FIGURE RETORICHE

CONTRO LA GRAMMATICA ITALIANA


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LE FIGURE RETORICHE

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ALLEGORIA. Di origine greca. S'intende un'espressione con cui si sostituisce un concetto con una rappresentazione simbolica, il cui significato è spesso di natura politica o religiosa. Quindi è una sorta di travestimento di un concetto ottenuto con l'attribuzione alle parole di un senso nascosto, al di là del loro significato apparente, letterale.
Serve per dare concretezza e una certa piacevolezza a idee astratte, e può riguardare un intero componimento letterario o un'opera d'arte figurativa.
Nell'antichità greco-romana veniva applicata all'interpretazione delle opere di poesia, nel tentativo di scoprire un significato più profondo di quello che si poteva ricavare da un'interpretazione letterale.
Fu molto usata, in chiave religiosa, nel Medioevo (soprattutto nella Divina Commedia); anche la Bibbia ne è piena. Oggi è rimasta nei proverbi di estrazione popolare.

ALLITTERAZIONE. Di origine latina. E' una figura di suono che consiste nella ripetizione di una stessa vocale o consonante o sillaba (o comunque lettere tra loro affini per suono) all'inizio o all'interno di parole contigue.
Quando è ripetizione della "erre" ha il nome di "rotacismo" e contribuisce a creare un senso di solennità quasi scenografica, tanto che nei poemi epici evoca gli echi della battaglia.
Viceversa la ripetizione della "elle", chiamata "lambdacismo", produce effetti dolcemente avvolgenti, ipnotici...

ANACOLUTO. Di origine greca. Violazione volontaria di una norma sintattica, usata per lo più per riprodurre i modi della lingua parlata o per caratterizzare un personaggio.

ANAFORA. Di origine greca. Consiste nella ripetizione della stessa parola o di un gruppo di parole all'inizio di più versi o di frasi consecutive, allo scopo di sottolineare in modo enfatico un determinato concetto.

ANALOGIA. Di origine greca. Istituisce un rapporto originale, inedito, tra due elementi molto distanti tra loro sul piano del contenuto o comunque all'apparenza prive di qualsiasi legame logico. L'abuso può generare incomprensione semantica o puro effetto espressivo senza particolare significato.

ANASTROFE. Di origine greca. Inversione dell'ordine logico e/o sintattico di due parole per motivi di carattere ritmico o per valorizzare il termine a cui tocca il primo posto nel nuovo ordine sintattico.

ANTITESI. Di origine greca. Consiste nel mettere a palese contrasto idee opposte, allo scopo di far rilevare, attraverso il suo contrario, la qualità di una cosa o una determinata situazione psicologica. E' più incisiva nella struttura simmetrica della frase.
Questa figura, praticamente ignota nella letteratura antica, fu usata molto nel Medioevo, soprattutto dal Petrarca.

ANTONOMASIA. Di origine greca. Consiste nell'indicare una persona o una cosa indirettamente, evidenziando anzitutto una sua qualità conosciuta che le dia spicco e che renda pertanto impossibile l'incertezza nell'identificazione.
Si può anche usare un nome proprio come nome comune, se il nome si riferisce a un oggetto o a un personaggio talmente celebre da indicare un'intera categoria riconoscibile nelle stesse caratteristiche (p.es. un giuda, una venere, un mecenate).
Oggi si usa nelle locuzioni "per antonomasia", col significato di "per eccellenza".

APOSTROFE. Di origine greca. Consiste nel rivolgere il discorso, per lo più improvvisamente, a persone assenti o morte, oppure a cose inanimate, chiamandole direttamente in causa. Serve per dar maggior rilievo a un fatto in circostanze particolari.

ASINDETO. Di origine greca. E' una giustapposizione di parole o frasi senza l'uso di congiunzioni coordinative o disgiuntive. E' efficace per conferire all'insieme una forte carica espressiva.

CHIASMO. Dal nome della lettera X dell'alfabeto greco, che si pronuncia chi. E' una disposizione in versi a forma incrociata, come quella della lettera X, secondo lo schema ABBA. Serve per mettere in evidenza gruppi di parole.

CLIMAX. Di origine greca. E' un accostamento ritmato di parole dal significato simile, ordinate in senso crescente per intensità (gradazione ascendente). Il contrario è detto anticlimax o gradazione discendente.

EPITETO. E' una forma attributiva che sostituisce un nome allo scopo di meglio caratterizzarlo, ma oggi è solo sinonimo di ingiuria o di titolo offensivo.

ENDIADI. Di origine greca. Consiste nell'esprimere un concetto mediante due termini complementari (sostantivi o aggettivi), tra loro coordinati.

EUFEMISMO. Di origine greca. S'intende un'attenuazione operata nella crudezza di un'espressione per ragioni artistiche o di convenienza sociale. In genere si usano parole o espressioni sinonimiche o metaforiche in luogo di termini volgari o sgradevoli o troppo realistici o crudi o dolorosi.
Quando l'attenuazione si esprime mediante una negazione, l'eufemismo viene detto LITOTE (es. "non bene" invece che "male").
Il suo abuso fa cadere nel ridicolo, in quanto dà l'impressione che si voglia edulcorare la realtà (es. "i meno abbienti").

INTERROGAZIONE RETORICA. Consistere nell'esprimere il proprio pensiero non in forma di normale affermazione o negazione più o meno ragionata, bensì sotto forma di una interrogazione che non attende risposta, ma col suo tono asserisce o nega essa stessa in modo concitato.
Quindi è una domanda che contiene già in sé una risposta, positiva o negativa, e serve soltanto per sottolineare con forza il proprio discorso.
L'abuso la rende odiosa, in quanto suscita l'impressione che chi la formula sia un arrogante.

IPALLAGE. Di origine greca. Consiste nell'attribuire a una parola qualcosa che si riferisce a un'altra parola della stessa frase.

IPERBATO. Di origine greca. Consiste in una trasposizione o rovesciamento della disposizione ritenuta normale degli elementi di una frase, generalmente uniti tra loro.
E' di origine antichissima.

IPERBOLE. Di origine greca. E' l'intensificazione di un'espressione oltre i limiti del credibile, nel senso che quando si sostituisce una parola con un'altra, lo si fa per ingrandirla all'inverosimile o per rimpicciolirla. Praticamente è il contrario dell'eufemismo.
Spesso la si usa per risultare più simpatici, nelle barzellette o per favorire la conversazione nella fase iniziale, o anche come forma di ironia o di sarcasmo.
Nel Seicento fu molta usata in letteratura.
L'abuso determina banalità, assuefazione da parte di chi ascolta, che finisce col non credere in alcuna cosa detta dal proprio interlocutore, come avviene appunto nel caso della pubblicità, dove l'iperbole è figura centrale.

IRONIA. Di origine greca. Consiste nell'affermare il contrario di ciò che si pensa e si vuole far intendere, con un'intenzione scherzosa o polemica (in tal senso è affine all'umorismo, con cui si mescola il serio al faceto). Essa quindi si fonda sull'associazione di due idee tra loro opposte. Spesso si esplica esprimendo un pensiero di biasimo a un significato di lode, e può anche assumere un carattere di particolare veemenza, dettato da sdegno o rancore (sarcasmo).
Può anche esprimersi, semplicemente, in un particolare tono attribuito alle parole per effetto del quale queste vengono a significare il contrario di ciò che apparentemente dicono.
Fu molto usata da Dante, Parini, Carlo Porta, Giuseppe Giusti, G. Gioacchino Belli, Manzoni...
La reiterazione denuncia una difficoltà notevole nella comunicazione, in quanto può essere usata per celare la propria identità.

LITOTE. Di origine greca. E' l'affermazione attenuata di un concetto mediante la negazione del suo contrario, che si ottiene sostituendo un vocabolo col suo opposto, facendolo precedere da una particella negativa.
Dal punto di vista delle strutture espressive è il contrario dell'iperbole, in quanto attenua il concetto anziché esagerarlo, ma per contenuto le è analoga, perché in effetti rinforza il concetto (es. "non è un ragazzo molto sveglio").

METAFORA. Di origine greca. S'intende una similitudine in cui non appaiono i due termini di paragone: uno astratto, l'altro concreto, ma una fusione di entrambi, privata dei nessi sintattici. Quindi è una sorta di paragone abbreviato o sottinteso, in cui il trasporto di una parola da un campo semantico all'altro fa acquistare all'altra parola un significato figurato (es. "Incontro spesso in discoteca quello stecco", dove "ragazza" è il primo termine e "stecco" il secondo, mentre la "magrezza" è il terreno comune).
E' la più importante delle figure retoriche negli scritti letterari, soprattutto poetici.
Viene considerata all'origine del linguaggio stesso. Infatti le parole astratte si riferiscono a qualcosa di concreto cui un tempo furono associate.
Storicamente all'abuso di questa figura s'è dato il nome di "seicentismo", in riferimento all'età barocca, quando la ricercatezza forzosa delle immagini simboliche portava facilmente alla banalità.

METONIMIA. Di origine greca. Indica un personaggio, un oggetto o un fatto non direttamente, cioè con il suo proprio nome, ma mediante un’altra cosa che sia in un certo rapporto significativo (logico o di contiguità, non necessariamente di somiglianza) con quel personaggio, oggetto o fatto.
Si può usare la materia per l’oggetto ("ferro" per "spada"); il contenente per un'azione ("bere un bicchiere di vino”); la causa per l'effetto ("il temporale m'ha allagato la casa"); l'autore per la sua opera ("ho letto il Leopardi"); la divinità per la sfera cui essa presiede (“marte” per la "guerra").
La metonimia è stata una delle cause fondamentali del cambiamento di significato delle parole, dettato da esigenze di brevità più che da una libera scelta espressiva..
Un caso particolare di metonimia è la SINEDDOCHE, con cui si nomina la parte per il tutto o il tutto per la parte. Es.: "Nel mare si cullavano quattro vele" (vele = barche).

ONOMATOPEA. Di origine greca. E' la riproduzione di suoni naturali attraverso la sonorità della lingua. Il Pascoli in questo fu maestro, ma anche il Futurismo.

OSSIMORO. Di origine greca. E' una forma di antitesi in cui l'accostamento di due situazioni psicologiche diverse viene fatto con parole che all'apparenza sono contrarie (es. "un silenzio eloquente").
Fu molto usata nella letteratura classica, ma anche in Metastasio.

PARONOMASIA. Accostamento di parole molto somiglianti per forma e sonorità, ma diverse per significato. Può essere un invito a giocare con le parole ma l'abuso determina banalità.

PERIFRASI. Di origine greca. Detta anche circonlocuzione. Consiste nel collocare un giro di parole al posto di una precisa e secca annotazione. Si usa anche per evitare delle ripetizioni.

PERSONIFICAZIONE. Consiste nell'attribuire figure o atti umani a cose astratte o animate. Es. "fu baciato dalla vittoria".

PRETERIZIONE. Di origine latina. Si ha quando dopo aver dichiarato di non voler dire una cosa (specie un nuovo argomento polemico), la si esprime poi quasi di sorpresa. In sostanza si finge di voler tacere ciò che in realtà si dice. Quindi è un rafforzativo nell'apparente attenuazione. Es. "taccio il fatto ch'eri stato avvisato".

PROSOPOPEA. Di origine greca. Consiste nell'attribuire vita e aspetto umano a cose astratte o inanimate, ovvero presenta persone assenti o morte come presenti e vive. L'uso è evidente nelle espressioni di tipo religioso o mistico. E' detta anche PERSONIFICAZIONE.
E' una figura tipica della letteratura classica. Nel linguaggio parlato è invece usata in senso dispregiativo, come sinonimo di presunzione da parte di chi si dà arie di importanza. Es. "non capisce niente ma è piena di prosopopea".

RETICENZA. Di origine latina. Consiste nel troncare un discorso avviato attribuendogli efficacia proprio con questa sospensione, che dà a pensare cose d'indeterminata gravità. E' quindi un rafforzativo nella sua apparente attenuazione.
L'uso eccessivo può dare l'impressione di una certa supponenza da parte dell'emittente.

RIPETIZIONE. Consiste nel ripetere parole uguali, collocate in posizioni evidenti (di regola al principio o alla fine di versi o frasi) per dare efficacia all'insieme del discorso o per riaffermare la validità di un concetto in particolare. E' molto usata nel linguaggio politico, ma anche in quello pedagogico.

SIMILITUDINE. Di origine latina. E' un raffronto nel quale i due termini di paragone (tra cose, persone o situazioni ritenute simili) sono entrambi evidenti e si svolgono in genere con una certa ampiezza. Per tale evidenza e tale ampiezza la similitudine si distingue dalla metafora.
Il paragone può individuare una somiglianza (se introdotto da "come"), ma anche una differenza (se introdotto da "più di" o "meno di"), e in genere viene usato per chiarire qualcosa di oscuro o che potrebbe essere equivocato.
La similitudine classica (tipica in Omero) era costruita sintatticamente sui nessi "come... così", "come... tal", "quale... tale". Quella della poesia moderna tende invece a eliminare uno dei due nessi o addirittura entrambi, creando puri e semplici raccordi allusivi, cioè puntando soprattutto sul significato simbolico del paragone.
L'uso eccessivo può portare a banalità.

SINEDDOCHE. Di origine greca. S'intende una forma di metonimia, in cui, invece di un oggetto o di un fatto, se ne indica un altro che abbia con esso un rapporto di quantità più limitato o più esteso. Si indica:
- la parte per il tutto (o viceversa): es. "I senzatetto" (tetto è parte di casa, per indicare chi vive all'aperto);
- il singolare per il plurale (o viceversa): es. "I diritti della donna";
- la materia per ciò di cui essa è composta: es. "I ferri del chirurgo";
- il genere per la specie (o viceversa): es. "Domandare del pane" (pane=cibo);
- una quantità determinata per una indeterminata: es. "Vorrei dirti due parole".

SINESTESIA. Di origine greca. Associazione, all'interno di un'unica immagine, di due sensazioni diverse: uditive, visive, olfattive, gustative, tattili, con effetto inaspettato. Es. "profumi verdi", "melodia blu", "urlo nero". E' stata molto usata dai poeti simbolisti, ermetici, decadenti.

ZEUGMA. Di origine greca. Consiste nel far reggere da un unico verbo più enunciati che richiederebbero verbi diversi.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Linguaggi
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Aggiornamento: 27/08/2015