LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA DEL SEICENTO

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LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA DEL SEICENTO

Premessa

Aristotele visse dal 384 al 322 a.C. Chi ereditò e sviluppò il suo sistema astronomico fu Tolomeo, il più grande astronomo e geografo dell'età imperiale romana, vissuto nel II sec. d.C.

Il sistema aristotelico-tolemaico, impostato sul geocentrismo, verrà scardinato completamente solo a partire da Copernico, che visse tra il 1473 e il 1543. Dopo di lui i contributi più decisivi vennero dati da Tycho Brahe, Keplero e Galilei, che prepararono la rivoluzione di Newton riguardante la gravitazione universale e la cui concezione di spazio e tempo assoluti rimase a fondamento della fisica sino alla fine dell'Ottocento.

Questa rivoluzione astronomica, strettamente legata allo sviluppo del capitalismo europeo, comporterà una più generale rivoluzione scientifica, ovvero una progressiva laicizzazione delle idee religiose ereditate dalla tradizione medievale.

A sua volta la rivoluzione scientifica (basata sullo sviluppo della matematica, della fisica e della tecnologia) procederà in parallelo con quella filosofica, anch'essa intenzionata a ridimensionare le pretese della teologia. Filosofia e scienza si influenzeranno a vicenda, finché il divorzio tra le due discipline comincerà a farsi netto con la seconda rivoluzione industriale di fine Ottocento, quando apparirà evidente che scienza e tecnica potevano procedere da sole sulla strada del progresso dell'umanità. Ancora oggi, nonostante le guerre mondiali del Novecento e l'odierna devastazione ambientale, la scienza non ritiene d'aver bisogno di un rapporto organico con la filosofia, che di regola viene tenuta ai margini proprio perché non è in grado di dimostrare scientificamente la validità delle proprie affermazioni: per poterlo fare, la filosofia deve appunto avvalersi del contributo delle scienze.

Quindi, la rivoluzione scientifica vera e propria, teorizzata con gli strumenti della matematica e della fisica e supportata da invenzioni tecnologiche, va dalla pubblicazione delle Rivoluzioni dei corpi celesti di Copernico (1543) ai Principi matematici di filosofia naturale di Newton (1687).

Prima di questa rivoluzione vi era stata quella umanistico-rinascimentale, che aveva introdotto, in chiave filosofica, temi come l'infinità dell'universo, la pluralità dei mondi, la fine del geocentrismo, l'idea di un dio che dà un ordine matematico e geometrico a tutte le forze della natura, l'idea organicistica di una coincidenza tra microcosmo e macrocosmo, la necessità di sviluppare sensi, ragione, esperienza e metodo induttivo in alternativa a dogmi di fede, tradizioni religiose, autorità ecclesiastiche e metodo deduttivo. È stato lo sviluppo della borghesia che ha spinto gli intellettuali a rivoluzionare i tradizionali criteri d'interpretazione della realtà, fisica e morale, umana e naturale. La rivoluzione scientifica non ha fatto altro che confermare delle intuizioni filosofiche.

Sintesi dell'astronomia aristotelico-tolemaica

Nell'astronomia aristotelica il mondo terrestre (sublunare) risulta dalla mescolanza di quattro elementi: terra e acqua (che tendono verso il basso) e aria e fuoco (che tendono verso l'alto). I mutamenti di questo mondo dipendono dalla mescolanza dei quattro elementi: ecco perché sulla Terra si nasce e si muore.

Il cielo invece, composto di etere (solido e trasparente), è eterno e immutabile e ha movimenti regolari e circolari. Il Sole, la Luna e gli altri pianeti sono come chiodi fissati su delle sfere ruotanti attorno alla Terra.

Esistono quindi due movimenti: uno imperfetto sulla Terra (ferma al centro dell'universo) perché rettilineo, difforme e limitato nel tempo; l'altro nei cieli è perfetto perché circolare, uniforme e perenne.

Le stelle fisse indicano il limite ultimo dell'universo, cioè la sua finitezza. La sfera divina è una sorta di motore immobile che mette in moto tutto il cielo, obbligandolo a girare intorno alla Terra.

Tolomeo, a questo impianto, dovette aggiungere degli accorgimenti matematici per spiegare alcuni fenomeni irregolari o poco comprensibili che avvengono nel movimento dei pianeti. Poi la teologia medievale equiparò le sfere celesti a varie potenze angeliche, come risulta, p.es., nella Commedia di Dante.

Copernico (1473-1543)

A dir il vero l'ipotesi eliocentrica sostenuta da Nicolò Copernico si sviluppò in modo autonomo dalle teorie filosofiche più innovative, a partire da quelle di Cusano, la cui Dotta ignoranza era del 1440. Telesio e Giordano Bruno, comunque, avevano letto le sue opere, anche perché cominciarono a essere divulgate in Europa verso la metà del Cinquecento. Questo a testimonianza che i tempi erano sufficientemente maturi per una svolta di portata epocale nell'area più borghese del continente.

Peraltro il De Revolutionibus (dedicato a papa Paolo III!) conteneva una prefazione anonima, scritta da un teologo protestante (Andreas Osiander), ch'era anche editore dell'opera, della quale, per non aver noie, si limitò a esaltare il carattere "ipotetico" delle dimostrazioni matematiche. Da notare però che Lutero, Calvino e Melantone furono subito contrari alle teorie copernicane, mentre il papato le condannerà solo mezzo secolo dopo, quando verranno accettate da Galileo Galilei, che cercherà di dimostrarle col suo telescopio. Il motivo è semplice: il testo era soggetto a due possibili interpretazioni, geometrica (basata su ipotesi matematiche) e fisica. Visto in chiave geometrica, il copernicanesimo non sembrava pericoloso per la teologia ufficiale, ma se lo si accettava in chiave fisica, diventava incompatibile con alcune affermazioni della Bibbia interpretate in maniera letterale (p.es. là dove, in Gs 10,12, si afferma che Giosuè aveva ordinato al Sole di fermarsi).

Che la religione, cattolica o protestante, avesse ormai ben poco di "religioso" e stesse evolvendo, nonostante la Controriforma, in una direzione chiaramente laicistica, è dimostrato anche dal fatto che Copernico era un prelato della chiesa cattolica polacca: cosa che indubbiamente lo influenzò non poco nella decisione di dare alle stampe il suo libro, che infatti uscirà l'anno stesso della sua morte.

Copernico era sicuramente un buon matematico, ma non un osservatore del cielo, tant'è che il suo punto di partenza erano le astrazioni della fisica classica, quella aristotelico-tolemaica.

Le sue idee fondamentali erano le seguenti:

  1. l'universo è sferico;
  2. la Terra è sferica (forma con l'acqua un'unica sfera) e non è al centro dell'universo;
  3. il moto dei corpi celesti è uniforme, circolare e perpetuo e tutti quelli che vediamo a occhio nudo girano attorno al Sole;
  4. la Terra ha una rotazione annuale (insieme alla Luna) attorno al Sole;
  5. la Terra ha una rotazione diurna sul proprio asse ed è al centro solo per la Luna;
  6. il moto della Terra è in grado di spiegare tutti i moti apparenti retrogradi degli altri pianeti che vediamo a occhio nudo;
  7. esiste un terzo movimento della Terra, detto di "declinazione", che spiega il motivo per cui l'asse terrestre è sempre inclinato da un lato;
  8. il centro dell'universo non coincide con quello del Sole (tant'è che sarebbe meglio parlare di "sistema eliostatico" e non "eliocentrico");
  9. l'universo resta finito, chiuso dalla sfera trasparente delle stelle fisse, molto più grande di quello aristotelico-tolemaico;
  10. tutti i corpi celesti sono sostenuti da sfere cristalline trasparenti.

Come si può notare, alcune di queste idee appartenevano alla concezione tolemaica, altre invece erano state prese da astronomi della Grecia classica (Iceta di Siracusa, Filolao, Eraclide Pontico, Ecfanto, Aristarco di Samo; lo stesso Platone, nel Timeo, aveva sostenuto il movimento rotatorio della Terra). Ciò che non lo soddisfaceva erano i calcoli matematici degli scienziati del suo tempo, ancora basati su quelli di Tolomeo, il quale, per far quadrare i suoi ragionamenti, era stato costretto a introdurre molti artifici matematici (epicicli, eccentrici, deferenti e cerchio equante), cui però lo stesso Copernico dovrà ricorrere per colmare le lacune della sua teoria astronomica, rivelandosi, in questo, meno profondo di Tolomeo.

Più in generale bisogna dire che davanti a sé Copernico aveva i seguenti problemi da risolvere: se davvero si pensa che un movimento rotatorio sul proprio asse distruggerebbe la Terra, perché non succede nulla agli altri corpi celesti che le girano attorno? Inoltre per quale motivo deve essere l'universo, infinitamente più grande della Terra, a muoversi intorno ad essa e non il contrario? Copernico scelse la teoria eliocentrica perché gli appariva più semplice rispetto a quella geocentrica per spiegare i moti dei pianeti che si vedono a occhio nudo.

In lui sicuramente di rilievo risultava il fatto che veniva eliminata la teoria aristotelica del "Primo Motore" e quella del geocentrismo. La Terra, in sostanza, si muoveva da sola su se stessa e, insieme alla Luna, si muoveva di un moto circolare, uniforme e perpetuo attorno al Sole, della durata di 365 giorni, mentre Mercurio ne impiegherebbe 80, Venere 9 mesi, Marte 2 anni, Giove 12 e Saturno 30.

La forma perfetta, per Copernico, restava quella sferica e il moto perfetto quello circolare. Da notare che proprio sulla base delle sue teorie si operò la riforma gregoriana del calendario del 1582.

Significativo inoltre che l'universo non lo concepisce più diviso tra mondo celeste o superiore e mondo sublunare o inferiore, ma come un tutto unico, omogeneo, regolato in ogni suo punto dalle stesse leggi e composto dagli stessi elementi, anche se continua a essere chiuso, finito, benché molto più grande di quello di Tolomeo.

Sulle sfere celesti, fisse, poste al limite dell'universo visibile, Copernico continuava a non avere le idee chiare, perché nella cosmologia aristotelica sono esse che danno il movimento dei corpi celesti immediatamente inferiori. Pertanto ribadisce che tutti i corpi celesti sono sostenuti da sfere cristalline ruotanti, altrimenti collasserebbero gli uni sugli altri (come noto per Aristotele il vuoto non esiste: la materia è ovunque e quindi i pianeti sono trascinati dalle sfere concentriche come dei "chiodi" fissati sulle stesse sfere: girando le sfere girano anche i "chiodi"). Cioè Copernico non aveva capito che i pianeti, nel nostro sistema solare, si muovono sulla base di orbite determinate dal Sole.

Tycho Brahe (1546-1601)

Il nobile danese Tycho Brahe è famoso perché cercò di mettere alla prova le teorie copernicane osservando i cieli con vari laboratori astronomici. Nel 1572 scoprì un'improvvisa luce nella costellazione di Cassiopea e pensò si trattasse di una nuova stella, che però dopo alcune settimane scomparve (oggi sappiamo ch'era stata l'esplosione di una supernova). Ne trasse la conclusione che non era vera l'idea aristotelica secondo cui i cieli, a motivo dell'etere, sono immutabili e nessun corpo celeste può generarsi o scomparire.

Nel 1577 poté individuare una cometa, la cui orbita intersecava quella di altri pianeti: il che metteva in discussione l'esistenza delle sfere cristalline. Il cielo diventava aperto in tutte le direzioni. Quindi in sostanza c'erano solo orbite (non "materiali" ma "ideali"), e quella della cometa individuata non era sferica ma ovale. Nel passato gli astronomi avevano risolto la stranezza delle comete sostenendo ch'esse fossero semplici fenomeni meteorologici, in quanto appartenenti non al mondo celeste ma a quello sublunare.

Utilizzando i calcoli di Copernico, scopre che i moti della Luna hanno velocità variabile: il che contraddice il principio dell'uniformità dei moti celesti.

Tuttavia Tycho Brahe rifiutò sia l'idea del moto rotatorio della Terra che del suo moto rivoluzionario attorno al Sole, basandosi sull'idea che un corpo gettato dall'alto di una torre non dovrebbe cadere alla sua base se il pianeta si muovesse. Un altro suo esempio famoso, debolissimo sul piano fisico, fu il seguente: se fosse vero che la Terra ruota da ovest verso est, allora il percorso di una palla di cannone, sparata verso ovest dovrebbe essere più lungo di quello di una palla sparata dallo stesso cannone verso est, ma gli artiglieri sanno bene che ciò non è vero, proprio perché la Terra è ferma.

Però non ebbe dubbi nel sostenere che non vi è differenza qualitativa tra mondo sublunare e mondo celeste: il nostro mondo, costituito dai quattro elementi aristotelici (terra, acqua, aria e fuoco) è assolutamente uguale in termini qualitativi a quello celeste, composto di etere. Da notare che negli stessi anni anche Giordano Bruno era arrivato a sostenere, sulla base di ragionamenti metafisici, l'uguaglianza qualitativa tra il nostro mondo e quello celeste.

Insomma la Terra resta al centro dell'universo, col Sole e la Luna e le stelle fisse che le girano attorno. Sono piuttosto gli altri cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno) che ruotano attorno al Sole. Tycho Brahe aveva realizzato un compromesso che faceva contenti i teologi ma che non sarebbe potuto durare a lungo.

In ogni caso lasciava aperto un problema insoluto, che risolverà il suo discepolo: se le orbite sono traiettorie geometriche e non enti fisici, cosa tiene su i pianeti? Aristotele diceva che le sfere si muovono in modo circolare per imitare l'eternità di Dio ("Primo Motore") e trascinano con sé i pianeti. Copernico diceva invece che il moto naturale di un oggetto sferico è quello di girare, e quindi è ovvio che le sfere celesti lo facciano. Ma se le sfere non ci sono, come fanno i pianeti a muoversi? A questa domanda risponderà Keplero, scientificamente.

Giovanni Keplero (1571-1630)

Il tedesco Johannes Kepler (Keplero), discepolo di Brahe, tornò invece completamente al sistema copernicano, approfondendolo sul piano matematico con tre leggi fondamentali sul moto dei pianeti, che portano il suo nome.

  1. Prima legge. Studiando l'orbita di Marte, stabilì ch'era ellittica, non circolare. Da qui arrivò a dire che tutti i pianeti si muovono secondo ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi (l'idea di orbite ellittiche l'aveva avanzata nell'XI secolo Arzachele, a Toledo, ma senza poterla dimostrare. Non è poi da escludere che l'idea di ellisse gli sia venuta in mente in seguito alla riforma protestante, quando la chiesa romana, di fronte alle richieste dei protestanti di ridurre l'esteriorità del culto, non aveva fatto altro che accentuarla, introducendo appunto l'ellisse nell'arte barocca, che dà l'impressione di irregolarità, avendo due fuochi, pur essendo perfettamente regolare).
  2. Seconda legge. Si accorse anche che Marte si muoveva più velocemente vicino al perielio (punto di massima vicinanza al Sole) e più lentamente vicino all'afelio (punto di massima distanza dal Sole). Quindi dimostrò che il tempo impiegato dal pianeta a percorrere un arco della propria orbita (cioè una determinata porzione) era proporzionale alla distanza dal Sole. La legge generale fu quindi la seguente: la velocità orbitale di ciascun pianeta varia in modo tale che la linea (o raggio vettore) che congiunge il Sole e il pianeta copre in uguali intervalli di tempo, uguali porzioni di superficie dell'ellisse. In questa maniera venivano eliminati tutti gli eccentrici e gli epicicli di Tolomeo e si capiva anche il motivo per cui la primavera e l'estate (quando il Sole è più lontano) sono più lunghe dell'autunno e dell'inverno.
  3. Terza legge. Keplero determinò la relazione tra i periodi di rivoluzione dei pianeti e le loro distanze dal Sole, nel senso che i quadrati dei tempi che i pianeti impiegano a percorrere le loro orbite sono proporzionali ai cubi delle loro rispettive distanze medie dal Sole. Cioè se T1 e T2 sono i periodi necessari a due pianeti perché completino un giro nelle loro orbite, e se R1 e R2 sono le rispettive distanze medie tra loro e il Sole, allora il rapporto tra i quadrati dei periodi orbitali è proporzionale al rapporto esistente tra i cubi delle distanze medie dal Sole: (T1/T2)2=(R1/R2)3. In poche parole più un pianeta è lontano dal Sole e più tempo impiega a circumnavigarlo. Oggi questa legge viene ritenuta vera se la massa del pianeta è trascurabile rispetto a quella della stella di riferimento e se si possono trascurare le interazioni tra i diversi pianeti, in grado di perturbare le orbite.

Keplero in questo modo non solo aveva dimostrato che il cosmo ha una struttura perfettamente matematica, ma aveva anche intuito che questa struttura era in relazione con un principio di gravitazione esistente tra i pianeti e tra questi e il Sole. Con le sue dimostrazioni era impossibile tornare a parlare di moto circolare dei pianeti e di moto costante nelle loro orbite. È il Sole che, ruotando su di sé, dà il moto ai pianeti del nostro sistema. Il Sole ha "un'anima" e una forza magnetica con cui attrae a sé gli altri pianeti, impedendo loro di disperdersi nell'universo. Ci vorrà però Newton a dimostrare questa cosa scientificamente.

Keplero sviluppò anche una teoria delle maree in rapporto all'attrazione lunare. Fu uno dei fondatori del calcolo integrale. Diede inoltre della luce una definizione inedita: il suo afflusso avviene secondo un numero infinito di rette che avanzano sino all'infinito.

GALILEO GALILEI (1564-1642)

SCOPERTE

  1. Col telescopio fornisce prove scientifiche alle ipotesi copernicane, che diventano una teoria astronomica e non solo un modello ipotetico matematico da usarsi per semplificare il calcolo delle orbite (Galilei costruirà anche il primo microscopio rudimentale).
  2. Grazie al telescopio scopre un numero di stelle almeno dieci volte superiore a quelle che si vedono a occhio nudo, e si accorge che non sono affatto sullo stesso piano, come voleva il cielo aristotelico delle stelle fisse. L'universo però, per Galilei, non è ancora infinito, come invece lo è, sul piano filosofico, per Cusano e Bruno, e come sarà per Newton in campo astronomico, anche se Galilei tende a superare la visione antropocentrica e l'interpretazione teleologica del cosmo.
  3. Scopre anche che la superficie della Luna è irregolare come quella della Terra, contro l'idea aristotelica di una perfezione (immutabilità) del mondo celeste dovuto alla sostanza dell'etere, materia perfetta e incorruttibile, secondo Aristotele, e che però non esiste. Tutti i corpi celesti non sono materialmente diversi da quelli terrestri (persino il Sole ha delle macchie mobili). Etere, al tempo dei Greci, voleva dire “quintessenza” (oltre a aria, acqua, terra e fuoco).
  4. Scopre anche le fasi di Venere, dovute al fatto che il pianeta gira attorno al Sole.
  5. Scopre anche che Giove ha 4 satelliti che gli girano attorno, come se fosse un sistema solare in miniatura (contro la teoria delle sfere cristalline).
  6. Individua il principio di inerzia dei corpi o di conservazione del movimento. Il moto, una volta impresso, appartiene al corpo (cioè non è determinato dal motore immobile) e si conserva finché non intervengono cause contrarie.
  7. Fa l'esempio del sasso lanciato dalla cima di un albero di una nave che si muove sull'oceano verso est. Il sasso cadrà ai piedi dell'albero e non spostato verso ovest, proprio perché viaggia alla stessa velocità della nave. In altre parole, se la Terra ha un moto rotatorio su di sé, tutti i suoi corpi si muovono con essa.
  8. Scopre che all'interno di un sistema non è possibile decidere se il sistema è in quiete o in moto uniforme, proprio perché tutte le parti del sistema si muovono.
  9. I corpi cadono nel vuoto con la stessa velocità, cioè non cadono a seconda del loro peso quando manca l'aria.
  10. Per misurare la caduta dei gravi inventa un orologio ad acqua molto preciso, al 10º di secondo, e realizza un piano inclinato perfettamente levigato e con sfere molto lisce. Vuole astrarre dall'attrito, cioè dalle variabili che potrebbero influenzare l'accelerazione.

METODO TEORICO

  1. Sul piano del metodo afferma che la Bibbia offre soltanto un insegnamento morale, non scientifico e che quanto essa dice sulla natura non va preso alla lettera, anche perché si riferisce a uomini di un determinato periodo storico, privi di conoscenze scientifiche.
  2. La scienza, per Galilei, deve basarsi sui sensi, sulla ragione e soprattutto sugli esperimenti che devono dimostrare la validità delle ipotesi di partenza.
  3. Gli unici fenomeni che possono essere conosciuti sono quelli quantificabili (la nuova fisica si basa sull’idea, di origine pitagorica, che la natura sia scritta in caratteri matematici e che la ricerca scientifica debba, necessariamente, passare per la misurazione dei fenomeni). L'universo è scritto in lingua matematica, che analizza le qualità primarie (oggettive), mentre quelle secondarie (colori, sapori, odori, suoni) derivano dei sensi (soggettivi) e non sono oggetto di scienza (p.es. nell'analisi del calore si prendono in esame solo la dilatazione e la pressione). Torna in auge la distinzione democritea fra gli aspetti misurabili della realtà (forma geometrica, dimensioni e movimento) e gli aspetti percepibili solo attraverso i sensi e non misurabili.
  4. Galileo nega che l’esistenza dei fini nelle cose e nel mondo sia alla portata della scienza, che si limita a misurare grandezze e a cercare relazioni costanti tra variabili, cioè studia il mondo fisico come se fosse una macchina, sulla scia di Keplero e di Democrito. La ricerca della vera essenza, della “forma”, delle cose, che ancora affascina Bacone, per lui non appartiene alla nuova scienza fisica.
  5. La ricerca parte dall’osservazione empirica di ciò che si presta a misurazione e può essere tradotto in rapporti numerici. L’osservazione non è l’abbandonarsi alle sensazioni, ma deve essere selettiva e matematizzata. Una buona raccolta di dati rende possibile formulare un’ipotesi sulla natura di quel che si è osservato, formulare una domanda alla natura. Perché la natura risponda alla domanda in modo univoco e decisivo bisogna costruire condizioni artificiali che consentano l’osservazione del fenomeno e la prova sperimentale in forma pura, univoca. Nel predisporre condizioni artificiali per l’osservazione e l’esperimento, Galileo usa tutta la sua straordinaria abilità manuale e tecnica. L’esperimento risponde alla domanda formulata alla natura, confermando o meno l’ipotesi. Non basta il procedimento matematico-deduttivo dei Greci.

ISAAC NEWTON (1642-1727)

Tutte le principali scoperte scientifiche di Newton avvennero nel biennio 1665-66, quando, a causa della peste che stava devastando l'Inghilterra, fu costretto a lasciare il Trinity College di Cambridge, dedicandosi così ai propri interessi.

Il primo interesse che lo portò a rivoluzionare le concezioni scientifiche della sua epoca fu quello della luce e dei colori. La sua tesi era la seguente: la luce bianca, corpuscolare, si propaga nell'etere a densità variabile, cioè raggi diversi si rifrangono in maniera diversa; i colori quindi dipendono da un certo grado di rifrazione, che può essere misurato. Questo lo portò a creare un telescopio non più a rifrazione (che tendeva a distorcere le immagini) ma a riflessione, in cui la luce non viene raccolta da una lente ma da uno specchio concavo di metallo. Per spiegare la propagazione rettilinea e uniforme della luce, Newton ammette anche l'esistenza del vuoto, perché un universo pieno costituirebbe un fattore di resistenza al moto di qualunque cosa (contro le idee di Cartesio, che negava il vuoto).

Dopodiché passò all'aritmetica e all'algebra, tenendo corsi accademici dal 1673 al 1683, e poi alla meccanica, nei corsi del biennio 1684-85. Nel 1687 pubblicò la sintesi di tutti questi corsi nella sua opera fondamentale, Principi matematici della filosofia naturale, che segna la nascita della meccanica razionale, cioè della stretta correlazione tra tre discipline: matematica, fisica e astronomia.

Il suo contributo più noto alla matematica fu il metodo delle flussioni, secondo cui le grandezze geometriche sono generate da un movimento: p.es. le linee sono generate dal movimento continuo dei punti, i solidi da quello delle superfici, gli angoli dalla rotazione dei lati, i tempi da un flusso continuo. Pertanto le grandezze che aumentano in tempi uguali sono più grandi o più piccole a seconda della loro velocità e questa velocità può essere misurata. La flussione è molto simile all'attuale concetto di "derivata" e comunque dal calcolo delle flussioni sarebbe derivato quello infinitesimale.

I Principia sono divisi in tre parti. La prima sezione sviluppa la scienza del moto a prescindere dalla resistenza dei mezzi. Nella seconda critica i vortici cartesiani. Nella terza risolve problemi di astronomia e di fisica (il moto dei pianeti e della Luna, la forma della Terra, la teoria delle maree ecc.).

Le tre parti sono precedute da due sezioni preliminari che costituiscono le fondamenta del suo edificio teorico e che contengono otto definizioni e tre leggi del moto. Le definizioni sono le seguenti:

  1. La quantità di materia è la misura della medesima ricavata dal prodotto della sua densità per il volume.
  2. La quantità di moto è la misura del medesimo ricavata dal prodotto della velocità per la quantità di materia.
  3. La forza insita della materia è la sua disposizione a resistere; per cui ciascun corpo, per quanto sta in esso, persevera nel suo stato di quiete e di moto rettilineo uniforme.
  4. Una forza impressa è un’azione esercitata sul corpo al fine di mutare il suo stato di quiete e di moto rettilineo uniforme.
  5. La forza centripeta è la forza per effetto della quale i corpi sono attratti, o sono spinti, o comunque tendono verso un qualche punto come verso un centro.
  6. La quantità assoluta di una forza centripeta è la misura della medesima, ed è maggiore o minore a seconda della potenza della causa che la diffonde dal centro attraverso gli spazi circostanti.
  7. La quantità acceleratrice di una forza centripeta è la misura della medesima ed è proporzionale alla velocità che, in un dato tempo, essa genera.
  8. La quantità motrice di una forza centripeta è la misura della medesima ed è proporzionale al moto che, in un dato tempo, essa genera.

Alle definizioni segue lo scolio, in cui Newton pone quei concetti di tempo e di spazio assoluti che costituiscono il fondamento della sua fisica e che resteranno in vigore sino alla fine dell'Ottocento. Il tempo assoluto non ha relazione con qualcosa di esterno, scorre uniformemente ed è chiamato "durata". Il tempo relativo è invece quello che usiamo al posto del tempo vero, e che si misura in ore, giorni, mesi ecc.

Anche lo spazio assoluto non fa riferimento a qualcosa di esterno, cioè resta sempre identico a se stesso e immobile. Lo spazio relativo non è che la misura o la dimensione mobile dello spazio assoluto, che cade sotto i nostri sensi, entrando in relazione coi corpi. Il luogo invece è la parte dello spazio occupato dal corpo e, a seconda dello spazio, può essere assoluto o relativo.

Il moto assoluto è la traslazione di un corpo da un luogo assoluto in un luogo assoluto; così vale per il moto relativo: da un luogo all'altro relativi. Nello spazio immobile e nel tempo costante il moto è rettilineo e uniforme, privo di accelerazioni, ma tempo e spazio assoluti non possono essere oggetto di osservazione, poiché qualunque misurazione fa sempre riferimento a qualcosa di relativo, pertanto vengono assunti come postulati teorici indimostrabili (teoria, questa, che verrà smontata da Einstein).

Le tre leggi del moto (assiomi) riguardano il principio di inerzia (di conservazione del moto rettilineo uniforme).

  1. La prima di queste leggi riprende quella galileiana: "Ogni corpo si mantiene nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché su di esso non agisce alcuna forza". La materia quindi non si muove in circolo, perché non potrebbe essere inerziale, in quanto richiede una causa. La materia si muove in linea retta. Ogni corpo che si muove in circolo tende ad allontanarsi dalla traiettoria curva. La traiettoria rettilinea è possibile solo in uno spazio infinito.
  2. La seconda legge è una conseguenza della prima: "La forza è uguale al prodotto della massa per l'accelerazione, cioè l'accelerazione è proporzionale alla forza e ha la stessa direzione della forza, mentre è inversamente proporzionale alla massa del corpo".
  3. La terza legge è quella dell'uguaglianza tra azione e reazione: "A ogni azione si oppone sempre una reazione uguale e contraria, cioè le azioni reciproche fra due corpi sono sempre uguali per intensità e dirette in senso opposto". Questa legge gli permetterà di formulare nella terza parte del libro quella della gravitazione universale.

A) Nella prima sezione dei Principi Newton fa capire che l'esame fisico dei comportamenti dei corpi sulla Terra, nelle loro reciproche influenze, è applicabile anche ai corpi nei cieli. La spiegazione delle leggi dell'universo non è che una proiezione delle spiegazioni date a fenomeni meccanici osservati sulla Terra. Infatti, prima ancora di parlare di astronomia, Newton sostiene che "se tutti i punti di una data sfera sono sottoposti a uguali forze centripete, che diminuiscono in ragione doppia delle distanze da questi punti, una sfera eserciterà su una qualsiasi altra sfera, composta di parti omogenee fra di loro, un'attrazione inversamente proporzionale ai quadrati delle distanze dei loro centri".

B) Nella seconda sezione Newton parla di meccanica dei fluidi (idrostatica e idrodinamica), cioè del moto dei corpi nei mezzi resistenti, criticando i vortici cartesiani. Egli vuole verificare la forza di gravità in altra maniera, poiché è a questa forza che vuole ricondurre tutto. Sul piano astronomico infatti sostiene che i pianeti non possono essere trasportati da vortici di materia, ma solo da movimenti regolari, percorrendo aree proporzionali al tempo, come vuole l'orbita ellittica. I vortici possono avere senso in uno spazio libero dalla gravitazione.

C) La terza parte, dedicata al "sistema del mondo" (cosmico) approfondirà questo argomento. La Luna è, in un certo senso, "prigioniera" della Terra, poiché è costantemente deviata dal moto rettilineo in virtù della forza di gravità del nostro pianeta. Questa forza riguarda tutti i pianeti e tutti i loro satelliti, ed è una forza proporzionale alla quantità di materia che ciascuno di essi contiene. Tutti i corpi s'attirano tra loro con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza che li separa. Vengono così spiegate le orbite ellittiche di Keplero, che non potevano essere frutto del caso. Tuttavia Newton non era in grado di spiegare perché tutti i corpi si attraggono reciprocamente: questo lo spiegherà Einstein.

Questa terza parte era stata introdotta dalle quattro Regole del filosofare:

  1. Delle cose naturali non devono essere ammesse cause più numerose di quelle che sono vere e bastano a spiegare i fenomeni.
  2. Perciò, finché può esser fatto, le medesime cause vanno attribuite ad effetti naturali dello stesso genere.
  3. Le qualità dei corpi che non possono essere aumentate e diminuite, e quelle che appartengono a tutti i corpi sui quali è possibile impiantare esperimenti, devono essere ritenute qualità di tutti i corpi.
  4. Nella filosofia sperimentale, le proposizioni ricavate per induzione dai fenomeni, devono, nonostante le ipotesi contrarie, essere considerate vere o rigorosamente o quanto più possibile, finché non interverranno altri fenomeni, mediante i quali o sono rese più esatte o vengono assoggettate ad eccezioni.

Newton aveva unificato tutta la fisica: le stesse leggi che valevano per la Terra, valevano anche per i cieli. L'ordine gerarchico del cosmo, stabilito da Aristotele, veniva definitivamente infranto. I cieli non erano che una "proiezione" della Terra e l'universo è del tutto omogeneo.

Da notare però che dopo la pubblicazione dell'Ottica (1704), sino alla fine della sua vita, Newton si dedicò esclusivamente a studi religiosi, che volle mantenere inediti, perché non voleva essere coinvolto in dispute spiacevoli (il solo commento dell'Apocalisse lo tenne impegnato per 550 pagine!).

Metodologia scientifica

  1. Newton afferma che da un numero limitato di osservazioni non è possibile dedurre certezze indiscutibili, ma poi si comporta proprio così e senza voler sottoporre a un dibattito pubblico le sue scoperte.
  2. Afferma l'assoluta uniformità della natura, per cui effetti simili sono prodotti dalle stesse cause in tutto l'universo (la materia possiede qualità universali).
  3. Afferma la semplicità della natura: trovata una causa, che spiega un fenomeno, non se ne deve cercare un'altra, a meno che non vi siano fenomeni contrari (è quindi contrario non solo alle spiegazioni metafisiche ma anche alle ipotesi astratte: hypotheses non fingo).
  4. Afferma di poter spiegare la forza di gravità nel suo funzionamento ma non nella sua motivazione: d'altra parte nessun esperimento è, secondo lui, in grado di rivelare la natura dei corpi o delle forze. Questo perché esiste, per la fisica, solo ciò che è traducibile in termini matematici o quantitativi.
  5. Le leggi individuate per via induttiva possono spiegare anche quei fenomeni che per via deduttiva risultano unificati, cioè che ricadono nell'ambito di quelle leggi (metodo induttivo-deduttivo).
  6. Sostiene che il movimento nel cosmo deve aver avuto un'origine (una causa), perché i movimenti dei corpi, quando si urtano, subiscono una entropia (una parte della loro forza si disperde, o addirittura essi si fermano e, se riprendono il movimento, questo è più debole del precedente). L'universo quindi sembra tendere verso la quiete: di qui la necessità di una intelligenza cosmica che ristabilisca l'equilibrio compromesso dall'entropia (e, secondo Newton, lo farebbe attraverso lo strumento delle comete). Dio quindi sarebbe una specie di orologiaio poco esperto, che ha bisogno, di tanto in tanto, di ricaricare il suo orologio (provvidenza fisica), non avendogli potuto imprimere un moto perpetuo. In ogni caso per lui non è possibile che la coscienza e l'intelligenza derivino dalla materia, anche se Dio può porre nelle leggi matematiche della natura l'essenza razionale di sé.
  7. Oggi, secondo le teorie di Einstein, siamo arrivati alla conclusione che la gravità, in un certo senso, è un'illusione. In realtà è la libera fluttuazione il movimento naturale dei corpi nello spazio, i quali seguono traiettorie rettilinee. La Terra ruota attorno al Sole non perché se ne sente attratta dalla sua forza di gravità, ma perché il Sole, a causa della sua grande massa, incurva lo spazio circostante e questa curvatura si trasmette fino a grandissime distanze. La Terra, muovendosi in uno spazio curvo, non può che seguire una traiettoria curva, e lo stesso fa la Luna. In poche parole lo spazio dice alla materia come muoversi e la materia dice allo spazio come incurvarsi. Questo vuol dire che lo spazio non è assoluto, ma può restringersi o espandersi e quindi anche il tempo può dilatarsi o contrarsi, e non è possibile parlare dell'uno senza parlare dell'altro.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018