LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


3- Le guerre persiane

- I motivi del conflitto tra Greci e Persiani

Alla base del conflitto tra civiltà ellenica e civiltà persiana vi furono - come si è già detto - soprattutto ragioni ideologiche e politiche. I motivi economici contingenti difatti, pur esistendo, non erano abbastanza rilevanti da scatenare una guerra che, pur con conseguenze per entrambe le parti, avrebbe certamente avuto effetti molto più devastanti per le piccole città-stato elleniche che non per l'enorme impero persiano.

Non si deve però neanche esagerare la portata ideologica del conflitto. Quello che infatti ci appare retrospettivamente come un evento cruciale per la storia del mondo occidentale (dal quale dipese infatti la salvezza stessa dei principi ideologici, politici e - in gran parte - anche economici, di quest'ultimo), fu più semplicemente per coloro che vi presero parte un'azione per il mantenimento della libertà e dell'indipendenza da un popolo lontano e quasi sconosciuto, quale era al tempo per i Greci quello persiano.

Apollo

Non vanno però nemmeno dimenticate le implicazioni che la perdita del conflitto avrebbe comportato, un po' a tutti i livelli, sui successivi sviluppi della civiltà greca. A una vittoria dei Persiani difatti, avrebbe di certo fatto seguito per le poleis - e soprattutto per quelle che, come Sparta e Atene, si erano poste a guida della ribellione - tutta una serie di pesanti misure punitive (quali deportazioni, devastazioni, pesantissime misure tributarie…) dalle cui nefaste conseguenze esse solo col tempo sarebbero riuscite a risollevarsi, e molto probabilmente mai del tutto.

Altro fattore da considerare, la dominazione persiana avrebbe quasi certamente finito - quantomeno sui tempi lunghi - per modificare o comunque per condizionare pesantemente la stessa evoluzione sociale delle città stato elleniche, pervertendone gran parte delle prerogative originarie (libertà politica ed economica, prevalenza delle strutture privatistiche su quelle pubbliche…)

Dal punto di vista del nostro 'orgoglio occidentale' dunque, rimane indiscutibilmente una fortuna il fatto che il conflitto venisse alla fine vinto dai Greci, ciò che permise forse all'ingegno di questi ultimi di continuare ad esprimersi nei modi che tutti conosciamo (ovvero la filosofia, l'arte, la letteratura, ma anche la scienza, la politica, ecc.) e nei quali - proprio in questo periodo - essi raggiunsero vertici mai più eguagliati!

Quanto alle colonie (le quali, come vedremo, furono le prime a ribellarsi all'invadenza persiana) i motivi di fondo della loro insurrezione furono effettivamente legati anche ad una diminuzione degli scambi commerciali con le regioni asiatiche circostanti: un fatto chiaramente dovuto alla nuova dominazione persiana, e prima di tutto a misure di carattere politico e tributario.

Motivazioni decisamente diverse furono invece quelle alla base della ribellione dei vicini Greci europei, i quali si trovarono nella necessità di fronteggiare un primo tentativo di invasione (quasi del tutto inaspettato) a opera di Dario, e in un secondo tempo quello del suo successore, Serse.

- La guerra contro le colonie asiatiche (499 - 494)

I motivi contingenti alla base dello scoppio del conflitto tra il Gran Re persiano e le colonie greco-ioniche e, più in generale, greco-asiatiche (come infatti vedremo, in tale conflitto furono coinvolte pressoché da subito anche le colonie degli Stretti e dell'Ellesponto), furono legati in realtà ad alcune incresciose vicende avvenute all'interno dell'establishment greco-persiano [1].

Tali eventi tuttavia, furono come un incendio che scoppia in un granaio: già da alcuni anni difatti, stava montando l'odio verso i nuovi dominatori, colpevoli di limitare tanto le libertà politiche quanto - almeno in parte - le attività economiche delle città-stato greche!

Certo, per ciò che concerne le limitazioni di carattere politico e tributario, bisogna ricordare come queste (seppure in forma diversa) fossero già in vigore nel periodo della dominazione dei Lidi. Ma quest'ultima presentava comunque per i Greci anche dei vantaggi non indifferenti. I Lidi difatti - come, del resto, un po' tutti i popoli mediterranei (ad esempio gli Egiziani) - avevano oramai da tempo sviluppato una solida tradizione di rapporti commerciali con i popoli ellenici. Per tale ragione, gli svantaggi costituiti dai tributi e dalle diverse manifestazioni di sudditanza politica loro imposta, erano ampiamente compensati da una maggiore facilità nelle relazioni di carattere commerciale, ed erano come tali anche ampiamente tollerati.

Tuttavia, l'instaurazione di una nuova classe dirigente persiana, o filo-persiana, ai vertici di quello che precedentemente era stato lo stato indipendente di Lidia - ma anche dell'Egitto, della Siria, ecc. - portò in breve tempo a un 'cambiamento di rotta' nelle relazioni commerciali di queste regioni con le popolazioni greche. Le precedenti elités, tradizionalmente filo-elleniche [2], furono difatti presto sostituite da altre, molto più favorevoli ad assecondare i traffici (e in generale i rapporti politici e culturali) con le zone interne dell'Impero, a cui si sentivano più strettamente legate.

E se anche è vero che gli scambi con le città-stato elleniche non vennero, da queste nuove 'leve del potere', né totalmente impeditiesplicitamente proibiti - come si è detto in precedenza infatti, la dominazione persiana era improntata quasi sempre al principio della tolleranza e del rispetto delle tradizioni proprie delle popolazioni sottomesse -, ciononostante le nuove elités dirigenti avevano comunque il potere (attraverso misure di varia natura, quali tasse, dazi doganali, ecc.) di scoraggiare e quindi assottigliare l'entità delle relazioni commerciali delle proprie satrapie con le regioni esterne al proprio dominio.

Nonostante infatti le colonie greco-asiatiche fossero a loro volta divenute da tempo parte integrante di un tale dominio, era comunque evidente che esse, rimandando per propria natura alla madrepatria, regione ancora indipendente dall'Impero persiano e a esso quindi potenzialmente ostile, costituissero all'interno di quest'ultimo - peraltro non solo dal punto di vista geografico - delle aree decisamente anomale e marginali!

Non deve stupire perciò, il fatto che l'inizio della dominazione persiana in Egitto coincidesse con una profonda decadenza della città/emporio greca di Naucrati.

Del pari, anche la conquista da parte di Dario delle regioni degli stretti suscitò notevole preoccupazione nella città elleniche dell'Asia minore (e in particolare a Mileto), ad esse particolarmente legate da un punto di vista economico commerciale [3].

In conclusione, possiamo dire che nel periodo della dominazione persiana, le città-stato elleniche delle zone anatoliche conobbero, oltre al persistere di misure tributarie e politiche già sperimentate sotto i Lidi (e il cui effetto fu spesso, tra l'altro, l'instaurazione di tirannidi filo-persiane, che si scontravano con una antica e consolidata tradizione democratica), anche un certo abbassamento del livello dei traffici, pur tuttavia ancora senza dubbio vitali.

Vediamo ora quali furono i fatti che portarono allo scoppio del conflitto con il Gran Re Dario.

La politica d'espansione dell'Impero achemenide aveva, negli ultimi anni, portato quest'ultimo ad estendere la propria influenza anche alle varie isole elleniche dell'Egeo, prima indipendenti. L'isola di Nasso tuttavia, ancora resisteva ad un tale espansionismo.

Per tale ragione Aristagora, leader politico di Mileto, riuscì a convincere il satrapo di Lidia Artaferne a tentare l'invasione di una tale località, che intratteneva con la sua città rapporti di aperta ostilità. Contrariamente alle aspettative però, il tentativo di invasione e sottomissione fallì (500), gettando Aristagora e Artaferne nel timore di una pronta vendetta della corte persiana.

E fu proprio a causa di un tale timore, che Aristagora si diede da fare in quegli anni per creare una coalizione militare tra le città-stato asiatiche (non solo ioniche…), da schierare contro gli eserciti che il Gran Re avrebbe certamente inviato.

Bisogna altresì ricordare come il tentativo del tiranno greco di convincere le città-stato della madrepatria a partecipare al conflitto, fosse seguito da un irresponsabile diniego da parte di queste ultime, troppo prese a combattersi tra loro per ragioni di carattere soprattutto territoriale. Solo Atene e Eretria (anche peraltro a causa delle proprie mire espansionistiche nell'Egeo) accettarono l'invito, mandando però dei contingenti navali decisamente modesti, che in più ritirarono quando divenne chiaro che la guerra sarebbe stata lunga e difficile.

Dopo fasi alterne - tra cui vi fu l'invasione e il sacco della città di Sardi (capitale della satrapia lidica) da parte dei contingenti greci - il conflitto si chiuse nel 494 con la vittoria dei Persiani, oltre che con il rafforzamento dell'egemonia di questi ultimi sulle zone circostanti, tra cui la Tracia e la Macedonia (492).

I Persiani inoltre a conclusione della guerra, pur usando per il resto, secondo peraltro costumi e abitudini consolidate, una certa clemenza verso i vinti, radevano al suolo Mileto - fino ad allora, in ragione dei molteplici traffici di cui era crocevia, la città più ricca di tutto il mondo ellenico - deportandone la popolazione, ciò che costituiva un chiaro monito per gli altri stati ellenici. Il fatto inoltre che Mileto non riuscisse in seguito ad essere più che lo spettro di se stessa, ci fa ben riflettere sui rischi corsi dalle libere città-stato della madrepatria quando scelsero di sfidare l'avversario persiano!

Il primo atto della guerra si era concluso quindi - e anche nettamente - a favore dei Persiani. Rimaneva ora un ultima faccenda da sbrigare, quella cioè di punire le città della madrepatria che avevano osato aiutare l'insurrezione greco-ionica, estendendo al tempo stesso il dominio persiano anche a quest'ultima regione, dimostratasi un potenziale nemico dell'Impero del Gran Re.


[1] Non c'è infatti bisogno di ricordare come le regioni della costa anatolica occidentale e quelle poste sulle coste del mar Nero, della propontide e della Tracia fossero divenute già da tempo parte della satrapia persiana lidica, o si trovassero comunque sotto l'influenza e il protettorato dell'Impero persiano. (torna su)

[2] Testimonianza di una tale affinità di vedute, ovvero di una parziale assimilazione dei Lidi alla cultura greca, è il fatto che lo stesso Creso (l'ultimo sovrano di Lidia) si affidasse - come ci racconta Erodoto - ai responsi del santuario di Delfi, la massima autorità oracolare della Grecia. (torna su)

[3] Tra le altre imprese ostili agli interessi economici della Grecia asiatica, bisogna annoverare la distruzione da parte dei persiani della città di Sibari, situata nell'occidente greco, ma legata molto da vicino alla città di Mileto. Erodoto racconta come i Milesii, alla notizia dell'accaduto, si rasassero il capo in segno di lutto. (torna su)


a cura di Adriano Torricelli

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
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Aggiornamento: 01/05/2015