ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


COLAZIONE SULL'ERBA DI EDOUARD MANET

Misure m. 2,08 x m. 2,65

Olio su tela, dipinto nel 1863

Museo d’Orsay, Parigi

Manet ebbe l’idea di dipingere due donne che osservò che si stavano bagnando sulla riva del Senna, nei pressi d’Argenteuil. Infatti, rientrato nel suo studio, dipinse un quadro che intitolò "Il Bagno", facendo posare suo fratello Gustave, lo scultore olandese Ferdinand Leenhoff e la modella, allora sedicenne, Victorine Meurent per le due donne (quella nuda in primo piano e quella in camicia in secondo piano).

In quanto alla composizione s’ispirò alla stampa di Marcantonio Raimondi (1480-1532) "Il Giudizio di Paride", basato, a sua volta, su un disegno di Raffaello "Nettuno e Ninfe", ed anche sul famoso "Concerto Campestre" del Giorgione o del Tiziano.

Il quadro non fu accettato dalla giuria del Salone ufficiale del 1863 e fu esposto nel "Salone dei Respinti".

La scena, adattata in un bosco, rappresenta una donna nuda in colloquio con due giovani uomini vestiti. A sinistra si scorgono i vestiti della donna, un cesto con frutta e del pane. L’uomo a destra fa un gesto con la mano accennando un uccellino che svolazza in alto sopra l’altro uomo e la donna in camicia.

In secondo piano si scorge un ruscello nel quale si bagna la donna in camicia: vicino a lei c’è anche una barca a remi.

Questo dipinto è considerato oggi il primo quadro moderno (insieme a "La Musica alle Tuilleries", dello stesso autore, eseguito un anno prima), per i volumi quasi evanescenti, non marcati nitidamente dalla linea del contorno, ma da zone di colori opposti, dal contrasto tra il primo piano, più realisticamente particolareggiato, e gli altri piani velati, suggeriti appena, che si smaterializzano e svaniscono in colorate masse vaporose.

Certamente il colore domina il tutto, colore puro, vibrante, scintillante, raffinato nelle sue sfumature, che abbandona il chiaroscuro e i mezzi toni, che colora le ombre e attenua il rilievo delle forme.

Il pubblico e la critica d’allora si burlarono del quadro reagendo violentemente contro ciò che consideravano un’offesa alla "nobile arte del dipingere" e un pericolo per il buon senso, dato che era evidente che questo tal Manet era un individuo che non sapeva dipingere e che cercava di farsi un nome presentando pagliacciate indecenti.

La critica parlò di "composizione assurda", di "colore scandaloso", giungendo perfino a burlarsi di lui: "Il signor Manet acquisterà del talento il giorno in cui imparerà il disegno e la prospettiva".

Ancora più feroce fu la critica di M. Hamerton: "Giorgione aveva concepito la felice idea d’una festa campestre, nella quale, sebbene gli uomini fossero vestiti, le donne non lo erano, però si può dimenticare la dubbiosa moralità del quadro a causa dei suoi magnifici colori. E adesso, ecco qui un miserabile francese tradurre la scena nel linguaggio realista moderno, sostituendo i graziosi vestiti veneziani con quelli orribili francesi attuali. Una figura nuda, un’altra in camicia e due francesi con un’aria di beata soddisfazione, non c’è dubbio, quando il nudo è dipinto da uomini volgari, diventa indecente".

Anche il pittore Dante Gabriel Rossetti, ritornando in Inghilterra, dopo aver visitato gli studi di Courbet e di Manet, commentò che a Parigi si esponevano ridicolaggini disgustose. Non era tanto il nudo a scandalizzare, quanto la naturalezza con cui veniva accostato alle abitudini di personaggi reali, non inventati, storici o mitologici. La stessa modella, dal seno maturo ma dai fianchi di ragazza, si prestava all'equivoco dell'infanzia oltraggiata.

Pochi furono i critici che difesero Manet, come Zola, Baudelaire, Mallarmée e Monselet. Quest’ultimo scrisse che il fatto d’aver causato la repulsione della borghesia era già molto meritevole.

Ad ogni modo la critica attuale afferma che in generale i critici contrari del secolo scorso avevano ragione, poiché, in accordo con le norme e i punti di vista dell’epoca, che derivavano dalla tradizione accademica storica, miravano a localizzare esattamente tutto ciò che per loro era un’aberrazione pittorica.

Tuttavia, sono proprio tali "aberrazioni" che nel secolo XX vengono considerate autentiche innovazioni, soluzioni straordinarie e rivoluzionarie.

Lo stesso Edgar Degas, che aveva criticato negativamente Manet più d’una volta, quando questi morì, affermò: "Non sapremo mai quant’era grande".

Giancarlo V. Nacher


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019