La saggezza di Aldo Buzzi

La saggezza di Aldo Buzzi

Aldo Buzzi

Dario Lodi


Pare che Carducci dicesse spesso: se per esprimere un concetto, invece di dieci usi cento parole, vali poco (parafrasando).

Probabilmente Aldo Buzzi (1910-2009) è stato il più fedele seguace di questa affermazione. I suoi libri sono “magri”, all’insegna della parsimonia. Ma parsimonia non è, nel suo caso, bensì essenzialità. Il titolo più noto, ovvero meno sconosciuto, è “L’uovo alla kok” (ma da ricordare almeno “Cechov a Sondrio”, “Parliamo d’altro”, “Un debole per quasi tutto”, “Riflessi ed ombre”, quest’ultimo con il grande artista Saul Steinberg). 

La letteratura di Buzzi appare semplice e umile, ma semplice e umile non è affatto. La frase è limata sino all’impossibile, ma non le manca niente: è anzi ricca di motivi, va oltre le cose descritte per approdare a possibilismi immaginativi senza fine. E’ un mondo che si apre e che non si chiude affatto con qualcosa di moralistico. Buzzi non è un moralista. Per lo meno, non è un moralista tradizionale. E’ un signore perbene che osserva e che scuote la testa con indulgenza sospetta, ma non banale.

La sua moralità è uno stile di vita da onorare: guarda il mondo, ammiralo, cerca il pelo nell’uovo, ma non buttarlo via. Serve a capire. La perfezione è una brutta parola per lui: lo costringe a ricercarla, se ne fa quasi un’ossessione. Buzzi viene salvato dall’intelligenza. E’ un’intelligenza fatta di sensibilità. E di compassione per l’uomo, per la realtà, per il mondo intero. Tutto questo è dovuto alla caducità delle cose e alla malinconia che ne viene rendendosene conto. Non si può afferrare ciò che si vede e neppure ciò che si sente. Si è spettatori impotenti. La perfezione consiste nell’inserirsi con ordine e logica nell’insieme.

Si possono fare appunti. Servono a tenere compatta la matassa. Forse. E magari a migliorarne la consistenza. Buzzi è in dubbio, ma non è pessimista. Vuole bene a tutto. Abbraccia ogni cosa.

Tiene la commozione per sé, ma essa trapela un poco. E contagia.

Si sogna ad occhi aperti, ma nel contempo c’è una concretezza indiscutibile: lo esige la logica. Buzzi vuole essere un logico. Senza esagerare. Le sue pagine fluiscono serene: raccontano piccoli fatti che la sua penna rende gioielli.

Ecco una narrazione appassionata che il pudore di dire arriva a gestire con ordine. Ritegno, contegno. Qualche concessione. Non si vada oltre. Si accenni. Si proceda metaforicamente. Una delizia: tocchi garbati, rigorosamente conseguenti; un classicismo beato, lieto di sé. La bellezza dell’espressione classica privata della retorica. Un po’ Cardarelli. Il piacere meravigliato, contenuto dalla falsa umiltà, di poter scrivere, esprimersi, con equilibrio, con sobrietà ed eleganza. Buzzi non è modesto, ma non è certamente superbo. E’ consapevole delle sue capacità e le esplicita senza urlare mai. La sua modestia è di tipo esistenziale, non c’è nel disbrigo vitale: la frase è sicura, elegante, ma robusta, in sé decisa. Giusto così, bene così.

Da tutto questo esce la visione di un uomo saggio che ha vissuto appartato una lunghissima vita (relativamente parlando).

La saggezza di Buzzi sta nella considerazione bonaria delle cose e in una sorta di rassegnazione alle storture, a meno che una di esse vada a colpirlo direttamente. Avrebbe dato consigli fermi su come raddrizzarla. Non è che Buzzi volesse avere sempre ragione. La sua saggezza lo portava alla canonizzazione del dialogo personale: interroga te stesso e non stancarti mai. Migliorerai.

Forse meno propenso era al dialogo vero, quello fra due persone: non era tipo da sopportare la superficialità tradizionale. I suoi libri parlano, infatti, di cose superficiali con profondità.

Le vicende sono pretesti per un discorso più ampio. Il suo discorso si allarga internamente, non esternamente. Va a sollecitare l’osservazione minuta, si direbbe atomica. Va a proporre l’analisi umanistica. Il vecchio saggio è un vecchio uomo che ha costruito la propria saggezza, senza lasciare nulla al caso, se non, e per forza di cose, se stesso. Suo lo stupore cosmico e l’angoscia metafisica: partecipazione non da poco agli eventi incontrollabili del vivere.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10-02-2019