IDEE PER UNA SCIENZA UMANA E NATURALE |
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QUALE TEORIA COGNITIVA?
La teoria della conoscenza è il campo della filosofia che ha cominciato a giocare un ruolo eccezionale nello sviluppo delle scienze della natura in correlazione con i mutamenti rivoluzionari che conosce la scienza del nostro secolo. Qualsiasi rivoluzione scientifica implica che siano ripensati e talvolta radicalmente rivisti i fondamenti scientifici di questa o quella disciplina o anche di tutto un campo della ricerca. Nelle passate rivoluzioni scientifiche erano i mutamenti delle concezioni ontologiche che venivano a integrarsi direttamente in un certo quadro scientifico del mondo e che servivano da nucleo ai programmi della scienza. Così, ad es., la rivoluzione scientifica dei secoli XVI e XVII sarebbe stata impossibile senza una revisione delle idee sulla struttura del cosmo (si pensi al rifiuto dell'idea dell'eterogeneità del mondo in favore della sua omogeneità), sul ruolo dell'uomo e della sua attività nell'universo (superamento dell'opposizione fra natura 'naturale' e attività umana 'artificiale') e su altre cose. Oggi invece la scienza è arrivata a un punto tale di sviluppo che ogni suo ulteriore progresso dipende dalla consapevolezza che essa stessa ha o deve avere dei metodi e dei risultati della propria attività cognitiva. Lo sviluppo della scienza contemporanea è caratterizzato da una crescente complessità degli strumenti di ricerca, empirici e teorici. Ciò comporta delle difficoltà interpretative circa i sistemi cognitivi, relativamente alle loro possibilità e ai loro limiti applicativi. Gli elementi di riflessione nel pensiero scientifico teorico sono aumentati a dismisura in quest'ultimo secolo. Paradossalmente, la scienza contemporanea è diventata così sofisticata che per potersi riprodurre efficacemente ed essere veramente di aiuto al genere umano, ha bisogni di riprendere i rapporti con la filosofia o comunque con una disciplina gnoseologica che sappia cogliere in profondità i fondamenti del sapere scientifico teorico e i problemi ontologici ch'esso pone. Il giusto processo emancipativo della scienza dalla tradizionale filosofia idealistica rischia di ritorcersi contro la scienza stessa, se questa non riesce a misurarsi con una teoria cognitiva adeguata alle sue esigenze. Le accese discussioni che già oggi avvengono sui fondamenti della matematica, sulla meccanica quantistica, sulla cosmologia, sulla teoria dell'evoluzione biologica, ecc., dimostrano che il problema è reale. A. Einstein, W. Heisenberg, N. Bohr, O. Hilbert, L. Brauer hanno affrontato sistematicamente complesse questioni gnoseologiche, epistemologiche e filosofico-metodologiche. Si badi, il problema non è quello di tradurre in nozioni filosofiche determinate concezioni scientifiche, ma quello di capire come un certo insieme di idee filosofiche può giocare un ruolo decisivo nel momento stesso della formulazione d'un programma concreto di ricerca scientifica. Occorre cioè prendere consapevolezza che la riflessione gnoseologica è un mezzo indispensabile per superare i modelli stereotipati del pensiero. Si pensi solo a quanti nuovi problemi epistemologici conduce lo sviluppo delle scienze naturali (ad es. il principio antropico in cosmogonia). Un altro aspetto di cui bisogna sempre più tener conto, in quanto uno sviluppo incontrollato della scienza e della tecnica oggi potrebbe portare a conseguenze molto più pericolose di quelle a cui si poteva andare incontro nel passato, è la cosiddetta 'umanizzazione' del sapere scientifico. Si tratta cioè di sviluppare intensivamente delle discipline che studino l'uomo e la società: ricerche sociologiche, psicologiche, teorico-culturali (linguistica, semiotica, scienze umane...) ecc. L'esigenza di 'umanizzare' il sapere -che non si poneva in maniera così acuta all'inizio del secolo- è forse in grado di anticipare la futura fusione (già da Marx prevista) delle scienze naturali e sociali in un'unica scienza fondata sul problema dell'uomo. Tale fenomeno, a ben guardare, è il prodotto non tanto dello sviluppo naturale di talune discipline scientifiche, quanto piuttosto del progresso scientifico in se stesso, nonché la conseguenza di mutamenti radicali avvenuti nella relazioni fra scienza, società e cultura. L'umanità oggi è posta di fronte all'arduo problema di come gestire la scienza attraverso l'intera società civile. Per risolvere questo problema occorrerebbe prima rispondere a tutta una serie di quesiti molto complessi: ad es. quali sono i criteri di scientificità? qual è il ruolo della scienza nel sistema della cultura e dell'attività umana? qual è il rapporto della conoscenza scientifica con altri tipi di apprendimento? e così via. Domande, queste, che spesso neppure gli specialisti del sapere scientifico si pongono. D'altra parte fino a ieri erano studiosi del tutto estranei al processo e ai metodi scientifici veri e propri, che s'interessavano di 'filosofia della scienza'. Oggi questo non avrebbe più senso, anche se molti ancora lo fanno, pensando, ingenuamente, di poter far risorgere una 'filosofia epistemologica della natura'. E' vero però anche il contrario, e cioè che lo sviluppo degli studi dell'attività cognitiva nelle varie discipline specializzate non può sostituire l'analisi filosofica della conoscenza o dell'epistemologia, nel senso proprio del termine. Su questo forse non tutti i ricercatori saranno d'accordo. Ad es. lo psicologo Piaget cercò di risolvere, nell'ambito della sua 'epistemologia genetica', alcuni problemi tradizionali della teoria della conoscenza attraverso i soli mezzi della scienza psicologica, partendo dalla sua teoria dello sviluppo cognitivo. Il matematico e logico americano W. Quine propose un progetto di 'epistemologia naturalizzata' che si riduce a un'analisi complessiva dei risultati dell'informatica, della logica simbolica e della psicologia cognitiva. Alcuni psicologi, linguisti e specialisti americani dell'intelligenza 'artificiale' discutono, in questi ultimi tempi, intorno all'idea di realizzare una sorta di 'scienza cognitiva unificata', in grado di risolvere anche tutti i problemi epistemologici. Un progetto, quest'ultimo, tanto ambizioso quanto inutile, poiché i progressi nello studio dei meccanismi della conoscenza in virtù di mezzi e metodi specializzati, lungi dal sopprimere la problematica filosofica di studio della conoscenza, non fa che dimostrarne l'importanza e la necessità. Determinate premesse gnoseologiche giocano un ruolo decisivo nella formulazione o nell'argomentazione di qualunque programma specialistico di studio dell'attività cognitiva, ne sia lo scienziato consapevole o no. Una particolare teoria scientifica può svilupparsi, sotto certe condizioni e fino ad un certo punto, anche se la sua interpretazione filosofica è inadeguata. Ma presto o tardi si giungerà a quello stadio della ricerca in cui l'interpretazione filosofica inadeguata comincia a frenare lo sviluppo della teoria scientifica, senza influire direttamente sul contenuto di quest'ultima. Einstein, p.es., è stato convinto, per un certo tempo, che la sua teoria della relatività fosse intimamente legata alla gnoseologia idealistico-soggettiva di Mach; in seguito mutò completamente parere. Non solo, ma i dati e i modelli teorico-scientifici si prestano spesso a diverse interpretazioni filosofiche. Ad es. il modello ipotetico-deduttivo di una teoria scientifica può essere sviluppato al di fuori del quadro interpretativo logico-positivista, benché proprio in questo quadro esso sia stato in origine formulato e perfezionato. La questione in effetti è quella di sapere sino a che punto un determinato modello è universale, cioè in che misura, partendo da tale modello, è possibile comprendere la struttura logica del sapere teorico in generale. Qui le divergenze dei ricercatori non si contano. Sempre più infatti ci si rende conto che una qualsiasi modifica nell'orientamento filosofico, può comportare non soltanto una diversa interpretazione dei fatti e dei modelli teorici, ma addirittura un mutamento del loro ruolo nella ricerca scientifica: ciò che in precedenza costituiva il nucleo del programma di ricerca può rivelarsi in seguito del tutto privo d'importanza. Insomma, un programma di ricerca nel campo della logica e della metodologia delle scienze dipende dalla scelta delle premesse filosofiche, dal carattere delle ipotesi ontologiche. In questo senso la crisi in cui è caduta la psicologia cognitiva lo attesta abbondantemente. Anche lo specialista americano di storia della scienza, T. Kuhn, si è accorto che l'interpretazione dei fatti dipende dal suo modello teorico. Persino la semplice costatazione d'una rivoluzione scientifica verificatasi in una data disciplina e in un particolare momento (cioè la semplice descrizione di un fatto evidente) implica in realtà una certa 'idea' sul carattere e la struttura di una rivoluzione scientifica in generale. La stessa maniera in cui Kuhn comprende la struttura e le forze motrici dello sviluppo di una teoria scientifica non può essere separata dalle sue proprie idee filosofiche, soggettiviste e relativiste, riguardo p.es. alla presunta impossibilità di applicare le nozioni di progresso e di verità oggettiva alla storia del sapere scientifico, o alla cosiddetta 'incommensurabilità' dei diversi 'paradigmi'. E' ormai un fatto che per gli specialisti della teoria e della storia della scienza, la questione delle rivoluzioni scientifiche non ha un senso in sé e per sé. Sulla base del modo in cui s'intende l'organizzazione e il funzionamento della scienza, si avrà una certa concezione e non un'altra circa la natura di una rivoluzione scientifica, o addirittura sulla possibilità di qualificarla come tale. La filosofia del positivismo logico, ad es., nega il carattere logico delle rivoluzioni scientifiche. Ecco perché è assurdo sostenere che la concezione filosofica è una semplice sovrastruttura di fatti e generalizzazioni ottenuti senza filosofia. Con ciò non si vuol dire che la scienza deve di nuovo sottomettersi al diktat dell'idealismo oggettivo o soggettivo, ma semplicemente ch'essa deve riaprire il dialogo (specie in occidente) con quelle correnti filosofiche (fra cui il materialismo umanistico) che non solo sanno rispettare l'autonomia delle scienze, ma che hanno anche a cuore i destini dell'umanità. In altre parole, ciò significa che va riprecisato il problema della verità in generale e della verità scientifica in particolare, ovvero il problema del rapporto dialettico fra verità assoluta e verità relativa. L'evoluzione della conoscenza umana ha raggiunto un livello in cui, da un lato, la soluzione dei problemi gnoseologici diventa sempre più una condizione necessaria al progresso della scienza; e, dall'altro, il legame della teoria filosofica della conoscenza con numerose scienze specializzate (incluse quelle che studiano l'uomo e che organizzano la sua attività) è ormai diventata l'unica garanzia di sopravvivenza della stessa filosofia. |
Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"