L'ANTICRISTO DI NIETZSCHE (parte prima)

FRIEDRICH NIETZSCHE
Dall'ateismo all'irrazionalismo


IN MARGINE ALL'ANTICRISTO DI NIETZSCHE

(Si fa riferimento al volume edito da Newton, Roma 1992)

Premessa

Anticristo. Maledizione del cristianesimo è un titolo polemico, volutamente provocatorio: in realtà Nietzsche non è "contro" Cristo come persona, ma solo contro quella parte di vita o della persona di Cristo falsificata dai vangeli (per quanto Nietzsche abbia di tali falsificazioni un'opinione tutt'altro che scientificamente motivata).

Nietzsche infatti ritiene che un'altra parte di Cristo -quella ovviamente conforme alla sua filosofia irrazionalistica- non sia stata manipolata, ovvero che sia sopravvissuta nonostante le falsificazioni. In altre parole Nietzsche non propone un vero e proprio "Anticristo", cioè un soggetto antitetico al Cristo, ma un'ennesima interpretazione di quest'ultimo e del cristianesimo in generale.

La critica esegetica più avanzata oggi ritiene sia inutile dare un'interpretazione adeguata del "vero Cristo", in quanto non solo i vangeli ma tutte le fonti neotestamentarie sono tendenziose e fuorvianti, al punto che è praticamente impossibile individuare quali aspetti della vita di Cristo possono essere considerati senza dubbio autentici e quali no. (Si pensi soltanto che oggi è quasi unanime il giudizio sull'origine ellenistica ed anche essenica di tutti i sacramenti della chiesa cristiana. Persino il battesimo di Gesù ad opera di Giovanni viene considerato come un tentativo di riconciliare sul piano religioso due gruppi in origine politicamente contrapposti: cristiani e battisti).

Naturalmente Nietzsche, che si basava sulla critica demitizzante di Strauss e della Scuola di Tubinga, non poteva arrivare a una conclusione così perentoria. Ma il fatto che oggi i critici più radicali si astengano dal formulare giudizi di attendibilità storica (in relazione alla vita di Cristo), non deve farci dimenticare l'esigenza di continuare a discutere su un fenomeno così complesso come quello delle origini del cristianesimo, anche se questa discussione dovesse limitarsi al solo campo delle ipotesi.

D'altra parte i fatti dimostrano che oltre certe ipotesi non si può andare, pena il rischio di usare le proprie interpretazioni per identificarsi con quella parte di Cristo che secondo noi merita d'essere salvata (ciò che appunto ha fatto Nietzsche).

Nell'Anticristo infatti sussiste un paradosso davvero singolare: da un lato Nietzsche usa lo strumento della critica per distruggere ogni certezza tradizionale del cristianesimo; dall'altro chiede al lettore di servirsi del proprio coinvolgimento emotivo per poter credere in una nuova certezza, quella secondo cui Nietzsche e Cristo in fondo non sono che la stessa persona. Identificazione, questa, che si ritrova -seppure ovviamente su un altro versante- anche in tutti i santi e martiri soggetti a fanatismo religioso (a partire dal protomartire Stefano). Anche tanti filosofi e teologi più o meno irrazionalisti hanno avuto analoghe pretese, siano essi di religione cattolica o protestante (come p.es. Pascal o Kierkegaard). Nietzsche in fondo è stato il primo che ha cercato di identificarsi col Cristo a partire da posizioni ateistiche.

Questo a testimonianza che il rischio dell'irrazionalismo non può essere superato né con la fede religiosa in sé, né con la sua negazione. Qui è l'individualismo sotteso a queste interpretazioni che dovrebbe essere messo in questione; in particolare è l'illusione di credere che una verità acquisita razionalmente possa garantire all'individuo isolato un'esistenza più significativa di quella che può vivere un collettivo che crede in una verità tradizionale, superata dal tempo e dalla storia.

Quando un critico della religione come Nietzsche scrive, nella Prefazione, che il pamphlet è "riservato a pochissimi", e lo dimostra scegliendo anche un linguaggio involuto, estremamente sintetico, sicuramente ricercato, egli si preclude, con ciò stesso, la possibilità d'esser capito e apprezzato. Il che se non può certo essere lo scopo di chi, scrivendo qualcosa di edificante, desidera che venga pubblicato, può però rientrare in quella assurda volontà d'identificarsi col Cristo frainteso e quindi crocifisso dai poteri e dalle masse.

La posizione individualista, a sfondo irrazionalista, si palesa invero anche in questa drammatica doppiezza: da un lato l'esigenza di farsi conoscere per dimostrare la propria "diversità"; dall'altro l'incapacità di farsi apprezzare per dimostrare che la propria "diversità" è realmente alternativa allo stato di cose presente. In tal senso Nietzsche rappresenta il fallimento di una qualunque critica illuministica della religione che non tenga conto: 1) delle radici storico-sociali di tale fenomeno; 2) della necessità di distinguere tra "religione" e "credente" e quindi tra "religione" e "politica".

Le conseguenze della sua doppiezza saranno non solo la follia vissuta a titolo personale, ma anche la realizzazione dei suoi principi più amorali (come forza, istinto, potenza, superuomo...) proprio in quella civiltà borghese ch'egli tanto disprezzava, anzitutto ad opera del nazifascismo. Esattamente come la rivoluzione comunista avvenne nella Russia contadina e non -come Marx ed Engels avevano prospettato- nell'Europa capitalistica.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26/04/2015