Walter Galli |
voce recitante: ANNA SIMONCINI |
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INTERVISTA AD ANNA SIMONCINI, MOGLIE DI WALTER GALLI Sulla poesia dialettale 1. Perché
Walter Galli scelse di scrivere le poesie in dialetto? 2. Pensava
che in dialetto avrebbe potuto esprimere meglio i suoi pensieri, perché questa
era stata la sua lingua materna? 3. Ma
è stata una scelta voluta dal proprio passato o da una convinzione interiore
della superiorità del dialetto sull’italiano? 4. Per
poterlo scrivere così bene, che studi fece? Chi furono i suoi maestri? O era
forse autodidatta? 5. Riteneva
che la poesia dialettale avrebbe potuto avere un futuro per la Romagna, oppure
si considerava uno degli ultimi poeti dialettali? 6. Si
sentiva parte di un circolo di poeti dialettali o viaggiava per conto proprio? Le sue raccolte 1. Walter
Galli è nato nel 1921 e la sua prima raccolta, La pazìnzia, è del 1976, che
raccoglie poesie scritte sin dal 1951: come mai c’è voluto così tanto tempo
prima di pubblicare una raccolta di poesie? 2. Come
venne accolto il primo libro dal pubblico, dalla critica e dagli altri poeti? 3. La
seconda raccolta, Una vita acsé, è del 1989. Non si può dire che Walter Galli
sia stato un autore prolifico. Gli mancava l’ispirazione o era preso da altre
cose? 4. L’ultima
raccolta, La giostra, è stata inclusa in Tutte le poesie, pubblicate dal Ponte
Vecchio. Se tu dovessi mettere a confronto le tre raccolte, che giudizio
daresti? 5. Davvero
l’Antologia di Spoon River è stata tra le più significative fonti letterarie di
Walter Galli? In particolare cosa gli piaceva di questa raccolta? 6. Come
mai conosceva così bene e apprezzava così tanto alcuni poeti latini? Come mai
cercò a più riprese di imitare lo stile di Marziale? 7. L’epigramma
è il modulo stilistico che gli è più congeniale, perché sintetico, lapidario,
molto latino. Anche lui nella vita era di poche parole? 8. Nelle
sue poesie Walter Galli appare spesso amaro, anche quando è ironico; appare
sempre molto serio, come se sapesse bene che gran parte delle cose sono vane o
illusorie e che la verità è molto diversa dall’apparenza. Anche nella vita era
così? 9. Il
fatto d’aver vissuto nella Valdoca, il rione più popolare di Cesena, lo
avvertiva come un peso per il successo delle sue poesie o come un’occasione fondamentale
d’ispirazione? 10. Lo apprezzavano
quelli del suo quartiere quando vedevano che nelle sue poesie parlava di loro,
oppure i suoi personaggi o le loro azioni sono, almeno in parte, frutto della
sua fantasia? 11. Scriveva le sue
poesie per diletto o perché sperava di diventare un grande poeta romagnolo? 12. Era consapevole di
essere diventato il più grande poeta dialettale cesenate e uno dei più grandi
della Romagna? 13. Tra i poeti
dialettali Walter Galli chi apprezzava di più? 14. E tra quelli in
lingua italiana? 15. Ha mai conosciuto
Marino Moretti? 16. Cosa pensava di
Renato Serra e del Pascoli? 17. Ha mai scritto su
riviste letterarie? 18. S’interessava di
politica? 19. Essendo nato nel 1921, ha vissuto tutto il ventennio fascista: che giudizio ne dava? 20. Che giudizio ha
dato della Resistenza, del boom economico degli anni ‘50 e ‘60? 21. Walter Galli ha amato
anche la pittura. Cosa può dire di questa sua passione? Sulla sua importanza 1. Secondo
lei Walter Galli è oggi sufficientemente stimato dalla critica letteraria
(locale, regionale, nazionale)? 2. Come
giudica l’impegno profuso dalle istituzioni del Comune, della Provincia o della
Regione per valorizzare un poeta come Walter Galli? Walter Galli letto da Anna Simoncini
Omaggio a Walter Galli (pps) - Galli pittore (pps) - La Valdoca (pps) Intervista a Walter Galli da parte di: Gabriele Zani - Davide Argnani Dialetto romagnolo - La vocazione satirica di Walter Galli (pdf) |
WALTER GALLI POETA DIALETTALE ROMAGNOLO Walter Galli può tranquillamente essere considerato il più grande poeta dialettale di Cesena e uno dei più grandi della Romagna, dove la poesia dialettale contemporanea è stata inaugurata da Tonino Guerra nel 1946, con I scarabocc. Il suo unico difetto è di aver scritto poco. In un unico volume, intitolato appunto Tutte le poesie (ed. Il Ponte Vecchio, Cesena 1999) sono raccolte le liriche, gli epigrammi, gli epitaffi (perché così molte bisognerebbe chiamarle), scritti dal 1951 al 1995. Le ultime (edite sempre dal Ponte Vecchio) sono invece del 2004, scelte dalla moglie, a due anni dalla morte del poeta. Galli era un amante degli epigrammi latini, soprattutto di Marziale, perché voleva essere conciso, assolutamente essenziale, e in questo rifuggiva come la peste la retorica, le smancerie, le affettazioni. La vita, secondo lui, offriva poco da ridere. La vita è soltanto un dramma che va vissuto sino in fondo, con coraggio, senza farsi illusioni. Questa filosofia è una costante in tutte le sue liriche, che sono di un'amarezza venata d'ironia, un'ironia che si avvale di paradossi, di esagerazioni. Chi riesce a guardare con distacco, metabolizzandole, le assurdità, i non-sense della vita, merita di vivere: questa la sua etica esistenziale. Che è quanto mai latina, come lo è, da duemila anni, la Romagna (anzi, considerando l'importanza che ha avuto Ravenna, greco-latina). L'altro stile che piaceva a Galli era quello degli epitaffi alla Spoon River. Sono molti i personaggi di cui parla nelle sue liriche, certamente non di fantasia: gli bastava osservarli attentamente nel luogo in cui era nato e vissuto: la Valdoca, il rione più popolare di Cesena, a dimostrazione che per scrivere grandi poesie non serve affatto una grande città. Lo avevamo già visto in Leopardi, che pur detestava a morte la sua Recanati. Con la differenza che Galli, come Pascoli, non ha mai visto la natura come "matrigna", ma, semmai, come un eden perduto per sempre; né la morte è vista come una nemica, ma, semmai, come una liberazione dal male, al pari dell'Adelchi manzoniano. Dopo aver sopportato tutto il ventennio fascista, Galli non riuscì a trovare quell'ingenuo ottimismo all'americana che doveva servire per dimenticare i drammi e le tragedie. Le ferite erano troppo profonde per rimarginarsi così in fretta. Cesena non era una città di riviera, dove, con la ripresa del turismo, sembrava non fosse successo nulla. Rimini era stata la città più bombardata d'Italia dopo Montecassino, ma nel dopoguerra i migliori turisti erano gli stessi tedeschi di qualche anno prima. La sua Cesena invece sembrava essere uscita dalla guerra con un carico immenso di miserie morali e materiali e una superficialità del genere non avrebbe potuto sopportarla. Walter Galli non poté chiudere gli occhi e far finta che non fosse successo nulla. A lui non facevano ribrezzo soltanto i concetti fascisti di patria, onore, senso del dovere, ma anche quelli di sfruttamento industriale, consumismo e persino le illusioni religiose che mistificano la realtà. Galli voleva essere un realista o un verista: alcune sue poesie avrebbero potuto essere scritte dal Verga in forma novellistica. Galli detestava il pretume e i padroni e, nei confronti dello Stato, nutriva atteggiamenti anarchici, non essendo un uomo politicamente impegnato. Sferzava tutti con la sua satira pungente, col suo sarcasmo. A volte rischiava anche la volgarità, ma solo perché aveva la percezione che al male di vivere non vi fosse alternativa: erano debolezze di un uomo disilluso, che si sentiva sconfitto e che però si faceva carico delle sconfitte altrui. In definitiva la grandezza di Galli non sta tanto in ciò che ha detto, ma nell'averlo saputo dire, magistralmente, in dialetto, avendo di questa lingua un'assoluta padronanza. Ha voluto e ha saputo esprimere una filosofia di vita che non era solo sua, ma di buona parte della Romagna contadina (benché egli fosse sempre vissuto in città), e in una lingua che ormai sempre meno i suoi abitanti sono in grado di parlare, tanto meno di leggere o di scrivere. Questo è stato il suo più grande merito culturale: l'aver cercato una coerenza linguistica ed esistenziale tra forma e contenuto, pur nella consapevolezza di compiere un'impresa disperata. Per i testi e le traduzioni in lingua italiana delle poesie rimandiamo al volume recentemente pubblicato:Walter Galli, TUTTE LE POESIE, Soc. Ed. "Il Ponte Vecchio" Walter Galli, Le ultime, 2004, Il Ponte Vecchio
Walter Galli
Anna Simoncini Ilario Sirri legge le poesie di Galli Commento alle poesie di Galli: |