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CONFRONTO TRA FEUDALESIMO E CAPITALISMO
TRA MEDIOEVO E MODERNITA’

MEDIOEVO
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MODERNITA’
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Rapporto con la
società
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Esistevano comunità di villaggio rurali (feudi), autonome,
autosufficienti, indipendenti tra loro, con leggi, monete, usi, tradizioni,
lingue, pesi, misure, dazi, dogane… diversi.
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Esiste la nazione, con un unico mercato, un’unica moneta,
una sola legge, una sola lingua, un unico esercito, una sola burocrazia, una
scuola statale…
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La terra appartiene ai feudatari e i contadini (servi
della gleba) la lavorano.
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Il borghese è padrone di capitali o di terre o di imprese
commerciali o manifatturiere e vi fa lavorare gli operai salariati.
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Tra contadino e feudatario c’è un rapporto personale. Non
c’è licenziamento.
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Tra borghese e operaio c’è un rapporto contrattuale. Ci
può essere licenziamento.
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Lo sfruttamento del contadino non va oltre le esigenze di
consumo del feudatario.
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Lo sfruttamento dell’operaio va oltre le esigenze di
consumo del borghese.
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Il feudatario riceve dal contadino prodotti in natura
(agricoli).
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Il borghese riceve dall’operaio prodotti industriali.
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Il contadino non è giuridicamente libero.
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L’operaio è giuridicamente libero.
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Il feudatario impedisce al contadino di lasciare il feudo.
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Il borghese vuole che il contadino lasci il feudo, per
farlo diventare operaio nella sua azienda.
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Il feudatario si trasforma col tempo in borghese (p.es.
obbliga i contadini a produrre per il mercato).
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Il borghese non si trasforma mai in feudatario, anche se
può comprare dei titoli nobiliari. Tuttavia aspira a vivere di rendita.
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Il contadino fa anche l’artigiano e il commerciante dei
propri beni.
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Contadino, artigiano, commerciante e operaio sono figure
sociali separate.
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Famiglia patriarcale (allargata)
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Famiglia borghese (ristretta)
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Rapporto con
l’economia
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Prevale la campagna sulla città e la terra sull’industria.
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Prevale la città sulla campagna e l’industria sulla terra.
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Prevale l’autoconsumo sullo scambio.
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Prevale lo scambio sull’autoconsumo.
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Prevale la rendita dei feudatari. Scarsi investimenti nelle attività
produttive. Assenza di rischi.
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Prevale il profitto dei borghesi. Capitali investiti in attività
produttive. Presenza del rischio.
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Autoconsumo: si consuma ciò che si produce.
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Mercato: ciò che si consuma deve essere comprato.
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Prevale il valore d’uso sul valore di scambio
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Prevale il valore di scambio sul valore d’uso
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Valore d’uso: una cosa ha valore se è necessaria
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Valore di scambio: una cosa ha valore se può essere
comprata e venduta
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Prevale il baratto sulla moneta
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Prevale la moneta sul baratto
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Baratto: si scambiano gli oggetti.
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Moneta: si acquista qualunque cosa (compravendita).
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Mercati e fiere: si comprano poche cose che non si
riescono a produrre (p.es. spezie, sale) e si vende l’eccedenza (surplus).
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Mercati, negozi, ipermercati: si vende e si compra tutto,
anche il superfluo.
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Produzione per il consumo
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Produzione per il mercato, per accumulare capitali.
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Pubblicità: non esiste
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Pubblicità: molta, serve per far acquistare i prodotti e
per vincere la concorrenza (in mass-media, fiere, cartellonistica...).
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Concorrenza tra produttori: non esiste
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Concorrenza tra produttori: molta
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Monopolio nella produzione: non esiste
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Monopolio nella produzione: molto
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Tecnologia: poco sviluppata
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Tecnologia: molto sviluppata (acciaio, plastica,
alluminio, biotecnologie ecc.).
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Mezzi di lavoro: aiutano il contadino a lavorare.
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Mezzi di lavoro: servono al borghese per sfruttare
l’operaio.
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Le esigenze della natura prevalgono su quelle della
società.
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Le esigenze della società prevalgono su quelle della
natura.
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Materie prime prevalenti: legno, argilla, rame, ferro…
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Materie prime prevalenti: carbone, petrolio, gas, nucleare
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Fonti energetiche: acqua, vento, legno, sole…
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Fonti energetiche: carbone, derivati del petrolio, energia
solare, eolica, nucleare, vulcanica…
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Inquinamento della natura: quasi inesistente
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Inquinamento della natura: accentuato.
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Locomozione: cavallo, asino, mulo, nave a vela
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Locomozione: bici, macchina, treno, aereo, nave
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Rapporto con la
politica
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Il contadino lotta contro il servaggio, per avere la terra
che appartiene al latifondista (feudatario laico o ecclesiastico).
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Il borghese, già proprietario di capitali o di terre o di imprese,
lotta contro i feudatari e il clero per avere più potere politico.
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Il contadino che rifiuta il servaggio può diventare
operaio, oppure se ha fortuna o pochi scrupoli può diventare borghese.
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L’operaio lotta contro il borghese, proprietario dei mezzi
produttivi.
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Le figure politiche principali sono il papa e l’imperatore
e i loro vassalli. Centralismo governativo sostenuto dai ceti agrari
(latifondisti laici ed ecclesiastici).
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Le figure politiche principali sono i re nazionali, ma soprattutto i
parlamenti e le costituzioni, che devono esprimere gli interessi anche della
borghesia.
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La successione al trono imperiale e alle cariche politiche
è ereditaria.
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Nei parlamenti si vota (prima sulla base di un certo
censo, poi a suffragio universale).
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L’imperatore e il papa sono al di sopra delle leggi. Monarchia assoluta.
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I sovrani hanno un potere limitato dalla Costituzione e
dal parlamento. Monarchie costituzionali o Repubbliche parlamentari.
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Politica estera: si fanno crociate per sfruttare e
dominare. Pretesto: diffusione del cristianesimo.
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Politica estera: si pratica il colonialismo per sfruttare
risorse umane e naturali. Pretesto: diffusione della democrazia.
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Rapporto con la
religione
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Il contadino è una persona credente e praticante, di
religione cattolica. Cristiano tutti i giorni. Dio prevale sull'uomo.
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Il borghese è una persona poco credente e ancor meno
praticante, di religione protestante. Cristiano la domenica. L'uomo prevale su
dio.
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Prevale l’interpretazione del clero nella lettura della
Bibbia.
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Prevale l’interpretazione personale della Bibbia (libero
esame).
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Prevale la gerarchia ecclesiastica. Clero più importante
dei laici.
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Prevale il sacerdozio universale dei fedeli. Tra laici e
clero non vi è alcuna differenza.
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Sacramenti: sette.
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Sacramenti (area protestante): due (battesimo e
comunione).
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Prevale teologia dogmatica, anche se la chiesa romana ha modificato alcuni
dogmi della chiesa ortodossa o aggiunto in proprio nuovi dogmi. |
Il libero esame della Bibbia mette in discussione i dogmi della chiesa.
Prevale il dubbio e l'analisi critica. |
Prevale la tradizione della chiesa (sinodi e concili).
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Prevale la comunità religiosa e il singolo credente.
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Prevalgono le opere sulla fede e la fede sulla ragione.
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Prevale la fede sulle opere e la ragione sulla fede.
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Pessimismo sulla possibilità di libertà e giustizia sulla terra. Speranza
nell'aldilà. |
Fiducia nel progresso della scienza e della tecnica e nel benessere terreno. |
Crociate: conquistare per convertire. Il potere secolare e i mercanti sono
usati per dominare. |
Colonialismo: conquistare per dominare. La chiesa è usata per convertire. |
Lo Stato, per i cattolici, è subordinato alla chiesa nelle
questioni morali. Stato confessionale.
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Lo Stato, per i protestanti, è separato dalla chiesa e
quindi autonomo nelle questioni morali. Stato laico.
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Rapporto con la
cultura
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Prevale la cultura orale (che è di molti) su quella
scritta (che è di pochissimi). Il latino non è più parlato ma solo scritto.
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Prevale la cultura scritta su quella orale (le leggi, i
contratti commerciali e di lavoro, la contabilità).
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Nello scritto prevale il latino sul volgare (o lingua
romanza). In Italia la svolta si ha con Dante, Petrarca e Boccaccio.
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Prevalgono sia nello scritto che nel parlato le lingue
nazionali (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese…).
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Valori: fiducia reciproca, parola data o parola d’onore…
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Valori: la parola non vale niente, contano solo i
contratti, firmati e vidimati.
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Di fronte alle contraddizioni sociali si usa la carità, l'elemosina,
l'assistenza... La povertà è considerata come inevitabile. |
La povertà è considerata come una condanna che va assolutamente evitata
accettando qualunque tipo di lavoro. |
Analfabetismo: diffuso tra i ceti più bassi o rurali.
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Analfabetismo: tende a scomparire, soprattutto nelle
città.
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Cultura: monopolio del clero.
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Cultura: diffusa tra la borghesia.
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Cultura dominante: teologia, religione, filosofia religiosa, iconografia,
diritto canonico
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Cultura dominante: diritto, filosofia, letteratura,
scienza... Si riscopre la cultura pre-medievale (greco-romana).
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Libri: scritti a mano.
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Libri: stampati.
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La scuola è privata, gestita dal clero. Prevalgono le università
teologiche.
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La scuola è pubblica, gestita dallo Stato. Prevalgono le accademie laiche.
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GLI STORICI E LA CATEGORIA DELLA NECESSITA'
Non si può rimproverare agli intellettuali italiani del basso
Medioevo di non aver saputo concretizzare le loro anticipatrici idee di
modernità laico-borghese (1), in
direzione di un'esplicita svolta politica e istituzionale anticlericale,
contro lo Stato della chiesa, favorendo l'unificazione nazionale e
quindi la nascita di uno Stato che stesse alla pari con quelli europei,
senza aggiungere, nel contempo, che l'alternativa "borghese" alla
degenerazione della teocrazia medievale era "una" non "l'unica"
alternativa possibile.
Purtroppo oggi, vedendo il crollo del cosiddetto "socialismo reale",
molti intellettuali sostengono che persino l'idea di Lenin di superare
la fase del capitalismo passando direttamente dal feudalesimo al
socialismo, era stata un'idea sbagliata. La storia ha dato ragione alla
categoria della "necessità storica", secondo cui al feudalesimo non
poteva seguire che il capitalismo.
Certo, si può obiettare che se il socialismo fosse rimasto in piedi,
qualcuno avrebbe ancora sostenuto l'idea di una "transizione a salti",
ma la storia non si fa con i "se" e i fatti parlano da soli: sostenere
il contrario è impossibile.
Ma davvero i fatti "parlano da soli"? Sono mai esistiti dei fatti la
cui interpretazione sia stata incontrovertibile? Davvero tutte le
rivolte contadine scoppiate nel Medioevo e in epoca moderna, possono
essere definite come un processo favorevole allo sviluppo del
capitalismo?
Si plaude tanto alle doti unificatrici della borghesia, unica classe
in grado di creare uno Stato nazionale; eppure nel basso Medioevo
l'Italia centro-nord fu caratterizzata da Comuni Signorie Principati
sempre in perenne rivalità tra loro, capaci di unità strategica soltanto
quando si trattò di costituire una "lega" in funzione anti-imperiale, ma
incapaci di fare la stessa cosa in funzione anti-ecclesiastica: lo Stato
della chiesa rimase intonso sino alla fine del XIX secolo.
Paradossalmente furono più esperti in materia di "unificazione" i
Normanni nell'Italia meridionale, pur coi loro metodi autoritari. Semmai
dovremmo dire che è stato un errore incalcolabile il non aver saputo, da
parte dei Normanni, trovare un'intesa con la borghesia del nord d'Italia
contro le mire espansionistiche del papato. D'altro canto i Normanni
erano sempre stati "feudali" e si limitarono a cercare una soluzione
"feudale" al tentativo della chiesa d'impadronirsi del Mezzogiorno,
trovandola semplicemente in un matrimonio d'interesse, con cui in
sostanza consegnarono il loro regno nelle mani degli imperatori
tedeschi, non meno anti-borghesi di loro.
Quando gli storici apprezzano le abilità statuali, cioè di
organizzazione burocratica e amministrativa, dei Normanni e
successivamente di Federico II di Svevia, lo fanno pensando non che
queste abilità potevano costituire un'alternativa allo sviluppo della
società borghese, ma, al contrario, pensando che esse costituirono
un'anticipazione "feudale" di quella che poi sarebbe stata una
caratteristica naturale dello Stato "borghese".
Rebus sic stantibus, è fatica sprecata ipotizzare di poter
trovare uno storico che arrivi addirittura a sostenere che la gestione
normanna o federiciana dello Stato feudale non era affatto una gestione
convincente, apprezzabile, e proprio perché essa veniva a porsi come
involontaria anticipazione dell'amministrazione statuale borghese,
sicché essa in realtà costituiva soltanto una possibile alternativa
(sicuramente di tipo autoritario, ancorché quella federiciana per molti
aspetti "illuminata") a quella che invece avrebbe potuto essere una
gestione democratica del territorio, in cui il possesso della terra
arativa ed edificabile fosse stato equamente distribuito tra i
lavoratori.
Ritenere che il passaggio dalla proprietà feudale della terra a
quella borghese dell'industria sia stato assolutamente una forma di
transizione necessaria allo sviluppo dell'economia nazionale (e
in fondo europea), significa fare un favore a una concezione della
storia e quindi della politica dominata unicamente dai rapporti di
forza, in cui qualunque tipo di ideale di libertà, giustizia,
uguaglianza, acquista un valore molto relativo, cioè un significato che,
in ultima istanza, dipende dall'interpretazione che ne danno i poteri
dominanti.
E' evidente che nell'ambito di una concezione del genere diverrà
naturale, per uno storico, sottovalutare, minimizzare tutti quei
tentativi di ribellione alla dittatura feudale (caratterizzata dal
servaggio e dalla rendita), che non preludano a un'esplicita alternativa
di tipo "borghese". Ragionando col senno del poi e dovendo fare delle
scelte di campo, in ambito di ricerca storiografica, lo storico si
troverà a svolgere la stessa funzione che a quei tempi, nei confronti
dei fenomeni eversivi del mondo contadino, svolgevano i poteri forti.
Questo per dire che se non si valorizzano le istanze del mondo
rurale, si finisce coll'attribuire alla sola chiesa romana (che
indubbiamente nei suoi livelli istituzionali era una forza reazionaria),
la responsabilità di aver ritardato enormemente il compito di realizzare
(o di far realizzare ad altri) l'unificazione nazionale.
Si finisce anche per considerare lo Stato della chiesa (che pur durò
un millennio) più forte di quello che effettivamente era. Non
dimentichiamo infatti che il momento più debole del papato, quello della
"cattività avignonese" (1305-77), fu anche quello più favorevole alla
borghesia, essendo contrassegnato dall'evoluzione delle Signorie in
Principati.
L'incapacità di realizzare l'unificazione nazionale dipese proprio
dalla volontà della borghesia di non concedere nulla al mondo contadino.
La crescente urbanizzazione aveva come unico scopo quella di togliere al
mondo rurale ogni forma di autonomia, sostituendo all'autoconsumo il
mercato, al valore d'uso quello di scambio.
Questo spiega il motivo per cui in Italia il mondo contadino, dovendo
scegliere tra gli interessi feudali della chiesa e quelli capitalistici
della borghesia, preferì sempre i primi. La conversione del mondo rurale
alla gestione borghese della terra è avvenuta in maniera definitiva,
senza soluzione di continuità, soltanto dopo la seconda guerra mondiale,
a prezzo di un'enorme emigrazione verso il nord Europa e le due
Americhe, a prezzo anche di un marcato radicamento al sud della
criminalità organizzata, che veniva ingenuamente vista dai meridionali
come alternativa allo "Stato sabaudo".
Una storiografia più dialettica dovrebbe invece considerare che né
l'illuminismo medievale di Federico II, né il proto-capitalismo della
borghesia del centro-nord erano in grado di costituire un'alternativa
convincente, in senso democratico, allo strapotere della chiesa. Anzi,
verrebbe quasi da chiedersi se questi tentativi riformistici non abbiano
mai incontrato il consenso dei ceti rurali, proprio per il loro
carattere sostanzialmente non favorevole a un'emancipazione del mondo
contadino.
Le città del nord Italia si accontentarono di assicurarsi piena
autonomia dagli imperatori tedeschi, ma per il resto continuarono a
svolgere una funzione economico-corporativa, incapace di darsi degli
obiettivi politici nazionali. La nostra borghesia non riuscì neppure a
creare un'opposizione culturalmente e soprattutto coerentemente "laica"
alla chiesa.
Infatti le correnti umanistiche e rinascimentali presentavano aspetti
laici (razionalisti, naturalisti, materialisti) complessivamente
condivisi dalla chiesa romana, che in fondo, nei suoi livelli
istituzionali, di autenticamente religioso aveva assai poco. Quando
queste correnti abbozzarono un collegamento organico a quella riforma
protestante che nel nord Europa andava sviluppandosi grazie al concorso
esplicito dei contadini, esse non seppero minimamente reagire alla
volontà della curia romana di mettere in atto una propria controriforma
cattolica che, con l'aiuto degli spagnoli, riportasse l'Italia alle
condizioni socioeconomiche dell'alto Medioevo.
In fondo, a ben guardare, in Italia l'unificazione nazionale è stata
possibile soltanto quando la borghesia fece esplicitamente la promessa
(non mantenuta) che, realizzato lo Stato centralista, i grandi
latifondisti sarebbero stati espropriati. La stessa promessa venne fatta
quando si dovettero convincere i contadini (rimasti senza terra) ad
andare a combattere contro gli austriaci nella I guerra mondiale.
Analoghe promesse vennero fatte dal fascismo per giustificare il proprio
colonialismo.
Gli storici non si rendono ben conto che se tutti i processi di
unificazione nazionale sono stati gestiti, a livello di leadership,
dalla borghesia, materialmente essi sono stati condotti dal mondo
contadino, che sino agli anni '50 del XX secolo costituiva la classe
maggioritaria nel nostro paese, esattamente come in Russia.
Solo che mentre in Russia la rivoluzione bolscevica, poi tradita
dallo stalinismo, seppe mantenere le proprie promesse, offrendo la terra
in proprietà ai contadini e alle comuni agricole, da noi invece le tradì
subito. In Italia tutti i movimenti rivoluzionari guidati dalla
borghesia sono stati traditi, e chi di questo tradimento ha pagato le
maggiori conseguenze sono stati indubbiamente i contadini.
Tutte le occasioni per realizzare la democrazia sociale sono andate
perdute, non perché non si è dato sufficiente spazio alla borghesia, ma,
al contrario, perché ne ha ricevuto troppo, e ci si è illusi che
alla mancata democrazia sociale si sarebbe potuto ovviare per
mezzo della sola democrazia politica.
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- G. Procacci, Storia degli italiani, Laterza, Bari 2003-2006 (vol
1,
vol 2)
- E. Quinet, Le rivoluzioni d'Italia, Bari 1970
Nota
(1) Si possono qui citare Marsilio
da Padova, Cino da Pistoia, i Glossatori, Arnaldo da Brescia, Bartolo da
Sassoferrato, Pier delle Vigne, Roffredo di Benevento, Andrea di
Isernia, Marino da Caramanico, Luca di Penne, Sigieri di Bramante e
altri, le cui teorie verranno riprese da Guicciardini, Machiavelli,
Telesio, Bruno, Campanella, Pomponazzi... |