STORIA ROMANA


La nuova Roma imperiale

parte prima - parte seconda
Introduzione

La nuova Roma, la nascente potenza internazionale che attorno al 270 ha ormai conquistato l'Italia peninsulare sia a nord (pur con il limite del nord Italia, ancora celtico) sia a sud (fino allo stretto di Messina, dopo le guerre contro i magno-greci), non ha ancora aspirazioni di carattere imperialistico: non segue infatti progetti organici d'espansione, ma si impegna piuttosto in azioni di mero consolidamento territoriale.

Si può certamente parlare, dopo la vittoria su Pirro, di una maggiore sicurezza nei rapporti internazionali e di una maggiore aggressività militare, ma non ancora di imperialismo.

La storia dei decenni seguenti - che vedono la nascita di Roma come principale potenza del Mediterraneo occidentale - è caratterizzata da una politica internazionale che potremmo definire impulsiva, e che la trascina in imprese belliche molto rischiose da cui non potrà che uscire o fortemente ridimensionata (ovvero annientata come potenza internazionale) oppure - come effettivamente accadrà - ulteriormente ingrandita, aperta a una nuova dimensione mondiale e con un diverso assetto sociale.

Patrizio romano

E' difficile non vedere come la trasformazione interna di Roma, sia in questi che nei prossimi anni, sia in massima parte funzione delle sue conquiste e della sua espansione verso l'esterno, attraverso i mutamenti che tali fattori generano sulla struttura socio-politica e sui rapporti con gli alleati e le colonie.

Tale evoluzione può essere delineata attraverso i seguenti punti:

  1. da una parte vi è un allargamento del proletariato urbano, causato dall'inasprimento (dovuto alle guerre) della crisi agraria;
  2. in secondo luogo si sviluppa nella classe plebea ricca, che vive di commerci e di appalti pubblici (spesso legati alle guerre, al loro finanziamento), la tendenza ad avanzare autonomi progetti a livello politico, in opposizione a quelli del Senato o di parte di esso;
  3. infine la classe nobiliare o patrizia, che va sempre più distinguendosi da quella alto-plebea (detta dei cavalieri), rinsalda ulteriormente la propria autorità sul piano politico e militare, divenendo così la vera classe dirigente di Roma, cui spetta l'onere politico delle decisioni per tutto ciò che riguarda lo Stato.
    Ciò creerà profondi attriti, dato che gli interessi nobiliari non sempre coincidono (come si è appena visto) con quelli del resto della popolazione!
  4. In risposta a tale squilibrio nasce allora la figura del 'capo popolare', ovvero di un uomo che facendosi carico degli interessi della plebe (soprattutto di quella media, oppressa dalla fame di terre, ma anche di quella più ricca) riscuote molti consensi, divenendo una pedina importante nello scacchiere politico. A esempio di tale figura si può portare Gaio Flaminio, i cui provvedimenti verranno visti più avanti.

Perciò, anche se Roma non è ancora un impero, è comunque già avviata in tale direzione.

Si possono difatti scorgere di già i primi segni della futura evoluzione imperiale: quelle contraddizioni e quegli squilibri (costituiti dalle grandi masse proletarie - o sulla via per diventarlo -, dalle prime lotte interne per il potere, dai primi conflitti tra "borghesia" commerciale e finanziaria plebea e aristocrazia patrizia legata al possesso della terra) che sfoceranno successivamente nella rivoluzione politica di Ottaviano.

Storia romana nel periodo delle guerre puniche (264-146)

E' parso opportuno, qui di seguito, dividere il capitolo in tre distinte fasi (corrispondenti all'incirca alla prima, alla seconda e alla terza guerra punica) trattando sempre prima gli eventi della storia esterna, segnata essenzialmente dalle guerre di espansione mediterranea, e solo successivamente gli eventi interni. Ciò dal momento che questi ultimi - come si è già detto - si spiegano in massima parte come risultati - seppure indiretti - dei successi militari e delle lotte sostenute per ottenerli, sulla struttura sociale e politica dello Stato romano.

1) La prima guerra punica e le guerre italiche e illiriche

a) La prima guerra punica

La guerra contro la potenza cartaginese, il più antico impero del Mediterraneo occidentale (nato dalla separazione di Cartagine nell'VIII secolo dalla città fenicia di Tiro, del cui impero commerciale costituiva la principale colonia), non è causata - come si potrebbe pensare - dalle ambizioni espansionistiche di Roma, né da quelle della sua rivale.

Come in altre situazioni, anche qui è la richiesta d'aiuto di una città (Messina) la molla scatenante di un conflitto lunghissimo e di certo non preventivato, un conflitto sfuggito di mano ai suoi stessi artefici, divenuto in poco tempo una lotta per la sopravvivenza tra due opposte super-potenze.

Questi gli eventi essenziali della prima guerra punica (264-241):

  • I Mamertini chiamano in aiuto i romani contro il protettorato sulla loro città dei Cartaginesi (265); essendo lo stretto di Messina di grande importanza strategica per Roma (il cui dominio come si è visto giunge fino alla città di Reggio, situata sulla sponda opposta dello stretto) si decide per l'intervento.
  • 264: il console Appio Claudio si reca a Messina, anche se la situazione è in via di risoluzione: l'ambizione romana infatti molto probabilmente è quella di estendere le proprie influenze politiche anche in Sicilia: si fa perciò di tutto per fare precipitare la situazione e far esplodere un conflitto, anche se di certo non è preventivato uno scontro diretto con la potenza cartaginese. Gerone, tiranno greco di Siracusa, si allea con Roma in funzione anticartaginese.
    Come si vede è iniziata per Roma una fase militarmente più audace ed aggressiva, alla cui base però non c'è una strategia precisa e organica di espansione. A spingere in questa direzione sono in gran parte i nobili campani, entrati (come si è visto) a fare parte del Senato romano e favorevoli da sempre a una politica aggressiva verso il sud Italia.
  • 261: Roma si arma della sua prima flotta da guerra e affronta la sua avversaria sul mare: celebre vittoria di Milazzo (260) ma anche molte sconfitte: la guerra comincia a pesare a Roma e a perdere consensi (sia tra il popolo, che come si è visto è la vittima principale dei conflitti di lunga durata, sia tra i senatori, non tutti favorevoli a essa sin dall'inizio - segno questo dei differenti indirizzi politici che stanno prendendo la classe nobiliare e quella dei plebei ricchi). Resta, in ogni caso, l'entusiasmo romano per i successi ottenuti sul mare.
  • 256: riprendendo il sogno di Pirro e di molti tiranni siracusani, Atilio Regolo (della famiglia campana degli Atili), si reca in Africa nella speranza di portare a termine la guerra e di sconfiggere il nemico sul suo stesso terreno. L'impresa sarà un insuccesso e, pur nella sua audacia, un'azione insensata che causerà ingenti perdite ai romani.
    Oramai non si può più tornare indietro, dopo tanti anni di guerra la posta in giuoco non può più essere solo la Sicilia: in base alle spese sostenute da ambo le parti, la guerra deve concludersi con una vittoria definitiva di una potenza sull'altra. Ciò in base al principio antico, secondo il quale la guerra deve autofinanziarsi, ovvero coprire le proprie spese, attraverso i suoi stessi successi militari! Inizia perciò in questi anni a delinearsi la prospettiva di un conflitto 'totale' tra le due potenze.
    L'episodio di Regolo è indicativo inoltre di una certa immaturità della classe dirigente romana nell'affrontare problemi e conflitti più vasti, più ad ampio raggio rispetto a quelli del passato.
  • La guerra si sposta di nuovo in Sicilia, proseguendo fino al 241; la fortuna di Roma è che le alleanze greche in Sicilia reggono nel corso di tutto il conflitto; in patria invece, dopo tanti anni di guerra, la situazione è molto più critica. Per alcuni anni si ricorre anche a una dittatura (Atilio Catalino); nel 241 si ha la definitiva vittoria romana, nella battaglia contro Annone delle isole Egadi: Roma ottiene una notevole indennità di guerra, la Sicilia e la restituzione degli ostaggi. Nonostante la vittoria però, questa impresa le è costata molto in termini di risorse economiche.
    La pace che segue è quindi chiaramente da intendersi come una tregua: le due potenze sono pronte infatti a fronteggiarsi nuovamente, anche se dopo un periodo di riassestamento.

b) Le guerre in Italia

Dopo essere stata impegnata sul fronte mediterraneo, Roma si concentra ora su quello italiano, pensando a consolidare i suoi confini contro i molti nemici interni.

Nel 238 attacca i Cartaginesi in Sardegna, ottenendo la cessione dell'isola assieme alla Corsica. Successivamente si sposta nel nord della penisola, dove i Celti costituiscono ancora una minaccia per i territori settentrionali, liberando le regioni attorno alla valle Padana e iniziando una vasta opera di romanizzazione di quelle zone.

Una delle ragioni per cui riesce tanto facile a Roma la conquista delle isole occidentali è il fatto che i Cartaginesi, dopo la prima guerra punica, cercano di espandersi nei territori iberici piuttosto che su quelli italiani. In questo modo, oltre a limitare l'estensione romana in quelle zone, essi riescono a ridare nuova linfa al proprio Impero e a prepararsi a sferrare un nuovo attacco contro Roma! Ciò conferma come inevitabilmente il conflitto tra le due potenze rimanga aperto, pronto a esplodere nuovamente negli anni futuri.

c) Le guerre illiriche

Roma tuttavia non intraprende missioni militari soltanto all'interno della penisola italiana. Assolve anche a una missione di pulizia dei mari adriatici dalle orde dei pirati illirici (per favorire gli interessi economici di alcune città-stato italiche, appartenenti alla sua coalizione), che la porta a scontrarsi militarmente con il regno Illirico (nella zona balcanica), dal momento che esso vive essenzialmente di pirateria.

Si deve poi tener conto del fatto che tale regno gravita nell'orbita della Macedonia, e che quindi Roma attaccandolo, distruggendone la flotta e creando (228) un principato formalmente autonomo ma gravitante in realtà nella sua sfera d'influenza, va a intaccare gli interessi macedoni, creandosi così un nuovo potenziale nemico.

Si pongono quindi in questi anni i presupposti del conflitto macedone, che porterà un ulteriore sviluppo romano verso est!

Come si può facilmente vedere, dunque, vengono poste in questo periodo - attraverso le imprese belliche di cui abbiamo parlato - le basi stesse del futuro imperialismo romano, anche se ciò avviene in un modo che potremmo definire inconsapevole e involontario.

Per tentare di esemplificare tale processo possiamo utilizzare questo schema:

1° - GUERRE DI DIFESA DEI TERRITORI ->
2° - ESTENSIONE DEI CONFLITTI ATTRAVERSO IL COINVOLGIMENTO DI ALTRE POTENZE (dovuto all'intromissione di Roma nella sfera dei loro interessi) ->
3° - NUOVE GUERRE E CONSEGUENTE ACQUISIZIONE DI NUOVI TERRITORI

2) Come cambia Roma (264-228)

Abbiamo già visto la trasformazione sociale d'insieme. Ora vediamola più in dettaglio, nella sua relazione con gli eventi specifici di questi anni.

- La decisione della guerra

L'entrata in guerra contro i cartaginesi è oggetto di discussione (265) sia all'interno del Senato - diviso tra i favorevoli e i contrari - sia tra la plebe.

A spingere decisamente per la guerra sono i consoli, espressione della plebe ricca, e per convincere i comizi popolari a partecipare ad essa le prospettano lauti e facili guadagni. (Si noti che la plebe in questi anni non ha ancora individuato nell'ampliamento territoriale e nelle ricchezze derivanti da esso la strada per supplire alla condizione di depauperamento che la affligge: essa perciò non è ancora - come spesso invece sarà negli anni futuri - incondizionatamente favorevole alle campagne militari).

Anche parte del Senato non si esprime a favore della guerra, e ciò mostra come le due strade politiche, quella della plebe (cavalieri) e quella del patriziato, comincino a divergere.

Tuttavia Appio Claudio fa di tutto per far esplodere il conflitto e, innescando un processo a cui difficilmente si può sfuggire, costringe i romani a combattere una guerra che non trova tutti concordi.

- Roma alla fine di queste guerre

Alla fine del conflitto con Cartagine Roma è stremata: ed è la plebe la principale vittima di questa lotta, che l'ha costretta a trascurare le sue terre e i suoi profitti, e a sacrificare parte dei propri prodotti per il sostentamento dell'esercito.

Depauperamento significa poi ampliamento dei confini cittadini e inasprimento del problema sociale.

Il Senato, da parte sua, è spaventato dalla massa sempre crescente di plebei che popolano Roma, rendendola tra l'altro sempre più ingovernabile attraverso le istituzioni tradizionali.

Non è poi un caso il fatto che, proprio in questi anni, si collochi una riforma in senso democratico dei Comizi centuriati, attraverso la quale si rende meno influente il voto delle fasce più ricche della popolazione.

Ma, nonostante tali misure, la fame di terre rimane e rende inquiete le masse, che si appoggiano per le proprie rivendicazioni a figure politiche che, come nel caso di Gaio Flaminio, fanno delle esigenze popolari il proprio cavallo di battaglia.

Queste la azioni politiche più rilevanti di Gaio Flaminio:

  • propone, senza successo, di estendere il territorio romano alla zona del Piceno (già colonia romana) al fine di distribuirne alla plebe le terre, come risarcimento per i danni subiti dalla guerra.
    (Dopo un simile provvedimento, la situazione diventerebbe ancora più ingovernabile per il Senato: un ulteriore ampliamento dei territori che cadono sotto la diretta giurisdizione di Roma e un aumento di potere del 'popolo minuto' minerebbero difatti il suo predominio politico! L'opposizione senatoria quindi, contesta la proposta facendola cadere).
  • Nel 218 appoggia una proposta di legge che proibisce ai senatori di possedere grandi navi da trasporto, favorendo e sanzionando la nascita di una classe di grandi commercianti plebei (i 'cavalieri') in opposizione - ma anche complementare - rispetto al ceto agrario nobiliare.
  • Inoltre, nobile e senatore come Appio Claudio, egli guida come console le guerre contro i Celti e fa costruire una grande strada (via Flaminia), che favorisca la mobilità delle persone e delle merci.
Cfr L'agricoltura romana fra Catone e Varrone
Adriano Torricelli

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014