MARX: Rapporti e forze produttive

MARX-ENGELS
per un socialismo democratico


RAPPORTI E FORZE PRODUTTIVE

I - II

E' noto che il marxismo fa questo ragionamento di metodo storiografico: le forze produttive agiscono spontaneamente, a prescindere dalla volontà umana, entro una determinata formazione sociale, e lo fanno senza creare particolari sconvolgimenti sociali, finché però non giungono a maturazione, cioè finché non si sviluppano al massimo delle loro potenzialità (determinate da una certa tecnologia, divisione del lavoro ecc.). A questo punto lo sviluppo pacifico entra in collisione coi corrispondenti rapporti produttivi e l'evoluzione cede il passo alla rivoluzione, che può essere pacifica o cruenta, a seconda della maggiore o minore resistenza al cambiamento da parte di tali rapporti. In questo processo l'ideologia serve a giustificare o ad accelerare i processi. Il rivolgimento riporta le cose in equilibrio facendo progredire ulteriormente le stesse forze produttive, fino alla prossima crisi.

Questa tesi, che risente di un certo economicismo, è stata elaborata sulla falsariga dell'idealismo hegeliano, che vede nella contraddizione di tesi e antitesi un fattore di sviluppo storico.

In genere si dà molta importanza alla "contraddizione" quando manca un forte impegno politico a favore della "liberazione". Il "determinismo" di Marx può essere considerato come una conseguenza della sua accentuata posizione "teoretica", da "intellettuale", da "critico della società borghese" (specie nei suoi aspetti economici).

In realtà la contraddizione di per sé non porta né allo sviluppo né alla crisi: non è in sé un valore che ci indica la strada da percorrere. E' solo un fenomeno dell'esistenza caratterizzato da problemi che vanno risolti, e questi problemi, come spesso succede nella realtà, possono essere utilizzati sia per migliorare che per peggiorare una determinata situazione sociale.

Puntare sull'acuirsi delle contraddizioni (atteggiamento tipico dello stalinismo e, per molti versi, anche del trotskismo e del maoismo), al fine di sperare in un miglioramento spontaneo, automatico, della struttura sociale, significa non saper uscire dai limiti dell'estremismo. E dall'estremismo al terrorismo il passo è breve.

Con l'eccessiva importanza concessa alla contraddizione si è finiti col giustificare, accettandolo acriticamente, il passaggio dal feudalesimo al capitalismo, o quello dal capitalismo concorrenziale a quello monopolistico, e ci si illude che la transizione dal capitalismo al socialismo avverrà da sé.

Le contraddizioni di per sé non possono essere il motore della storia, meno che mai quelle di natura antagonistica, che possono portare anche all'estinzione di una civiltà. Esse possono soltanto essere un'occasione perché si manifesti il valore positivo delle cose, che nelle società antagonistiche coincide anzitutto con la lotta di liberazione.

In realtà tra forze e rapporti produttivi, come tra struttura economica e sovrastruttura ideologica esiste uno sviluppo parallelo, relativamente autonomo, oltre che un'influenza reciproca. Anche le idee possono diventare, metaforicamente parlando, una "forza produttiva" se vengono debitamente socializzate.

Il fatto è che la relazione tra idee ed economia non è mai esplicita (quando lo è, è spesso banale). Solo con un certo sforzo intellettuale è possibile trovare una corrispondenza bilaterale, dialettica.

Oltre a questo va detto che, secondo noi, il concetto marxiano di "rapporto produttivo" è una riduzione forzosa del concetto di "rapporto sociale" che aveva il giovane Marx, il quale aveva lasciata impregiudicata questa stretta aderenza del "sociale" con l'"economico".

"Rapporto sociale" voleva semplicemente dire tutto ciò che caratterizza la vita umana, quindi non solo economia, ma anche cultura, politica, sino alla semplice "relazione interpersonale". Nel giovane Marx il lavoratore era un attributo dell'essere umano.

E' possibile recuperare l'equilibrio umanistico del giovane Marx con la consapevolezza critica del Marx maturo?

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C'è qualcosa di perverso nell'idea marxiana che le formazioni sociali non possono essere superate finché non esauriscono la loro forza propulsiva. In questo modo sembra prendersi la storia così com'è, senza chiedersi minimamente come sarebbero potute andare le cose se non vi fossero state le soluzioni che poi si sono effettivamente realizzate.

Inoltre si toglie ai contemporanei di ogni formazione sociale il diritto di potersi emancipare o ribellare fino a quando quelle formazioni, in cui essi hanno vissuto, non si sono esaurite da sole. In pratica si finisce col condannare gli uomini allo sfruttamento (schiavistico, servile e salariale), almeno sino a quando la storia non deciderà il momento giusto per passare al socialismo democratico.

In tal modo si finisce col far credere che una formazione sociale sia di per sé migliore della precedente, e che quella attuale, la capitalistica, sia la migliore di tutte e quindi l'ultima, l'anticamera di quella del socialismo.

Queste sono tutte affermazioni astratte, che non tengono conto della realtà concreta. Questa è solo una filosofia della storia il cui contenuto fondamentale è quello dell'economia politica, fatto passare come il più scientifico di tutti.

In realtà non vi è alcuna garanzia che il capitalismo, in sé, offra più possibilità del servaggio o dello schiavismo per realizzare una transizione al socialismo.

Tale transizione non dipende affatto dallo sviluppo delle forze produttive o dal livello della tecnologia produttiva che si usa. Anzi, sotto questo aspetto si potrebbe affermare il contrario, e cioè che il socialismo è una meta più facilmente raggiungibile là dove il livello delle forze produttive non è così alto da stravolgere un sistema sociale più vicino all'autoconsumo e a un rapporto non devastante con la natura.

In tal senso hanno più possibilità gli "africani" che ancora si trovano all'età della pietra di passare al socialismo di quanta non ne abbiamo noi europei civilizzati. Negli Stati Uniti ce l'avevano di più le tribù indiane.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26/04/2015