LA RIVOLUZIONE AMERICANA


L'INIZIO DELLA RIVOLUZIONE

George Washington (1732-1799), primo Presidente degli Stati Uniti

Nelle città americane furono organizzate diverse manifestazioni di piazza (mass meeting) guidate da associazioni spontanee capeggiate da leader appartenenti alla classe media, come Sam Adams, Richard Lee, Thomas Jefferson, Thomas Paine.

Le nuove idee di rivolta si diffusero facilmente nelle diverse colonie anche per mezzo dei comitati di corrispondenza che tenevano informati i cittadini con lettere, volantini e opuscoli. I giornalisti assunsero il ruolo di guida della protesta e fecero della stampa un potente veicolo di propaganda contro le pretese del Parlamento di Londra.

Il primo scontro con le truppe inglesi avviene a Boston nel 1770, dove furono uccisi dagli inglesi cinque civili. Due anni dopo da Londra viene emanato l'ordine che i funzionari reali sarebbero stati alle dirette dipendenze della corona, anche per gli stipendi, per cui le assemblee legislative non avrebbero potuto avere su di loro alcun potere. La borghesia americana però reagisce creando propri organi di potere con cui s'impadronisce politicamente di varie città.

Per tutta risposta nel 1773 la corona assegna alla Compagnia delle Indie Orientali il monopolio della vendita del tè nel continente americano: essa, per stroncare il contrabbando tra Americani ed Olandesi, ricorre al dumping (vendere sottocosto). Travestiti da pellirosse, i contrabbandieri bostoniani assalgono alcune navi della Compagnia gettandone il carico in mare; poi presero di mira i magazzini portuali, distribuendo una parte del bottino ai bostoniani che approvarono l’azione.

Giorgio III reagisce chiudendo il porto di Boston, condannando la popolazione alla fame, vietando le assemblee cittadine e l'amministrazione autonoma della giustizia e della cosa pubblica, fintantoché il tè non fosse stato risarcito, poi rafforzò l’autorità del Governatore, cui inviò nuove truppe.

Le altre colonie intervengono a favore di Boston inviando aiuti alimentari. La ribellione diviene aperta e generalizzata. Da notare che nel 1775 ben il 40% della popolazione coloniale (esclusi i negri) era composto da "non inglesi": 1/6 proveniva dall'immigrazione scozzese e irlandese; 1/10 da quella tedesca e il resto era di origine francese, svedese, olandese, ecc. Un insieme di persone che già in Europa nutrivano forti risentimenti contro gli inglesi.

In un Congresso continentale a Filadelfia (1774) i delegati di tutte le colonie decidono di disobbedire a tutti gli ordini britannici, di boicottare tutte le merci inglesi e di istituire un esercito comune. A dir il vero il maggioranza aveva proposto un risarcimento danni alla Compagnia delle Indie, a condizione che il diritto d'imporre tasse passasse alle colonie; fu la sinistra del congresso a esigere la rottura definitiva con gli inglesi, facendo votare un'apposita risoluzione.

I discorsi di B. Franklin, da molti anni impegnato nel parlamento inglese, non ebbero alcun effetto, sicché egli, prevedendo un’imminente guerra tra le colonie americane e la madrepatria inglese, si adoperò per perorare la causa separatista e rivoluzionaria, presso le principali potenze europee del tempo nemiche dell’Inghilterra, poiché questa, dopo la vittoria nella guerra dei Sette anni contro la Francia, aveva la completa supremazia sui mari, ostacolando i commerci degli spagnoli, dei portoghesi, degli sconfitti francesi e degli olandesi.

Gli Americani, vista l’impossibilità di trattative con l’Inghilterra, nel 1775 cominciarono ad arruolare nelle 13 colonie dei volontari per la formazione di un esercito di liberazione in caso di un attacco da parte inglese.

Londra risponde col "Decreto di Quebec", con cui mira a isolare il Canada dal resto del movimento rivoluzionario, e anzi lo ingrandisce assegnandogli dei territori che gli inglesi, con l'aiuto dei coloni, avevano strappato ai francesi.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia moderna
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Aggiornamento: 23/06/2014