PAOLO VOLPONI: IL CORAGGIO DELLA DIVERSITà


LE MOSCHE DEL CAPITALE


La copertina del romanzo edito da Einaudi

Progettato sin dal '75, il penultimo romanzo di Volponi fu pubblicato nel 1989 presso Einaudi. Ispirandosi alla propria esperienza di dirigente aziendale prima alla Olivetti e poi alla Fiat, narra le vicende di Bruto Saraccini, dirigente idealista che deve fare i conti con la crudele realtà dei padroni d'industria e dei loro servi devoti, ovverosia le "mosche del capitale", cioè padroni e dirigenti che divorano i profitti e i finanziamenti pubblici ai danni degli operai e, più in generale, di tutta la collettività. Da parte loro, gli operai sono in gran parte integrati in un benessere piccolo-borghese, mentre una infima minoranza di non integrati, tra cui l'operaio Tecraso, finisce licenziata e Tecraso viene in seguito imprigionato, sotto l'accusa di connivenza col terrorismo per aver ospitato (in realtà lo ha fatto per disinteressata generosità) due giovani che ignorava fossero dei criminali politici, ritenendoli invece semplici sbandati.

Saraccini è convinto che bisogna seguire, modernizzare e ampliare i progetti industriali del fondatore della MFM (ovverosia la Olivetti), Teofrasto (Adriano Olivetti), il cui fine era una industria democratica e umana, aperta alla cultura e alla ricerca, come al dialogo e alla trasparenza non nominali ma reali. Ma Teofrasto era considerato da tutti gli altri industriali e dai dirigenti un ingenuo sognatore, dilapidatore di idee e capitali. Anche la cultura di sinistra non lo comprese. Saraccini è solo: Nasàpeti, presidente della MFM, cioè Visentini nella Olivetti, e poi Donna Fulgenzia (Gianni Agnelli) e il nipote Astolfo (Umberto Agnelli, in realtà fratello di Gianni) nella fabbrica di carne in scatola di Bovino (allegoria della produzione di auto in serie alla Fiat di Torino) ritengono di poterlo raggirare promettendogli l'applicazione del piano da lui concepito e fondato sul decentramento e su un modello artigianale ed umanizzato di industria; quando Saraccini comprende che le promesse non saranno mantenute, abbandona l'attività dirigenziale.

Anche se a p. 4 è scritto "I personaggi e le vicende di questo romanzo sono del tutto immaginari e ogni riferimento alla realtà è puramente casuale", questa espressione, contraddetta dalla facile riconoscibilità dei personaggi suddetti, va intesa sicuramente in senso ironico.

Una citazione importante sul delitto Pasolini, l'opposizione di sinistra e la vera opposizione

"Erano molto preoccupati del voto del 15 giugno [1975: elezioni amministrative in Italia, il cui esito fu molto favorevole per la sinistra]... Il Partito comunista non era solo il Partito comunista, ma la forza popolare in termini rivoluzionari, seppure sbandata... Bisognava intervenire... Inscenare la paura di una pesante recessione economica... chiudere fabbriche, aumentare la disoccupazione, sbarrare la strada ai giovani o costringerli all'integrazione... Paura... Qualcuno venne a sapere che un giovane mezzo simpatizzante di uno dei gruppi  più agitati a sinistra doveva incontrare Pasolini... Gli parlarono... Lui disse che Pasolini sarebbe tornato da Parigi il sabato successivo... Nei giorni che restavano organizzarono l'agguato, istruirono il ragazzo, fecero le prove... Al ragazzo parlarono di punizione... Tanti ragazzi come lui avevano ricevuto promesse da Pasolini di andare avanti nel cinema, invece... Gli promisero soldi, impiego, automobile, sesso... Il ragazzo cominciava ad accettare... Del resto si sarebbe trattato solo di prestarsi, fare in modo che Pasolini venisse punito... Quando Pasolini tornò da Parigi era triste... Il ragazzo lo interessava, lo incuriosiva: era gentile, sembrava intelligente... A un certo punto sbucarono gli assassini, i sicari... Livore nei confronti di Pasolini, colpi di manganello, torture, parole di scherno, disprezzo ideologico, finché...
Forse l'unico modo per opporsi, per contrastarli, sarebbe stato il non compromesso, la ribellione... Il Pci grande e grosso... però condotto non in modo rivoluzionario, con un vertice non di estrazione proletaria e operaia, ma borghese... Un vertice magari anche accanito, sottilmente sofisticato nell'opposizione, ma appunto nell'opposizione, non nella costruzione compatibile di un'alternativa... e attraverso queste sue radici borghesi ha finito per legarsi, se non alla borghesia, alle sorti della borghesia, al terreno della borghesia... In altre parole si può dire che non ha mai mirato ad una vittoria esclusiva, contento di restare all'opposizione, garante di un teatro... Chiede aiuto a qualcuno, diverso a seconda delle circostanze, per andare in scena... mai da protagonista... In qualche modo alimenta il dibattito più a destra che a sinistra, cioè ha più contatti con il mondo borghese, il mondo industriale, il mondo della pubblica amministrazione, che non con i lavoratori, nel clima delle lotte... Anzi, a sinistra ha delle flessioni... La cultura di sinistra lo spaventa e contro di essa si batte violentemente... Per quanto furioso, il toro alla cavezza non è selvaggio, ma riconducibile alle regole della stalla, mentre è ben selvaggio il toro che vagola per conto suo, che non accetta le regole dell'ordine nel cibo, nel ricovero, nel rapporto sessuale."(1)


(1) Volponi Paolo, Le mosche del capitale, in Romanzi e Prose, volume terzo, Einaudi, Torino, 2003, pp. 175-6 (torna su)


a cura di Leonardo Monopoli

Chi volesse commentare i testi qui raccolti,
può farlo cliccando direttamente sul nominativo del curatore.
Avrà così la possibilità di partecipare alla discussione qui riportata alla voce "dibattito".

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 10/12/2012