FRIEDRICH NIETZSCHE
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IN MARGINE ALL'ANTICRISTO DI NIETZSCHE (Si fa riferimento al volume edito da Newton, Roma 1992) Morale aristocratica e risentimento plebeo La morale di Nietzsche è irrazionalistica semplicemente perché vuole restare "aristocratica" in una società (quella prussiana) sempre più orientata verso la democrazia borghese. Anche la morale di Hegel era aristocratica, ma non degenerò nell'irrazionalismo, perché l'idealismo allora si era illuso di poter superare le contraddizioni del capitalismo sul piano filosofico, facendo leva sulla "rivoluzione del pensiero", o comunque servendosi delle istanze superiori della ragion di stato (nella Filosofia del diritto Hegel tende a subordinare l'idea filosofica di "ragione" a quella politica di "ragion di stato", per cui si possono qui ravvisare delle tracce di irrazionalismo, che Nietzsche può aver ripreso in chiave individualistica, anticipando, in questo, la formazione politica del nazifascismo). Forse si può sostenere che Nietzsche è la prosecuzione (inevitabilmente irrazionalistica) di quell'idealismo filosofico che non vuole rassegnarsi alla fine della civiltà feudale-aristocratica. La ragione, invece di recuperare le istanze sociali di giustizia, avverte di non avere altra risorsa che quella di affidarsi all'istinto, alla "volontà di potenza", che non ha un contenuto razionale specifico, e che comunque non cerca forme di compromesso (tipiche della mediazione hegeliana), e coltiva, per questo, un odio mortale contro il genere umano. Nietzsche è sicuramente nel giusto quando rifiuta i compromessi che l'aristocrazia prussiana era costretta a subire da parte della sempre più forte borghesia, al fine di salvaguardare, più o meno indenne, il tradizionale potere. Egli probabilmente s'era reso conto dell'inutilità di questi compromessi, ovvero della fine ineluttabile della civiltà pre-capitalistica, dotata ancora di potere politico ma sempre più priva di quello economico. Per questa ragione egli pretendeva una reazione estrema dell'aristocrazia, al fine di tutelare gli ideali di patria e onore, razza e sangue (non fu forse questa l'angoscia dell'ultimo Hegel?). In questo senso, ma solo in questo senso, Nietzsche ha anticipato il nazismo. Egli in sostanza ha voluto salvare l'idealismo usando gli strumenti dell'irrazionalismo, e in questo tentativo si sentiva completamente isolato: qui la principale differenza tra lui e gli ideologi espliciti del nazismo, che seppero dare una veste politica alle loro illusioni. Nietzsche in fondo ha pagato il prezzo di una posizione filosofica estremista che non voleva tradursi politicamente: il suo irrazionalismo è diverso da quello nazifascista non nelle conseguenze, ma nelle forme impiegate. Il fine della sua "volontà di potenza" non è tanto quello di costruire una società di "uomini nuovi", ma semplicemente quello di far "crescere" questa stessa volontà, di portala all'autosviluppo e di farle superare degli ostacoli più "interiori" che esteriori, più di "coscienza" che di vita sociale. Che Nietzsche sia un inguaribile individualista lo si comprende anche da questo, ch'egli considera come nemico principale della sua civiltà aristocratica non tanto il capitalismo bensì il cristianesimo. La contrapposizione che Nietzsche pone tra morale aristocratica e risentimento plebleo è la contrapposizione tra il privilegio perduto del singolo aristocratico ateo e il privilegio acquisito dalle masse cristiane giunte al potere. Nietzsche non oppone i principi democratici al cristianesimo di stato, poiché ritiene che il cristianesimo sia salito al potere proprio in forza di tali principi. Egli non chiede al cristianesimo di dimostrare nella prassi la coerenza coi propri ideali, ma chiede, in nome di un altro privilegio, già uscito sconfitto dalla lotta contro il cristianesimo, di rinunciare all'idea di un cristianesimo di stato. Nietzsche vuole maggiore laicità, ma anche maggiore discriminazione sociale, più nette differenze di classe, più grande aristocraticismo morale. Si meraviglia del risentimento cristiano e non s'accorge ch'esso era causato proprio dalle ingiustizie sociali e dalle discriminazioni di classe. Peraltro Nietzsche applica al cristianesimo a lui coevo lo stesso risentimento che il cristianesimo nutriva al tempo di Cristo - il che è assurdo, in quanto il cristianesimo al potere non fece mai del proprio risentimento un'occasione per creare un sistema di vita più democratico (anche se indubbiamente vi furono dei progressi dallo schiavismo al colonato e da questo al servaggio, che la chiesa in qualche modo sanzionò sul piano culturale). Il cristianesimo al potere, semmai, continuò a provare forte ostilità nei confronti di tutti quei movimenti (che con molta superficialità e timore giudicava "ereticali") che ponevano all'ordine del giorno il problema di una precisa coerenza tra i principi ideali e le realizzazioni concrete. Il cristianesimo non ha mai nutrito un sentimento di disprezzo verso la classe aristocratica, se non da parte di esponenti privi di potere o comunque eccezionali rispetto allo standard consueto delle gerarchie (forse si può escludere da questo trend il cristianesimo apostolico). Nietzsche qui è ancora una volta limitato dalle proprie astrattezze filosofiche. L'aristocraticismo di cui si fa vanto non ha alcun riscontro storico; forse esso è esistito nella fase pre-cristiana della Prussia, ma di sicuro esso non era ateo, poiché l'ateismo ha cominciato ad essere un'acquisizione delle classi borghesi che lottavano contro i pregiudizi clericali, sostenuti anche, per opportunismo, dall'aristocrazia feudale. Per Nietzsche in realtà l'aristocraticismo morale è un concetto metafisico, poiché va al di là del tempo e dello spazio, per cui, in tal senso, esso sembra molto più consono alla filosofia e alla psicologia che non alla sociologia o alla storia. I nobili -dice al par. 56- sono i "filosofi" e i "guerrieri". Aristocratico è Cristo -al dire di Nietzsche- ma anche Pilato, che irride il Cristo sul concetto di verità; aristocratico è Zarathustra e in parte Buddha. Aristocratico è chiunque sia scettico, chiunque nutra in se stesso un'opposizione contro le certezze del mondo. Aristocratico è l'uomo rinascimentale, al pari del nobile greco-romano o del vikingo scandinavo. A questo punto è difficile seguire Nietzsche, poiché egli non compie alcuna analisi storica o sociologica, ma, al contrario, preferisce crearsi una sorta di idealtypus atipico il cui scopo è quello di valere come modello assoluto, cui devono fare riferimento alcuni soggetti concreti, situati storicamente, ma rimodellati secondo le esigenze personali dello stesso Nietzsche, il quale p.es. è assai favorevole all'ordinamento per caste del codice indiano di Manu (par. 57). |