Hitler cominciò a fare uno strano ragionamento. 'Strano' se si fosse trattato di una persona normale: 'L'Inghilterra è già sconfitta, ma non si arrende e non perchè aspetti che intervenga ad aiutarla l'America. L'America è troppo lontana, non arriverebbe mai in tempo, inoltre i suoi soldati sono scadenti. Allora certamente essa confida nella Russia. Orbene, la Russia non ha né armi né buoni soldati: lo ha dimostrato durante la campagna contro la Finlandia. E sicuramente aspetta che la Germania s'indebolisca, per poi attaccarla. Cosicché questo è il momento buono per fare una guerra 'preventiva' (l'idea avrà un seguito, molti anni dopo). L'attaccherò io prima che essa possa farlo. Conquisterò le grandi risorse energetiche e minerali russe in poche settimane, otto al massimo, quindi ancora più potenti i miei eserciti daranno il colpo di grazia all'Inghilterra'.
E Göring aveva confidato ai suoi amici e subalterni fanatici: 'Certo, la gente non vuole la guerra. Dovete semplicemente dire a tutti che stiamo per essere attaccati e intanto denunciare i pacifisti per scarso patriottismo e per la volontà di mettere in pericolo il proprio paese. Funziona allo stesso modo in tutte le nazioni'. I giornali italiani uscirono con questo titolo: 'La necessaria improrogabile decisione dell'Asse - Guerra alla Russia Sovietica - Le dichiarazioni notificate solidalmente a Berlino e a Roma agli ambasciatori di Mosca - Storico proclama del Führer al popolo tedesco - La complicità anglo-russa documentata da von Ribbentrop - Dalla Finlandia al Mar Nero le truppe germaniche in unione a quelle finniche e rumene sono penetrate in territorio russo.' Effettivamente l'operazione 'Barbarossa' era in marcia: 153 divisioni tedesche, di cui 19 corazzate e 15 motorizzate (più altre 35 rumene, ungheresi, slovacche e finlandesi), per un totale di 3 milioni e 200 mila soldati, e 15 mila aerei, all'alba del 22 giugno attaccarono proditoriamente l'amica, fino a qualche minuto prima, Unione Sovietica. L'armata rossa era composta da 125 divisioni di fanteria, 25 divisioni di cavalleria e 30 brigate motomeccanizzate. Era proprio l'anniversario della sciagurata campagna napoleonica. Ma Hitler sembrava che sapesse il fatto suo: era molto più 'geniale' di Napoleone. Infatti nei primi mesi tutto sembrava che andasse magnificamente bene: colte di sorpresa le divisioni russe di frontiera, furono circondate dai carri armati tedeschi e distrutte, così pure l'aviazione, che non ebbe neppure il tempo di spiccare il volo. Le popolazioni sovietiche degli ex-Stati baltici, dell'Ucraina e della Russia Bianca, generalmente, accolsero i tedeschi come liberatori dal comunismo ed anche come una speranza di una non lontana indipendenza, ma presto si resero conto, come del resto tutti gli altri popoli dell'Europa occupata e anche di quella 'amica', che i nuovi venuti non avevano nulla da invidiare alle antiche invasioni barbariche e che, in Russia, erano peggiori della dittatura stalinista. Spoliazioni, requisizioni, fucilazioni, lavoro forzato erano all'ordine del giorno. Cosicché a poco a poco la popolazione reagì come e dove poté: formando bande di partigiani (presto raggiunsero 360 mila unità), che attaccarono gli inumani invasori nelle retrovie, uccidendo le pattuglie isolate, distruggendo migliaia di mezzi meccanici, binari, locomotive, fili telegrafici, ecc. Nel 1942 uno dei delegati nazisti nei territori occupati, Sauckel, ordinò di catturare e inviare in Germania due milioni di lavoratori ucraini, chiedendone l'autorizzazione a Rosenberg, pseudo-filosofo razzista e ministro del Reich per i territori dell'est, scrivendogli: 'Non ignoro le difficoltà che ostacolano l'esecuzione di questo nuovo ordine, ma sono convinto che con l'uso spietato di ogni mezzo e con la piena cooperazione di tutti, si può soddisfare la domanda per la data fissata'.Rosenberg rispose: 'Noi siamo la razza superiore. Tirerò fuori tutto da questa terra. Gli abitanti devono lavorare, lavorare, e poi ancora lavorare. Qualcuno si preoccupa che la popolazione possa non avere cibo a sufficienza. Non ce ne dobbiamo preoccupare. Decisamente non siamo venuti qua a portare la manna. Siamo una razza superiore e perciò dobbiamo ricordare che il più basso lavoratore tedesco è razzialmente e biologicamente mille volte più prezioso di questa gente'.
E il Reichsführer Himmler, capo delle S.S. e della Gestapo dichiarò: 'Non m'interessa minimamente quel che accade ai russi. Che le altre popolazioni vivano nella prosperità o muoiano di fame mi interessa solo nella misura in cui ne abbiamo bisogno come schiavi. Se diecimila donne russe muoiono di esaurimento, obbligate da noi a scavare una fossa anticarro, non m'interessa affatto, purché la fossa sia finita, per la Germania'. Durante il 1941 interi eserciti russi venivano accerchiati e sbaragliati, milioni di uomini caddero prigionieri. Prendendo come pretesto che la Russia non aveva firmato la convenzione di Ginevra, Hitler dette l'ordine di uccidere tutti i commissari politici catturati, mentre centinaia di migliaia di soldati morirono d'inedia, di privazioni e di angherie (dei 5 milioni di prigionieri di guerra solo 1 milione e 800 mila tornarono alle loro case. Dal 1941 alla fine del 1943 altri 5 milioni di civili russi furono deportati in Germania, di cui più di 3 milioni erano uomini, 1 milione e mezzo donne e più di 600 mila ragazzi inferiori ai 16 anni). Ma le retrovie si allungavano sempre più: Leningrado fu circondata, l'ordine di Hitler fu di lasciar morire di fame tutta la popolazione di 5 milioni di persone, che resistette eroicamente durante i 900 giorni d'assedio, senza corrente elettrica, con insufficiente acqua e cibo e mobilitata alla costruzione delle difese sotto i bombardamenti nazisti. Molte centinaia di migliaia di cittadini, soprattutto donne e bambini, morirono durante quegli interminabili mesi. Fu occupata il resto della Polonia e l'Estonia, la Lituania e la Lettonia, così pure la Russia Bianca, l'Ucraina e, a fine del 1941, le orde tedesche giunsero alle porte di Mosca. Mentre i russi trasportarono tutte le loro grandi industrie al di là degli Urali e si scavarono trincee e costruirono fortificazioni intorno alla capitale. Il 15 novembre i tedeschi attaccarono con 15 divisioni, 1.500 carri armati, 3.300 cannoni e 600 aerei. L'inverno era sopraggiunto, con 40 gradi sotto zero, si combatté disperatamente da una parte e dall'altra. I tedeschi, che già vedevano la periferia della città coi loro binocoli, a soli 20 chilometri di distanza, furono trattenuti, oltre che dal freddo (avevano le uniformi estive, dato che Hitler era sicuro che la guerra sarebbe terminata prima dell'inverno), anche dalle nuove divisioni russe venute dalla Russia asiatica. Le divisioni tedesche, malgrado gli ordini di Hitler di non indietreggiare mai, dovettero ritirarsi per non essere sopraffatte. Mosca non fu mai occupata, i tedeschi dimostrarono che realmente non erano dei superuomini, come credevano, che non erano nemmeno supersoldati invincibili, come avevano fatto creder loro. Ma solo uomini come tutti gli altri, che vincono quando sono bene armati e combattono contro nemici mal armati e peggior comandati. Ciano lasciò scritto nel suo 'Diario' che il duce ricominciò le sue giustificate lagnanze e invettive contro i tedeschi: 'Spero una sola cosa, che in questa guerra in Oriente i tedeschi perdano molte penne. E' una menzogna parlare di lotta antibolscevica. Hitler sa bene che il bolscevismo non esiste più da tempo. Nessun codice tutela la proprietà privata come il codice civile russo'. Ed egli stesso aggiunse: 'ormai è evidente che (i tedeschi) si preparano a chiederci di portare il confine a Salorno e forse anche a Verona'. Gli eserciti tedeschi compirono i massimi sforzi nel 1942, occuparono tutta la Crimea, arrivarono fino al Caucaso ed a Stalingrado, dove la 6ª armata tedesca del generale von Paulus combatte casa per casa. Si trattava di un esercito di 330 mila soldati, 740 carri armati, 7.500 cannoni, 1.200 aerei, contro l'esercito russo della zona di 187 mila uomini, 360 carri, 7.800 cannoni, 337 aerei. Ma l'industria russa al di là degli Urali, nel 1942, riuscì a produrre 26 mila aerei e 24.700 carri, quasi il doppio di quelli che produceva la Germania. I russi ricevettero anche aiuti americani, ma contrariamente a quanto si scrisse e disse posteriormente in Occidente, ebbero ben poco peso, sia per quantità sia per qualità, sulla ripresa e vittoria sovietiche. Giunsero rinforzi ai russi, i tedeschi furono circondati a Stalingrado: i russi avevano 894 carri armati contro i 675 tedeschi, 13.540 cannoni contro 10.300, sebbene fossero inferiori in quanto ad aerei. Göring promise, con una delle sue solite menzogne, di poter rifornire gli assediati per mezzo dell'aviazione, mentre Hitler dette l'ordine di non abbandonare Stalingrado per nessuna ragione.Un'altra armata tedesca cercò di rompere l'assedio dall'esterno, ma avrebbe potuto riuscirvi solo se la 6ª armata avesse attaccato dall'interno, abbandonando tutto il materiale pesante. Hitler proibì decisamente tale soluzione: 'von Paulus deve aspettare che si rompa il cerchio dal di fuori, ricevere rinforzi e restare a Stalingrado'.
Il 2 febbraio del 1943 terminò la resistenza: 142 mila tedeschi e rumeni erano morti, 91 mila furono fatti prigionieri, poche centinaia tornarono a rivedere le loro case dopo la guerra. Hitler ordinò di sequestrare le ultime lettere scritte dai soldati di Stalingrado per pubblicare un libro d'onore, ma non se ne fece nulla, dato il tenore delle lettere. Eccone qui alcuni brani molto significativi: 'La morte doveva sempre essere eroica, entusiasmante, trascinatrice per un fine grande, e convincente. In realtà qui cos'è? Un crepare, un morire di fame, di gelo, nient'altro che un fatto biologico, come il mangiare e il bere. Cadono come mosche e nessuno pensa a loro, nessuno li seppellisce. Giacciono dappertutto qui attorno, senza braccia, senza gambe, senz'occhi, coi ventri squarciati.'. 'Le mani sono andate. Alla sinistra manca il mignolo, ma quel che è peggio, alla destra si sono congelate le tre dita di mezzo. Posso afferrare un bicchiere solo con il pollice e il mignolo. Soltanto quando a uno mancano le dita, capisce come servano anche per le più piccole operazioni, tutt'al più posso ancora sparare, con il mignolo. Le mani sono andate. Non potrò passar la vita a sparare quando non potrò più far altro.' 'Ma la finisca coi suoi buoni consigli! Ma non sa in che situazione mi mette? Che razza di parole sono queste! Voi non l'avreste fatto, voi sapevate come si doveva fare, si doveva agire così e così! Lei sa benissimo che io sono della sua opinione, e del resto ne abbiamo parlato più di quanto fosse necessario. Però non lo si può scrivere. Ci prende proprio tutti per fessi? Se adesso le scrivo è perchè so che niente mi può capitare, e prudentemente ho tralasciato il mittente. Lei riceverà questa lettera per la solita via. Del resto anche se si sapesse chi ha scritto questo foglio, in nessun luogo mi troverei così al sicuro come a Stalingrado. E' così facile dire: deponi le armi! Crede che i russi ci risparmierebbero?... Era nel '32 che si doveva agire, e lei lo sa benissimo. E sa anche che quell'occasione è andata perduta. Dieci anni fa si trattava ancora della scheda elettorale, oggi costa una cosa da nulla: la vita.' 'Il Führer ci ha fermamente promesso di farci uscire di qui: ci è stato letto a voce alta e noi ci abbiamo creduto fermamente. Lo credo ancora oggi, perché devo pur credere a qualcosa. Se questo non è vero, a che cosa dovrei ancora credere?... Se non è vero ciò che ci ha promesso, allora la Germania è perduta, perchè in questo caso nessuna parola potrà mai più essere mantenuta.'. 'Tu che sei pastore di anime, padre, e nell'ultima lettera si dice solo la verità, oppure ciò che si ritiene vero. Ho cercato Dio in ogni fossa, in ogni casa distrutta, in ogni angolo, in ogni mio camerata, quando stavo in trincea, nel cielo. Dio non si è mostrato, quando il mio cuore gridava a lui. Le case erano distrutte, i camerati erano tanto eroici o così vigliacchi quanto me, sulla terra c'erano fame e omicidio e dal cielo cadevano bombe e fuoco. Soltanto Dio non c'era. No, padre, non c'è nessun Dio. Lo scrivo di nuovo e so che è una cosa terribile e per me irreparabile. E se proprio ci deve essere un Dio, è solo presso di voi, nei libri dei salmi e nelle preghiere, nelle pie parole dei preti e dei pastori, nel suono delle campane e nel profumo dell'incenso. Ma a Stalingrado, no!'. 'Ho tra le mani la tua risposta. Non ti aspetterai sicuramente un ringraziamento. Avrei dovuto immaginarmelo quando ti pregai di aiutarmi. Tu sei e resti in eterno 'un giusto'. La mamma ed io l'abbiamo sempre saputo. Ma non potevamo supporre che avresti sacrificato tuo figlio a questa 'giustizia'. Ti pregai di farmi uscire di qui, perché non vale la pena di andare a morire per questa assurdità strategica. Ti sarebbe stato facile dire una buona parola per me ed un ordine appropriato mi avrebbe certo raggiunto. Tu non sei al corrente della situazione. E sta bene, padre. Mi dicesti: 'Sei andato sotto le armi volontario, è stato facile tener alta la bandiera in tempo di pace, ma sarà difficile tenerla alta in guerra. Tu manterrai fede a questa bandiera e vincerai con essa'. Queste parole hanno parlato più chiaro di tutta la tua condotta degli ultimi anni. Dovrai ricordartene ancora, perché verrà il tempo in cui ogni uomo ragionevole in Germania maledirà la pazzia di questa guerra, e tu comprenderai come fosse senza senso parlare di quella bandiera con cui io dovrei vincere. Non c'è nessuna vittoria, signor generale, ci sono solo bandiere e uomini che cadono, e alla fine non ci saranno né bandiere né uomini. Tuo figlio, signor generale, non vuol prender parte a questo 'esperimento'! Tu gli hai sprangato la strada verso la vita, lui sceglierà la seconda via che porta anch'essa alla vita, ma dall'altra parte del fronte. Pensa alle tue parole, ed è sperabile che quando tutto andrà a pezzi, ti ricorderai della bandiera, e la terrai alta!'. E fu precisamente a Stalingrado, considerata con El-Alamein una delle due battaglie cruciali della guerra, dove cominciò il principio della fine del nazismo e dei suoi eserciti. In agosto dell'anno seguente quasi tutto il territorio russo era liberato e i tedeschi furono cacciati al di là del confine polacco. La Russia aveva avuto 1.710 città e 70 mila paesi distrutti, 25 milioni di persone senza tetto; musei, migliaia di biblioteche, chiese, cimiteri, case saccheggiati o distrutti. Niente si salvò dalla piovra tedesca. La battaglia di Stalingrado ha una stretta relazione con la distruzione del nostro ARMIR: alle notizie delle prime folgoranti vittorie tedesche Mussolini fremette : 'Dobbiamo mandare soldati in Russia, non possiamo essere da meno della Slovacchia'. Ma Hitler, siccome stava vincendo, non li voleva; in cambio fece aumentare, utilizzando nazisti austriaci sotto la guida del Gauleiter del Tirolo, la propaganda anti-italiana e filo-tedesca nell'Alto Adige. Ma il duce s'intestardì, invece di rafforzare le truppe in Grecia e in Africa, in agosto prese la decisione di mandare un corpo d'armata: il C.S.I.R. (Corpo di Spedizione Italiano in Russia), al comando del generale Francesco Zingales (che ebbe la fortuna di ammalarsi gravemente di congestione al suo arrivo a Vienna e venne sostituito dal generale Giovanni Messe), che comprendeva tre divisioni di fanteria (la 'Pasubio', la 'Torino' e la 'Celere', quest'ultima formata da tre reggimenti di bersaglieri, due reggimenti di cavalleria e un gruppo carri armati, più due gruppi d'aviazione (83 aerei), per un totale di 60 mila uomini, 4.600 quadrupedi, 5.500 automezzi (capaci di trasportare una delle tre divisioni). Come d'abitudine tutti erano pessimamente armati ed equipaggiati e, la maggior parte, appiedati. Il Corpo giunse sul fiume Dnjeper, dove ebbe i primi scontri, catturando molti prigionieri. Nella battaglia di Petrikovska (il 22 settembre) respinse i russi e ne catturò diverse migliaia. Nel bacino del Donez ricevette l'ordine dal comando tedesco di occupare la città industriale di Stalino, che raggiunsero dopo tre giorni di combattimenti, tra il fango e le neve. Il 23 ottobre si ebbero altri combattimenti a Gorlovska, città industriale di 150 mila abitanti, dove gli italiani combatterono strada per strada conquistandola. A novembre presero Nikitovka, ma contrattaccati da varie divisioni si ritirarono dopo aver lottano per sei giorni. In dicembre a Chazepetovka attaccò l'intero C.S.I.R., con 30 gradi sotto zero, e avanzò in direzione di Debalzevo. Quindi si ebbe la battaglia di Natale: cinque divisioni russe attaccarono il C.S.I.R., che per ordine tedesco era schierato su un fronte di 150 chilometri, senza riserve. La 'Celere' e la 'Tagliamento' persero varie posizioni, che furono riconquistate dall'intervento della 'Torino' e della 'Pasubio', e il fronte si stabilizzò. Famosa fu la carica del Savoia Cavalleria a Isbuschenski: 600 uomini che sconfissero 2 mila russi, catturando 500 prigionieri. I soldati italiani si comportarono in modo corretto e generoso con la popolazione civile, mentre i tedeschi erano odiati per il loro contegno sprezzante e spietato. Disgraziatamente nelle retrovie esisteva la nostra abituale disorganizzazione, confusione e corruzione: alimenti e munizioni che restavano nei magazzini, pacchi con ogni ben di Dio che le famiglie spedivano ai soldati erano rubati o ritornavano in Italia diretti ad altre famiglie, ecc. Le industrie non erano da meno, invece di produrre gli stivali di feltro, tipici dei russi, che avrebbero evitato i congelamenti, continuarono a fabbricare scarponi con suola di cartone per convenienze economiche. In febbraio giunsero dall'Italia un reggimento bersaglieri e uno d'artiglieria motorizzato, quindi il battaglione sciatori 'Monte Cervino' che parteciparono ad altri nuovi combattimenti. Il 9 giugno del 1942 il C.S.I.R. fu passato in rassegna dal generale Gariboldi, nuovo comandante di tutte le forze italiane in Russia, forse per volere dei tedeschi (il generale Messe apprese la notizia per casualità; realmente per esperienza diretta aveva cominciato ad odiare i tedeschi con i quali disse: 'non si può trattare se non a pugni nello stomaco'). Da quel giorno, per ordine di Mussolini, le divisioni furono aumentate a 10, formando un'intera armata, l'VIII, di 200 mila uomini circa, denominata ARMIR (armata italiana in Russia). I tedeschi la fecero schierare sul Don, alla sinistra di Stalingrado, tra l'armata ungherese e quella rumena, per evitare problemi, dato che esistevano odi e rancori secolari tra di loro. 227 mila italiani senza carri armati, senza cannoni anticarro utili, schierati su un fronte di più di 300 chilometri, che significava un uomo ogni 8 metri, con l'ordine tedesco di resistere o morire sul posto. All'estrema sinistra erano schierate la 'Tridentina', la 'Julia' e la 'Cuneense', al centro la 'Cosseria', 'la 'Ravenna' e la divisione 298ª tedesca; alla destra la 'Pasubio', la 'Torino', la 'Celere' e la 'Sforzesca'. Riserve: la 'Vicenza', la 27ª divisione panzer e la 385ª di fanteria. Il comando supremo tedesco dette l'ordine al generale Gariboldi di resistere fino all'ultimo uomo, e gli comunica che non può spostare un solo battaglione senza la sua autorizzazione. Il 16 dicembre la 6ª armata di Kharitonov e il XVII corpo d'armata corazzato di Poluboiarov, appoggiati dall'aviazione, per un totale di 9 divisioni di fanteria, 500 carri armati (i famosi T34, superiori anche a quelli tedeschi), 12 battaglioni motorizzati, 140 batterie, attaccarono e travolsero la 'Cosseria' e la 'Ravenna', mentre la 1ª armata di Kusnetzov e i carri armati dei corpi XXIV e del XXV, dopo aver sfondato il fronte rumeno, attaccarono la 'Pasubio', la 'Torino', la 'Celere' (che aveva in dotazione una trentina di 'scatolette di sardine') e la 'Sforzesca'. Di fronte al pericolo la 385ª divisione tedesca se ne andò senza avvisare i comandi italiani. Gruppi di tedeschi si ritirarono coi loro autocarri e respinsero a colpi di baionetta gli italiani che cercavano di salirvi. Quindi un'altra offensiva si scatenò sul fronte degli ungheresi, che cominciarono ad indietreggiare, obbligando il nostro corpo alpino a ritirarsi per non venire accerchiato. I russi erano giunti alle spalle dello schieramento; mentre due colonne italiane con alcuni carri armati e semoventi tedeschi cercarono di rompere il cerchio verso est. Si formano due colonne guidate dagli alpini della 'Tridentina' e dietro di loro una massa di sbandati di decine di migliaia di soldati italiani, tedeschi, rumeni, ungheresi, affamati, semicongelati, quasi tutti disarmati, che dovevano percorrere 350 chilometri nell'immensità della steppa per cercar di salvare le loro vite. Fu una lunga e terribile tragedia di migliaia di disperati a 30-40 gradi sotto zero, che combatterono ad ogni passo contro i soldati e i carri russi, continuamente tallonati ed attaccati dai partigiani, mitragliati e spezzonati dagli aerei, lasciando dietro di sé una lunga scia di morti, di feriti, di congelati. La 'Julia' e la 'Cuneense' formarono una terza colonna, simile alle due anteriori, dopo aver sostenuto vari scontri e aver perduto tutta la loro artiglieria, furono circondate e annientate. Il 27 gennaio del 1943 la 'Tridentina', alla testa della colonna di sbandati lunga una trentina di chilometri, raggiunse gli avamposti tedeschi, i quali li insultarono e li fotografarono. Gli unici che ne ebbero pietà, e la dimostrano ampiamente, furono i vecchi e le donne, russi ed ucraini, come del resto lo avevano già dimostrato nelle cittadine, nei paesetti, nelle isbe isolate, durante la tragica marcia, sfamandoli come poterono. Tuttavia i prigionieri erano costretti a lunghe marce: il freddo, la dissenteria, i congelamenti, il tifo mieterono migliaia di vittime e pochi furono quelli che, dopo vari anni, ebbero la fortuna di tornare a casa. Radio Mosca, in uno dei suoi bollettini, annunciò: 'Solo il corpo alpino italiano deve ritenersi invitto in terra di Russia'. Gli sbandati tedeschi furono inviati agli ospedali, i feriti e congelati non tedeschi furono respinti, poi fu concesso loro di venir trasportati nelle retrovie su carri bestiame. Furono necessarie 200 lunghe tradotte per portar l'ARMIR in Russia, i superstiti tornarono in Italia su 17 brevi tradotte. A Roma lo stato maggiore e i capi del fascismo pensarono di formare una nuova armata da mandare ad aiutare i nostri 'cari amici ed alleati' tedeschi. Il motto 'armiamoci e partite' era più che mai di moda. Per fortuna il progetto fu abbandonato.- Stampa pagina Aggiornamento: 14/09/2014 |