MARX: Tesi su Feuerbach 2

MARX-ENGELS
per un socialismo democratico


LE TESI SU FEUERBACH

I - II

Alle origini della concezione materialistica della storia.
Le “Tesi su Feuerbach”

Marx scrisse le famose Tesi su Feuerbach nel 1843, durante il processo di maturazione intellettuale che condusse lui ed Engels a staccarsi dalla sinistra hegeliana e da Feuerbach stesso. Sebbene questi brevi note non fossero intese per la pubblicazione – divennero infatti pubbliche decenni dopo ad opera di Engels che le ritrovò in un quaderno dell’amico e compagno – sono diventate celebri nel movimento comunista mondiale. L’ultima tesi in particolare è ormai celeberrima: “i filosofi hanno solo interpretato diversamente il mondo si tratta di cambiarlo”.

Le tesi ruotano attorno a un’idea: il materialismo come filosofia non può limitarsi al piano ontologico. L’esistenza del reale indipendente dall’essere, dalla coscienza, è una posizione inutile. Il materialismo contemplativo, passivo è il materialismo dello status quo. L’essenza del materialismo non è l’esistenza di un mondo sensibile, dunque conoscibile, fuori dal soggetto. Il vero materialismo è il riconoscimento che l’azione, la prassi sono alla base della conoscenza. Solo quando l’uomo agisce l’esistenza del mondo acquista un significato, solo la pratica può dare un ruolo alla teoria. Il riconoscimento del primato della prassi, del ruolo della prassi per la stessa conoscibilità del reale è il nucleo del materialismo storico. Dice Marx:

“Il difetto capitale di ogni materialismo fino ad oggi (compreso quello di Feuerbach) è che... la realtà viene concepita solo sotto forma di oggetto... ma non come attività umana sensibile, prassi; non soggettivamente. Di conseguenza il lato attivo fu sviluppato astrattamente, in opposizione al materialismo, dall’idealismo” (Tesi I)

Il materialismo dunque, rinunciando a porre la questione della prassi, slegando la conoscibilità astratta del mondo dal percorso concreto della conoscenza, ha abbandonato il campo all’idealismo. Il riconoscimento del ruolo necessario del soggetto nella conoscenza non è affatto una concessione all’idealismo. Al contrario, è proprio una posizione passiva, contemplativa che apre la strada al soggettivismo.

“La questione se al pensiero umano spetti una verità oggettiva, non è questione teoretica bensì una questione pratica. Nella prassi l’uomo deve provare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere immanente del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà del pensiero – isolato dalla prassi – è una questione meramente scolastica.” (Tesi II)

Questa formulazione, presa a sé, è abbastanza acerba. Sembra quasi andare nella direzione dello strumentalismo filosofico, negando ogni ruolo indipendente ad una discussione ontologica sul reale. E' normale che Marx, venuto dopo Hegel e Feuerbach, nella formulazione del metodo del materialismo dialettico, stesse “storcendo il bastone” nel senso della prassi. Ma il significato epistemologico di questa tesi è profondo. La teoria e la prassi non sono momenti separati della conoscenza. La prassi è la via della conoscenza. Non del suo sorgere, del quale, in un certo senso ci dimentichiamo dandolo per buono, ma del suo ingresso nella vita dell’uomo.

Questa posizione serve anche da antidoto al materialismo reazionario. Marx spiega nelle tesi successive che le circostanze, l’ambiente, la realtà, sono in perenne modificazione e che parte di questa modificazione è indotta dal soggetto stesso, il quale a sua volta subisce gli effetti del cambiamento. L’idea di separare l’oggetto e il soggetto della conoscenza in due mondi separati è dunque vana. La pratica del soggetto pone capo alla conoscenza, svela i misteri della conoscenza. La conoscenza è il risultato dell’interazione di oggetto e soggetto. Questo significa la fine di ogni idealismo, di ogni teoria della Idee come separate dal mondo. Le idee sono un prodotto dell’uomo, dell’evoluzione sociale dell’uomo.

“Tutta la via sociale è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che trascinano la teoria verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nella prassi umana e nella comprensione di questa prassi.” (Tesi VIII)

Le teorie non cascano dal cielo ma sono il risultato della prassi, della vita dell’uomo. La loro realtà, verità non è dunque separata dalla società stessa. Il vecchio materialismo, in quanto nega il cambiamento, è dunque una concezione reazionaria:

“Il punto di vista del vecchio materialismo è la società borghese, il punto di vista del materialismo nuovo è la società umana” (Tesi X)

Il proletariato, la “società umana” come dice il giovane Marx, deve dunque dotarsi di una propria filosofia, il “nuovo materialismo”.

“I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo.” (Tesi XI)

Come si vede, troviamo in queste tesi, appena abbozzati, i principi fondamentali della concezione materialistica della storia. Il legame tra conoscenza e prassi, tra teoria e società. La pratica della trasformazione rivoluzionaria del reale come unica definitiva corroborazione di una determinata posizione scientifica. Naturalmente, non è ancora la concezione materialistica della storia. Per quella occorrerà attendere alcuni mesi di maturazione teorica (lo studio dell’economia politica inglese e dei socialisti utopisti) e di sviluppo pratico del movimento rivoluzionario. Con L’Ideologia Tedesca, Marx ed Engels disvelarono al mondo la più importante rivoluzione scientifica della storia, la concezione materialistica della storia.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26/04/2015