CONTRO LA GRAMMATICA ITALIANA |
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GRAMMATICA SINTATTICA O SEMANTICA?
Facciamo alcune considerazioni (filosofiche?) su un aspetto della grammatica dell'italiano: l'indipendenza della proposizione principale (il testo di riferimento è quello del Sensini). Personalmente non riesco ad accettare l'idea che nelle nostre grammatiche una proposizione possa essere considerata principale quando si rivela indipendente dalle altre proposizioni sul piano sia sintattico che semantico. L'indipendenza dovrebbe essere solo semantica. Mettere sullo stesso piano la concretezza di un significato con l'astrazione di una proposizione formale, sintatticamente valida, non mi pare abbia molto senso: porta, sostanzialmente, a considerare l'astrazione della forma come superiore alla concretezza della sostanza. La grammatica non può essere considerata come un'operazione di logica matematica. Già faccio fatica ad accettare l'idea che una proposizione possa essere considerata indipendente (o principale) quando è semplicemente composta da un soggetto e da un predicato (nominale o verbale). Dire "il cielo è coperto" e far passare questa proposizione come principale, senza che se ne specifichi le coordinate spazio-temporali, non ha alcun senso sul piano semantico, poiché un cielo potrebbe essere coperto da tante cose: nuvole, aquiloni, uccelli, areoplani, elicotteri, alianti, deltaplani... Per quale ragione dovrei dare per scontato che l'unica cosa che può coprirlo sono le "nuvole"? E se a coprirlo fossero i grattacieli di Manhattan? Insomma, secondo me una proposizione davvero principale può esserlo solo sul piano semantico e, per tale ragione, può esserlo solo se complessa. Sostenere l'indipendenza di una proposizione sulla base della sua semplicità (il più delle volte meramente sintattica), è troppo riduttivo. La logica (la coerenza) di una proposizione può essere relativa unicamente al suo significato, che, per tale ragione, deve necessariamente essere contestualizzato. L'unità minima di un periodo dovrebbe essere quella che si presenta come una proposizione realmente indipendente, complessa, reggente tutte le altre, direttamente o indirettamente. Se non si afferma questo principio, secondo me si arriva a perdere il significato della logica stessa di ciò che si dice. Non solo, ma si arriva anche al paradosso di dover constatare (pur senza ammetterlo) che sul piano semantico possono esistere, all'interno di uno stesso periodo, più proposizioni principali. Insomma, io penso che l'indipendenza di una proposizione non dovrebbe stare nella semplicità di una proposizione elementare, sintatticamente valida, ma nella sua complessità semantica. Altrimenti si rischia un paradosso: sul piano semantico possono esistere, all'interno di uno stesso periodo, più proposizioni principali. Prendiamo ad es. questa frase (tratta sempre dal Sensini): "Paolo legge e scrive tutto il giorno". Sul piano della logica formale (o analisi del periodo) noi dovremmo dire che la proposizione "Paolo legge" è principale, mentre la successiva è coordinata (paratattica). E dovremmo altresì aggiungere che le proposizioni coordinate sono autonome come la principale, essendo unite (come in questo caso) da una semplice congiunzione. Se guardiamo però la frase sul piano semantico, scopriamo che la coordinata, avendo un riferimento al tempo, è molto più pregnante della principale, del tutto priva di contesto. Dunque per quale ragione dobbiamo considerare la seconda "coordinata" alla prima e non viceversa? Come faremo a spiegare un'incongruenza di questo genere a uno studente di origine africana o asiatica che volesse imparare la nostra lingua? Prendiamo ora un altro esempio che ci fa capire bene quanto sia astratta la grammatica italiana. Se io dico (che poi lo dice il Sensini): "Paolo legge molto perché ama le avventure romanzesche", la principale è ovviamente "Paolo legge molto". Sul piano semantico, se diamo "peso" alla principale, la frase potrebbe voler dire (anzi lo dovrebbe) che il fatto di "leggere molto" porta Paolo ad "amare le avventure romanzesche". In realtà il significato della frase è esattamente opposto (come è ovvio): Paolo "legge molto" (e qui si possono sottintendere i libri di avventura) proprio perché "ama le avventure romanzesche". Cioè in sostanza il vero significato della frase non sta nella principale, bensì nella subordinata, al punto che il senso di quella dipende in tutto e per tutto dal senso di questa. Paradossalmente dunque una proposizione può essere sintatticamente subordinata e semanticamente principale. E' normale che sia così? Se avessimo invece scritto: "Paolo legge molti libri di avventura perché ama questo genere letterario", il senso semantico sarebbe stato contraddetto da quello sintattico? A me pare di no. Viceversa, nella frase riportata dal Sensini non si comprende neppure se i libri che Paolo legge siano proprio "tutti" di avventura. Molti potrebbero esserlo, per soddisfare l'amore verso un certo genere letterario, altri no. Se vogliamo essere pignoli, la frase del Sensini non spiega neanche con sicurezza se per "avventure romanzesche" vada inteso un genere letterario o un'esperienza di vita. Astrattamente la frase sembra indicare un individuo positivo, amante della lettura. Ma essa potrebbe anche essere interpretata negativamente: "Paolo vorrebbe vivere delle avventure, ma si limita a leggerle nei libri". Ora notate, con quest'altro esempio (tratto sempre dal Sensini), come l'astratta logica della grammatica italiana possa addirittura portare una frase di senso compiuto a non avere ... alcun senso. "Paolo e' stato qui poco fa a cercarti". A rigor di logica questa frase dovrebbe essere considerata principale nella sua interezza; ha persino le due coordinate di spazio-tempo che le danno particolare pregnanza. Invece, secondo l'analisi del periodo, la principale è "Paolo e' stato qui poco fa" e la subordinata è "a cercarti". Ora, per quale motivo la grammatica non ci obbliga a trasformare le frasi al fine di salvaguardarne il senso semantico in armonia con quello sintattico? Non sarebbe stato meglio dire: "Paolo ti ha cercato poco fa" (lasciando implicita la determinazione spaziale, intuibile dal contesto)? Per quale ragione bisogna sforzarsi di accettare un'astrazione, quando la concretezza è così evidente?
L'assurdità di certe regole raggiunge il comico in un esempio molto
eloquente.
Scrive il Sensini: "In linea di massima possiamo collegare due proposizioni
sia per coordinazione che per subordinazione senza che il significato di un
periodo cambi". E fa due esempi: "Il significato dei due periodi è identico -scrive sempre Sensini-, ma essi hanno un diverso valore, perché diversa è l'importanza che viene attribuita ai fatti espressi in essi". Infatti nella frase A) la principale è "piove"; nella frase B) "i bambini stanno in casa". Ora, se già si fa fatica a capire, semanticamente, la principale della frase B), poiché i bambini potrebbero restare in casa per tante ragioni (è buio, devono fare i compiti, la neve è troppo alta, ecc.), che dire del significato della frase A)? Quando mai si è sentito qualcuno pronunciarla o scriverla? Sembra una frase detta in due contesti spazio-temporali del tutto diversi. Come si può sostenere che il "significato" è identico? Sensini prima ragiona in maniera astratta e poi vuol farci credere che concretamente le cose sono equivalenti, cioè che in sostanza mutano solo gli accenti, i toni, i valori "psicologici" che il soggetto attribuisce a questo o quel fatto. Questo modo di ragionare come potrà agevolare l'apprendimento della lingua italiana? Si preda p.es. questa frase: "Hai sbagliato, quindi è giusto che paghi". La seconda proposizione è coordinata, eppure risulta semanticamente incomprensibile se non è collegata alla principale. Sfido chiunque a far capire a uno straniero la differenza logica tra una coordinata retta da congiunzioni che fanno presumere un rapporto semantico di dipendenza dalla principale e una subordinata vera e propria (sintatticamente intesa). 02/02/99 Contro la grammatica del Sensini (Dibattito tratto da una mailing list) 1 obiezione di Todisco: In sostanza, quali sono gli elementi principali delle due proposizioni? Certamente i verbi "legge" e "scrive". Bene, tu sostieni che la coordinata abbia un valore più pregnante della principale, avendo una determinazione temporale. Osservazione del tutto discutibile, perché il valore temporale viene attribuito sia alla principale sia alla coordinata, semanticamente e logicamente. Infatti in una maniera molto elementare la frase potrebbe essere espressa così: <<Paolo legge (tutto il giorno) e scrive tutto il giorno>>. Risposta E per quale motivo la frase non potrebbe essere letta così?
"Paolo legge (poco) perché scrive tutto il giorno". Cioè non ha tempo di
leggere proprio perché scrive sempre.
Tu hai messo il riferimento al tempo tra parentesi deducendolo dalla
coordinata, e con ciò hai violato il principio dell'autonomia su cui si
regge sempre la proposizione principale.
2 obiezione di Todisco Perché incolpare la grammatica, quando si prendono esempi di cattiva prosa? Risposta
Io ho l'impressione che fino a quando i grammatici non decideranno di
abbinare sintassi a semantica, il rischio sarà sempre quello di
trasformare la grammatica in una logica di tipo matematico.
Hai presente la proprietà commutativa? "La somma di due o più numeri
relativi non cambia, cambiando l'ordine degli addendi". Che senso ha una
grammatica del genere?
La principale (sintattica) è "mi pareva", ma in che senso semantico?
Ingenuo o ironico?
Il Sensini sostiene che una semplice parola (del tutto decontestualizzata) come
FARMACIA può essere considerata come
un testo dai "confini ben precisi", cioè con un inizio e una fine. Il linguaggio umano è troppo complesso perché lo si possa schematizzare in regole grammaticali. Prendiamo p.es. questa frase: "Oggi è una bella giornata". La grammatica la considera, astrattamente, come una proposizione indipendente, cioè una principale che può reggere coordinate e subordinate. Noi siamo soliti equiparare le "belle giornate" alla presenza del sole. Tutto il meteo, astrattamente, è impostato su questa regola. Ma supponiamo d'essere in estate e che vi sia stato un lungo periodo di siccità e che un agricoltore, molto bisognoso d'acqua, senta dire quella frase da un estraneo: cosa penserebbe? Che quella non sia una proposizione enunciativa, ma una frase ironica, a doppio senso, detta da uno che non capisce nulla di problemi rurali e che se capisse qualcosa avrebbe detto il contrario. Quindi la reggente rischierebbe d'essere una proposizione capace di falsificare tutte le altre: coordinate e subordinate. "Solo uno stupido direbbe che oggi è una bella giornata" - ecco come dovrebbe essere riformulata quella proposizione. Detta così, si metterebbero subito le mani avanti su eventuali malintesi. Infatti a quell'enunciato dovrebbe subito far seguito una domanda: "perché?". Viceversa, dall'enunciato iniziale non fa seguito alcuna domanda: esso è chiuso in se stesso, è autoreferenziale, contraddicendo il principio secondo cui non esiste alcuna espressione al mondo che possa pretendere di avere in sé il significato di se stessa. Ogni proposizione ha il suo senso solo nel contesto spazio-temporale in cui viene formulata. La sintassi è subordinata alla semantica. Risposta a una mail di Fernanda Lupinacci La questione è proprio questa, che quello che tu dici: Cioè passare dal sintattico al semantico è una forma razionalistica tipica della mentalità occidentale, astratta per definizione, in quanta basata su principi teorici che poi sulla pratica vengono sistematicamente contraddetti. Questa forma arbitraria della conoscenza ha potuto funzionare perché ci sentivano superiori alle altre civiltà, ma oggi non ha più senso, perché la cultura è plurale e l'approccio ai significativi delle cose è molto diverso. Che la nostra civiltà si senta superiore lo si evince anche da questa tua frase: Occorre sempre contestualizzare (anche se per la tua grammatica "crociana" questa è una "orribile parola"). A Cervia si tiene ogni anno una giornata speciale dedicata agli aquiloni. Stiamo tutti a testa in su, a guardare meravigliati un cielo letteralmente coperto di variopinti oggetti di carta. Eppure il cielo è azzurro e nessuno si sognerebbe di dire "Che bel cielo", ma se qualcuno mi chiedesse: "Com'è il cielo oggi", io gli risponderei: "E' coperto di bellissime cose". "Il cielo è coperto" è quindi una frase che sul piano semantico mi dice poco e nulla e con una frase così non ci farei della grammatica sopra. Io non sono contrario all'autonomia della principale, metto solo in discussione che tale autonomia possa avere valore semantico e che per questo possa pretendere di avere delle subordinate. Nella grammatica italiana c'è una disciplina che non mi piace, una sorta di autoritarismo gerarchico che non aiuta alla comprensione complessa delle cose. La grammatica viene imparata come una formula matematica e quindi alla fine non è altro che una mera esercitazione mentale: è frutto dell'intelletto -direbbe Hegel- non della ragione, che deve misurarsi con la dialettica, cioè con l'opposizione dei contrari. Se tu guardassi le cose dal punto di vista della realtà e non della regola da memorizzare, non avresti mai detto una cosa del genere: "Qualsiasi sia la ragione dello stare a casa, sempre la prima frase (i bambini stanno a casa...) assumerebbe funzione di principale." Se io ti dicessi che "i bambini stanno in casa perché la mamma è morta", quale sarebbe la principale? "La mamma è morta e i bambini stanno in casa a piangere". Non è forse la stessa frase? Eppure in questo secondo caso diresti che la principale è "la mamma è morta": perché? La sintassi deve dipendere dalla semantica, se vogliamo recuperare un senso vero e non astratto della vita. Bada che non ho pretese totalitarie. Questa tua frase: "La principale non è una frase "universale" che contiene un significato "assoluto" che tutti immediatamente devono essere in grado di comprendere.", se la riferisco all'esempio della madre morta potrebbe indurmi a stravolgere il significato della proposizione in questi termini: "la mamma è morta perché i bambini, che non tolleravano le sue violenze, l'hanno uccisa e siccome sono bambini ora piangono". Voglio solo dirti che la principale deve avere un valore semantico e non puramente logico, perché con la logica si rischia di avere una subordinata che ha più senso semantico della principale e che è addirittura in grado di darne alla stessa principale. Nessuna proposizione può pretendere d'avere un senso assoluto, tanto meno le sue singole parti. Ma è comunque importante stabilire chi deve fare da "referente". E la referenzialità è un ruolo che va conquistato ogni volta, non può essere ipostatizzato. Bisogna abituare i nostri ragazzi a non accettare mai le cose come un semplice dato di fatto, ma a chiedersene ogni volta le ragioni. Il trucco per capire le assurdità "semantiche" delle regole grammaticali sta nel partire dall'analisi della struttura della proposizione, cioè sta nel capire che la parte finale di un testo di grammatica in realtà è la fonte di tutte le altre regole, poiché, mentre in questi testi la struttura del periodo appare come l'epilogo (riepilogativo) di tutte le altre regole, nella realtà (della grammatica) tale struttura è presupposto di ogni altra regola, in virtù del fatto che i grammatici vogliono dare all'astrazione un primato sull'esperienza vitale concreta, cioè presumono di poter applicare alla realtà, per decifrarla, delle regole aprioristiche, ipostatizzate. Detto questo, ci si accorge facilmente che una delle regole più assurde (dal punto di vista semantico) è quella di ritenere che possa esistere un legame di coordinazione tra due o più proposizioni, a condizione che ognuna di esse possa supporre se stessa come del tutto autonoma rispetto all'altra, la quale, in teoria, dovrebbe essere la principale, ma che, proprio a motivo dell'assoluta autonomia di ogni singola coordinata, potrebbe, al limite, anche essere eliminata o comunque trasformata in coordinata, rendendo principale l'altra coordinata. Infatti, l'equivalenza delle coordinate è così totale, così "anarchica", che addirittura potrebbe non esistere alcuna principale o, se si preferisce, ogni coordinata potrebbe essere nel contempo principale dell'altra o principale di se stessa. Queste regole sono così astruse che anche nella scelta degli esempi si cade facilmente in evidenti contraddizioni semantiche- Prendiamo questo: "Stasera andrò a letto presto: infatti mi sento stanchissimo". Ora, a parte il fatto che nessuno mai parlerebbe così, qui il connettore "infatti" presume di rendere dichiarativa la seconda proposizione, che così diventa coordinata. Tuttavia, se al posto di "infatti" si mette "perché", ecco che la proposizione diventa subordinata, pur avendo lo stesso significato semantico. Solo che il buon senso vorrebbe che non la seconda, ma la prima, ch'era principale, diventasse subordinata: infatti "si va a letto presto perché ci si sente stanchissimi". L'andare a letto come conseguenza della stanchezza. Nelle nostre grammatiche la sintassi prevale nettamente sulla semantica e la grammatica si trasforma in una sorta di matematica senza numeri. La grammatica diventa un gioco artificioso, intellettualistico, privo di riferimenti alla realtà. Qui bisognerebbe dimostrare che non può esistere alcuna coordinata che non sia dipendente da una principale e che semmai può esistere una coordinata di un'altra coordinata, ma solo perché quest'ultima è subordinata a una principale. |
Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"