PERCHE' RIPRODURSI?

L'esigenza
riproduttiva è più primordiale di quella dell'amore o le è concomitante,
connaturata?
Il desiderio che gli animali provano di accoppiarsi proviene solo
dall'istinto di riprodursi o, nel mentre lo si vive, gli animali sperimentano
una qualche forma di amore reciproco?
Il desiderio stesso di riprodursi può avere delle basi ontologiche diverse
da quelle della riproduzione? Cioè la riproduzione è un segno di qualcos'altro o
una cieca necessità? E questa alterità naturale può essere definita col concetto
di "amore universale" o non può essere affatto definita?
Le specie animali (inclusa quella umana) sono condannate a riprodursi, per
poter sopravvivere, oppure possono sperare in un destino meno fatale?
Saremmo disposti a riprodurci per un senso del dovere (tutelare la specie)
se non esistesse un'attrazione sessuale istintiva?
Rispondere a queste domande non è semplice. Se guardiamo il mondo animale
dobbiamo dire che la riproduzione è senza dubbio una forma connessa al piacere,
tanto che gli animali in cattività tendono a non riprodursi, ma è anche
indubbiamente una decisione imposta dalla natura, cui l'animale non può
autonomamente sottrarsi.
E un animale che non si riproduce o che lo fa in misura molto ridotta nel
tempo e nella quantità, viene in un certo senso estromesso dal branco, oppure
vive in maniera isolata, in gruppi molto ristretti, facilmente soggetti ad
essere sopraffatti.
Noi non
sappiamo da dove la natura prenda tutta questa energia a favore della
riproduzione, né perché la imponga e la pretenda in maniera così imperiosa dagli
esseri viventi. E' come se tutti stessimo sperimentando una consapevolezza
propria della natura, quella secondo cui la vita sulla terra non è destinata a
durare in eterno.
Sappiamo soltanto che da quando è apparso il genere umano, l'esigenza
riproduttiva è diventata qualcosa di strettamente legato all'amore, come una
forma di scelta volontaria, tant'è che solo in riferimento al genere umano si
parla di "interruzione volontaria della gravidanza". Gli animali non
abortiscono.
Gli esseri umani
non vogliono soltanto riprodursi o provare un piacere fisico per riprodursi,
vogliono anche che la riproduzione sia connessa ai sentimenti e soprattutto alla
libertà di amare. Questo probabilmente dipende dal fatto che solo nella specie
umana la gestazione e l'allevamento della prole sono processi lunghi e faticosi.
Siamo destinati a riprodurci, per non scomparire come specie, ma secondo una
modalità, e quindi anche secondo un fine che non è semplicemente quello di
sopravvivere come specie.
Con la comparsa del genere umano, la natura ha in un certo senso superato se stessa,
poiché ha fatto delle proprie leggi un qualcosa che va al di là della legge
stessa.
La natura ha preso consapevolezza che il modo migliore di vivere la
riproduzione è quello di amarsi.
Solo che
in questo modo è avvenuto un capovolgimento di fronte. Se l'importanza sta
nell'amore, il concetto di riproduzione può anche essere sganciato dalla
riproduzione fisica in senso stretto. Gli uomini possono amarsi a prescindere
dalla riproduzione.
L'amore diventa qualcosa di universale e non più di strettamente legato ai
genitori, ai figli, al parentado ecc. La riproduzione diventa qualcosa di
spirituale: non è tanto la specie a riprodursi quanto l'amore ch'essa, per
sussistere, deve ogni giorno vivere.
E il fatto che su questa terra l'amore sia connesso alla riproduzione
sessuale, dipende appunto dalle condizioni che la natura ha imposto come
necessità.
Se volessimo essere un minimo logici e coerenti coi principi evoluzionistici
dominanti, dovremmo dire che, come gli animali si sono evoluti nella specie
umana, così questa dovrebbe evolversi in qualcosa di superiore, di "sovrumano" o
di "metaumano", intendendo con questi termini una forma superiore di vivibilità
dell'amore, la cui esigenza riproduttiva dovrebbe manifestarsi in forme per così
"spiritualizzate" o "immateriali"
Queste ovviamente sono considerazioni puramente ipotetiche e astratte.
Tuttavia, se per poter guardare avanti bisogna prima guardare indietro, noi non
possiamo non costatare come la natura si sia progressivamente evoluta dalle forme
più semplici dell'esistenza a quelle più complesse.
La forma più
complessa della natura è proprio l'essere umano, semplicemente perché in esso è presente
un elemento sconosciuto a tutte le specie animali: la libertà. L'uso di questo
elemento è andato di pari passo con la scoperta dell'importanza dell'amore.
Quando si ha consapevolezza dell'importanza della specificità di questi
elementi, che in natura si trovano presenti solo nell'essere umano, si dovrebbe
porre un freno a tutto ciò che ostacola lo sviluppo di questi elementi.
Cioè una volta
compreso che in natura non esistono cose più importanti della libertà e
dell'amore, gli uomini dovrebbero eliminare tutti gli ostacoli che si
frappongono allo sviluppo di questi fattori.
Gli ostacoli principali sono proprio quelli che negano il principio della
libertà e dell'amore, e cioè la schiavitù e l'odio, forma e contenuto di
rapporti contro-natura.
Ora, a fondamento della schiavitù c'è sempre l'appropriazione privata dei
beni della natura.

Il massimo dell'attrazione fisica, erotica, è stato posto dalla natura negli
organi più ripugnanti. Questo significa che la riproduzione è il fine della
sessualità o che la sessualità non è autonoma in senso assoluto, non è fine a se
stessa.
Gli organi riproduttivi sono anche quelli della riproduzione del singolo, in
quanto espletano bisogni fisiologici individuali. La riproduzione appare prima
individuale e poi sociale. Ma ciò sembra relativo. Non c'è un "prima" e un
"dopo". C'è soltanto il fatto che la sessualità è finalizzata alla riproduzione
e che nella sessualità bisogna essere in due.
Questo dimostra che l'essere umano è uno e duale allo stesso tempo. Esiste
una dualità nell'identità, un'opposizione che separa l'unità e poi la ricompone.
Ogni altra forma di erotismo, cioè simbolica, artistica, intellettuale ecc.,
è sostanzialmente finalizzata a quella sessuale, altrimenti è gioco estetico e
quindi, specie in un adulto, alienazione, morbosità, infantilismo, una forma
deviata di individualismo.
Il fatto che la natura abbia connesso la riproduzione duale alla
riproduzione fisica, biologica, individuale è segno di intelligenza dialettica.
Esiste infatti un freno che ostacola l'abuso, nel rispetto della libertà di
scelta, che è di coscienza.
Soltanto un organo riproduttivo non è ripugnante: il seno, che non a caso si
rivolge al neonato, ancora privo della libertà di scelta.
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