Le idee, i piani, i suggerimenti della diplomazia e della politica dei principali paesi interessati si erano già mossi da tempo: l'Inghilterra, anche se aveva sospirato con certo sollievo, quando i tedeschi invasero la Russia, pregavano e scongiuravano da tempo l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Poteva immaginare che avrebbe perso ugualmente, presto o tardi, il suo impero, ma c'era la speranza di conservarne una parte, a media o lunga scadenza; in ogni modo le sarebbe restata una mezza illusione d'aver vinto la guerra. Era sicura che la diplomazia e la politica dei cugini americani l'avrebbe sostenuta, aiutata, e si sarebbe schierata a suo fianco contro i tedeschi.
La Russia si sarebbe accontentata di convertire in suoi satelliti tutta l'Europa orientale, di ottenere l'egemonia in Manciuria e in Corea e, con un po' di tempo, anche in Cina, con l'aggiunta di alcune rivendicazioni dal Giappone. Gli Stati Uniti considerarono che era già giunto il momento opportuno per entrare in guerra (il 'più tardi possibile' era giunto, come successe durante la Grande Guerra), ma dovevano preparare una trappola affinché i giapponesi ci cascassero e attaccassero per primi. Hitler, ancora sicurissimo della sua vittoria, cercava di convincere i giapponesi (che li considerava 'mezze scimmie verniciate'), affinché attaccassero l'Inghilterra (Singapore, la Birmania, l'India, ecc.). I giapponesi temevano i russi, da cui erano stati sconfitti in varie scaramucce di frontiera, qualche mese prima, in una guerra non dichiarata, e non avevano alcun interesse a combattere per conquistare una parte della Siberia, che non avrebbe recato loro, nell'immediato, nessun beneficio economico. Il loro imperialismo li spingeva a impossessarsi delle colonie francesi ed olandesi in Asia e anche di quelle inglesi, se i tedeschi avessero invaso l'Inghilterra, perciò cercavano di aggiustare le cose pacificamente con gli americani, confidando nel loro isolazionismo e anticomunismo. Allo stesso tempo cercavano di convincere Hitler di giungere a un accordo con la Russia, a una pace di compromesso, e di continuare la guerra contro l'Inghilterra. Anche Mussolini era, più o meno, della stessa opinione, Hitler doveva far la pace con la Russia. Ma le cose andarono verso altri cammini ed altre conclusioni. Il 26 luglio del 1941 gli Stati Uniti congelarono i depositi giapponesi in America. Il 4 ottobre sospesero l'invio di petrolio al Giappone. A novembre prestarono 100 milioni di dollari a Chiang Kay-Schek, presidente della Cina, capo della resistenza all'occupazione giapponese: allo stesso tempo s'inviarono rinforzi e fortificarono le isole del Pacifico. Il 28 novembre comunicarono al Giappone che doveva ritirare le sue truppe dall'Indocina e dalla Cina e uscire dal Tripartito che l'univa alla Germania e all'Italia. Il 1º dicembre il presidente del consiglio Tojo dichiarò al consiglio della corona: "Col permesso di sua Maestà, il governo compiva tutti gli sforzi possibili per migliorare i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti. Tuttavia gli Stati Uniti non si sono mossi d'un passo nel loro atteggiamento iniziale, ma anzi hanno cercato di ottenere concessioni di carattere unilaterale da parte nostra, presentando richieste quali lo sgombero delle nostre forze armate dalla Cina, il disconoscimento del governo di Nanchino e la denuncia del Patto Tripartito tra Giappone, Germania e Italia. Se noi ci sottomettessimo a tali pretese, non solo si liquiderebbe l'onore dell'Impero, non solo cadrebbe ogni prospettiva d'una vittoriosa soluzione della questione cinese, ma la nostra stessa esistenza verrebbe ad essere minacciata.E' dunque chiaro che da parte nostra non è possibile garantire il rispetto dei nostri diritti con mezzi diplomatici. D'altra parte gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, l'Olanda e la Cina hanno accentuato le pressioni economiche e militari contro di noi, e ciò ha portato, dal punto di vista della forza nazionale e della strategia del nostro paese, a una situazione tale, che non ci permette più di assistere passivamente agli sviluppi futuri. Le cose sono giunte a un punto tale per cui non ci resta altra soluzione che la guerra contro gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l'Olanda, se vogliamo superare l'attuale crisi e garantirci la sopravvivenza."
Il 7 dicembre del 1941 i giapponesi attaccarono la base navale americana della flotta del Pacifico: Pearl Harbor nelle isole Haway. Delle 8 corazzate alla fonda 5 furono affondate, delle quali tre furono ricuperate successivamente (da notare comunque che già le battaglie navali nel Mediterraneo avevano dimostrato che le corazzate erano diventate quasi inutili, essendo un bersaglio facile per gli aeroplani, e che le portaerei erano molto più importanti, indispensabili per una flotta). Altre 88 navi di vario tipo furono colpite, 230 gli aerei distrutti, 4 mila i morti. I giapponesi avevano perso 60 aerei, una decina di sottomarini tascabili e due di stazza normale. Ma ci sono altre considerazioni importanti: le portaerei americane di Pearl Harbor avevano lasciato la base qualche giorno prima dell'attacco, per fare un 'giretto' nel Pacifico; inoltre, come già detto, gli americani conoscevano i codici segreti giapponesi. La trappola era scattata e fu facile a Roosevelt convincere gli americani che era stato un giorno d'infamia, in quanto attaccati proditoriamente, senza dichiarazione di guerra. Gli isolazionisti, tra cui i capitalisti e i cattolici americani che temevano l'alleanza, anche se era stata fatta per convenienza momentanea e per forza di cose, tra l'Inghilterra e la Russia comunista, cessarono ogni opposizione e si schierarono compatti, patriotticamente, intorno al Presidente. Il quale, l'8 dicembre, dirigendosi al congresso degli Stati Uniti, disse: "Ieri, 7 dicembre - una data che rimarrà segnata con infamia nella storia - gli Stati Uniti d'America sono stati improvvisamente e proditoriamente attaccati da forze aeree e navali dell'Impero del Giappone. Gli Stati Uniti erano in pace con quella nazione e, da essa sollecitati, si trovavano ancora impegnati col suo governo e col suo Imperatore in conversazioni tendenti al mantenimento della pace nel Pacifico. Infatti, un'ora dopo che le squadriglie aeree giapponesi avevano iniziato il bombardamento di Oahu, l'ambasciatore giapponese presso il governo degli Stati Uniti consegnò al segretario di Stato una formale risposta ad un recente messaggio americano. Tale risposta esprimeva l'opinione che fosse inutile continuare i negoziati diplomatici in corso, ma non conteneva nessuna minaccia od accenno alla guerra o ad attacco armato." A parte il fatto che dal 1700 al 1870 ci furono 110 casi di guerre non dichiarate anticipatamente contro solo 10 casi di guerra dichiarate, il Giappone aveva ordinato di consegnare la dichiarazione di guerra un'ora prima dell'attacco al segretario di stato Cordell Hull, ma questi lo fece aspettare in anticamera e lo ricevette quando già l'attacco era avvenuto. Roosevelt e lui avevano già decifrato e letto il testo del documento 24 ore prima, e il presidente aveva esclamato: 'Questa è la guerra!'. Inoltre gli americani s'erano resi conto che, il 26 novembre, 6 portaerei giapponesi ed altre navi da guerra erano state concentrate nella baia di Hitokappu, al nord del Giappone, e che successivamente avevano lasciato la base. Fedeli ai principi del Tripartito, la Germania e l'Italia dichiararono la guerra agli Stati Uniti, i quali, con la loro abituale politica della carota e del bastone, 'invitarono' gli altri stati centro-sudamericani a dichiarare la guerra all'Asse. Solo l'Argentina resistette quasi sino alla fine. Furono poi gli americani che insistettero, senza successo, affinché la Russia dichiarasse la guerra al Giappone, al fine di ottenere basi aeree a Vladivostok, da dove avrebbe potuto bombardarlo. Roosevelt si convertì in una specie di dittatore e si fece chiamare 'comandante in capo'. Nel frattempo Washington, come d'abitudine, iniziò 'lo scaricabarile' sulle mancate misure precauzionali nella difesa della flotta a Pear Harbor. Langer scrisse 'Responsability on the American side for the desaster of Pearl Harbor has been object of protacted debate and extensive investigation', che terminò come tutte le altre investigazioni americane, precedenti e successive, sui sindacati, sui gangesters, sulla corruzione politico-economica, sui trusts, sulla polizia, sul K.K.K., sugli assassini dei Kennedy, di Luther King, sui crimini in Viet-Nam, sulle sevizie ai prigionieri in Iraq, ecc., cioè in un nulla di fatto. Poi circolò la voce che in effetti sapevano che il Giappone avrebbe attaccato, non lo potevano più negare, ma non sapevano dove. Forse c'era qualcuno che non scartava la possibilità di attacchi a Miami Beach o a La Vegas. Mentre la macchina bellica americana cominciava a mettersi in moto e la sua poderosa industria a sfornare materiale bellico a pieno ritmo, i giapponesi non persero tempo e cominciarono a sparpagliarsi, anche troppo, sbarcando nelle Filippine, occupando la Malesia, l'isola di Guam (dove la guarnigione di 365 marines e 308 nativi s'arresero ai giapponesi, con la sola perdita di 17 morti) e Hong Kong (dove s'arresero 18 mila inglesi, lasciando ingenti quantità di materiali nelle mani del nemico). Nel 1942 cadde Manila (dove s'arresero i resti dei 20.500 americani e i 69 mila filippini), furono occupate le Indie olandesi, le isole Salomone, Singapore (dove s'arresero quasi senza combattere 74 mila inglesi), penetrarono in Birmania, occuparono l'isola di Attu nelle Aleutine. Ma con la battaglia aereo-navale dell'isola di Midway, il 7 giugno, cominciarono a ricevere i primi colpi che segnarono il principio della fine. Nel 1943 gli americani sbarcarono nelle isole Gilbert, nella Nuova Georgia, nelle isole Marshall e nella Nuova Guinea. Nel 1944 liberarono l'isola di Guam e cominciò la riconquista delle Filippine; sbarcarono nelle isole Caroline e nelle Marianne. La potente flotta giapponese fu annichilita quasi completamente. A febbraio si ebbe la cruenta battaglia per la conquista dell'sola di Okinawa, mentre il Giappone era bombardato ripetutamente dalle forze aeree americane. In un solo mese 40 mila tonnellate di bombe furono sganciate sui suoi centri industriali.- Stampa pagina Aggiornamento: 14/09/2014 |