LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


1- Atene tra oligarchia e democrazia

Prima di addentrarci nello studio della storia greca all'indomani delle guerre peloponnesiache, vogliamo tuttavia fare un passo indietro, e tornare alle vicende che caratterizzarono Atene negli anni immediatamente seguenti al fallimento dell'impresa siciliana, un periodo a partire dal quale ripresero vigore quelle antiche tendenze politiche tradizionalistiche e oligarchiche che, per alcuni decenni, minarono le fondamenta stesse della costituzione democratica dei secoli precedenti.

I tentativi di restaurazione oligarchica furono due, entrambi di breve durata e cronologicamente piuttosto vicini l'uno all'altro. E nonostante in entrambe le occasioni la democrazia ateniese - così come, poco più tardi, la sua potenza militare e commerciale - riuscisse a riaffermarsi, la situazione non sarebbe comunque mai più tornata (quantomeno nella sostanza, se non nella forma…) quella dei periodi precedenti alla sconfitta del 404. Troppo diverse infatti - come si vedrà - erano oramai sia le condizioni interne che quelle esterne alla città-stato attica.

Alcibiade

- Il primo ritorno all'oligarchia negli anni finali della guerra (411 - 404)

Come si ricorderà, Alcibiade si era dissociato da Atene nel corso della spedizione siciliana, per evitare di sottoporsi al giudizio dei magistrati, che lo avevano richiamato in patria - interrompendo così lo svolgimento della sua missione militare - per giudicarlo in merito allo scandalo delle erme. Egli difatti, aveva molto probabilmente buone ragioni per temere non solo per il futuro della propria carriera politica, ma anche per la sua stessa vita!

Rifugiatosi a Sparta, egli aveva aiutato la città rivale a portare avanti la guerra contro Atene, favorendo inoltre il riavvicinamento della prima alla potenza persiana - ormai chiaramente divenuta l'ago della bilancia del conflitto intra-greco.

Abbiamo già visto come Alcibiade, dopo essersi guastato anche con le autorità spartane, avesse tentato - peraltro con successo - un riavvicinamento alla potenza ateniese. E come inoltre egli avesse - di nuovo - cercato di favorire l'avvicinamento di quest'ultima alla Persia, seppure stavolta con minore profitto (ciò che portò, in ultima analisi, alla vittoria della fazione spartana e oligarchica su quella democratica e ateniese).

Immediatamente dopo la disfatta siciliana, ovvero con l'inizio del declino della potenza ateniese, aveva inoltre avuto inizio, nella Lega marittima, una lunga serie di defezioni da parte di stati che - oltre a non credere più nella vittoria della coalizione democratica - approfittavano della debolezza dello stato guida, per sottrarsi all'onere di tributi che (come si ricorderà) stavano diventando sempre più gravosi.

Fu ovviamente in questo clima di sbandamento generale, che le forze oligarchiche ateniesi trovarono la forza necessaria a sovvertire - in modo peraltro surrettizio - l'antica costituzione democratica, ritornando così a una costituzione ampiamente ispirata a quella del periodo draconiano (periodo nel quale, come si ricorderà, ebbero inizio le primissime riforme a favore dei ceti popolari).

Nell'organizzazione costituzionale che fece seguito al colpo di mano guidato da Pisandro nel 411, la Bulè dei 500 (il pilastro stesso della democrazia ateniese) veniva abolita e sostituita da un Comitato di 400 individui incaricati di eleggere - ovviamente tra i cittadini delle fasce di reddito più alte - quei 5000 cui sarebbe toccato l'esercizio dei poteri esecutivi.

Il tutto era infine sottoposto all'autorità di un Collegio costituente, composto di 30 cittadini (…'tiranni') i quali, approfittando della condizione di 'provvisorietà' (che al tempo stesso, surrettiziamente, tendevano ad alimentare) in cui si trovava la città, detenevano in realtà le vere leve del potere decisionale.

E fu nello scontro tra la fazione più moderata e quella più intransigente all'interno della nuova élite di potere che si giocò il destino della rediviva oligarchia ateniese.

Mentre difatti la seconda fazione cercava d'imporre alla cittadinanza un programma di riavvicinamento politico alla potenza spartana (programma che, comportando la negazione di principi etici e politici ormai da decenni divenuti la base stessa della identità ateniese, venne praticamente rifiutato a furor di popolo), la prima - destinata invece a prevalere - sosteneva un'idea di democrazia decisamente più moderata rispetto a quella in vigore nei periodi precedenti, secondo il programma (di stampo fondamentalmente soloniano) di uno stato retto sì dalle classi più abbienti, ma non esclusivamente nobiliari.

Era insomma il ritorno ad una costituzione di tipo timocratico : ciò che comportava ad esempio la fine della retribuzione delle cariche pubbliche (misura, come si ricorderà, instaurata da Pericle), e che veniva incontro sia alle rinascenti inclinazioni politiche di stampo aristocratico che a quelle (ancora estremamente vive) di impronta democratica.

Sappiamo come andassero poi le cose: dopo un breve periodo di ripresa della potenza ateniese - reso possibile anche dall'abilità di Alcibiade, riuscito tra l'altro ad ottenere una riabilitazione da parte dei suoi concittadini - si realizzava la definitiva vittoria del blocco spartano, una vittoria che tuttavia la diplomazia di Teramene (il principale leader politico di Atene in quegli anni) contribuiva a rendere meno aspra e umiliante.

- Il secondo intermezzo oligarchico negli anni immediatamente seguenti alla pace (404 - 401)

La seconda instaurazione di un governo di tipo oligarchico, si ebbe subito dopo il termine della guerra, e fu in sostanza un fatto imposto dalla potenza spartana, rappresentata da Lisandro, a quella ateniese, guidata da Teramene. (Ma Atene - come vedremo - non fu certo un'eccezione : un po' in tutta la Grecia infatti, si diffusero in quegli anni, ovviamente con l'appoggio militare degli Spartani, dei governi di stampo oligarchico.)

A capo del nuovo governo ateniese si pose allora un certo Crizia, in gioventù discepolo di Socrate (un personaggio, quest'ultimo, del quale parleremo tra poco) divenuto successivamente sostenitore della linea politica di Pericle.

Cardini dell'azione di Crizia furono : l'epurazione sistematica dell'antica classe politica (un'azione di cui cadde vittima lo stesso Teramene, condannato a morte con accuse pretestuose); l'alleanza servile con Sparta (per la quale il governo di Crizia era essenzialmente uno strumento di dominio e di controllo della zona dell'Attica… e nella quale inoltre Crizia aveva il suo più solido appoggio); una costituzione fondamentalmente simile a quella del primo esperimento oligarchico (basata cioè sul dominio di 30 tiranni, con funzione nominalmente solo costituente e provvisoria, e sull'abolizione sia dei diritti politici popolari che delle più antiche istituzioni democratiche).

Ma anche questo tentativo di restaurazione aristocratica era destinato ad avere vita molto breve.

Già nel 403, infatti, due fuoriusciti - Trasibulo e Anito - guidavano una rivoluzione democratica che, fattasi presto strada tra la gente e ottenuto un cospicuo sostegno popolare, riusciva a destituire il governo dei Trenta, costringendoli a riparare presso il borgo di Eleusi, dove veniva costituito uno 'stato indipendente' da quello Ateniese.

Presso la capitale però, rimaneva un altro governo - composto da Dieci magistrati e detto quindi "dei Dieci" -, dai Trenta incaricato di intavolare una mediazione e di trovare un accordo con i rivoluzionari democratici, preparando così la propria riabilitazione.

Per dirimere la controversia tra le due fazioni si chiese aiuto a Sparta, che inviò, in qualità di mediatore, il re Pausania.

Alla fine dell'intera vicenda, l'antica democrazia di Clistene e Pericle (il che significa, tra l'altro, la retribuzione delle cariche pubbliche) veniva restituita, mentre si concordava un'amnistia generale tra oligarchici e democratici (permettendo così il ritorno dei fuoriusciti del 404) : un'amnistia dalla quale veniva tuttavia escluso il gruppo dei Trenta tiranni, i quali - una volta espugnata Eleusi, nel 401 - venivano processati e giustiziati.

Ma il ritorno della democrazia non era solo una vittoria delle antiche tradizioni, etiche e politiche, degli Ateniesi, bensì anche - fattore da non dimenticare - una cocente sconfitta dell'autorità spartana, che dimostrava (ciò che sarebbe accaduto poi molte altre volte) la propria sostanziale incapacità a esercitare, in qualità di nuova potenza egemone, un saldo controllo della situazione.

Negli anni successivi inoltre, in conseguenza dell'alleanza strategica con la Persia (alleanza una volta di più patrocinata da Alcibiade), Atene sarebbe riuscita a riconquistare una parte almeno del suo antico splendore, sia economico che politico. In ogni caso (come si è già detto) essa non sarebbe mai più tornata quella che era stata prima della sconfitta del 404 e dello scioglimento del suo impero marittimo. Insomma, Atene era oramai in piena decadenza - così come, più in generale, lo erano le libere istituzioni delle poleis greche!

Figura emblematica di un tale declino fu quella di Socrate, filosofo e uomo di cultura che pagò con la vita la sua opposizione alle 'nuove' istituzioni democratiche e la sua fede in uno stato che fosse governato dai veri migliori…

- Socrate

Quella di Socrate, al pari peraltro di quella dei sofisti (una corrente di pensiero 'relativistica' che cercava di insegnare l'arte retorica, ovvero l'insieme delle tecniche alla base - secondo quanto essi sostenevano - dell'"arte di ottenere ragione" nelle dispute - un tipo di professionalità, come si può immaginare, estremamente 'smerciabile' in una società quale quella ateniese del quarto secolo…), fu un missione di natura essenzialmente educativa.

A differenza dei sofisti tuttavia, Socrate non propugnava una visione della verità di carattere relativistico (visione secondo cui essa sarebbe qualcosa di soggettivo e inconsistente), andando al contrario alla ricerca di verità assolute, da porre a fondamento dell'esistenza sia della singola persona che della vita associata. E fu proprio al fatto che, per lui, solo una ristretta minoranza di persone fosse predisposta a un tale tipo di ricerca, che si dovette l'indirizzo - come tutti sanno, non certo popolare e 'democratico' - del suo pensiero.

La tecnica di ricerca usata da Socrate era la maieutica, e consisteva - come noto - nel sottoporre l'interlocutore a una sorta di 'estenuante interrogatorio', volto a sondare la profondità e la solidità delle sue nozioni - in base all'idea che una conoscenza vera dovesse per forza di cose essere anche logicamente inattaccabile (una convinzione pre-popperiana!?), quindi inespugnabile attraverso qualsiasi critica.

D'altra parte, per Socrate, una conoscenza vera non poteva che essere il prodotto di una ricerca innanzitutto interiore (secondo il celebre motto: "conosci te stesso"), il prodotto insomma di quell'atteggiamento che da sempre costituiva il valore supremo della civiltà greca: quello della libertà e dell'indipendenza personale (non solo da ogni dominazione fisica, ma anche da qualsiasi vincolo che si volesse imporre al libero pensiero!)

Scrive in proposito Giulio Giannelli: "…egli insegnava che di fronte e al di sopra dei valori della polis, verso le sue tradizioni e la sua moralità statica e inerme, stanno per ciascuno i doveri verso se stesso, verso la propria anima e la proprio libera personalità umana."

Un messaggio questo, che poteva risultare davvero scomodo in un clima di restaurazione democratica quale quello seguito alla cacciata dei Trenta tiranni, soprattutto per le implicazioni anarchiche e individualistiche che portava con sé (…non è forse da sempre, l'individualismo, avvertito dall'establishment politico come una pericolosa incognita per il proprio potere!?)

A tale diffidenza si dovette, quasi certamente, il processo che venne istituito contro Socrate, e in seguito al quale egli fu mandato a morte (399).

E' tuttavia essenziale notare che - in realtà -, pur non essendo un sostenitore delle libere istituzioni democratiche (e ciò anche a causa, molto probabilmente, delle ben note 'scivolate populistiche' del recente passato…), Socrate era certamente molto più devoto alla patria di quanto non lo fossero i suoi accusatori - cosa che dimostrò in primo luogo con la propria condotta, esemplare e finanche eroica in molte occasioni (soprattutto belliche). Quindi l'accusa di "corrompere la gioventù" educandola al disfattismo e inducendola a rinnegare le antiche credenze religiose della città (si ricordi, a tale proposito, che in Grecia religione e politica erano realtà strettamente connesse…) fu del tutto ingiustificata.

In realtà, fu proprio il libero pensiero ciò che, in Socrate, allarmò i benpensanti, preoccupati - dopo la recente restaurazione democratica - di istituire una sorta di acritico 'culto della democrazia', di fronte al quale egli ovviamente, si poneva in modo problematico e ironico (un atteggiamento anche più fastidioso forse, di un'aperta ostilità).

La condanna e la morte di Socrate dunque, ci dimostrano bene quanto fosse fragile - anche moralmente - la rinata democrazia ateniese.

Né d'altra parte avrebbe potuto essere altrimenti: nonostante infatti (come vedremo) l'imminente rinascita politica ed economica - anche se non militare - ateniese, la città non poteva non risentire del recente scioglimento della Lega marittima (che le aveva precedentemente fornito enormi ricchezze) e delle immani devastazioni della guerra appena terminata, ciò che generava uno sconforto generalizzato. Era insomma fin troppo chiaro agli ateniesi che, nonostante tutto, la loro città non sarebbe mai più tornata quella che era stata in passato.

Socrate fu quindi in sostanza (ciò che spesso accade agli intellettuali) la 'cattiva coscienza' del suo tempo e della sua nazione, un fatto di cui pagò le conseguenze con la morte.


a cura di Adriano Torricelli

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
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Aggiornamento: 01/05/2015