L'OTTOCENTO ITALIANO ED EUROPEO
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CAVOUR E IL PIEMONTE LIBERALE E PARLAMENTARE In questo quadro si inserì l'attività diplomatica di Cavour che riuscì a saldare gli interessi napoleonici con quelli piemontesi in una guerra contro l'Austria. Il conte Camillo Benso di Cavour (1810-1861), leader liberale dello Stato piemontese, divenne ministro dell'agricoltura nel 1850. L'iniziativa che lo portò alla ribalta della vita politica del Paese fu l'accordo che strinse con la sinistra moderata guidata da Urbano Rattazzi. Diede così vita ad uno schieramento politico di centro - sinistra entro il quale riuscì a convogliare un largo consenso politico che andava dai liberali conservatori ai democratici moderati. I punti del programma politico del “connubio” (così si chiamò questa operazione di alleanza governativa) furono “monarchia, statuto, indipendenza, progresso civile e politico”. Divenuto capo del governo nel 1852, Cavour poté dare concretezza al suo programma. Convinto liberale, assertore del progresso economico e politico, riteneva impossibile che il Piemonte potesse condurre una politica estera nazionalista se le strutture interne dello Stato fossero rimaste arretrate. Perciò incanalò l'attività statale verso la creazione di quelle infrastrutture (strade, linee telegrafiche, ferrovie, reti di irrigazione ecc.) necessarie allo sviluppo economico del Paese che incoraggiò, tra l'altro, con l'istituzione di nuove banche. La sua concezione liberale lo indusse, in campo ecclesiastico, ad una politica volta a separare la società religiosa dalla società civile. La formula che sintetizzò la sua linea politica in questo campo fu “libera Chiesa in libero Stato”. Seguendo la linea già inaugurata dal precedente ministero (presieduto da Massimo D'Azeglio) con le leggi Siccardi che avevano abolito il foro ecclesiastico e il diritto di asilo (1850), Cavour continuò ad eliminare i privilegi del clero arrivando, non senza opposizione interna da parte dei cattolici, alla soppressione ed all'incameramento dei beni di tutti gli ordini religiosi contemplativi, considerati dai liberali privi di utilità per la società; ciò comportò la chiusura di ben 334 conventi. Il Regno di Sardegna, grazie all'opera di riforma intrapresa da Cavour, riuscì ad assumere quell'assetto di Paese avanzato che lo differenziava e gli dava una posizione di privilegio rispetto agli altri Paesi italiani, dove invece dopo il 1848 i governi si erano dati ad una politica di violenta repressione interna e chiusura verso qualsiasi possibilità di rinnovamento. Il Piemonte costituzionale, il Piemonte liberale offrì alla borghesia italiana un modello politico e insieme una garanzia di sicurezza rispetto ai pericoli di una rivoluzione popolare. Il fallimento che intanto consumava la democrazia nell'insuccesso dei suoi moti insurrezionali sembrò la migliore verifica del fatto che solo lo Stato piemontese poteva continuare con successo l'azione per l'unità d'Italia. La formazione della Società Nazionale (1857) con un programma unitario e monarchico - sabaudo, segretamente appoggiata da Cavour, fu un momento importante di coinvolgimento nella linea cavouriana anche di frange democratiche: il mazziniano Garibaldi aderì alla Società Nazionale insieme a Daniele Manin e Giuseppe La Farina. Da non trascurare infine è la presenza in Piemonte di molti esuli politici che da ogni parte d'Italia trovavano asilo nel territorio dei Savoia, rafforzando così il ruolo egemone del Piemonte per la causa italiana. |