Legge Regionale 31 ottobre 1980, n. 88. Legge generale per gli interventi nel settore primario. (B.U. n. 60 del 5 novembre 1980). titolo I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1. Finalità. La Regione Veneto con la presente legge, al fine di incentivare lo sviluppo delle attività agricole e zootecniche, di potenziare l'impresa diretto-coltivatrice a conduzione familiare, di elevare la produttività delle aziende, di mantenere e consolidare i livelli occupazionali, di promuovere l'ulteriore sviluppo della cooperazione e dell'associazionismo agricolo e di migliorare le condizioni di vita, di lavoro e di sicurezza delle popolazioni rurali, con particolare riguardo alle zone svantaggiate: - disciplina organicamente gli interventi di competenza regionale in materia di agricoltura non specificamente contemplati dalla legge regionale 22 dicembre 1978, n. 69 "Norme per l'attuazione nella Regione Veneto delle direttive della Comunità Economica Europea per la riforma dell'agricoltura" e successive modificazioni, al fine di conseguire gli obiettivi fissati dal Programma Regionale di Sviluppo e dal progetto agricolo alimentare di cui all'art. 2 della presente legge, in armonia con la programmazione nazionale e la politica agricola comunitaria; - dispone il finanziamento degli interventi stessi, per il periodo 1979-82, in correlazione al Programma Regionale di Sviluppo (P.R.S.) secondo gli scopi e le modalità stabiliti dai successivi articoli. Art. 2. Approvazione del progetto agricolo alimentare. E' approvato il progetto agricolo alimentare per il periodo 1979-82, allegato alla presente legge, con efficacia vincolante per l'attività della Regione, degli Enti ed Aziende regionali nel settore agricolo e con funzioni di indirizzo e di coordinamento per gli Enti locali, relativamente alle funzioni ad essi delegate dalla Regione. Art. 3. Criteri generali. Per essere ammesse ai benefici della presente legge, le iniziative devono essere in armonia con la programmazione regionale, con i piani zonali di sviluppo agricolo, di cui al titolo terzo della presente legge, e con i piani delle Comunità Montane, ove esistenti. Gli investimenti agrari e fondiari devono essere inseriti nell'ambito di un piano aziendale od interaziendale, formato secondo i criteri che verranno stabiliti dalla Giunta regionale, tenendo in considerazione lo stato attuale dell'azienda, la tipologia degli interventi nonché gli obiettivi produttivi e occupazionali. La presentazione di tale piano è condizione indispensabile per fruire dei benefici della presente legge. La Giunta regionale, nel fissare tali criteri, dovrà attenersi al principio che le iniziative previste abbiano idonei requisiti di validità economica e siano commisurate alle effettive necessità delle aziende ed alle loro concrete possibilità di sviluppo in ordine alle varie realtà ambientali. Sono, inoltre, ammesse ai benefici previsti dalla presente legge anche le iniziative comprese nei piani aziendali od interaziendali di cui alla legge regionale 22 dicembre 1978, n. 69, non finanziabili per carenza di fondi disponibili in bilancio relativi alla legge medesima. Le strutture e le dotazioni, oggetto dei benefici di cui alla presente legge, non possono essere alienate o distolte, pena la decadenza, dall'impiego e dalla destinazione previsti, nei termini che verranno stabiliti nel provvedimento di concessione dei benefici medesimi. I benefici di cui alla presente legge non sono cumulabili con le provvidenze concesse, per gli stessi scopi, dalla Comunità Economica Europea, dallo Stato, dalla Regione o da altri Enti se non in quanto previsto da specifiche norme di legge. Nel rispetto di quanto stabilito dalla legge regionale 22 dicembre 1978, n. 69 e di quanto disposto dalla presente legge, la Giunta regionale determina i criteri ed i limiti della spesa per ogni tipo di intervento. L'Amministrazione competente effettuerà i necessari accertamenti tecnico-amministrativi, al fine di verificare l'utilizzazione dei finanziamenti per gli scopi prefissati. La mancata o diversa utilizzazione di detti finanziamenti comporterà la revoca degli stessi. Titolo II CRITERI E MODALITA' PER LA CONCESSIONE DELLE PROVVIDENZE (omissis) Titolo III PIANI ZONALI DI SVILUPPO AGRICOLO (omissis) Titolo IV RICERCA, SPERIMENTAZIONE, ASSISTENZA TECNICA, VALORIZZAZIONE E QUALIFICAZIONE DELLA PROFESSIONALITA' AGRICOLA (omissis) Titolo V INFRASTRUTTURE E STRUTTURE INTERAZIENDALI PER IL MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI PRODUZIONE E PER LA VALORIZZAZIONE E LA DIFESA DELLE PRODUZIONI AGRICOLE E ZOOTECNICHE (omissis) Titolo VI INTERVENTI SETTORIALI Sezione I (omissis) Sezione II (omissis) Sezione III (omissis) Sezione IV Art. 43. Interventi per il miglioramento e la valorizzazione dell'ortoflorofrutticoltura, dell'olivicoltura e della vitivinicoltura. Per il miglioramento e la valorizzazione dell'ortoflorofrutticoltura, dell'olivicoltura e della vitivinicoltura sono previsti interventi così distinti per settori: A) ortoflorofrutticoltura e olivicoltura 1) per la costituzione di vivai e per la costruzione o l'ammodernamento di serre, possono essere concessi, con priorità alle iniziative realizzate da Cooperative e Associazioni dei produttori, contributi in conto capitale nella misura massima del 40 per cento della spesa riconosciuta ammissibile; 2) per il rinnovo degli impianti frutticoli - limitatamente alle aree delimitate, alle specie considerate ed alle cultivars determinate nel progetto agricolo-alimentare regionale - nonché degli impianti olivicoli, possono essere concessi contributi in conto capitale fino ad un massimo del 50 per cento della spesa ritenuta ammissibile; 3) per l'acquisto di macchinari, impianti ed attrezzature relative alla meccanizzazione delle operazioni colturali di raccolta, al miglioramento dei processi di lavorazione, trasformazione e conservazione dei prodotti nonché al potenziamento del trasporto dei medesimi, particolarmente in regime freddo, possono essere concessi prestiti agevolati ai sensi di quanto previsto dal successivo art. 51; 4) nella concessione delle provvidenze previste dal precedente art. 29, per lo specifico settore ortoflorofrutticolo, verrà data preferenza alle iniziative riguardanti l'integrazione delle attuali strutture di mercato e centri di vendita; 5) la Giunta regionale può concedere alle Associazioni dei produttori ortofrutticoli un contributo sino al 40 per cento del costo per l'acquisizione di quote di partecipazione ad impianti industriali di trasformazione, realizzati senza l'intervento pubblico; 6) al Centro Operativo Ortofrutticolo di Ferrara - Consorzio interregionale di interesse pubblico costituito con D.P.R. 29 maggio 1976, la Giunta regionale può concedere - a decorrere dall'anno 1979 - sovvenzioni annuali per lo svolgimento delle attività istituzionali del centro medesimo; B) vitivinicoltura 1) per la riconversione produttiva dei vigneti e per l'esecuzione di nuovi impianti in armonia con la disciplina comunitaria per il settore - limitatamente alle zone collinari e di pianura arida individuate nel progetto agricolo-alimentare regionale - possono essere concessi contributi in conto capitale fino al 50 per cento della spesa ritenuta ammissibile; 2) per l'acquisto di macchinari, impianti ed attrezzature relativi alla meccanizzazione delle operazioni colturali e di raccolta, al miglioramento dei processi di lavorazione, trasformazione e conservazione del prodotto nonché al potenziamento del trasporto del medesimo, possono essere concessi prestiti agevolati ai sensi di quanto previsto dal successivo art. 51; 3) le provvidenze previste dal precedente art. 29, per lo specifico settore, verranno concesse esclusivamente per l'adeguamento degli impianti esistenti con priorità per quelli a servizio delle zone viticole collinari e di pianura aride. Art. 44. Difesa attiva delle colture arboree di pregio. (omissis) Art. 45. Istituzione e tenuta del catasto frutticolo e viticolo. L'E.S.A.V. entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge istituisce e cura la tenuta del catasto frutticolo regionale nonché del catasto viticolo regionale nell'ambito di quello nazionale. Sezione V (omissis) Titolo VII INTERVENTI PER FAVORIRE L'ESERCIZIO DELLE IMPRESE AGRICOLE SINGOLE ED ASSOCIATE (omissis) Titolo VIII PESCA, ACQUACOLTURA E ITTICOLTURA (omissis) Titolo IX DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE (omissis) Titolo X DISPOSIZIONI FINANZIARIE (omissis). PROGETTO AGRICOLO ALIMENTARE periodo 1979-1982 Con il presente documento la Regione intende attuare l'impegno assunto nel "Programma regionale di sviluppo", di cui alla legge 2 febbraio 1979, n. 11, di darsi un "Progetto agricolo-alimentare", quale strumento operativo per l'intervento in agricoltura secondo l'impostazione programmatica di "piano-processo" affermata dallo stesso P.R.S. Uno strumento operativo nell'ambito della politica di programmazione richiede, infatti, una continua verifica del suo stato di attuazione, onde poter adattare strumenti e obiettivi intermedi rispetto a quelli di fondo che il P.R.S. ha individuato nello sviluppo produttivo e strutturale della nostra agricoltura in presenza di un prevedibile mantenimento dei livelli occupazionali. A conferma del carattere operativo del "Progetto", la "Legge-quadro" per il settore agricolo, altro impegno assunto nel P.R.S, che viene presentata contestualmente al "Progetto" e che all'art. 2 lo approva, ne diventa la legge di attuazione, con ciò non contraddicendo i principi normativi generali, che la caratterizzano, ma costituendo questi i punti di riferimento certi entro i quali si pongono gli interventi settoriali, che lo attuano. La "Legge-quadro", pur rappresentando sostanzialmente lo strumento base per l'attuazione della politica agricola regionale, costituisce altresì un indispensabile riferimento per gli altri interventi riguardanti il settore primario e stabilisce i presupposti per un armonico componimento sul territorio dei processi programmatori di tale settore con quello degli altri settori produttivi. "Progetto agricolo-alimentare" e "Legge-quadro" sono, quindi, due strumenti programmatori inscindibili fra loro Il primo individua le linee di fondo degli interventi finalizzandoli a precisi obiettivi settoriali e territoriali; la "Legge-quadro" concretizza, invece, gli strumenti e le procedure che le attuano e, nel momento stesso in cui ripartisce i fondi tra i diversi tipi di intervento, ne definisce le priorità in un quadro di compatibilità finanziaria, che è la sola entro la quale la Regione può realisticamente operare. Non bisogna dimenticare che le Regioni nel settore agricolo operano sia con fondi propri sia con fondi derivati da leggi speciali dello Stato, tra cui può comprendersi anche la legge 27 dicembre 1977, n. 984, che generalmente vengono assegnati per capitoli vincolati di spesa. Questo costituisce un grave vincolo alla libertà programmatoria delle Regioni, che le procedure di programmazione concertata tra Stato e Regioni introdotte dalla legge 984 non sembrano aver eliminato; tanto più grave, perchè, anche in presenza di stanziamenti pluriennali,l'assegnazione dei fondi da parte dello Stato avviene a scadenze annuali e quasi sempre molto in ritardo. L'articolo 69 della "Legge-quadro", prevedendo la presentazione di una relazione annuale sullo stato di attuazione del "Progetto", introduce, quindi, un meccanismo di revisione degli interventi e delle priorità, rispetto ai quali i fondi di competenza regionali costituiranno lo strumento strategico per adattarli all'evolversi delle condizioni obiettive. Come non bastasse, l'importanza della "Legge-quadro" e sottolineata dal fatto che essa disciplina le procedure di formazione e approvazione dei piani zonali di sviluppo agricolo, raccordando la programmazione regionale in agricoltura, espressa dal "progetto", con quelle che dovranno essere le sue articolazioni territoriali a livello di Comprensorio e di Comunità Montana. Il "Progetto agricolo-alimentare" si inserisce, poi, nelle procedure della programmazione per il settore agricolo previste dalla legge nazionale n. 984; infatti, secondo gli art. 3 e 5 della legge le Regioni devono predisporre propri programmi, i quali non potranno che raccordarsi con il Piano nazionale (a questo proposito, si veda il volume "Indirizzi e obiettivi di carattere generale" dello "Schema di piano agricolo nazionale"). Proprio per questo necessario coordinamento oltre che per ragione obiettive, il "Progetto agricolo-alimentare" della Regione Veneto si articola nei principali settori previsti dallo "Schema di piano agricolo nazionale" e precisamente esso comprende i seguenti sub-progetti: - zootecnia; - pesca e acquacoltura; - ortoflorifrutticoltura; - vitivinicoltura; - colture per trasformazione industriale (barbabietola e tabacco); - territori di collina e montagna; - irrigazione; - ricerca, sperimentazione e assistenza tecnica. Il "Progetto" non comprende il settore della forestazione, che pure fa parte dello "Schema di piano agricolo nazionale", poiché gli verrà dato spazio adeguato agli interventi che richiede nello specifico "Progetto montagna" che la Regione predisporrà, secondo l'impegno assunto nel P.R.S. Comprende, invece, l'assistenza tecnica, poiché non è più procrastinabile una disciplina organica di tale settore, d'altra parte prevista dall'"Azione: Valorizzazione e qualificazione della professionalità agricola" del P.R.S., e viene dato ampio spazio alla pesca e acquacoltura, data la rilevanza che tale settore ha nel Veneto. Alcune colture, come quelle mediterranee (olivicoltura) non sono prese in considerazione dal "Progetto" per il loro limitato peso ai fini programmatici. Ciò non vieta che la legge preveda qualche intervento a favore dell'esistente, anche se ciò si pone all'ultimo posto della scala delle priorità. La Regione Veneto ha scelto di formulare il proprio programma per il settore agricolo nella forma di "Progetto agricolo alimentare", poiché tale documento estende intervento programmatorio a tutta la catena di produzione di ciascuno dei settori interessati. Le iniziative regionali concernono, infatti, tanto il momento produttivo, quanto quello della trasformazione e del collocamento del prodotto sul mercato, realizzando un approccio globale ai problemi di sviluppo di ciascun settore, così da diminuire le eventuali strozzature e rigidità che si trovano a monte e a valle dei singoli interventi. L'attuazione coordinata delle azioni, di cui si compone ciascun sub- progetto, dovrà permettere, poi, di raggiungere gli obiettivi di fondo assegnati dal P.R.S. al settore agricolo che, come accennato, sono lo sviluppo produttivo e strutturale del settore e il mantenimento dei livelli occupazione. Il Piano Economico Regionale 1966-70 aveva previsto uno sviluppo della produzione lorda vendibile in termini reali ad un saggio medio annuo composto del 2,5% e una riduzione dell'occupazione agricola ad un tasso del 3,5% all'anno. In realtà, nessuna delle due previsioni si e realizzata: la prima in senso positivo, poiché la produzione lorda vendibile è aumentata a un saggio del 3,8%, la seconda in senso negativo, poiché gli occupati in agricoltura sono diminuiti del 7,9%. Questi dati sono l'espressione della forte immissione di progresso tecnico che ha conosciuto l'agricoltura negli anni sessanta e del proseguimento in quegli anni dell'esodo dal settore agricolo verso altri settori, in una sorta di riequilibrio intersettoriale spontaneo. Tra il 1970 e il 1978 l'evoluzione della produzione lorda vendibile ha subito, invece, un rallentamento, aumentando complessivamente in termini reali del 16%; come pure è diminuito l'esodo, essendo passati gli occupati in agricoltura da 254.000 nel 1970 a 209.000 nel 1978 (- 18%), tanto più che tra il 1977 e il 1978 si è dovuto registrare un rientro nel settore di circa 3.000 unità. Questo rallentamento è da attribuire, per la produzione lorda vendibile, ad una minore immissione di progresso tecnico in agricoltura oppure al minore effetto che l'immissione di progresso tecnico ha avuto su una agricoltura già evoluta, quale è l'agricoltura veneta negli anni settanta. Un'altra interpretazione è che, alla continua introduzione di innovazioni biologiche, chimiche e meccaniche in un'agricoltura, che aveva raggiunto già elevati livelli produttivi, è mancato il contributo sinergico di altre innovazioni quali sono quelle organizzative. Queste ultime si acquistano soprattutto attraverso l'intervento pubblico nel settore della formazione professionale e dell'assistenza tecnica. Ed è su questi due settori, accanto a quelli della ricerca e della sperimentazione, che la Regione Veneto vuole, in particolare, concentrare i suoi sforzi nel periodo di operatività del "Progetto". La Regione ritiene, quindi, di poter assumere come realistica l'ipotesi di un tasso medio composto di incremento della produzione lorda vendibile, nel periodo 1979/82, del 2% all'anno, ponendosi a un livello leggermente più basso rispetto all'obiettivo (+ 2,5%) adottato dal documento del M.A.F., "Indicazioni per un piano agricolo-alimentare", poiché gli interventi regionali nel periodo di operatività del "Progetto" saranno diretti soprattutto a migliorare le strutture e il potenziale produttivo dell'agricoltura veneta. Al raggiungimento di questi risultati produttivi concorrerà anche il recupero di aree marginali e abbandonate. Poiché il rientro di forze attive in agricoltura non deve ritenersi stabile, è probabile che nei prossimi anni si verifichi una nuova uscita di coloro che sono ritornati temporaneamente. Si può stimare, tuttavia, che, qualora si realizzino le azioni previste dal "Progetto", sarà possibile stabilizzare gli occupati nel settore sui livelli precedenti al rientro. Più che garantire il mantenimento dei livelli occupazionali in agricoltura è necessario, però, migliorare la struttura per età degli attivi, poiché il loro continuo invecchiamento non esaurisca le fonti di ricambio di tale popolazione. I giovani restano in agricoltura soltanto se possono disporre di sicure garanzie di reddito e professionali e la Regione con il "Progetto agricolo-alimentare" vuole contribuire fattivamente a realizzare queste garanzie. 1. SUB-PROGETTO: Zootecnia. (omissis) 2. SUB-PROGETTO: Pesca e Acquacoltura. (omissis) 3. SUB-PROGETTO: Ortoflorofrutticoltura. (omissis) 4. SUB-PROGETTO: Vitivinicoltura. Le opzioni di fondo dello "Schema di piano agricolo nazionale" per il settore possono essere così sintetizzate: - contenimento dei livelli di produzione globale; - promozione e valorizzazione della qualità dei vini; - incentivazione dei consumi, sia sul mercato nazionale che estero. La situazione di crisi della vitivinicoltura nazionale e comunitaria, che non lascia intravedere nel breve e medio periodo molte possibilità di superamento, conferma la bontà di queste scelte, per cui anche il Veneto punterà sul piano quantitativo al mantenimento degli attuali livelli di produzione, mentre su quello qualitativo favorirà il rinnovo varietale e indirizzerà la coltura verso i terreni maggiormente vocati. 4.1. AZIONE: Miglioramento qualitativo delle produzioni vinicole. La produzione di uva da vino è per l'economia agricola del Veneto una attività di primaria importanza sia per la produzione lorda vendibile ottenuta che il numero delle imprese ad essa interessate. La produzione vinicola nel 1978 ha permesso, infatti, di realizzare una PLV di 245 miliardi, che costituisce quasi l'11% di quella del settore agricolo e l'indagine sulle strutture condotta dall'ISTAT nel 1975 ha accertato che sono oltre 125.000 le aziende interessate a tale coltura. Per quanto riguarda le tendenze di sviluppo della produzione viticola regionale si può osservare che, accanto alla contrazione della coltura promiscua secondo un trend ormai consolidato, a partire dal 1976, si stà verificando anche una riduzione della superficie a coltura principale. Tra il 1976 e il 1977 la coltivazione principale si è ridotta, infatti, di 2.817 ettari (-3%), di cui 1.671 ettari di nuovi impianti, il 1978 ha confermato questa tendenza registrando una riduzione di altri 3.548 ettari, di cui 1.873 ettari costituiti da mancati nuovi impianti. Se si considera che il 30% dei vigneti veneti ha oltre 30 anni e che molte varietà destano preoccupazione per improduttività e basso titolo zuccherino, si può comprendere che la riduzione della superficie, qualora non sia accompagnata da un intenso rinnovo degli impianti, rischia di portare la viticoltura veneta in una situazione ben lontana da quella preconizzata dallo "Schema di piano agricolo nazionale" secondo il quale la prosecuzione del ridimensionamento della coltura principale dovrebbe essere compensata dal miglioramento delle rese unitarie. Si può aggiungere ancora che, secondo una ripartizione effettuata dagli organi tecnici regionali si veda la cartografia allegata - la superficie a vigneto, sia per i vini a D.O.C. che per i restanti vini, è così distribuita nel Veneto: _____________ Pianura irrigua _______________ - Vigneti D.O.C. 42% - Altri vigneti 68% _______________ Pianura Collina non irrigua _________________ 15% 43% 6% 26% __________________ Sulla base di questi dati e tenendo conto che la produzione di vini D.O.C. - hl. 1.445.851 contro una produzione potenziale di hl. 2.717.715 - rappresenta circa il 15% della produzione complessivamente ottenuta, si può concludere dicendo che la viticoltura veneta non solo deve affrontare un massiccio rinnovo dei propri impianti, ma questo deve avvenire contemporaneamente all'allargamento delle superfici a vini D.O.C. e allo spostamento della coltura dalle zone meno vocate a quelle più vocate del territorio regionale. Il permanere del blocco ai nuovi impianti, stabilito dal regolamento n. 1162/76, riconfermato dal regolamento n. 348/79 e si teme ancora prorogato, costituisce un grave ostacolo alla ristrutturazione delle nostra viticoltura secondo le linee che sono state indicate. In attesa che vengano accettate le proposte della Commissione intese a delimitare zone a diversa vocazione viticola, onde consentire un programma articolato di interventi e limitazioni, la Regione interverrà per favorire lo sviluppo della viticoltura nelle zone D.O.C., per le quali sono autorizzati i nuovi impianti con i vitigni previsti ai disciplinari di produzione, e per realizzare un massiccio rinnovamento della viticoltura delle zone collinari, che rappresentano l'habitat ideale per la vite. Dato che la superficie investita a vigneto in zona collinare si può stimare si aggiri sui 35 mila ettari, l'azione di rinnovamento per essere efficace dovrà interessare mediamente da 6 a 7 mila ettari l'anno. Le misure di incoraggiamento regionale per favorire tale azione terranno conto del maggior costo di impianto del vigneto in zona collinare - 30-40% in più rispetto agli impianti di pianura - e saranno adeguate in conseguenza. Inoltre, l'intervento regionale si esplicherà, preferibilmente, per programmi coordinati a livello interaziendale interessanti superfici viticole non inferiori a 80-100 ettari, così da favorire la globale ristrutturazione territoriale, ivi comprese le opere infrastrutturali e per l'irrigazione. Il tipo e il livello di questi incentivi è motivato non solo dall'obiettivo di migliorare la nostra viticoltura, ma anche dall'importanza che questa coltura assume in alcune zone collinari, dove è pressoché l'unica possibile, per cui la sua prosecuzione è indispensabile per non aggravare la già avanzata degradazione socio-ambientale della collina. Per quanto riguarda la viticoltura di pianura per la produzione di vini non D.O.C., vale quanto è stato osservato in precedenza circa la necessità sia di spostare la coltura verso zone maggiormente vocate, sia di avviare un rapido rinnovamento degli impianti ben oltre il normale tasso di rinnovo del 33%, per ottenere il loro ringiovanimento e un ampio miglioramento varietale. Il permanere del blocco degli impianti e dei reimpianti da parte della Comunità rischia, invece, di provocare una riduzione netta delle superfici investite, senza che sia possibile realizzare un proporzionale rinnovamento, attraverso il quale ottenere un miglioramento delle rese ed evitare un progressivo decadimento della nostra viticoltura. Pur volendo accettare e rispettare una rigida politica di qualità e di contenimento della produzione, la Regione ritiene indispensabile che la Comunità passi da un regime di blocco degli impianti viticoli a una disciplina differenziata per zone secondo le attuali proposte della Commissione. Sarà impegno prioritario della Regione, appena tali proposte verranno approvate, procedere alla delimitazione delle diverse zone, ricorrendo anche alla collaborazione di Istituti specializzati. Fino a che ciò non sarà possibile, la Regione si atterrà alla delimitazione delle zone collinari effettuata dai propri organi tecnici e segnata nella cartografia riportata in appendice. Anche per quanto riguarda le tecniche colturali e di lotta antiparassitaria è necessario un aggiornamento, soprattutto per contenere i costi di produzione in relazione alla quantità e qualità del prodotto da ottenere. A questo scopo verrà impostato un preciso programma di ricerca a livello regionale da affidare a Istituti specializzati, per ottenere delle specifiche risposte a seconda dei diversi ambienti e condizioni produttive su: varietà, cloni, portainnesti, tecniche colturali, lotta antiparassitaria e meccanizzazione. Per il miglioramento qualitativo della nostra viticoltura si presenta, poi, di estrema importanza il programma di selezione clonale già in atto. Da ultimo, la Regione seguirà con interesse le esperienze in corso di raccolta meccanizzata dell'uva, al fine di favorire l'acquisto di queste macchine a livello associativo e contribuire agli investimenti necessari per adattare alle modalità di impiego i sistemi di impianto della vite. 4.2. AZIONE: Miglioramento delle condizioni di produzione e commercializzazione dei vini veneti. Con l'azione precedente la Regione Veneto ritiene di essere perfettamente in linea con gli indirizzi generali stabiliti dalla legge 27 dicembre 1977, n. 984, per il settore vitivinicolo, i quali, tra l'altro, si propongono di assicurare "la ricostituzione e qualificazione dei vigneti nel rispetto dei regolamenti C.E.E. n. 1162 e n. 3140 del 1976". Soltanto se gli interventi sopra esposti avranno successo sarà realistico prevedere alla fine del periodo di Piano un aumento della produzione nazionale da 100 a 105 q.li d'uva, malgrado la riduzione della superficie investita, e un incremento del nostro flusso esportativo da 13 milioni a 17 milioni di ettolitri. Ciò significa, però, che accanto al miglioramento qualitativo della nostra produzione vitivinicola, dovrà essere compiuto un notevole sforzo per incentivare i consumi e per migliorare la capacità di penetrazione commerciale delle nostre imprese, particolarmente sul mercato estero. Da alcuni anni la vitivinicoltura, e non solo quella veneta, sta subendo, invece, una pesante crisi di mercato, sentita soprattutto dalle Cantine Sociali, le quali, a causa della rigidità dei loro costi di gestione, corrono pericoli di destabilizzazione, quando gli insoddisfacenti prezzi di liquidazione delle uve provocano una riduzione dei conferimenti da parte dei propri associati. Le cause della crisi sono di ieri e di oggi, ma prima di tutto derivano dall'incapacità delle Cantine Sociali - che tuttavia nel Veneto trasformano il 50% delle uve - di controllare l'offerta e di valorizzare la produzione, per cui si è arrivati a livelli produttivi estremamente pericolosi rispetto all'entità della domanda, mentre la mancata qualificazione e differenziazione della produzione, aggravata da una cronica carenza di liquidità di gran parte delle cooperative, non consente loro di esercitare un sufficiente potere contrattuale. Pertanto la prima scelta della Regione nel settore vitivinicolo sarà la sospensione dei finanziamenti nel periodo di operatività del Progetto per la costruzione di nuove strutture di trasformazione di primo grado e di nuovi impianti di imbottigliamento. Tutti gli sforzi dovranno, invece, indirizzarsi alla ristrutturazione in consorzi di grado superiore per unificare a livelli dimensionali più economici le politiche di qualità, di vendita, di stoccaggio e di imbottigliamento. Gli stessi finanziamenti a tasso agevolato per prestiti di conduzione e per la concessione di anticipazioni ai soci non dovranno essere il mezzo per prolungare da un anno all'altro la vita dell'impresa, ma lo strumento per permettere alla cooperativa di attuare una propria politica di gestione. Quando ciò non sia possibile per la limitata dimensione aziendale o per il sovradimensionamento degli impianti o per l'eccessivo livello dei costi di gestione o, anche, per la carenza di capacità imprenditoriali, la Regione cercherà di intervenire mediante i propri organi tecnici, in particolare attraverso l'ESAV, per consigliare e appoggiare una azione di ristrutturazione aziendale. Per facilitare la valutazione della situazione della Cantina da finanziare e dei settori su cui si dovrebbe intervenire per migliorare la gestione, la Regione proporrà uno schema-tipo di bilancio e criteri uniformi per la liquidazione delle uve. In relazione alla possibilità di alcune Cantine di aumentare il numero dei soci e per altre di fondersi, potranno essere finanziate le opere di ampliamento necessarie, mentre sarà favorito in ogni caso l'ammodernamento degli impianti e delle strutture di buona parte delle Cantine in attività. Al fine di accertare l'ammontare degli investimenti che Cantine e Enopoli esistenti nel Veneto intendono realizzare nel periodo di operatività del Progetto, in relazione a programmi di ammodernamento e ristrutturazione degli impianti di lavorazione e trasformazione delle uve, la Regione ha affidato a una apposita commissione, composta da esperti degli organi tecnici regionali, dell'ESAV e dell'Istituto Sperimentale di Viticoltura e da rappresentanti delle Cantine Sociali, l'incarico di effettuare una indagine a mezzo questionario. I risultati di tale indagine hanno permesso di accertare che i programmi di investimento di Cantine Sociali ed Enopoli si distinguono a seconda che si tratti di ristrutturare e razionalizzare gli impianti di lavorazione e trasformazione delle uve bianche o rosse, o si tratti di intervenire per ammodernare e potenziare la capacità di lavorazione della cantina. Per quanto riguarda le uve bianche, i programmi di investimento mirano generalmente a migliorare le qualità dei vini con l'installazione di sistemi di mostorefrigerazione, di chiarificazione mediante centrifughe e di controllo delle temperature di fermentazione. Prevedono anche la dotazione di celle frigorifere e termocondizionate per la maturazione biologica dei vini. Per le uve rosse, i programmi riguardano, soprattutto, l'acquisto di fermentini o autovinificatori con estrazione automatica delle vinacce per accelerare l'estrazione del colore e la separazione delle vinacce. Inoltre, prevedono la dotazione di impianti di termovinificazione. Il terzo tipo di programmi contiene, invece, progetti di investimento che vanno dalla manutenzione delle strutture all'introduzione di nuove attrezzature o alla sostituzione di quelle obsolete fino all'ampliamento e al potenziamento della capacità di lavorazione esistente. L'ammontare degli investimenti necessari per realizzare detti progetti è stato valutato complessivamente in 17 miliardi, di cui 4 miliardi (2,8 per i vini bianchi e 1,3 per quelli rossi) riguardano progetti già approvati o in corso di approvazione; 11 miliardi e 600 milioni si riferiscono a prevedibili prossimi di ammodernamento delle Cantine sia alle linee del bianco che del rosso; 1 miliardo e 600 milioni costituisce, invece, spesa prevista per l'installazione di impianti di depurazione. A parte la evidente opportunità che l'intervento regionale sia concesso prioritariamente a quegli investimenti che sono richiesti dalla necessità di sostituire impianti obsoleti o di eliminare inconvenienti tecnici alla lavorazione delle uve o alla conservazione dei vini, è stata riconosciuta dalla Commissione una particolare priorità agli investimenti interessanti la lavorazione e trasformazione delle uve bianche, data l'importanza di questi vini nella produzione veneta e le relativamente migliori prospettive di mercato. Nel campo degli impianti di depurazione, l'intervento regionale dovrà essere inserito in un programma complessivo che organicamente affronti la questione coinvolgendo gli Enti locali. Per quanto concerne l'installazione di nuovi Impianti di imbottigliamento si osserva che l'introduzione delle Cantine Sociali nella distribuzione diretta, salvo alcuni casi, non ha dato i risultati sperati, anche perché le Cantine operando singolarmente non riescono sempre a competere con l'iniziativa privata. Non pare utile, quindi, finanziare impianti di imbottigliamento a singole Cantine, ma favorire, invece, la utilizzazione, mediante accordi, tra più organismi di quelli esistenti e poco utilizzati. Per quanto riguarda la concentrazione dell'offerta e lo svolgimento di efficaci azioni promozionali di vendita, si ritiene necessaria la costituzione di Consorzi provinciali o interprovinciali fra Cantine Sociali. Tali Consorzi potrebbero agire come uffici per la raccolta di ordinazioni e la loro ripartizione tra gli aderenti, per l'offerta in forma unitaria e non concorrenziale del prodotto, per la tenuta della contabilità e per lo svolgimento dei servizi amministrativi. I contributi a detti Consorzi dovrebbero essere stabiliti solo a consuntivo, sulla base di quantità o valori certi e documentati e controllabili riguardanti le operazioni effettivamente svolte. La politica organizzativa al più alto livello, la promozione delle vendite all'estero e la gestione di un marchio di qualità dei vini veneti potrebbe essere svolta da un unico "Centro per la valorizzazione dei vini veneti". Bisognerà studiare più approfonditamente con l'apporto degli operatori l'opportunità che a detto organismo aderiscano o meno imprenditori privati, mentre sembra utile che il Centro sia organizzato con la partecipazione, oltre che delle Cantine Sociali, anche degli Enti pubblici interessati quali: la Regione, l'ESAV, le Province, i Comuni, le Camere di Commercio, ecc. Il Centro, una volta costituito, potrà valutare anche la possibilità di creare sui mercati esteri di maggior interesse apposite strutture di servizio, rappresentate da impianti comuni di imbottigliamento per i vini da tavola e da apposite strutture di deposito e distribuzione. Per finanziare l'attività del Centro si propone che gli aderenti contribuiscano in via obbligatoria in relazione al vino venduto e a quello esportato. La Regione e gli Enti pubblici, oltre a un contributo di avviamento, potranno assicurare un finanziamento annuo di importo pari al totale dei contributi riscossi dagli altri associati e garantire anche la continuità della contribuzione per un certo numero di anni. Su questa linea si pone la recente iniziativa della Regione di costituire un comitato promotore dell'"Unione consorzi vini veneti DOC", a cui aderiranno i Consorzi volontari di tutela, la Regione, l'ESAV, la Consulta per l'Agricoltura e le Foreste delle Venezie e le Camere di Commercio, con scopi di promozione sui mercati nazionali ed esteri, di controllo e sorveglianza per conto dei consorzi volontari e di rappresentanza. L'"Unione", al fine di affermare la produzione regionale, collaborerà anche alla valorizzazione e diffusione del marchio di origine della Regione Veneto, per la cui istituzione è stato già affidato uno studio alla Consulta per l'Agricoltura e le Foreste delle Venezie. Si tratta di un primo passo certamente importante, ma l'azione di valorizzazione dei vini veneti deve estendersi anche a quelli da tavola, in particolare a quelli "tipici", che costituiscono gran parte della produzione, e farsi promotrice di interventi più strettamente operativi, come quelli ipotizzati per il "Centro per la valorizzazione dei vini veneti". In merito ai vini DOC, non si può fare a meno di ricordare che negli ultimi due anni il Veneto è stata la regione italiana maggiormente interessata all'esportazione di questi vini, tanto da rappresentare da solo circa 50% delle esportazioni. Menta certamente continuare in questa direzione, mantenendo però elevati standards qualitativi, per evitare la dequalificazione del prodotto veneto, come già è avvenuto in passato per l'immagine del vino italiano. Il miglioramento della qualità e la moralizzazione della commercializzazione richiede, però, che siano accentuati e intensificati i controlli sulle produzioni e sui vini. Dato che di tale funzione sono ora incaricati, per i vini DOC, i Consorzi volontari di tutela e, in generale, il Servizio per la repressione delle frodi, è necessario che detto potenziamento avvenga in forma organica onde evitare la duplicazione di incarichi. A livello nazionale si dovrà promuovere la emanazione di norme atte a potenziare l'azione dei Consorzi di tutela dei vini DOC al fine di permettere loro, attraverso il riconoscimento della personalità giuridica, di promuovere azioni anche giudiziarie per la difesa della denominazione di origine, sia in Italia che all'estero. La stessa normativa dovrebbe prevedere l'obbligatorietà dell'iscrizione al Consorzio di tutti i produttori della zona di origine interessata e la possibilità, per il Consorzio, di applicare penalità ai produttori trasgredienti, onde evitare o limitare l'abuso del nome e il commercio di bollini. Tra le azioni promozionali potrà essere di qualche utilità anche la costituzione di enoteche regionali al fine di svolgere una azione di indirizzo e di educazione del consumatore. Queste iniziative non dovrebbero però essere limitate alle produzioni locali ma estese a tutti i migliori vini regionali. Altri canali di commercializzazione che saranno attentamente seguiti e valutati sono gli accordi con imprese della grande distribuzione, in particolare quelle operanti nell'area delle PP.SS. Non si può concludere questa azione se non si ricorda che anche per questo settore, come per quello ortofrutticolo, le iniziative regionali dirette a promuovere consorzi di II o III grado e a stabilire rapporti con le imprese a partecipazione statale incontrano il limite della riserva statale per gli interventi a carattere nazionale e debbono adeguarsi ai programmi nazionali di coordinamento, la cui assenza costituisce un notevole elemento di incertezza per l'attività programmatoria della Regione. 5. SUB-PROGETTO: Colture per trasformazione industriale. (omissis) 6. SUB-PROGETTO: Territori di collina e montagna. (omissis) 7. SUB-PROGETTO: Irrigazione. Nello "Schema di piano agricolo nazionale" un ruolo di primaria importanza viene assegnato all'irrigazione, esprimendosi nei seguenti indirizzi di carattere generale: - espansione della superficie irrigua; - mantenimento o ripristino delle condizioni di prima efficienza degli impianti nelle aree già attrezzate; - completamento di complessi irrigui in parte realizzati; - riordino delle utenze, finalizzato allo sviluppo della rete irrigua e alla economicità degli impianti e servizi; - realizzazione di nuovi complessi irrigui nelle aree in cui l'irrigazione si prospetti come fattore trainante di sviluppo nell'ambito delle priorità produttive adottate, con particolare riguardo ai territori collinari; - rapida adozione della pratica irrigua a livello aziendale mediante l'apprestamento di idonei impianti. In armonia con questi obiettivi la Regione Veneto intende formulare una propria programmazione del settore, concorrano con lo Stato le eventuali opere riconosciute di interesse nazionale, nonché gli studi e ricerche di rilievo sia nazionale che regionale. 7.1. AZIONE: Miglioramento della disponibilità e delle condizioni di utilizzo delle acque ad uso irriguo. Secondo una recente indagine, l'attuale situazione irrigua nel Veneto si può molto schematicamente riassumere come segue: su poco più di 990 mila ettari di S.A.U. risultano irrigati circa 366 mila ettari (37,0%), di cui 171.473 a scorrimento od infiltrazione laterale, altri 27.004 a pioggia, ed infine 167.984 sono irrigati con interventi di soccorso. Se invece rapportiamo la superficie irrigata complessivamente alla S A .U. della pianura e della collina (ha. 852.199), escludendo, quindi, quella della montagna, dove in pratica non esiste irrigazione, la proporzione diventa del 43%. Per quanto riguarda la dotazione irrigua sul campo, questa attualmente è in media di 0,82 1./sec./ha. con punte esterne di 0,46 1./sec./ha. in provincia di Rovigo e di 0,94 1./sec./ha. in provincia di Verona. Il che significa che complessivamente in tutta la Regione per ogni minuto secondo di irrigazione vengono consumati sul campo circa 299 mc. di acqua, che dovrebbero corrispondere a oltre 350 mc. impegnati aventi origine diversa: di derivazione da acque superficiali oppure di estrazione da falde sotterranee. Da una recente indagine realizzata dall'ESAV risulta che oltre 100 mc./sec. di acqua provengono da 5.662 pozzi irrigui e la S.A.U. complessivamente irrigata con acqua da falda ammonta a quasi 36 mila ettari, pari al 9,8% di tutta la S.A.U. irrigata nella Regione. La presenza di pozzi è particolarmente consistente nelle Province di Verona, Treviso e Vicenza nelle quali è concentrato oltre il 90% della loro portata, con una disponibilità idrica alla fonte, che nelle province di Padova, Venezia, Verona, Vicenza si mantiene attorno a valori tra 1,6 e 2,0 1./sec./ha., ma che nella provincia di Treviso raggiunge 11 1./sec./ha. Questi dati, particolarmente l'ultimo, potrebbero far pensare a volumi d'acqua disponibili per l'irrigazione nella stagione secca assai più grandi di quello che in effetti sono. In realtà, i periodi di utilizzazione nell'arco della giornata e della stagione irrigua sono limitati per il verificarsi spesso del prosciugamento della falda; inoltre, l'acqua proveniente dai pezzi viene generalmente utilizzata per effettuare interventi irrigui di soccorso. Per quanto riguarda le attuali disponibilità idriche di origine superficiale - derivazioni da fiumi e canali - un'altra indagine recentemente realizzata dall'ESAV presso gli uffici dei Geni Civili ha permesso di accertare che risulterebbero derivati per l'irrigazione complessivamente circa 400 mc./sec. di acqua. Tale dato, risultando da un semplice censimento amministrativo delle utenze, deve essere, però, considerato con una certa prudenza. Infatti, molte delle concessioni sono di vecchia data e non sfruttate, altre più recenti non sono utilizzabili per mancanza di acqua o sono utilizzabili sono in parte; esistono persino autorizzazioni al prelievo di antichissima data, che non sono mai state regolarizzate presso il Genio Civile competente, per cui non sono quantificabili. In base a quanto detto, appare indubbio che il programma di irrigazione a livello regionale non può che partire dalla ricognizione e dal riordino di tutte le utenze per poter disporre di nuova acqua sia sulle aree di vecchia irrigazione, dove le fonti di approvvigionamento sono spesso divenute insufficienti o inadatte, sia per poter allargare l'area irrigua nei territori limitrofi. E stato stimato che per poter irrigare i circa 500 mila ettari non ancora irrigati nel Veneto occorrerebbero oltre 250 mc./sec. di acqua. Di questi: 50 mc./sec. si ritiene possono essere recuperati dal riordino delle vecchie irrigazioni pedemontane, 40/50 mc./sec. possono provenire dal riordino delle utenze, mentre l'ulteriore dotazione di 150 mc./sec. dovrà essere derivata da fiumi e risorgive. Questa maggiore disponibilità di nuova acqua per completare il programma irriguo del Veneto potrà essere ottenuta in via indicativa: - dalla regolazione della foce dell'Adige e suo bacino; - dal Livenza, dal Sile e da altri corsi d'acqua minori del Veneto orientale; - dalla regolazione del sistema Bacchiglione e Brenta (basso corso); - dall'invaso dell'Onte nel vicentino; - dalle risorgive della destra Tagliamento (per la zona di Portogruaro). Anche i serbatoi per la laminazione delle piene, previsti nei bacini del Brenta, del Piave e del Livenza, potranno offrire aliquote dell'accumulo d'acqua per uso irriguo. Se la quasi totalità del fabbisogno d'acqua sembra recuperabile, è stato stimato, tuttavia, che l'estensione della irrigazione a tutto il territorio regionale e il riordino dell'area di vecchia irrigazione richiederebbe un investimento a prezzi 1978 di oltre 1.000 miliardi. L'entità dell'investimento, anche se stimata, è tale per cui l'attuazione del programma irriguo non può che avvenire per interventi organici e secondo delle rigide priorità, altrimenti rischia di diventare dispersiva e frammentaria. Si ritiene, perciò, che gli indirizzi prioritari da rispettare siano i seguenti: - Zone di vecchia irrigazione. a) manutenzione: Le iniziative di manutenzione dovranno garantire il pieno mantenimento dell'efficienza funzionale degli schemi irrigui esistenti. Dovrà quindi darsi particolare attenzione a questo aspetto, considerando tutte le esigenze connesse, per far fronte agli ordinari fenomeni che ostacolano la funzionalità degli impianti. b) ripristini: Si darà luogo a vere e proprie azioni ricostruttive di opere che siano state distrutte o seriamente danneggiate da eventi straordinari. Ove nell'ambito di interventi di ripristino si riscontri la opportunità di effettuare adeguamenti e ammodernamenti per dar luogo all'efficienza degli impianti, essi potranno essere presi in considerazione ai fini del finanziamento dei relativi progetti. c) adeguamenti: Le relative iniziative dovranno essere dirette a far fronte ad intervenute condizioni modificative della efficienza, abbassamento del pelo libero delle opere di presa, subsidenza, approfondimento delle falde e salsificazione delle acque. d) ammodernamenti: I relativi interventi saranno considerati solo in via di priorità subordinata nell'ambito delle disponibilità finanziarie e, ove siano già disponibili progetti di sicura utilità, secondo le indicazioni pluriennali. - Zone di estendimento e di nuova irrigazione. a) ultimazioni: Avranno priorità gli interventi in grado di assicurare l'immediata funzionalità agli schemi irrigui, realizzando i necessari accordi che permettano l'effettiva disponibilità della risorsa idrica per l'impiego sul campo. La funzionalità potrà interessare singoli distretti dell'intero comprensorio servito da uno stesso impianto. Agli Interventi strutturali di carattere pubblico dovrà essere collegata, laddove se ne verificano le condizioni, l'azione per completare la rete di distribuzione dell'acqua irrigua nei suoi dettagli aziendali attraverso le necessarie trasformazioni fondiarie. b) completamenti: In via subordinata potranno essere finanziati, nei limiti delle disponibilità finanziarie, i progetti necessari al completamento di singole opere indispensabili, nell'ambito dell'avanzamento di schemi già in corso di realizzazione, dando preferenza a quei progetti capaci di più immediata finalizzazione ai fini dell'estendimento della superficie irrigua. - Avvio della gestione irrigua. Per facilitare l'utilizzazione dell'acqua, si potrà prevedere la corresponsione di contributi nelle spese di esercizio degli impianti pubblici, entro determinati limiti. - Distribuzione dell'acqua irrigua a livello aziendale. Per rendere effettivo l'impiego dell'acqua irrigua sul campo si provvederà al finanziamento delle relative opere aziendali ed interaziendali. Allo scopo di facilitare la realizzazione di tali opere complementari, potranno essere adottati i princìpi di cui alla legge n. 910/1966, che prevedono il trasferimento all'Ente pubblico del compito di realizzare la costruzione di opere di competenza privata, sollevando i proprietari da immediati problemi finanziari ed organizzativi e consentendo loro il rimborso graduale della spesa anticipata, al netto dei contributi a fondo perduto. Anche in tal caso al finanziamento delle anticipazioni potrà provvedersi utilizzando gli stanziamenti relativi ai settori di produzione che si avvantaggeranno della iniziativa irrigua. Limitatamente alle zone in cui esistano le condizioni per l'immediato utilizzo dell'acqua irrigua a livello aziendale, potranno essere previste anche misure finalizzate di assistenza tecnica. - Zone interne, collinari e montane. Bisognerà individuare le situazioni nelle quali sia possibile intervenire con azioni di pronto effetto, intese a valorizzare le risorse naturali esistenti. Si darà pertanto priorità ai progetti intesi a procurare il beneficio irriguo con attingimento a fonti di acqua già disponibili. Poiché esiste un consistente portafoglio di progetti già completato e in fase di studio nel campo dell'irrigazione presso i Consorzi di Bonifica della Regione si è ritenuto necessario effettuare, con la collaborazione dell'ESAV, una indagine, al fine di accertarne la prevedibile entità fino all'82, lo stato di avanzamento e il tipo, onde individuarne il grado di priorità secondo gli indirizzi sopra espressi. L'indagine non ha riguardato le sole opere di irrigazione, ma anche quelle di bonifica e promiscue attinenti all'irrigazione. Tutti i Consorzi hanno sottolineato, infatti, l'urgenza e l'importanza di queste ultime opere per la funzionalità e l'efficienza della stessa pratica irrigua. Sia le prime che le seconde sono state classificate con il seguente ordine di priorità: a) ultimazioni, completamenti; b) ripristini, adeguamenti, ammodernamenti; c) nuove opere; d) studi. I punti b) e c) di intervento possono anche essere invertiti considerando in certi casi prioritario estendere la pratica irrigua in zone dove questa manca totalmente rispetto a zone servite, sia pure in modo insoddisfacente. I progetti sono stati, inoltre, classificati a seconda che riguardano territori già irrigati o di nuova irrigazione. E' risultato così che l'investimento necessario per eseguire le opere previste da qui all'82 ammonterebbe a circa 200 miliardi. Con detta spesa si andrebbe a migliorare l'irrigazione per oltre 162.000 ettari e verrebbe estesa ad altri 145.000 ettari. L'evidente impossibilità di realizzare tutti i progetti previsti dai Consorzi richiede che siano rispettate le priorità prima indicate, all'interno di quelle definite dalle scelte colturali su cui poggia l'attuazione del "Progetto agricolo-alimentare": 1) foraggicoltura. 2) orticoltura; 3) frutticoltura (anche viticoltura); 4) cerealicoltura e bieticoltura. 8. SUB-PROGETTO: Ricerca, sperimentazione e assistenza tecnica in agricoltura. Il P.R.S. della Regione Veneto, approvato con legge 2 febbraio 1979, n. 11, individuava come azione fondamentale per il potenziamento dell'attività agricola la valorizzazione e la qualificazione della professionalità nel settore attraverso una serie di interventi coordinati interessanti la ricerca e la sperimentazione, la formazione professionale, l'assistenza tecnica e l'informazione socio-economica. Il settore della formazione professionale è stato già disciplinato con la specifica legge regionale, n. 59, del 13 settembre 1978. La prima applicazione della legge dimostra però, la necessità di un maggiore coordinamento tra istruzione professionale e attività di assistenza tecnica e di divulgazione in agricoltura. La formazione professionale in agricoltura è, infatti, qualche cosa di diverso dalla tradizionale istruzione professionale, poiché si rivolge prevalentemente a lavoratori indipendenti, i quali hanno bisogno, oltre che di migliorare e aumentare le loro cognizioni professionali, anche di una costante animazione verso maggiori livelli di imprenditorialità. In un'ottica di sviluppo programmato dell'agricoltura non si può pensare, quindi, che i programmi di formazione professionale, di assistenza tecnica e divulgazione in agricoltura non siano coordinati tra loro, anche con l'intervento dei Comprensori e delle Comunità Montane, quali unità elementari di programmazione nel settore. A questa impostazione si rifà anche la Sezione III, "Qualificazione professionale", della legge 22 ottobre 1978, n. 69, che recepisce per la Regione Veneto le direttive comunitarie sulla riforma dell'agricoltura. Le attività di informazione socio-economica rientra, invece, nello specifico campo di attuazione della legge n. 69. Questa parte della legge non è diventata ancora operativa, tuttavia, è necessario che siano definiti i rapporti che devono sussistere tra informazione socio-economica, assistenza tecnica e divulgazione, onde evitare sovrapposizioni di funzioni, che sarebbero estremamente dannose in attività tra le quali deve sussistere un preciso rapporto di integrazione e di collaborazione. 8.1. AZIONE: Ricerca e sperimentazione. La legge nazionale n. 383 del 1975 e il successivo decreto di applicazione n. 616/77 hanno trasferito alle Regioni le funzioni amministrative relative alla "ricerca e sperimentazione di interesse regionale". E certamente difficile distinguere nella ricerca, in particolare, ma anche nella sperimentazione ciò che è di interesse regionale o nazionale, ma si ritiene che lo spirito dell'art. 66 del decreto n. 616/77 sia quello di riservare alle Regioni quelle attività di ricerca e sperimentazione che debbono rispondere agli stimoli di una domanda prevalentemente locale, indipendentemente dal tipo di Istituto o Ente, sia esso statale, regionale, provinciale o privato presso il quale viene svolta. Fino ad oggi la Regione Veneto ha disposto una serie di finanziamenti (L.R. n. 211 75 e L.R. n. 54/78) per la realizzazione di programmi di ricerca e sperimentazione nei settori zootecnico, vitivinicolo, bieticolo e lattiero-caseario. Beneficiari degli interventi regionali per la realizzazione di detti programmi sono risultati soprattutto Istituti o Centri sperimentali operanti nella nostra Regione e in particolare: - Istituti della Facoltà di Agraria dell'Università di Padova; - Istituto sperimentale per la frutticoltura Verona; - Osservatorio per le Malattie delle Piante Verona; - Istituto di generica e sperimentazione agraria - Lonigo; - Latteria didattica "P. Marconi" - Thiene; - Consorzio per lo sviluppo avicolo del Veneto - Rovigo; - Istituto sperimentale per la viticoltura - Conegliano; - Consorzio per lo sviluppo della pesca e dell'acquacoltura del Veneto - Rovigo; - Centro Ittiologico Valli Venete Chioggia; - Istituto Zooprofilattico delle Venezie - Padova. Oltre a questi Istituti o Enti operano, prevalentemente nel settore della sperimentazione, l'Istituto Interregionale per il Miglioramento del Patrimonio Zootecnico S.p.A. (INTERMIZOO) e l'Ente di Sviluppo Agricolo per il Veneto. Come si può rilevare, nel Veneto operano numerosi Istituti e Enti, statali, regionali, provinciali o soltanto a partecipazione regionale, nei settori della ricerca e della sperimentazione. In relazione a questa situazione e alla esperienza fin qui acquisita si ritiene che compito precipuo della Regione sia di incentivare, garantendole i necessari mezzi, l'attività di ricerca e sperimentazione, ma soprattutto di assicurarne il coordinamento funzionale rispetto a tre precisi momenti: - finalizzazione dei progetti di ricerca e di sperimentazione agli obiettivi della programmazione; - controllo dell'attuazione dei progetti; - divulgazione dei risultati della ricerca e della sperimentazione, In ordine a questi tre momenti emerge la fondamentale importanza del ruolo che l'E.S.A.V. può svolgere, quale agenzia regionale per gli interventi nel settore primario. All'E.S.A.V. verrà, infatti, affidato l'incarico di redigere programmi triennali, articolati per piani annuali, di ricerche e sperimentazioni, finalizzate agli obiettivi della programmazione regionale, ai quali dovranno attenersi i progetti presentati dagli Istituti o Enti riconosciuti idonei dalla Regione, nonché l'attività di sperimentazione svolta direttamente dall'E.S.A.V. con le proprie strutture o con la collaborazione dei Gruppi per l'Assistenza tecnica. Contestualmente al programma triennale e ai piani annuali l'E.S.A.V. predisporrà anche una relazione sui progetti di ricerca e sperimentazione conclusi e su quelli in corso, al fine di proporne il proseguimento. Poiché sia garantito un costante collegamento tra attività di ricerca e sperimentazione e i destinatari dei risultati di detta attività, il mondo scientifico e professionale e gli organi tecnici regionali, il programma predisposto dall'E S A V prima di essere sottoposto all'approvazione della Giunta regionale, dovrà essere corredato del parere di un "Comitato tecnico consultivo" appositamente costituito, presieduto dall'Assessore regionale all'agricoltura e composto da rappresentanti delle organizzazioni professionali, dei sindacati, dell'università e da esperti, sia dell'amministrazione regionale che esterni ad essa. Il coordinamento dell'attività di ricerca e sperimentazione sarà anche garantito nella fase operativa dai rapporti di collaborazione che possono stabilirsi tra l'E.S.A.V. egli Istituti e Centri presso i quali tale attività viene svolta. Una funzione molto importante, per quanto riguarda la sperimentazione dei risultati della ricerca e la loro divulgazione, verrà svolta da "aziende-pilota" nel settore agricolo e dell'acquacoltura, la cui gestione sarà affidata all'E.S.A.V. Non basta, però, che la Regione sia garantita che ricerca e sperimentazione siano finalizzate agli obiettivi della programmazione nel settore agricolo, ma è indispensabile che esse diventino dei momenti attivi per il loro raggiungimento, attraverso il trasferimento dei risultati di queste attività alle unità di produzione. Anche nel campo della divulgazione dei risultati della ricerca e della sperimentazione il ruolo dell'E.S.A.V. sarà fondamentale, sia perché è necessario un unico centro di raccolta e coordinamento, sia perché, essendo affidata all'E.S.A.V. l'assistenza tecnica specializzata, esso diventa il naturale divulgatore dei risultati di tali attività direttamente agli agricoltori e anche all'assistenza tecnica polivalente, alla quale dovrà essere prestato un continuo servizio di formazione e di aggiornamento. L'ipotesi che la Regione provveda al riordino funzionale e istituzionale delle strutture operanti nel settore della ricerca e della sperimentazione, direttamente o attraverso accordi con gli Enti che le hanno istituite, sembra, almeno per i prossimi anni, piuttosto prematuro, poiché non è opportuno attivare nuove strutture regionali in agricoltura, finché quelle esistenti non saranno riordinate e esplicheranno tutte le loro potenzialità, e perché una eventuale nuova struttura regionale dovrà tener conto della ristrutturazione e riorganizzazione degli Istituti statali di sperimentazione che è nei programmi del M.A.F. La legge 27-12-1977 n. 984, soprattutto per quanto concerne le iniziative di competenza nazionale, stabilisce che gli interventi relativi alla ricerca e alla sperimentazione vengano individuati a livello dei singoli settori produttivi. Su questa linea lo "Schema di piano agricolo nazionale" ha predisposto uno specifico programma di "Attività di indagine, studio e ricerca". Anche il "Progetto agricolo alimentare" della Regione si propone, quindi, di individuare i settori nei quali dovrà impegnarsi l'attività di ricerca e sperimentazione a livello regionale per costituire un valido supporto al raggiungimento degli obiettivi da esso indicati. Prima di passare a esaminare i diversi temi di ricerca e sperimentazione per settore produttivo, bisogna sottolineare la necessità che venga realizzata una costante concertazione tra Stato e Regione per evitare interventi ripetitivi e per stabilire un collegamento funzionale tra strutture statali e regionali, che permetta di potenziare le capacità umane e le attrezzature di cui ciascuna di esse è dotata. ZOOTECNIA. (omissis) ZOOPROFILASSI. (omissis) SETTORE LATTIERO-CASEARIO. (omissis) ACQUACOLTURA. (omissis) RICERCA E SPERIMENTAZIONE NEL SETTORE DELLA PESCA E DELL'ACQUACOLTURA (omissis) SETTORI CENTRI TIPO DI ATTIVITA' (omissis) COLTURE ERBACEE (omissis). FRUTTICOLTURA (omissis) VITICOLTURA - ENOLOGIA In questo settore opera nel Veneto l'Istituto Sperimentale per la Viticoltura con sede a Conegliano, che segue già alcune iniziative sperimentali di interesse regionale. Nell'arco del prossimo quadriennio si rende necessario approfondire le seguenti iniziative sempre in collaborazione col suddetto Istituto: - prove volte alla riduzione dei costi di produzione ed alla razionalizzazione del piano dei lavori del vigneto; - genetica della vite - selezione clonale per il miglioramento quali- quantitativo della produzione con particolare riferimento all'aspetto della vinificazione; - recupero di vitigni trascurati che hanno un patrimonio genetico importante; - premoltiplicazione del materiale clonale con la costituzione di nuclei di premoltiplicazione; - studio di forme di allevamento meno espanse in funzione della produttività, dell'ambiente e della meccanizzazione nonché di nuove forme di allevamento importate dall'estero e studi sulla meccanizzazione delle operazioni colturali, della vendemmia, nonché della potatura; - prove sulla vinificazione delle uve bianche vendemmiate a macchina ai fini di evitare uno scadimento della qualità; - studi sulla ristrutturazione delle cantine e sulla razionalizzazione delle operazioni di trasporto delle uve alle cantine stesse; - prove sperimentali sulla produzione degli spumanti. FITOPATOLOGIA (omissis) AZIENDE-PILOTA E BANCA DATI (omissis) 8.2.AZIONE: Assistenza tecnica. (omissis) --------------------------------------------------------------------------------