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IL RUOLO DELLE TECNICHE PRODUTTIVE NELLO SVILUPPO DELL’ORGANIZZAZIONE ECONOMICA SECONDO MARXI “piani” della storia secondo Marx Nella visione marxiana la storia si articola essenzialmente su due piani complementari: uno fondante e primario, economico, e uno secondario e fondamentalmente derivato dal precedente, istituzionale e politico. L’economia è la base della produzione e quindi del sostentamento dei membri della società, e come tale è il fattore primario o strutturale di essa; la sfera politica e istituzionale è invece la “formalizzazione”, la traduzione in leggi, in regole formali dell’organizzazione economica e sociale esistente di fatto. La sfera sovrastrutturale quindi, segue quella materiale ed economica e la sostiene, o almeno questo è ciò che deve fare per essere rispondente al proprio ruolo intrinseco. La sfera economica strutturale si compone a sua volta di due aspetti complementari: uno materiale (le forze produttive) e uno organizzativo (l’organizzazione economica).
Quel che ci preme sottolineare qui avanti, è il fatto che dei vari aspetti o parti che compongono il complesso delle forze produttive, ve n’è una nettamente prevalente rispetto alle altre nel determinare l’organizzazione economica della società, ed è la tecnica produttiva. Si deve inoltre notare che, nonostante tale componente sia a sua volta potentemente influenzata nei suoi caratteri dagli altri fattori complementari (popolazione, ambiente fisico, disponibilità di forza-lavoro…), è essa in ultima analisi a determinare l’organizzazione economica della società. Questa osservazione risulterà più chiara leggendo il resto del testo. L’avvicendarsi dei modi di produzione e le loro cause Per dare sostanza a tale affermazione, cerchiamo di riassumere brevemente il susseguirsi dei modi produttivi all’interno della visione marxiana (dalla fase tribale primitiva a quella capitalistica borghese) ponendo in particolare l’accento sulle cause alla base del passaggio dall’uno all’altro di essi e mostrando così la centralità assunta in tale visione dai fattori tecnici della produzione nel determinare gli stadi storici dell’umanità (modi di produzione). a) lo stadio primitivo o tribale: assenza di tecnica In questo primo stadio gli uomini vivono riuniti in clan familiari, e la tecnica alla base della loro produzione è pressoché inesistente: ogni individuo svolge le stesse attività svolte dagli altri, ovvero caccia e raccolta (e da un certo momento in avanti, agricoltura). I frutti del lavoro dei vari membri del clan sono socializzati, ma il lavoro non è ancora parcellizzato, non si è ancora affermata cioè l’idea di una produzione basata sulla specializzazione lavorativa. Vi è insomma una tecnica produttiva ancora pari a zero, e l’economia è ancora qualcosa di puramente spontaneo, ragion per cui l’organizzazione economica è la somma di unità produttive autosussistenti (individui, famiglie), il cui lavoro non è ancora integrato. b) lo stadio centralizzato della produzione: l’organizzazione economica (e politica) dispotica Col tempo, l’uomo si rende però conto dei vantaggi derivanti dalla specializzazione del lavoro e dall’integrazione delle varie mansioni specialistiche (se uno coltiva la terra, un altro procura la carne attraverso la caccia o l’allevamento del bestiame…). Ma tutto questo non può prescindere dall’istituzione di un’autorità centrale che coordini il lavoro dei singoli individui e delle singole classi sociali (agricoltori, cacciatori, ecc.) in cui essi si dividono. Questo nuovo sviluppo della tecnica produttiva (basato su specializzazione e integrazione del lavoro) comporta così la nascita di un’organizzazione dirigistica dell’economia: le forze produttive si organizzano dunque in una forma nuova, centralizzata, e ciò avviene per merito dell’affermazione di una nuova tecnica della produzione, fondata sull’idea di divisione, cooperazione e organizzazione sociale del lavoro. Lo sviluppo di questa nuova idea o tecnica della produzione non è casuale però. Esso è fortemente influenzato da fattori ambientali: quelli caratteristici delle valli fluviali della Mesopotamia, in cui l’agricoltura per essere efficace ha bisogno di vasti lavori di canalizzazione, che comportano un lavoro fortemente integrato da parte di gruppi di villaggi o tribù. E' in Mesopotamia difatti, che questa organizzazione dispotica della vita economica e sociale sorge per la prima volta, diffondendosi poi in quelle regioni nelle quali può dare vantaggi concreti nell’espletamento dell’economia. Possiamo osservare da tutto questo due cose: che la tecnica produttiva alla base di un dato contesto sociale, si pone in ultima analisi come l’origine della stessa organizzazione economica (e, implicitamente, politica) di esso; che tale tecnica è sua volta il portato e la conseguenza della situazione ambientale in cui si sviluppa, delle esigenze pratiche che tale ambiente comporta. Queste osservazioni sul rapporto tra ambiente – tecnica produttiva – organizzazione economica le troveremo confermate anche nell’analisi dei successivi stadi economici della storia umana. c) lo stadio antico-europeo dell’organizzazione produttiva: la società dei liberi cittadini contrapposti agli schiavi In Oriente, cioè fuori dall’Europa, l’organizzazione economica rimane fondamentalmente ferma a questo stadio dispotico e centralistico, e ciò perché non vi sono fattori ambientali in grado di perturbare e rendere obsoleta questa tecnica o modo della produzione. Troppo forte è infatti la necessità di integrazione tra i vari centri produttivi locali, perché si sviluppi una nuova idea di produzione, basata su una maggiore anarchia e libertà individuale. E' in Europa, e in Grecia in particolare, ma anche nel resto del mondo mediterraneo, che si afferma una nuova concezione della produzione. Anche qui la prima forma di organizzazione economica e politica post-tribale, cioè statale, ha un carattere dispotico. Ma col tempo l’ambiente prende il sopravvento su tecniche e forme di organizzazione della produzione importate dall’esterno. La Grecia è infatti una regione frazionata territorialmente e ciò non favorisce l’affermazione di una tecnica produttiva altamente integrata e centralizzata. Anche qui si sviluppa la specializzazione del lavoro e con essa la presenza di istituzioni che coordinino la vita dei singoli individui. Ma tali istituzioni non hanno un carattere altrettanto dispotico quanto quelle caratterizzanti il Vicino Oriente, poiché non sono l’espressione di una ristretta casta dominante (i funzionari-despoti di Stato, con la vertice il Re) ma il prodotto del dibattito e della concertazione tra i liberi membri della comunità cittadina. La tecnica produttiva dunque, ha qui un carattere solo in parte centralizzato e questo determina una nuova forma di organizzazione della produzione (e quindi dell’organizzazione politica, riflesso della prima), nella quale maggiore è il peso della singola persona rispetto al piano d’insieme della società. Anche qui dunque, l’organizzazione della produzione è indirettamente influenzata dalla conformazione territoriale in cui si inserisce, ma anche qui tale organizzazione è determinata in ultima analisi dall’idea alla base della produzione, non dall’ambiente stesso. E' l’idea di una produzione integrata da una parte, ma anche privata e anarchica dall’altra, a determinare l’organizzazione economica e politica “collegiale” (non dispotica) caratterizzante queste regioni, non i caratteri geografici e ambientali in cui tale organizzazione si colloca. Questo tipo di società è caratterizzata, a livello sociale, da una divisione fondamentale tra una vasta popolazione libera (di cittadini/guerrieri) contrapposta a un’altrettanto vasta popolazione di servi o schiavi, mantenuti in uno stato di asservimento da parte dei membri della precedente classe, e usati da essa come strumenti della produzione al pari degli animali e delle macchine. Quella europea antica è, perciò, una società con sfumature democratiche e paritarie da una parte, e schiavile dall’altra, ma certamente non dispotica! d) l’economia feudale: il regresso delle tecniche produttive a uno stadio preurbano, ovvero l’arretramento specialistico dell’economia L’impero romano costituisce l’apogeo della forma di organizzazione schiavile appena descritta. In esso il lavoro ha raggiunto un alto livello di specializzazione, e il lavoro specializzato ha luogo in gran parte nei centri urbani. Le tecniche produttive si sono molto sviluppate, e la produzione sovrabbondante da esse generata (surplus produttivo) dà origine a vasti mercati sia internazionali che locali. Il modo di produzione, la tecnica produttiva fondamentale, basata sull’integrazione e il bilanciamento tra iniziativa privata e autorità pubblica, rimane la struttura fondamentale della vita economica e sociale, ma le tecniche produttive particolari (la tecnologia) hanno conosciuto col tempo un grande avanzamento. Ma dal II secolo d.C. l’Impero inizia un percorso di decadimento inesorabile, legato a fattori difficili da individuare e descrivere con esattezza. I barbari danno la spallata finale a questa enorme costruzione economica e sociale (nonché politica) determinandone il crollo definitivo e con esso un forte ridimensionamento delle attività urbane, il che significa delle attività economiche altamente specializzate che determinavano gran parte della prosperità dell’Impero. Le tecniche produttive regrediscono e l’organizzazione economica si impoverisce in modo drastico. Una tale società, ormai basata su tecniche produttive elementari rispetto al passato (fondamentalmente finalizzate a un’agricoltura di sussistenza, che si svolge all’interno di terre di proprietà di signori feudali che coi propri sgherri tengono in scacco la popolazione agricola, ridotta in uno stato di servaggio) comportò lo smantellamento della precedente organizzazione economica, fondata sui centri urbani, su una produzione avanzata e a tratti già semi-industriale e su un commercio a vasto raggio di grandi dimensioni. Il regresso delle tecniche produttive (dovuto, come si è detto, a fattori catastrofici difficili da identificare con esattezza) comportò insomma la nascita di una nuova organizzazione economica e politica, decisamente più elementare e primitiva di quella precedente. Ebbe così inizio il periodo feudale della storia europea, puramente agrario e basato su un’economia essenzialmente di sussistenza. Anche qui allora, vediamo come la trasformazione, nel senso peraltro di un regresso, delle precedenti tecniche produttive (causata però, più che da fattori ambientali strutturali, da fattori storici contingenti, come il sommovimento di popoli meno evoluti che scardinano la società antica nelle sue basi tecniche e tecnologiche) produca come propria conseguenza una trasformazione, sempre in senso regressivo, dell’organizzazione economica della società (nonché quindi delle sfere sovrastrutturali, politiche e culturali, di essa). Le tecniche alla base della produzione si confermano perciò anche qui come il più potente fattore alla base dell’organizzazione economica sociale, il fattore determinante cui le altre forze produttive si conformano. e) lo stadio economico capitalistico e borghese, il trionfo del mercato e della moneta Anche la fine del periodo feudale si giustifica con la trasformazione delle tecniche produttive. La fuga dei servi della gleba che, a partire dall’XI secolo, si fa sempre sempre più intensa, comporta difatti il ripopolamento delle città, fino ad allora cadute pressoché in disuso. Ma l’economia urbana non può essere che un’economia di carattere specializzato, basato sulla produzione di beni strumentali che vengono venduti alle campagne in cambio di beni alimentari. Inizia così la rinascita delle tecniche produttive urbane, e con essa quella dei mercati (conseguenza di esse). Queste tecniche produttive danno cioè vita a una nuova organizzazione economica, basata sulla moneta, sul valore di scambio e sull’accumulo sistematico di capitale finanziario che viene poi ulteriormente reinvestimento in nuove attività di mercato secondo un meccanismo circolare capace di produrre sempre nuovi profitti (capitalismo). Una classe, quella degli imprenditori proprietari dei mezzi finanziari e di quelli materiali alla base della produzione industriale e manifatturiera, detta classe borghese, finisce per porsi a capo di questa nuova organizzazione economico-sociale. Notiamo quindi come, all’origine di questa nuova forma di organizzazione economica o modo di produzione, si pongano ancora una volta delle specifiche tecniche produttive, di carattere urbano e specialistico. Anche in questo caso, la (ri)nascita di queste tecniche si lega a fattori di altra natura, essenzialmente cioè alla fuga dei servi della gleba dalle condizioni di vita oramai disumane delle campagne feudali. Ma sarebbe fuorviante vedere in tale fuga la causa ultima dello sviluppo di questa nuova forma di organizzazione economica. Quest’ultima, infatti, è conseguenza diretta dello sviluppo di tecniche produttive alternative a quelle imperanti nelle campagne feudali: sviluppo che si colloca appunto all’origine di una nuova forma di organizzazione economica e di classe (con l’affermazione della classe borghese come classe egemone della società). Anche nel mondo antico i mercati e la moneta avevano assunto col tempo un’importanza primaria, e ciò perché lo sviluppo delle tecniche produttive aveva reso sempre maggiore la resa delle terre e del lavoro, creando così una gran quantità di surplus (prodotti che eccedono i bisogni di consumo immediati) da usare come merce di scambio. Ma l’economia antica rimase sempre, in gran parte, agricola e di consumo, e i mercati non assunsero mai in essa un ruolo totalizzante. Solo la società borghese arrivò a un tale grado di avanzamento tecnologico da rendere obsoleta la produzione di mera sussistenza, rendendo così l’economia un immenso mercato di scambio di prodotti commerciali! L’economia di mercato è però, inevitabilmente, anche economia dei capitali che vi stanno a base, perciò l’economia borghese è definita tanto di mercato quanto capitalista. Il trionfo della borghesia e del modo di produzione capitalista si spiega dunque, alla sua radice, con nient’altro che con il risorgere delle tecniche produttive urbane, cadute in disuso durante il precedente periodo feudale, e con il loro successivo sviluppo in senso industriale (che implicò uno sviluppo ancora più specialistico e performante di esse). Il mercato infatti, era l’unico sbocco economico possibile per un tale tipo di produzione, altamente tecnica e specialistica. Conclusione: la centralità delle tecniche produttive nell’organizzazione e nello sviluppo economico della società Tutto questo, ci sembra, dimostra chiaramente che, se l’economia consiste nell’organizzazione delle forze produttive a livello sociale, la più potente di tali forze è quella costituita dall’idea – non solo astratta, ma anche profondamente pratica – che una data società ha del suo modo di produrre, ovverosia dalle tecniche alla base dei suoi stessi processi produttivi. Facciamo un ultimo riepilogo di quanto detto: - Nella fase tribale primitiva dell’umanità, non si è ancora affermata alcuna vera tecnica produttiva e il lavoro è perciò ancora un’attività irriflessa, spontanea e (pure in un contesto comunitario, come tale altamente collaborativo) pressoché totalmente individuale e anarchica. - In quella dispotica, la tecnica produttiva inizia a basarsi sulla collaborazione tra individui (o villaggi), ovvero sull’integrazione delle varie competenze specialistiche sulla base dell’idea che “l’unione fa la forza”, comportando però allo stesso tempo l’instaurazione di un potere economico, di tipo dirigistico e dispotico, cui gli individui particolari si devono sottomettere. - In quella antica europea, un tale principio dispotico viene mitigato dalla riscoperta dell’iniziativa privata, pure inserita in un contesto di collaborazione e integrazione delle competenze specialistiche (questa nuova idea o tecnica produttiva, al pari della precedente, è peraltro prodotto di un determinato ambiente geografico). Qui non troviamo più un despota e una ristretta élite dirigistica contrapposti a una massa di lavoratori agricoli, ma un’aristocrazia cittadina i cui membri godono di pari dignità, che sfrutta il lavoro di una vasta popolazione servile e schiavile, confrontandosi collegialmente (“democraticamente”) sulle decisioni riguardanti la vita comunitaria. - Il regresso delle tecniche produttive nel periodo tardo-romano determina infine quello della precedente organizzazione economica a livelli di pura sussistenza agricola, determinando inoltre il collasso dell’organizzazione politica e amministrativa (il cui apogeo fu appunto l’Impero romano) inventata dalla società schiavile antica. Ha inizio così il medioevo feudale, caratterizzato da un’organizzazione di classe fondata sul dominio di una ristretta aristocrazia nobiliare proprietaria di grandi appezzamenti di terra, su cui si insediano coloni asserviti a essa, detti servi della gleba. - La fuga dei servi della gleba dalle campagne e il ripopolamento delle città, porta infine alla rinascita delle tecniche produttive avanzate, che a loro volta determinano la rinascita dei mercati e dell’economia del capitale, in una forma e con una tale virulenza (resa possibile proprio dall’impressionante avanzamento delle tecniche produttive moderne, di carattere industriale, rispetto a quelle del periodo schiavile antico) da portarci a definire questo tipo di organizzazione economica capitalistica, nonché borghese nella misura in cui la borghesia è la classe detentrice dei capitali alla base di tale modo di produzione. Dall’assenza di ogni tecnica produttiva, si passa allora alla nascita di una produzione specialistica integrata, che genera un’organizzazione economica e sociale rigidamente diretta dall’alto, ovvero dispotica. In Grecia e in Europa però, si afferma (anche per ragioni ambientali) una tecnica della produzione più anarchica, meno rigidamente integrata, che comporta la nascita di un’organizzazione economica meno accentrata e più paritaria, più collegiale. Il mondo antico europeo viene però spazzato via dalle invasioni barbariche (e da altri fattori catastrofici) che determinano un regresso delle precedenti tecniche produttive, in particolare la scomparsa delle tecniche urbane altamente specialistiche e il conseguente arretramento dell’organizzazione economica a livelli prettamente agricoli (feudalesimo). Infine, la fuga dei servi della gleba nelle città comporta la rinascita delle tecniche specialistiche urbane, con tutto ciò che questo comporta a livello di organizzazione economica: moneta, mercati e sviluppo di capitali (economia borghese), fattori ulteriormente rafforzati dalla trasformazione delle tecniche produttive da artigianali a industriali, con la nascita della vera e propria economia capitalista moderna. |