STORIA DEL MEDIOEVO
|
|
|
NASCITA DELLA BORGHESIA IN EPOCA FEUDALE
Per poter capire come sia avvenuta la nascita della classe borghese europea, lo storico dovrebbe tornare al tempo in cui in Europa occidentale si formò, nei livelli istituzionali della chiesa romana, una mentalità nuova, inedita. Detta chiesa va vista non solo come "comunità di popolo" ma anche come "organizzazione di potere", e il borghese va visto come una figura individuale che, pur provenendo da una comunità contadina, di religione cattolica, progressivamente se ne distacca sul piano sociale, andando a cercare fortuna in terre lontane, anche a rischio della propria vita, dopodiché, una volta realizzati i propri sogni, torna tra i suoi con l'intenzione di far valere il proprio riscatto sociale. Tale borghese, in origine dunque non usuraio ma mercante di prodotti esotici e di lusso, era in grado di organizzare una compravendita di merci rare e costose (spezie, seta, pellicce, pietre preziose, cristalli ecc.) con gli ambienti più facoltosi della sua terra d'origine e si guardava bene dall'interferire nelle questioni religiose, come invece facevano coloro che, non avendo abbandonato le loro terre, si trovavano a dover lottare contro i tanti abusi da parte del potere laico ed ecclesiastico. Se non riusciamo a capire il motivo per cui l'agire borghese fu tollerato dalla chiesa romana, al punto che divenne col tempo una mentalità e una cultura, difficilmente riusciremo a trovare un'alternativa praticabile per il presente. La mentalità "borghese" infatti non è nata dalla borghesia o con la borghesia, poiché questa, come classe sociale, neppure esisteva. Questa mentalità, che sarebbe meglio definire "individualistica", usando un termine più generico, non è stata la conseguenza di una determinata attività produttiva, anche se, indubbiamente, un particolare modo di vivere la vita (quello borghese, come noto, si basa sull'interesse e sul profitto), influenza rafforza consolida una certa mentalità, determinati valori o disvalori. A monte di questo modo di esistere vi è stata in realtà una cultura che non necessariamente era scritta, una mentalità che non poteva neppure rispecchiarsi in un "determinato" modo di produzione. La cultura infatti è anche un modo di pensare non formalizzato, un modo di considerare la vita, gli esseri umani, che non necessariamente trova un riflesso adeguato in ciò che si scrive e che gli storici sono soliti definire col termine di "fonte storica". Questo nuovo modo di pensare le cose, prima che facesse nascere la borghesia e la sviluppasse autonomamente come classe sociale, era nato e si era sviluppato nell'ambito della gerarchia ecclesiastica della curia romana. Quando questo modo di pensare fece nascere la borghesia e contribuì a svilupparla come classe, le sue caratteristiche non erano più esattamente le stesse. L'individualismo che la chiesa romana feudale visse nei suoi livelli gerarchici di potere (alto clero e papato), non era identico a quello che viveva una borghesia già laicizzata a partire dal Mille, quando iniziò a istituire le realtà comunali, e tanto meno sarà uguale a quello della borghesia che nel XVI secolo farà nascere il capitalismo vero e proprio. La borghesia, di fede cattolica e di area euro-occidentale, aveva infatti la caratteristica, che si manifestava in maniera progressiva, crescente, di finalizzare ogni sua azione all'acquisizione di un potere non solo economico ma anche politico, e non voleva avere sopra di sé alcun altro potere: la borghesia feudale voleva sentirsi libera di fare affari e, in nome di questi, di dominare chiunque, anche le istituzioni di potere universalmente riconosciute. Tale caratteristica non trovava equivalenti in alcuna parte del pianeta. Essa era sì disposta, nella fase iniziale della sua crescita, a farsi strada attraverso compromessi d'ogni genere, ma, essendo stata educata da un'istituzione particolarmente corrotta, vedeva i compromessi non come una necessità di riconoscere la controparte, bensì come uno strumento per sottomettere progressivamente la controparte alla propria volontà. Il credito, p.es., non veniva concesso solo per una finalità economica (il tasso d'interesse) ma anche per una partecipazione al potere politico. La borghesia si servì della chiesa per abbattere il potere imperiale, si servì dei contadini per abbattere il potere della chiesa, si servì di nuovo del potere della chiesa e dei feudatari per ridimensionare le pretese egualitarie e democratiche dei contadini. Aveva imparato a comportarsi così dalla stessa chiesa romana, che pur di avere un proprio "Stato" non aveva avuto scrupoli ad allearsi con chiunque potesse servire allo scopo. Tuttavia la chiesa romana, pur avendo creato una mentalità che permetteva alla borghesia di nascere, non permetteva a questa di svilupparsi come avrebbe voluto, proprio perché il papato si poneva come istituzione di potere, come "Stato", e nell'ambito dello Stato ecclesiastico tutti devono restare sudditi del papa-re. La chiesa romana non solo comandava direttamente nel proprio Stato (con cui impediva l'unificazione nazionale della penisola), ma voleva comandare indirettamente anche negli Stati altrui (attraverso p.es. l'arma della scomunica). Si dirà che, sotto questo aspetto, essa non era affatto diversa dagli antichi imperatori romani. E invece lo era, proprio perché la consapevolezza ch'essa aveva della dignità della persona, dell'uguaglianza degli esseri umani di fronte a dio, delle contraddizioni sociali, dell'ingiustizia dello schiavismo... era superiore a quella che aveva il mondo romano classico. Questa particolare consapevolezza le era data dal cristianesimo, ch'era la religione del dio fattosi umilmente uomo, per riconciliare gli uomini con dio dopo la tragedia del peccato d'origine, e che aveva accettato di realizzare questa riconciliazione attraverso la sua morte in croce. Col suo sacrificio aveva potuto ottenere il perdono di dio per gli uomini e l'assicurazione che nell'aldilà essi sarebbero stati riscattati se avessero creduto che il Cristo morto era risorto. Questo mito era stato costruito dall'apostolo Pietro e soprattutto da Paolo di Tarso, che gli subentrò, accentuando il lato spiritualistico della mistificazione. Era un mito assurdo, che stravolgeva la realtà dei fatti accaduti in Palestina al tempo del movimento nazareno, ma era comunque un mito che insegnava valori nuovi: l'amore incondizionato per il prossimo, foss'anche il proprio nemico o il proprio padrone, il sacrificio di sé fino alla morte in nome di un ideale mistico da difendere, il disprezzo dei beni terreni o comunque la comunione di questi beni, la condivisione dei bisogni comuni, l'uguaglianza sociale, etnica, sessuale di fronte a dio, la spiritualità interiore ecc. La chiesa romana, se voleva continuare a dirsi "chiesa", non poteva ignorare questi nuovi valori. Tuttavia, siccome voleva diventare una chiesa di potere e non tollerava assolutamente che Bisanzio potesse avere, agli occhi degli imperatori del sacro romano impero, una considerazione superiore alla propria, dovette in qualche modo rimescolare le carte. E lo fece in una maniera che ancora oggi ha del prodigioso: da un lato cercò di dimostrare ch'essa si poneva il compito di realizzare quei valori (in quanto paladina degli oppressi), dall'altro si comportava nella maniera esattamente opposta (sfruttava politicamente il consenso degli stessi oppressi). I gerarchi della chiesa romana avevano capito che quanto più si vuole aumentare il proprio potere, tanto più bisogna dimostrare che ciò è esclusivamente per un fine di bene. La chiesa imparò a sdoppiarsi, a dire il contrario di ciò che pensava, a fare il contrario di ciò che diceva, persino a inventarsi cose mai avvenute, cioè a falsificare la storia, come nel caso della Donazione di Costantino o delle Decretali pseudo-isidoriane. A volte le capitava anche di dover accettare malvolentieri delle strane innovazioni, come p.es. il Filioque, ma una volta fatto questo, per il bene del proprio potere, subito ordinava ai propri intellettuali di giustificare i propri abusi. La chiesa romana va avanti così da quando è nata, di sicuro da quando Costantino trasferì la capitale dell'impero a Bisanzio e soprattutto da quando Teodosio fece diventare il cristianesimo l'unica religione ammessa. I papi hanno introdotto nella cristianità molte eresie inconcepibili (l'infallibilità ex-cathedra, il primato di Pietro e della sede romana, l'immacolata concezione e l'assunzione della Vergine ecc.), ma l'hanno sempre fatto per due ragioni: o per difendere il loro potere politico o per riacquistarlo dopo averlo perduto. Alla chiesa di Roma interessa unicamente il potere, sia politico che economico, e pur di averlo, essa è disposta a tutto, persino a compiere spaventosi genocidi, come quello p.es. in America Latina. Stante una situazione del genere, quale classe sociale avrebbe potuto incarnare meglio il comportamento della chiesa? Inizialmente fu quella feudale, possidente di terre, conquistate con la forza delle armi. I Franchi furono i primi (perché non ariani, quindi disposti a riconoscere una chiesa politicizzata) a incarnare gli ideali cinici (mascherati di pia religiosità) del papato. Essi crearono una struttura in cui il rapporto personale tra cavalieri poteva essere soltanto di "dipendenza" (nel mondo cosiddetto "barbarico" il re invece veniva eletto solo in caso di guerra). Il rapporto non era più basato sul riconoscimento reciproco di ideali comuni (quindi di usi costumi tradizioni valori, noti a tutta la comunità d'origine), ma era basato sulla forza e questa ovviamente era quella di tipo militare. I Franchi presero il potere con una serie di colpi di stato al loro interno e alla fine prevalsero con la forza. Viceversa i Longobardi non riuscirono mai ad avere un unico leader riconosciuto e non accettarono mai di spartire il loro potere politico con la chiesa romana. La devozione o la fiducia che un cavaliere mostrava verso il proprio sovrano non era spontanea, ma dipendente da una regalia (il feudo) che poteva essere tolta in qualunque momento e che era soggetta alla regola del "do ut des", cioè del reciproco interesse. Il sovrano concedeva un beneficio, in comodato d'uso, a un cavaliere fidato (e possibilmente anche valente sul piano bellico) e in cambio pretendeva assoluta fedeltà, sottomissione. Inutile dire che i feudatari fecero di tutto, prima i grandi poi i piccoli, per opporsi a questo rapporto di dipendenza gerarchica basato sulla forza, ma lo fecero soltanto per poterlo riprodurre all'interno dei loro feudi, coi loro subordinati, dopo aver trasformato la provvisoria regalia in legittima eredità, trasmissibile ai propri discendenti (Capitolare di Quierzy e Constitutio de feudis). I feudatari altro non erano che cavalieri armati di origine prevalentemente germanica che, una volta ottenuta la terra in seguito alle loro conquiste militari o per concessione benevola da parte del sovrano, si fecero chiamare "nobili", strapparono a forza al loro sovrano il diritto di comportarsi esattamente come lui nel loro feudo, allo scopo di vivere tranquillamente di rendita per tutta la loro vita, insieme a tutto il proprio parentado. Furono proprio loro ad acquisire per la prima volta dalla chiesa il concetto di "forza" mascherato dalla religione. Avevano la forza militare, con essa ottennero quella economica della terra e quella religiosa del rappresentante di dio sulla terra. La borghesia invece, essendo nata priva di terre, essendo disarmata, dovette lavorare di più sul concetto di "astuzia". Il suo ideale non era Achille o Agamennone, bensì l'Ulisse nei suoi vent'anni di peregrinazioni, abituato ogni volta a mentire pur di salvare la pelle, fare affari, ingannare il prossimo. Infatti fu proprio la borghesia a sdoppiarsi in maniera mirabile. Anzi, all'inizio le prime idee borghesi non furono neppure "borghesi" ma semplicemente "individualistiche"; erano nate tra coloro ch'erano diventati monaci a causa della povertà o tra quei contadini che non sopportavano più le asprezze del servaggio e che, per questa ragione, cominciavano a negare valore ai sacramenti gestiti da un clero corrotto, colluso coi poteri dominanti. Le idee borghesi vere e proprie, quelle che volevano una riforma della chiesa soltanto per potersi allontanare dalle sue pretese egemoniche, si formarono con la nascita dei Comuni, che la piccola borghesia (mercanti, artigiani, piccoli nobili con poca terra, usurai, cambiavalute, avvocati, medici, speziali, insegnanti...) riuscì a mettere in piedi convincendo i vescovi locali (spesso nominati dagli stessi imperatori) che il loro prestigio istituzionale non avrebbe potuto che aumentare. Infatti i Comuni, inizialmente, non incontrarono alcuno ostacolo da parte del clero. La borghesia non metteva in discussione i dogmi della chiesa (chi lo faceva erano i movimenti pauperistici e solo con Lutero la borghesia inizierà davvero a farlo in maniera radicale e generalizzata); essendo uscita dagli istituti cattolici di istruzione, la borghesia sapeva bene quali tasti era meglio non toccare. La chiesa romana stava facendo crescere al proprio interno una serpe velenosa che un giorno l'avrebbe morsicata. Fonti
|