PAUL KLEE: UNA RICOGNIZIONE |
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5. DOPO IL 1933 Dopo un brevissimo periodo di insegnamento, nel 1933 Klee si trasferì a Berna (in realtà si trattò di una specie di esilio nella patria originaria) dopo la condanna dei nazisti dell'arte degenerata. Nella sua pittura appare il dolore e il presentimento della fine, se non altro di un'epoca, se non ancora la sua personale. Il carattere della sua produzione ultima si fa progressivamente più drammatico. Assieme ai suoi grafismi fiabeschi comincia a riapparire il grottesco, il mostruoso. Il segno diventa sempre più schematico, caricaturale, i colori si fanno spesso più violenti. E anche quando conserva le cromie delicate delle sue visioni fantastiche, i titoli dei quadri alludono al clima di terrore che sta inquinando la civiltà europea, come in Acqua selvaggia del 1934 o in Maschera di terrore del 1932. Alla fine degli anni Trenta, dato il suo contributo alla nascita del surrealismo, avendo resistito al riduzionismo di Gropius e del Bauhaus, Klee percepisce la catastrofe imminente e la sua pittura si fa più angosciosa, notturna, incupita, il nero fa spesso irruzione nella sua tavolozza. Anche il altre epoche Klee aveva usato colori e sfondi scuri, ma essi alludevano al notturno, al mistero e alla trasformazione, non al dramma.Il plumbeo e il tragico della morte appaiono nel suo orizzonte, come ne L'angelo della morte e ne Il prigioniero del 1940. La sclerodermia degli ultimi anni lo tiene spesso distante dal cavalletto. Si tratta di un Klee che sembra ansioso non più di ricostruire il messaggio di un universo immaginario o della realtà filtrata dalla poesia, ma di consegnarci riflessioni sulla vita. Messaggi per lo più disperati, in cui il rapporto tra colore segno ed emozione raggiungono una capacità di concentrazione eccezionale, colpendoci direttamente nel plesso solare.E' come un lungo finale suonato su tonalità gravi. Klee non poteva vedere più oltre né della sua vita né della storia, minacciata da un'altra stagione di ferro e di sangue. Cosa ne sarà dell'umanità? Klee non può immaginarlo, ma intanto sospetta di un lungo atroce dolore, di una specie di ingresso all'inferno. Se L'armadio del 1940, a differenza dello specchio di Alice, non si apre su un altro mondo ma in quello che conosciamo, allora ci aspettano fuoco e sangue. Il suo ciclo si compie con la Natura morta del 1940, trovata sul suo cavalletto. Qui le cose non parlano più l'una con l'altra, scandite sul nero dello sfondo che un sole acido non riesce ad illuminare. E, davvero, per quest'ultimo quadro non so trovare migliore commento dei versi:Ognuno sta solo
sul cuor della terra "L'esempio di Klee – per concludere questa ricognizione con un'osservazione di Italo Calvino – è quello di un artista che ha una grande forza genetica, che in ogni quadro apre delle strade e certamente ci sta ad essere derubato. È uno che si dà in pasto all'arte futura. Non fa altro che aprire delle strade che forse non è tanto interessato a sviluppare lui stesso, perché è già subito occupato ad aprirne delle nuove e quindi tutto quello che fa è un dono agli altri, di cui poi lui magari si disinteressa." |