Epilogo

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Ulisse è soddisfatto e di fronte al dolore di Polifemo se la ride.

Poi di nuovo l'inganno, questa volta per difendersi dall'inevitabile rappresaglia: Ulisse lega i suoi compagni al ventre degli arieti che, una volta usciti dall'antro, verranno poi trafugati dagli achei.

E continua l'oltraggio a Polifemo, unendo alla vendetta la beffa. Ulisse si permette di fare la predica del moralista: è stato Zeus a punire l'arroganza e la brutalità del ciclope.

Pur con tutta la sua civiltà o forse proprio per questa, Ulisse appare come un uomo vendicativo, iroso, beffardo, cinico e crudele. Avverte fortemente il bisogno di rivelare al debilitato Polifemo quale sia il suo vero nome. Ha bisogno di sentirsi grande.

E Omero non vede l'ora di scrivere che la fine ingloriosa di Polifemo era stata predetta dagli dèi, per cui andava considerata sommamente giusta. Il che, tra l'altro, pare sia messo per giustificare il bisogno d'infierire, con gusto sadico, sul nemico ferito, anche se non sarebbe sbagliato chiedersi se questa esagerazione non sia un'aggiunta posteriore, poiché Polifemo sembra pentirsi ed essere disposto a ospitare Ulisse e a pregare Posidone, affinché lo guarisca, essendo di lui figlio.

Tuttavia Ulisse è irremovibile nella sua spietatezza e gli augura di restare cieco tutta la vita, perché se avesse potuto l'avrebbe addirittura ucciso.

Il racconto si conclude con la supplica di Polifemo a Posidone, che Ulisse non possa tornare più a Itaca o, se vi riesce, che trovi grandi sciagure nella propria casa e resti senza amici che possano aiutarlo. Singolare una maledizione del genere, da parte di un protagonista dipinto come un energumeno antisociale.

E a Ulisse il gioco diventa facile: gli ci vuol poco a incolpare Polifemo e suo padre-protettore dell'incapacità della sua missione di civilizzare il mondo intero.

Appare dunque chiaro che questo episodio riflette la transizione dalla cultura pre-schiavistica, che i micenei (specie i coloni) possono aver incontrato in alcune zone della parte occidentale del Mediterraneo e quella più propriamente schiavistica e razzistica ch'essi avevano creato sulle fondamenta di quella minoica. In generale esso indica il passaggio dalla civiltà basata sull'allevamento a quella basata sull'agricoltura organizzata, sull'artigianato raffinato e sulla commercializzazione dei rispettivi prodotti.

Il racconto è insomma un'anticipazione della moderna rivoluzione borghese.


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Aggiornamento: 21 giugno 2005 - Homolaicus - Il mito di Ulisse