STORIA ROMANA |
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La nuova Roma imperiale parte prima - parte seconda
E' difficile non vedere come la trasformazione interna di Roma, sia in questi che nei prossimi anni, sia in massima parte funzione delle sue conquiste e della sua espansione verso l'esterno, attraverso i mutamenti che tali fattori generano sulla struttura socio-politica e sui rapporti con gli alleati e le colonie. Tale evoluzione può essere delineata attraverso i seguenti punti:
Perciò, anche se Roma non è ancora un impero, è comunque già avviata in tale direzione. Si possono difatti scorgere di già i primi segni della futura evoluzione imperiale: quelle contraddizioni e quegli squilibri (costituiti dalle grandi masse proletarie - o sulla via per diventarlo -, dalle prime lotte interne per il potere, dai primi conflitti tra "borghesia" commerciale e finanziaria plebea e aristocrazia patrizia legata al possesso della terra) che sfoceranno successivamente nella rivoluzione politica di Ottaviano. Storia romana nel periodo delle guerre puniche (264-146) E' parso opportuno, qui di seguito, dividere il capitolo in tre distinte fasi (corrispondenti all'incirca alla prima, alla seconda e alla terza guerra punica) trattando sempre prima gli eventi della storia esterna, segnata essenzialmente dalle guerre di espansione mediterranea, e solo successivamente gli eventi interni. Ciò dal momento che questi ultimi - come si è già detto - si spiegano in massima parte come risultati - seppure indiretti - dei successi militari e delle lotte sostenute per ottenerli, sulla struttura sociale e politica dello Stato romano. 1) La prima guerra punica e le guerre italiche e illiriche a) La prima guerra punica La guerra contro la potenza cartaginese, il più antico impero del Mediterraneo occidentale (nato dalla separazione di Cartagine nell'VIII secolo dalla città fenicia di Tiro, del cui impero commerciale costituiva la principale colonia), non è causata - come si potrebbe pensare - dalle ambizioni espansionistiche di Roma, né da quelle della sua rivale. Come in altre situazioni, anche qui è la richiesta d'aiuto di una città (Messina) la molla scatenante di un conflitto lunghissimo e di certo non preventivato, un conflitto sfuggito di mano ai suoi stessi artefici, divenuto in poco tempo una lotta per la sopravvivenza tra due opposte super-potenze. Questi gli eventi essenziali della prima guerra punica (264-241):
b) Le guerre in Italia Dopo essere stata impegnata sul fronte mediterraneo, Roma si concentra ora su quello italiano, pensando a consolidare i suoi confini contro i molti nemici interni. Nel 238 attacca i Cartaginesi in Sardegna, ottenendo la cessione dell'isola assieme alla Corsica. Successivamente si sposta nel nord della penisola, dove i Celti costituiscono ancora una minaccia per i territori settentrionali, liberando le regioni attorno alla valle Padana e iniziando una vasta opera di romanizzazione di quelle zone. Una delle ragioni per cui riesce tanto facile a Roma la conquista delle isole occidentali è il fatto che i Cartaginesi, dopo la prima guerra punica, cercano di espandersi nei territori iberici piuttosto che su quelli italiani. In questo modo, oltre a limitare l'estensione romana in quelle zone, essi riescono a ridare nuova linfa al proprio Impero e a prepararsi a sferrare un nuovo attacco contro Roma! Ciò conferma come inevitabilmente il conflitto tra le due potenze rimanga aperto, pronto a esplodere nuovamente negli anni futuri. c) Le guerre illiriche Roma tuttavia non intraprende missioni militari soltanto all'interno della penisola italiana. Assolve anche a una missione di pulizia dei mari adriatici dalle orde dei pirati illirici (per favorire gli interessi economici di alcune città-stato italiche, appartenenti alla sua coalizione), che la porta a scontrarsi militarmente con il regno Illirico (nella zona balcanica), dal momento che esso vive essenzialmente di pirateria. Si deve poi tener conto del fatto che tale regno gravita nell'orbita della Macedonia, e che quindi Roma attaccandolo, distruggendone la flotta e creando (228) un principato formalmente autonomo ma gravitante in realtà nella sua sfera d'influenza, va a intaccare gli interessi macedoni, creandosi così un nuovo potenziale nemico. Si pongono quindi in questi anni i presupposti del conflitto macedone, che porterà un ulteriore sviluppo romano verso est! Come si può facilmente vedere, dunque, vengono poste in questo periodo - attraverso le imprese belliche di cui abbiamo parlato - le basi stesse del futuro imperialismo romano, anche se ciò avviene in un modo che potremmo definire inconsapevole e involontario. Per tentare di esemplificare tale processo possiamo utilizzare questo schema:
2) Come cambia Roma (264-228) Abbiamo già visto la trasformazione sociale d'insieme. Ora vediamola più in dettaglio, nella sua relazione con gli eventi specifici di questi anni. - La decisione della guerra L'entrata in guerra contro i cartaginesi è oggetto di discussione (265) sia all'interno del Senato - diviso tra i favorevoli e i contrari - sia tra la plebe. A spingere decisamente per la guerra sono i consoli, espressione della plebe ricca, e per convincere i comizi popolari a partecipare ad essa le prospettano lauti e facili guadagni. (Si noti che la plebe in questi anni non ha ancora individuato nell'ampliamento territoriale e nelle ricchezze derivanti da esso la strada per supplire alla condizione di depauperamento che la affligge: essa perciò non è ancora - come spesso invece sarà negli anni futuri - incondizionatamente favorevole alle campagne militari). Anche parte del Senato non si esprime a favore della guerra, e ciò mostra come le due strade politiche, quella della plebe (cavalieri) e quella del patriziato, comincino a divergere. Tuttavia Appio Claudio fa di tutto per far esplodere il conflitto e, innescando un processo a cui difficilmente si può sfuggire, costringe i romani a combattere una guerra che non trova tutti concordi. - Roma alla fine di queste guerre Alla fine del conflitto con Cartagine Roma è stremata: ed è la plebe la principale vittima di questa lotta, che l'ha costretta a trascurare le sue terre e i suoi profitti, e a sacrificare parte dei propri prodotti per il sostentamento dell'esercito. Depauperamento significa poi ampliamento dei confini cittadini e inasprimento del problema sociale. Il Senato, da parte sua, è spaventato dalla massa sempre crescente di plebei che popolano Roma, rendendola tra l'altro sempre più ingovernabile attraverso le istituzioni tradizionali. Non è poi un caso il fatto che, proprio in questi anni, si collochi una riforma in senso democratico dei Comizi centuriati, attraverso la quale si rende meno influente il voto delle fasce più ricche della popolazione. Ma, nonostante tali misure, la fame di terre rimane e rende inquiete le masse, che si appoggiano per le proprie rivendicazioni a figure politiche che, come nel caso di Gaio Flaminio, fanno delle esigenze popolari il proprio cavallo di battaglia. Queste la azioni politiche più rilevanti di Gaio Flaminio:
Cfr L'agricoltura romana fra Catone e VarroneAdriano Torricelli |
- Stampa pagina Aggiornamento: 11/09/2014 |