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AMBROGIO E TEODOSIO
Dialogo surreale

- Io insomma ancora non ho capito perché dopo il tuo editto di Tessalonica, con cui
avevi ufficialmente creato la chiesa di stato, ti sei messo a sterminare
settemila
cristiani di quella città.
- Mi sembrava d'avertelo spiegato per filo e per segno. Non avevo scelta. Quelli
avevano impiccato Buterico, il comandante supremo delle truppe gote
dell'Illirico per un'incresciosa questione di sesso. S'era rifiutato di
consegnare un famoso pederasta che aveva imprigionato, e la popolazione, che lo
stimava perché era un valente auriga del circo, era insorta, linciando Buterico
proprio nel circo. Chi dovevo arrestare, secondo te? Pensi davvero che
m'avrebbero consegnato gli istigatori della rivolta?
- E allora, per uno e per giunta ariano, hai dovuto eliminare migliaia di inermi
cittadini cristiani?
- Sai bene in che anno lo feci: il 390. Dodici anni prima gli stessi Goti ad
Adrianopoli, in quell'epica battaglia che tu stesso definisti "la fine del
mondo", ricordi?, eliminarono trentamila nostri valorosi militari, trucidando
anche l'imperatore Valente. Se non avessi concesso loro ampi territori, quelli
avrebbero occupato anche Costantinopoli. Era questo che volevi?
- Ma non c'è proporzione! Come fai a non capirlo? Settemila cittadini cristiani
per un generale goto e ariano! Tu dovevi essere uscito di testa!
- Non ho capito: ti riferisci alla sproporzione numerica o perché erano
cristiani ortodossi?
- Entrambe le cose, è evidente.
- Scommetto però che se fossero stati ariani o pagani, avresti lasciato correre.
- Questo non potrai mai saperlo.
- Io so solo che quando ho fatto l'editto di Tessalonica, dieci anni prima, e ho
permesso alla vostra religione di diventare l'unica ammessa, nessun vescovo ha
protestato. Voi avete fatto le vostre considerazioni politiche e, sulla base di
quelle, avete scelto i vostri interessi. Io, dopo che i tessalonicesi avevano
ammazzato Buterico, ho fatto le mie e ho agito di conseguenza. Sì, forse sono
stato impulsivo: quando cercai di annullare l'ordine, purtroppo arrivò troppo
tardi. Ma se avessimo dovuto sostenere un'altra battaglia come quella di
Adrianopoli, avremmo sicuramente perso, e dopo di me tutti gli imperatori
sarebbero stati ariani. Ti sarebbe piaciuta una conclusione del genere?
- Certo che no, ma noi vescovi avremmo combattuto gli ariani così come avevamo
fatto coi pagani. A quel tempo non ci spaventava nessuno. Le persecuzioni di
Diocleziano ci avevano incredibilmente fortificato.
- Sì, infatti quando mi hai scomunicato ho avuto proprio l'impressione di
questo, che tu non l'avessi fatto per il massacro di Tessalonica e di
cui mi pentì subito, emanando una legge che imponeva di non eseguire una
condanna a morte se non trenta giorni dopo la sentenza, ma per far mostra della
tua autorità. Tu volevi far vedere, dalla tua Milano capitale della parte
occidentale dell'impero, che il vero imperatore non ero io. Hai usato la
scomunica per motivi più politici che etici.
- Che parole grosse che usi! Chi pensi abbia fatto vincere Costantino contro i
suoi avversari? Non sono forse stati i cristiani? Quanti di loro si sono
sacrificati sui campi di battaglia? Quando abbiamo visto quel rinnegato di
Giuliano tornare al paganesimo, ci sono cascate le braccia. Tanti morti per
nulla! E così noi vescovi ci siamo detti: "La prossima volta vogliamo un
imperatore che non permetta la libertà di culto, ma che obblighi a un culto
solo, vietando tutti gli altri. Tu, Teodosio, sei stato una nostra creatura".
- Mi avete creato e mi volevate distruggere con la stessa disinvoltura?
- Non tu, ma la sede imperiale dove vivevi, Costantinopoli, che per noi doveva
stare sottomessa a Roma e che tu invece, nel primo concilio di Costantinopoli,
sotto la pressione del vostro metropolita, volesti far diventare la seconda
Roma, la sua storica e legittima erede. Quando presi la decisione di
scomunicarti, mostrando d'essere più importante di te, tu pensi che lo feci
senza il consenso del papato? Quella non fu una mia prova di forza: io fui solo
strumento della volontà altrui.
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