Alessandro
II si limitò a
benedire numerose guerre, approvando quella intrapresa dal duca normanno
Guglielmo per conquistare l'Inghilterra, quella di Roberto il Guiscardo contro
gli arabi in Sicilia e i tumulti dei patarini contro i vescovi anticelibatari e
simoniaci a Milano. Ma il suo successore, il tirannico Gregorio VII
(1073-1085), autore del famoso Dictatus papae e “formidabile
organizzatore di eserciti” come lo definisce P. Partner (26), si fece promotore
in proprio non solo della lotta per le investiture contro Enrico IV ma delle
guerre di liberazione dei cristiani d'Oriente, con un Appello ai fedeli
e una successiva Lettera all’imperatore Enrico IV, entrambe del 1074, in
cui esprime il desiderio di porsi lui stesso a capo di quanti ”vogliono levarsi
in armi contro i nemici di Dio” (27). L'anno dopo, essendo stato costretto a
rifugiarsi a Salerno per sfuggire all'imperatore, incita ancora alla guerra
promettendo: “Accorrete in aiuto se volete avere remissione dei peccati,
benedizione e grazia in questa e nell'altra vita.” (28). E' il
preannuncio della crociata che verrà bandita alla fine del secolo da Urbano
II (1088-1099), con il celebre discorso di Clermont del 1095 in cui
concluse: “Quando andrete all'assalto dei bellicosi nemici, sia questo l'unanime
grido di tutti i soldati di Dio: 'Dio lo vuole! Dio lo vuole!'”: “uccidere era
consentito”, nota Partner “con l'autorità di Dio” (29). Val la pena di
ricordare che Urbano II chiese ai cristiani di combattere e uccidere anche in
altra occasione, e sempre promettendo indulgenze ai crociati: “Per la città e la
Chiesa di Taragona [Spagna] vi preghiamo vivamente e vi comandiamo, per
la remissione dei vostri peccati, di imporre in tutti i modi il suo
ristabilimento [contro gli arabi]…Chi, per amore di Dio e dei suoi
fratelli, cade in questa campagna, non dubiti che troverà l'indulgenza… e godrà
la vita eterna per la misericordia di Dio” (30). Per tale incitamento alla
guerra, o nonostante esso, fu beatificato, quasi ai giorni nostri, cioè nel
1881, dal papa “progressista” Leone XIII. Sull'entità
della meritoria impresa e di come riuscisse gradita a Dio, ci informa il
cronista Raimondo di Aigiles che scrive a proposito della conquista di
Gerusalemme, il 15 luglio 1099: “Taluni dei nostri uomini…hanno tagliato la
testa ai loro nemici. Altri li hanno colpiti con le frecce…Altri ancora li hanno
torturati più a lungo gettandoli nelle fiamme. Cumuli di teste, di mani e di
piedi si potevano scorgere per le vie della città… nel tempio e nel portico di
Salomone gli uomini cavalcavano nel sangue fino alle ginocchia e alle briglie.
In verità è un giusto e magnifico giudizio di Dio che questo posto sia colmo del
sangue degli infedeli dopo che ha sopportato così a lungo le loro
bestemmie. Ora che la città è stata presa, il vedere la devozione dei pellegrini
al Santo Sepolcro ci ricompensa di tutte le nostre fatiche e delle pene passate.
I pellegrini si rallegrano ed esultano e cantano al Signore il Salmo nono…la
nostra fede è rinnovata…in questo giorno l'Eterno si è rivelato al suo popolo e
l'ha benedetto” (31). Si stima che i morti siano stati 60.000, cui devono
aggiungersi i caduti nelle battaglie che avevano accompagnato la marcia crociata
verso la terra santa, dalle stragi in Ungheria e nella città turca di Nikaia,
dove i morti furono complessivamente molte migliaia, compresi vecchi e bambini
bruciati vivi, alla conquista di 40 capitali e 200 fortezze fino ad Antiochia,
dove caddero da 10.000 a 60.000 musulmani. Sempre il cronista cristiano Raimondo
di Aigiles scrive. “Sulle piazze si accumulano i cadaveri a tal punto che, per
il tremendo fetore, nessuno poteva resistere a restare: non vi era nessuna via,
in città, che fosse sgombra di corpi in decomposizione” (32). Vittime dei crociati, specie della cosiddetta “crociata dei
pezzenti” di Pierre l'Eremite, che aveva preceduto quella regolare, furono anche
gli ebrei: “a seguito delle crociate”, scrive Aruffo, “l'antigiudaismo religioso
accademico assunse un diffuso carattere popolare. Le inaudite violenze
perpetrate contro gli ebrei rientravano nel contesto di fanatismo religioso e
nella cornice dell'ostracismo psicologico collettivo, legato al mito della
'riconquista della terra santa'” (33). Lo stesso Aruffo cita qui ad esempio la
strage degli ebrei di Colonia e Magonza nel 1096, riferita dal cronista del
tempo Alberto Aix. I massacri che causarono migliaia di vittime ebbero luogo in
città diverse. Nelle città attraversate dai crociati, scrive il cronista
Frutolf, “essi uccidevano o costringevano al battesimo quel che restava degli
empi Ebrei” (34). Solo in Germania furono allora uccisi 50.000 ebrei (35). “Il 28 giugno
1098”, si legge in Vittime della fede cristiana (tr. Franceschetti), che
collaziona varie fonti, “furono ammazzati altri centomila turchi musulmani,
donne e bambini compresi. Negli accampamenti turchi - narra il cronista
cristiano - i crociati trovarono non solamente ricco bottino, tra cui
‘moltissimi libri in cui erano descritti con esecrandi segni i riti blasfemi di
turchi e saraceni’, ma bensì anche ‘donne, bambini, lattanti, parte dei quali
trafissero subito, e parte schiacciarono sotto gli zoccoli dei loro cavalli,
riempiendo i campi di cadaveri orribilmente lacerati’. [WW 33-35]. Il 12
dicembre 1098, nella conquista della città di Marra (Maraat an-numan), furono
ammazzate altre migliaia di infedeli. A causa della carestia che ne seguì, ‘i
corpi già maleodoranti dei nemici vennero mangiati dalle schiere cristiane’,
come testimonia il cronista cristiano Albert Aquensis [WW 36]... Nella battaglia
di Ascalon, il 12 agosto 1099, vennero abbattuti 200.000 infedeli...[WW 45]”
(36). Più difficile
fornire dati sul numero complessivo delle vittime, che furono certo moltissime:
secondo alcuni circa un milione nella I crociata, venti milioni. alla fine
delle otto crociate, nel 1291. A giustificazione dei massacri, nota il già
citato Partner, si diffuse l'idea, rilevabile anche dal racconto sopra riportato
di Raimondo di Aigiles relativo alla conquista di Gerusalemme, che si trattasse
di una giusta “vendetta” per le offese fatte ai cristiani dai musulmani. “E tra
tutti” aggiunge Partner, “era Gesù Cristo colui che più di ogni altri doveva
essere vendicato sugli infedeli” (37). Si giustificò così la faida di sangue. Continuatori
della prima crociata o promotori di spedizioni militari contro gli antipapi e
contro i Normanni furono Pasquale II, Onorio II, Innocenzo I, Lucio II,
Eugenio III, che si succedettero dal 1099 al 1153. Lucio II morì in
battaglia; Eugenio III, beato, fallì nel tentativo di organizzare la II
crociata, fece imprigionare a vita il predicatore itinerante Eudo de Stella,
ritenuto infermo di mente, e condannò al rogo, in quanto sani di mente, i suoi
seguaci. Ad Adriano IV (1154-59) si deve invece l'uccisione di Arnaldo da
Brescia. 26) P.
Partner, Il Dio degli eserciti. Islam e cristianesimo: le guerre sante,
Einaudi, Torino 2002, p. 93
27) J. Flori,
op. cit., p. 331
28)
ibid., p. 332
29)
P. Partner, op. cit., p. 95
30) in K.
Deschner, Storia criminale cit., vol. VI, p. 370
31) in R. H.
Bainton, Il cristiano, la guerra, la pace, Gribaudi, Torino 1968, pp.
139-40
32) in
Vittime della fede cristiana, tr. L. Franceschetti in www.uaar.it
33) A. Aruffo,
La Chiesa e gli ebrei, Datanews, Roma 1998, p. 26
34) L.
Poliakov,
Storia dell'antisemitismo, La Nuova Italia, Firenze 1974-90, v. II, p. 59
35) E.
Saracini, Breve storia degli ebrei e dell'antisemitismo, Mondadori Milano
1977, p. 44
36) in
Vittime etc., cit.
37) P.
Partner, op. cit., p. 94