LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


La Grecia nel periodo della pace di Nicia (421 - 414)

La pace di Nicia era stata concordata da entrambe le parti, sfinite dal decennio di guerra precedente. Ancora una volta, la speranza di tanti era molto probabilmente quella di riuscire a raggiungere uno stabile equilibrio tra i due blocchi. E tuttavia, sia in Atene che nella coalizione oligarchica, aleggiavano nuovi dissidi e nuovi conflitti.

Nella Lega spartana, ad esempio, sempre più forti e agguerrite si facevano Corinto e Argo - due delle massime potenze economiche (nonché, quindi, militari) del mondo greco - le quali cercavano, attraverso un nuovo sistema di alleanze (in gran parte tra gli stessi stati della Lega peloponnesiaca), di indebolire il primato di Sparta all'interno della Lega stessa. [1]

Ad Atene, invece, si riaccendeva ancora una volta (né forse si era mai spenta) la lotta tra i 'rivoluzionari', eredi di Pericle (guidati ora dal giovane e carismatico Alcibiade) favorevoli a una politica estremamente aggressiva nei confronti di Sparta, e gli 'oligarchici' o comunque quei circoli più tradizionalisti che, con Nicia, avevano reso possibile la pace.

Il programma di Alcibiade era quello di circondare Sparta e i suoi alleati, condannandoli così ad un isolamento sempre più totale. Ma per fare questo, gli Ateniesi avevano bisogno di un consistente afflusso di nuove risorse, afflusso che, negli anni immediatamente seguenti, avrebbero cercato - ancora una volta - a occidente, con la (disastrosa) impresa siciliana, patrocinata per l'appunto da Alcibiade.

Sparta dal canto suo, riusciva con la battaglia di Mantinea (418) a sgominare il tentativo compiuto da Argo e dalle alleate, l'Acaia e Mantinea (con l'appoggio peraltro, dell'Atene di Alcibiade), di sottrarle la supremazia nel Peloponneso.

La breve tregua dovuta alla pace di Nicia (421-414), insomma, era servita alle potenze della madrepatria, oltre e più che a riprendere fiato, anche a ristabilire quegli equilibri che la guerra - sempre fonte di sconvolgimenti e rivoluzioni - aveva minato.

Quanto alla città di Atene, affascinata - come si è detto - da Alcibiade ('figliastro' di Pericle, cresciuto negli ambienti sofistici e influenzato direttamente dalla lezione socratica, e dotato infine di notevoli qualità oratorie), essa si apprestava - dopo un periodo di accese discussioni - ad affrontare quella gigantesca spedizione in Sicilia che l'avrebbe portata, in sostanza, alla perdita della guerra, avviandola sulla strada di un declino definitivo.


[1] Si noti, difatti, come le due coalizioni si distinguessero essenzialmente, oltre che per la diversa 'colorazione ideologica', anche per il fatto che la supremazia ateniese all'interno della coalizione marittima - nonostante l'insofferenza dalle alleate - non entrasse mai in nessun modo in discussione. Atene era difatti la città nettamente più potente sia tra esse, che nell'intera penisola greca. Viceversa, la supremazia spartana sugli altri stati della Lega peloponnesiaca, non fu mai altrettanto certa.
Nonostante infatti fosse (anche per tradizione) considerata la maggiore potenza militare, Sparta non era certamente in essa la maggiore potenza commerciale. Si sa d'altronde che potenza economica e potenza militare sono, da sempre, dei fattori strettamente intrecciati. Non fu un caso quindi, se Sparta dovette ribadire più di una volta con azioni militari - soprattutto nei confronti di potenze marittime e commerciali come Corinto e Argo - la propria supremazia. (torna su)


a cura di Adriano Torricelli

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
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Aggiornamento: 01/05/2015