PIERO DELLA FRANCESCA
LA FLAGELLAZIONE DI CRISTO


LE INTERPRETAZIONI ICONOLOGICHE

Bessarione

La tavola pierfrancescana della Flagellazione di Cristo ha una data di esecuzione non meno incerto del significato dell'opera. Ancora oggi non si è in grado di stabilire con sicurezza chi siano i tre personaggi in primo piano, anche se l'ultima fatica della docente universitaria Silvia Ronchey ha contribuito notevolmente a sciogliere molti intricatissimi nodi.

L'interpretazione più tradizionale vedeva nella figura centrale, il giovane biondo e scalzo, fratellastro di Federico duca d'Urbino, Oddantonio da Montefeltro, ch'era successo al padre, Guidantonio da Montefeltro, nel 1443, anno in cui il papa Eugenio IV gli aveva concesso il titolo di Duca di Urbino, dopo che il giovane, che aveva solo 16 anni, si schierò apertamente contro gli Sforza.

Oddantonio aveva messo a dura prova le casse del piccolo Stato con un tenore di vita superiore a quanto consentissero le finanze del ducato. Così nella notte tra il 21 ed il 22 luglio del 1444, un medico, un certo Serafino Serafini, al comando di alcuni congiurati, entrò all’interno del Palazzo Ducale di Urbino. Il gruppo riuscì a penetrare nella camera di Oddantonio che venne ucciso. Assieme a lui morirono i suoi due consiglieri, Manfredo dei Pii da Carpi e Tommaso di Guido dell’Agnello.

Stando alla lettura più nota dell'opera, quest'ultimi, posti da Piero ai lati di Oddantonio, sarebbero stati i veri responsabili della politica impopolare del principe, la cui morte invece sarebbe stata assimilata alla Passio Christi. Oggi non crede più nessuno a questa lettura, anche perché si sono chiarite le responsabilità di Oddantonio e si è quindi ritenuto sproporzionato un riferimento simbolico alle torture del Cristo. Né il fratellastro illegittimo Federico, che gli successe alla carica ducale tramando molto probabilmente a favore della congiura, avrebbe potuto avere interesse a mettere in così buona luce il suo predecessore.

Peraltro per un fatto del genere Piero non avrebbe mai scelto un titolo dell'opera così impegnativo, mettendo il Cristo fustigato sullo sfondo, contro ogni tradizione costituita. Sarebbe fatalmente incappato nei lacci della censura ecclesiastica. Il titolo dell'opera doveva essere un altro: probabilmente quello stesso che per molto tempo si scorgeva sotto i tre personaggi principali (Convenerunt in unum) e il riferimento simbolico alla colonna del Cristo doveva apparire gravemente motivato.

Un'altra interpretazione, detta dinastica, vedeva nel dipinto una celebrazione voluta dal duca Federico: i tre personaggi sarebbero i suoi predecessori. In un manoscritto settecentesco del Duomo di Urbino, dove il dipinto si trovava, la tavola è infatti descritta come "La flagellazione di Nostro Signore Gesù Cristo, con le figure e i ritratti dei Duchi Guidobaldo e Oddo d'Antonio".

La lettura più mistica vedeva invece nella figura al centro un angelo con ai lati la chiesa latina e la chiesa ortodossa, la cui divisione sulla questione teologica del filioque, avrebbe prodotto l'impossibilità di una riunificazione tra le due confessioni.

Una prima svolta però si ha nel 1951, con l'interpretazione proposta da Kenneth Clark, secondo cui esisteva nella tavola un riferimento esplicito agli avvenimenti che colpirono la cristianità di quell'epoca: la caduta di Costantinopoli nel 1453, il successivo bando della crociata nel 1455 e il concilio di Mantova del 1459, ove si discussero nuovi progetti di crociata, mai realizzati. Lo stesso abbigliamento di Pilato lasciava pensare a un basileus bizantino. La scritta (secondo Clark posta un tempo sulla cornice) Convenerunt in unum andava interpretata come un invito all'alleanza contro i selgiukidi. In tal caso l'uomo barbuto doveva per forza essere un sapiente o un teologo di origine orientale o greca.

L'interpretazione iconologica di Carlo Ginzurg arrivava infatti a vedere nell'uomo di sinistra il cardinale Bessarione, e in quello di destra l'umanista Giovanni Bacci, in atteggiamento di chiedere al duca d'Urbino, Federico da Montefeltro, di partecipare alla crociata antiturca decisa al sinodo di Mantova del 1459. In tal caso il giovane biondo altri non sarebbe che Buonconte da Montefeltro, figlio illegittimo di Federico, pupillo di Bessarione, che morì di peste nel 1458. Le sofferenze del Cristo verrebbero assimilate sia ai greci oppressi dai turchi, sia al Buonconte.

La svolta definitiva sembra esserci stata nel 2006, con l'interpretazione di Silvia Ronchey, la quale da un lato accetta l'identificazione di Bessarione nell'uomo di destra, ma ritiene che quello di sinistra sia Niccolò III d'Este (1384-1441), padrone di casa del concilio di Ferrara-Firenze del 1438-39, mentre il giovane biondo sarebbe addirittura Tommaso Paleologo, fratello dell'imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo (rappresentato nel ruolo di Pilato), dipinto scalzo perché ancora non imperatore (egli sarebbe un "doppio" del Cristo, scalzo come lui, perché privo di potere). Tommaso era venuto in Italia nel 1460, esule dalla Morea occupata dai turchi, per chiedere aiuto ai latini.

Quindi quando Piero dipinge la tavola erano passati almeno vent'anni dai fatti del concilio unionista di Ferrara-Firenze (in cui era stato presente il basileus Giovanni VIII). L'occasione deve essere appunto stata quella del successivo concilio di Mantova, in cui si sarebbe dovuta prendere la decisione di una crociata antiturca. Bisanzio era già stata presa dai turchi, però ancora in certi ambienti bizantini (capeggiati da Bessarione) e forse anche in alcuni latini si pensava a una possibile riconquista.

Tutta questa ridda d'interpretazione è stata causata anche dal fatto che lo stesso Piero non amava contestualizzare le sue opere sulla base di riferimenti storici o cronachistici precisi. Non a caso, pur essendo egli il principale protagonista del clima intellettuale di Urbino e forse il rappresentante più significativo del rinascimento quattrocentesco, di lui sappiamo ben poco: tutta la sua carriera risulta molto povera di dati collegati alle opere conservate, il cui stile, peraltro, subisce pochissime variazioni.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 27/08/2015