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MASCHILE E FEMMINILE TRA ETICA ED ESTETICA
In sintesi si potrebbe dire che mentre l'etica progressiva maschile impedisce a quella femminile di lasciarsi circoscrivere in un mero rapporto interpersonale, quella regressiva invece la obbliga a restare circoscritta proprio in tale ambito. Dal canto suo, l'etica femminile progressiva ha la forza di ricondurre quella maschile dall'astratto al concreto, dalla coerenza teorica a quella pratica, mentre se è regressiva non fa che avvalorare il formalismo dell'etica maschilista. La vera differenza tra il maschile e il femminile, sul piano etico, consiste nel fatto che il maschile, per diventare moralmente forte deve rinunciare alla propria forza (specie nei confronti della donna), mentre il femminile, per diventare moralmente forte, non deve aver timore della propria debolezza (specie nei confronti dell'uomo). Rinunciare alla propria forza non è facile, perché nella debolezza morale spesso l'uomo fa valere il fisico (che oggi si esprime in termini di potere, di tecnologia, di ricchezza, ecc.). D'altra parte non è neppure facile non lasciarsi condizionare dalla propria debolezza, poiché di fronte alla forza dell'uomo la donna potrebbe rassegnarsi. E come l'uomo che rinuncia alla propria forza potrebbe anche trasformarsi in un "omuncolo", così la donna che approfittasse della debolezza morale dell'uomo potrebbe assumere atteggiamenti maschilisti. Occorre dunque che il processo di democratizzazione della convivenza umana avvenga in contemporanea: che la donna sia forte nella sua debolezza e che l'uomo sia debole nella sua forza. Questo obiettivo potrà essere realizzato a due condizioni:
1) occorrerà lottare insieme per la transizione al socialismo. Sarà proprio lottando contro l'ingiustizia e l'oppressione che gli uomini e le donne avranno modo di capire la loro uguaglianza. Nel capitalismo è molto difficile per l'uomo diventare moralmente forte, come è molto difficile per la donna far valere la propria forza morale. Peraltro in una società del genere non basta alla donna competere moralmente con l'uomo (come invece le basterebbe in una società democratica): essa deve difendere i suoi sentimenti di giustizia, le sue esigenze di uguaglianza, maturati in una resistenza ai soprusi maschilisti, anche in sede giuridica e politica. 2) In secondo luogo va affermata la necessità di elaborare una filosofia progressista della convivenza tra uomo e donna, che possa trovare un immediato riscontro pratico, altrimenti rischieremo sempre di fare delle rivoluzioni politiche destinate al fallimento. Marx diceva che l'emancipazione femminile è un indice della democraticità di una nazione. E' dunque forse un caso strano che nelle due maggiori rivoluzioni della storia, quella francese e quella bolscevica, il rapporto uomo/donna abbia conservato molte tracce delle passate società patriarcali? MASCHILISMO E FEMMINISMO
La nostra società è ancora sostanzialmente maschilista, come tutte quelle basate sulla proprietà privata. Anche la donna è considerata un oggetto privato dell'uomo. Tutto ciò che "conta", in questa società, appartiene all'uomo: politica, industria, finanze, scienza, tecnologia, cultura, università, forze armate... Contro tale maschilismo non devono lottare solo le donne, ma anche coloro che desiderano la fine di quella forma di proprietà che impedisce il benessere comune. Senza una lotta per il socialismo democratico, qualsiasi rivendicazione femminile rischia soltanto di mettere in discussione il privilegio dell'uomo di usare la forza contro la donna, non anche la volontà di usare la forza come criterio di vita contro chiunque. Una qualunque contestazione che le donne possono fare ai privilegi degli uomini, rischia sempre di essere riduttiva (addirittura illusoria) se non diventa occasione, nello stesso tempo, di ripensare i meccanismi sociali di fondo che creano o giustificano, a livello più generale, la realtà del privilegio, dello sfruttamento, della divisione... Parlare di uguaglianza fra uomo e donna senza rendersi conto che esistono profonde disuguaglianze anche fra uomo e uomo, non serve a niente, poiché il giorno in cui si arrivasse a una maggiore uguaglianza fra uomo e donna, senza mettere in discussione i criteri fondamentali di questa società, si otterrebbe soltanto un privilegio in più per talune donne e una nuova discriminazione per molte altre. Lottare per l'emancipazione della donna non può significare poter diventare come l'uomo, poiché anche l'uomo contemporaneo deve emanciparsi dalla propria schiavitù e diventare un essere libero. Affermare una propria specifica identità femminile comporta, di necessità, una lotta supplementare rispetto a quella per l'uguaglianza giuridica e politica con l'uomo: una lotta che riguarda lo stile di vita di questa società. LA RIPRODUZIONE
Forse la riproduzione sessuale non è reciprocamente istintiva, sempre e in ogni caso. Il più delle volte è frutto di un compromesso, se non addirittura di un inganno. Alla riproduzione si cede, certo anche per istinto, ma non la si può paragonare a un bisogno vitale come la fame, la sete ecc. Si ha bisogno d'amare e d'essere amati, ma la riproduzione è un'altra cosa, anche perché essa implica sacrificio e responsabilità. Siamo votati a riprodurci ma non in maniera indiscriminata. Nel mondo animale è molto evidente ch'essa è una conseguenza della seduzione. Generalmente il maschio, più prestante o più bello, deve darsi da fare per convincere la femmina, la quale si limita a giudicare con occhio severo le esibizioni dei vari pretendenti. Nel mondo animale prevalgono le percezioni della forza, della prestanza, della bellezza: è come se le femmine dovessero convincersi ad accettare un sacrificio, ed è evidente che si convincono più facilmente quando chi le seduce rispecchia al meglio i loro canoni selettivi, anche perché in virtù di questi canoni si pensa istintivamente di garantire meglio una sicurezza alimentare, abitativa alla prole. Una tecnica disarmante consiste nell'offerta di un regalo: la femmina che lo accetta, ricambia per gratitudine. Si cede a un istinto in virtù di un istinto più forte. Quindi vuol dire che la gratuità del dono fa scattare un certo senso di colpa, una volta che il dono è stato accettato. Questo atteggiamento è universale. D'altra parte il maschio può essere fisicamente più forte (anche se non sempre è così): il maschio potrebbe anche fare a meno della seduzione e agire con violenza. Cosa che però in genere non avviene nel mondo animale; anzi, l'offerta di un dono serve proprio a far capire alla femmina che, da parte sua, non vi sarà alcuna violenza. Il maschio si presenta alla femmina in maniera pacifica: l'ostentazione dei suoi "attributi" deve soltanto servire per permettere a lei di fare una scelta oculata. Ma se la pulsione riproduttiva fosse forte in entrambi i soggetti, non dovrebbero esserci tutti questi preliminari di corteggiamento, che spesso per molti maschi risultano particolarmente frustranti. Forse è più istintiva nel maschio la riproduzione perché più forte è la pulsione sessuale. Nella femmina è semmai istintiva l'attrazione per il maschio, ma non per la riproduzione: questa viene accettata come cosa inevitabile, non come cosa desiderabile, per quanto non è da escludere che nella specie umana la donna sembra avere una certa consapevolezza del fatto che la maternità, essendo a lei specifica, contribuisce a caratterizzarla nella propria identità femminile. In alcuni animali la riproduzione è addirittura pericolosa per il maschio, in quanto può incontrare una forte resistenza da parte della femmina. Il che però contrasta col fatto che nelle femmine esiste un momento specifico chiamato "estro", che è quello più favorevole alla fecondazione. E' indubbio che se il sesso si fosse limitato alla fecondazione, avremmo avuto unioni molto transitorie della coppia e non famiglie stabili. Negli esseri umani vi è in un certo senso il superamento razionale di certi istinti del mondo animale: la riproduzione è avvertita anche come un'esigenza della ragione. Potremmo quindi dire che in origine non vi è tanto la riproduzione, quanto l'attrazione e la repulsione degli opposti: la riproduzione è un aspetto quasi inevitabile dell'attrazione. Due corpi si fondono in uno per generarne un terzo. Quindi in origine non può esserci stato l'uno bensì il due, o comunque una unità indotta a scindersi, a sdoppiarsi in due diverse identità, opposte e insieme complementari, aventi forme diverse e, in virtù di questo, anche personalità diverse. La riproduzione sembra essere uno degli scopi inevitabili della vita, ma essa andrebbe considerata ben oltre la semplice sfera sessuale. Ognuno vuole in realtà riprodursi in qualche cosa, foss'anche semplicemente qualcosa di culturale: il fatto stesso di andare a cercare la propria metà per stabilire una nuova unità, è un segno inequivocabile che in noi esiste l'esigenza di riprodursi. L'attrazione verso l'opposto fa parte di un'esigenza riproduttiva. Infatti noi non amiamo avere una copia perfetta di noi stessi: la riproduzione implica la diversità. Una copia identica all'originale noi la chiamiamo "clonazione": cosa che in natura è quasi impossibile. Gli esseri umani amano un'identità univoca, unica e irripetibile, e la amano proprio perché esistono tante identità diverse dalla propria, con cui potersi confrontare. Solo in astratto, in teoria, vorremmo che tutti fossero come noi, ma nel concreto ci piace la differenza, l'alterità, che permette di valorizzare la nostra specificità. Anzi la natura sembra favorire gli incroci, gli scambi: quanto più l'identità si mescola con l'alterità, tanto più si rafforza il prodotto ottenuto. La diversità, la differenza è una garanzia di arricchimento per l'identità di specie, di genere. BELLEZZA MASCHILE E FEMMINILE
La donna è consapevole che la bellezza le appartiene e che qualunque esagerazione in questo campo, che non sconfini nell'illecito, le verrà perdonata. Sa cioè, proprio perché soggetta a più fatiche e sacrifici (il primo dei quali è la maternità), di poter usare maggiore arbitrio in campo estetico, all'ovvia condizione che ciò non venga interpretato come una forma di ammiccamento, che per un partner equivale al tradimento. Se ammiccamento deve esserci, che sia solo nei confronti del proprio partner, il quale non può non sapere che per una donna è una grande consolazione poter essere esaltata nella caratteristica fisica principale della propria femminilità: la bellezza. La bellezza esteriore di una donna può non trovare alcun vantaggio dagli orpelli con cui si è soliti esaltarla, se non a uno sguardo superficiale. Per scoprire quanto davvero una donna sia bella, bisogna conoscerla nella sua bellezza interiore. Tuttavia la bellezza femminile è strettamente correlata alla sua natura fisica, strutturalmente meno forte di quella maschile: è una forma di compensazione alla debolezza. La donna è convinta di poter essere meglio accettata quanto più è bella (ovviamente in una società ove il tasso di criminalità è molto elevato, valgono regole opposte o comunque sorge nella coscienza della donna il contrasto tra il voler apparire e il doversi nascondere). Questo è il motivo per cui quelle meno belle s'impegnano di più nel valorizzare quelle capacità morali e intellettuali che con la bellezza nulla hanno a che fare. Beate le donne che, pur essendo belle, non ritengono sufficiente la bellezza per farsi strada nella vita. Nondimeno in una società patriarcale o maschilista la bellezza ha un'importanza molto diversa da quella che può avere in una società matriarcale o femminista. E' evidente infatti che nella prima società gli uomini danno molta più importanza alla bellezza di quanta ne diano le donne, ovvero una bella donna può essere indotta più facilmente a usare la propria bellezza in maniera strumentale. Se per un uomo maschilista la bellezza ha un altissimo valore, una donna bella e intelligente sarà facilmente indotta a mettere la propria intelligenza al servizio della propria bellezza. In questa maniera l'illecito diventa la regola, e la donna è destinata a non sviluppare la propria intelligenza in campi diversi da quello della bellezza. Vi è in sostanza uno spreco di risorse morali e intellettuali. D'altra parte una donna che non valorizza la propria bellezza è una donna che dà l'impressione d'aver ottenuto molto poco dalla vita e che non aspira a ottenere qualcosa di più in virtù della propria femminilità. Non riesce più a fare della propria diversità un motivo per ottenere qualcosa di particolare. Infatti nella donna non si può scindere personalità da femminilità: qualunque donna agisca in positivo nei confronti della propria personalità, non può non farlo senza valorizzarne il lato femminile. Tale considerazione non può essere applicata, mutatis mutandis, all'uomo, proprio perché la separazione di personalità e mascolinità è più naturale. E' la donna che ama legittimamente distinguersi dall'uomo. Se l'uomo avverte lo stesso sentimento nei confronti di una donna, dimostra soltanto d'essere una persona infantile. Ma perché nel mondo animale sono spesso i maschi che, oltre ad essere più forti, sono anche più belli? La bellezza dell'animale maschio sembra avere come finalità quella di persuadere la femmina a procreare; e spesso forza e bellezza vengono usate dal maschio per avere molte femmine con cui riprodursi. Nella specie umana c'è più uguaglianza proprio perché non è prioritaria la procreazione (l'assillo di garantire una successione ereditaria a un proprio figlio, primogenito e maschio, rendeva inevitabilmente molto difficili, nel passato, i rapporti tra i partner). Tra gli umani è prioritaria l'esigenza della reciproca completezza, che non può essere condizionata dall'istinto riproduttivo. La riproduzione è semplicemente un aspetto correlato a un rapporto d'amore: renderla obbligatoria - come pretende la chiesa romana - significa non credere nel valore dell'amore. Ora però bisogna cercare di capire in che senso un uomo appare bello a una donna. Essendo fisicamente più debole, la donna ha bisogno di protezione, e questa la va a cercare istintivamente nell'uomo, non in altre donne. Ciò sicuramente la condiziona nella scelta dell'uomo in relazione alla bellezza, nel senso che questa non diventa un criterio fondamentale. Una donna può trovare bello un uomo che oggettivamente non lo è. Una donna che sa già di essere bella, non ha bisogno di scegliere un uomo sulla base della bellezza. Se non fosse condizionata da questo bisogno di protezione, forse farebbe una scelta più obiettiva. Certo è però che in questo caso donne brutte finirebbero col mettersi solo con uomini brutti, e questo sarebbe un danno per la specie. Senza poi considerare che se una donna avvertisse di poter appagare il proprio bisogno di protezione mettendosi con altre donne, il danno diverrebbe anche quantitativo. A parte queste considerazioni, se una donna avvertisse in misura minima il bisogno di protezione, quale criterio di bellezza potrebbe applicare a un uomo? E' noto infatti che un uomo eccessivamente bello, rischia di apparire effeminato. Nell'uomo la bellezza non dà affatto garanzie di virilità. Un bell'uomo può essere anche un vanitoso, un narcisista, un egocentrico o uno che sul piano etico o intellettuale è debole, proprio perché troppo consapevole d'essere bello. Una donna va a cercare in un uomo quelle sicurezze che non ha. Vi sono donne che s'innamorano di uomini su cui poter esercitare le proprie sicurezze, nella convinzione di poter svolgere un ruolo quasi maschile. Ma alla lunga questi rapporti non reggono, o comunque non possono essere definiti paritetici, di reciproca completezza, altrimenti la natura non avrebbe fatto due esseri così diversi. In via del tutto astratta potremmo dire che per una donna è bello un uomo che la completa, nella forza, nella prestanza, nell'altezza, nella voce, nella sicurezza che dimostra, nelle garanzie che questa sicurezza può offrire. Come si può notare, si mescolano tra loro aspetti molto diversi, che potremmo dire di tipo psico-somatico. Certo, anche nell'uomo esiste il bisogno di proteggere, di amare una persona più debole per mostrare ciò di cui è capace, ma questa è una concessione che fa alla propria debolezza, poiché quando pretende di creare cose importanti l'uomo va a cercare altri uomini. Peccato che in questa ricerca si trovino più che altro uomini che invece di costruire distruggono. La natura sembra averci fatto apposta per collaborare, proprio perché le cose migliori, quelle che durano più a lungo, sono intrise di forza e di debolezza. * * * Esiste un criterio oggettivo della bellezza? Oppure vale solo il principio secondo cui è bello ciò che piace? Se dessimo per scontato che un criterio non esiste, ovvero che ogni criterio ha la sua validità, dovremmo per forza concludere che anche nel campo della verità, del bene, della giustizia ecc. tutto è relativo e soggetto a valutazioni individuali, altrimenti non si capisce perché sul piano estetico dovremmo comportarci in maniera così diversa rispetto a tutti gli altri campi. In realtà un criterio esiste ed è quello offerto dalla stessa natura. Un uomo o una donna possono essere considerati esteticamente "belli" quando le loro fattezze sono armoniche, equilibrate, proporzionate, cioè in una parola, naturali. La bellezza sta dunque nella normalità, nella regolarità, nella simmetria... che è quanto di più difficile si possa trovare in natura. Tra i popoli primitivi, abituati a rapporti naturali, la bellezza potrebbe invece essere qualcosa di eccentrico, di particolare, che rende diversi da uno certo standard acquisito, un qualcosa da usare soprattutto nella fase del corteggiamento, ma anche per identificare in maniera univoca un soggetto della tribù. Un qualcosa quindi che non avrebbe una funzione meramente estetica, ma anche di caratterizzazione personale. |