Polifemo

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Quando Polifemo li vede è lui che ne ha paura. Teme infatti che siano pirati o stranieri venuti lì per qualche loro interesse, che non lo riguarda. Ha timore d'essere raggirato o saccheggiato.

Ulisse gli risponde con un'altra richiesta ipocrita, quella di rispettarli in nome del loro dio, secondo le regole della loro religione, della loro cultura.

La risposta di Polifemo è uno dei motivi per cui verrà ucciso: egli dichiara il proprio ateismo, e non sarà per rispetto alla religione achea se deciderà di ospitarli o meno.

Ma l'astuto Ulisse lo è anche quando affabula i Feaci; infatti fa loro capire che l'ateismo di Polifemo era rozzo, triviale, era l'ateismo di un bruto, come d'altra parte è ogni forma d'ateismo, in quanto l'ateismo è volgare per definizione e comunque sono "barbari" coloro che lo professano. L'ateismo è di per sé immorale perché suppone un'autonomia dell'uomo dalla divinità.

E siccome Ulisse equipara l'ateo al selvaggio tiranno e menzognero, subito si sente indotto a difendersi rispondendo a una domanda di Polifemo che la sua nave era già affondata. E di ciò accusa, con poca diplomazia in verità, lo stesso protettore del ciclope: Posidone.

Perché dunque meravigliarsi se al sentire quelle cose, Polifemo reagì uccidendo due suoi compagni? Il motivo è che ora Ulisse deve descrivere l'aspetto più ripugnante di Polifemo, quello in virtù del quale egli potrà legittimare la sua terribile vendetta: il cannibalismo.

Ma non è forse vero che tutti gli uomini primitivi vengono descritti come antropofagi da tutte le popolazioni civili al loro primo incontro?

Per mostrare l'inaudita ferocia forse un secondo redattore ha aggiunto altri quattro pasti ferini.

Quanto disti la letteratura pagana da quella cristiano-primitiva lo si comprende bene dal pensiero immediato che viene in mente all'eroe Ulisse, religioso e civilizzato: la vendetta.

E per metterla in pratica continua a mentire dicendo che aveva portato il vino per fargli piacere. Lo prende in giro, trattandolo come un idiota; e mentre gli offre il vino lo offende di nuovo, mostrando di non avere di lui alcuna paura: "tu non vivi da giusto" (la "giustizia" del primitivo interpretata secondo i canoni di quella ritenuta più avanzata).

Il ciclope promette di dargli ospitalità, ma Omero, non volendo rischiare che noi si sia indotti a credere nella buona fede del ciclope, fa parlare quest'ultimo con lo stesso atteggiamento astuto di Ulisse, solo che il suo è ovviamente limitato, infantile, essendo quello di un uomo preistorico.


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Aggiornamento: 21 giugno 2005 - Homolaicus - Il mito di Ulisse