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A circa tre chilometri
da Cesena, lungo la riva sinistra del Savio, nei pressi di S.Vittore,
sorge l'antica chiesa romanica di Tipano edificata prima del Mille, ma è
ricordata la prima volta come cappella soggetta alla pieve di S. Vittore
in un documento del 1106. E’ stata oggetto di
numerosi rimaneggiamenti nel corso dei secoli: quelli più significativi
risalgono al XV secolo e al rifacimento del 1775. La chiesa è ad unica
navata ed offriva ai fedeli le pareti completamente affrescate: un recente
restauro, patrocinato dalla sezione cesenate di "Italia Nostra",
ce ne ha restituito significativi lacerti. Sorgeva nei pressi di
un castello (di cui si sono perse le tracce) e fece parte di un monastero
di Benedettine, intorno al sec. XIV passato alle Classensi di Ravenna: è
ancora visibile il monogramma CLS (Classis) inciso sull'acqua santiera all'interno della chiesa. Oggi anche il
monastero è scomparso: nel 1450 è già citata come chiesa parrocchiale
ed è governata dal frate minore conventuale Francesco di Bartolomeo da
Figline (cappellano nella casa di Malatesta Novello). Con il sec. XVII ha
inizio il momento di maggiore
splendore della chiesa, che si protrae fino al secolo successivo: risale
infatti al 1754 la tela di Francesco Andreini Martirio di S. Bartolomeo oggi posta nella parete sud, sulla destra
dell'ingresso principale. Ancora dopo la
ristrutturazione settecentesca, gli inventari indicano nella chiesa la
presenza di diverse opere
d'arte e di arredi oggi in gran parte scomparsi, anche per i danni subiti
nel corso della II^ guerra mondiale che però fortunatamente hanno salvato
l'integrità dell'edificio. Gli affreschi,
realizzati in un arco di tempo compreso fra i primi decenni del sec. XV e
la seconda metà del successivo, facevano parte di un ciclo pittorico
complesso: maestose figure di santi, prevalentemente martiri. Nella zona mediana
dell'abside si conservano i resti di un trittico con al centro la Madonna
col Bambino e a sinistra San Bartolomeo;
sulla parete sinistra
si staglia l'elegante raffigurazione di San Sebastiano che doveva far parte di una teoria di figure oggi
distrutte;
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