MARX e La legge del valore 1

MARX-ENGELS
per un socialismo democratico


LA LEGGE DEL VALORE

Quando il marxismo dice che la sostanza del valore delle cose (oggetti d'uso e beni in generale) è il lavoro, non si rende conto che questo principio non può di per sé intaccare l'ideologia del capitalismo.

Il marxismo ha usato il concetto di “lavoro” contro quello di “capitale”, il quale, a sua volta, è strettamente legato a quello di “plusvalore”, che rappresenta l'espressione economica dello sfruttamento del lavoratore.

In realtà, la vera opposizione al capitalismo va fatta all'interno dello stesso concetto di “lavoro”, poiché non esiste alcun lavoro che, di per sé, dia significato alle cose. Persino il valore economico di un bene di consumo, acquista il suo vero significato al di là del lavoro puro e semplice.

Si badi, qui non si tratta di sostenere il principio secondo cui il valore dipende dal lavoro e il lavoro dipende da qualcos'altro. Qui si vuole sostenere che questo "quid" dà significato non solo alle cose ma anche allo stesso lavoro che le produce, al punto che, quand'esso viene a mancare, le cose acquistano un valore fittizio, proprio perché il lavoro presume di dare ad esse un valore che in realtà non è in grado di dare.

Ogniqualvolta si sostiene che il significato della vita sta nella dignità che il lavoro può dare, si fa del lavoro uno strumento per impedire che le cose abbiano il loro vero valore.

Quando ci si accontenta di dare alle cose un valore meramente economico, in virtù appunto del lavoro, si è già tolto alle cose un altro valore, quello "spirituale", e con ciò si è fatto del lavoro un'operazione prima ideologica e poi puramente meccanica, che non ha nulla di creativo, di piacevole, di artistico... Se nelle cose si va a cercare solo il lato materiale, il lavoro che le produce sarà necessariamente alienante, perché frutto di una dicotomia tra significato ontologico della vita e primato dell'esigenza economica.

L'aspetto contraddittorio di questo indebito primato sta nel fatto che da un lato il capitalismo riconosce al lavoro (sarebbe meglio dire: allo sfruttamento del lavoro altrui) la fonte del valore (questa - come noto - non è stata una scoperta del marxismo), e dall'altro fa di tutto per ridurre il tempo di lavoro necessario per produrre una merce.

Tale riduzione non dipende solo - come vuole il marxismo - dall'oggettiva necessità che il capitale ha di estorcere plusvalore all'operaio, ma dipende anche dal fatto che quando si concede il primato al lavoro, nulla può ad un certo punto impedire che glielo si tolga.

Se il lavoro è strumentale al profitto, può esserlo a maggior ragione la macchina, che, riducendo il tempo di lavoro al minimo, permette all'imprenditore profitti supplementari.

Compito dell'operaio, quindi, non deve soltanto essere quello di “impadronirsi della macchina”, di metterla al suo servizio, di lavorare il meno possibile (in quanto il lavoro comporta stress, fatica, pericolosità ecc.), di dedicare quanto più tempo libero possibile alla propria fantasia creativa, alla propria originalità di "inventore" o di ideatore.

Compito dell'operaio deve essere anche quello di riscoprire il significato della vita, poiché è una grande ingenuità pensare che l'operaio potrà riscoprire il lato creativo, artistico del lavoro solo dopo che avrà espropriato il capitalista.

L'operaio deve sapere che il capitalista (quale figura simbolica, non specifica) ha usato lo strumento del lavoro per emanciparsi come individuo contro gli interessi della collettività. Attraverso il lavoro, il capitalista ha dato alle cose un valore diverso da quello che prima avevano. E' appunto questo valore perduto che va recuperato.

Ma, per poterlo fare, all'operaio non basta espropriare il capitalista, né basta garantire il lavoro a tutti: occorre anche dare un senso spirituale alla vita e quindi, secondariamente, al lavoro che si svolge.

Non ha senso rivendicare una transizione al socialismo solo per garantire ai lavoratori una maggiore organizzazione (o pianificazione) del loro lavoro. Il cittadino non è anzitutto un "lavoratore", ma un "essere umano", che ha bisogno, per vivere, non solo di lavorare, ma anche e soprattutto di essere, cioè di avere un significato per cui esistere.

Non ha veramente senso pensare che lo sviluppo delle forze produttive possa dipendere dal risparmio del tempo di lavoro: questa forma di "sviluppo" non garantisce assolutamente nulla circa lo sviluppo della qualità della vita.

Note in margine

Marx e la teoria del valore - Marx a Kugelmann: la teoria del valore - La teoria del valore nel XXI secolo


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26/04/2015