 |