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RECENSIONI MARIO BOCCHINI E IL BOVARYSMo Non so quanto possa influire il manzoniano "desiderio di fare altrove fortuna", sulla smania di evasione degli artisti, sul bisogno di inurbamento, sul bovarysmo insomma. Certo la vita di provincia offre scarse occasioni di vistosi guadagni, ma non è soltanto la necessità economica che richiama gli artisti nei grandi centri. C’è pure la sete di nuove esperienze, la paura di chiudersi in un gusto paesano e di impigrirsi nella ricerca. Ne ho visti molti partire ed alcuni sfondare per davvero, magari dopo anni di attesa e di privazioni, a tutto adattandosi. Anche il pittore Mario Bocchini di Cesena ha tentato la grande strada del nord: destinazione Milano. Ma a Milano è ancora "à la page" l’astrattismo (i mercanti devono bene disfarsi delle migliaia di tele accumulate), mentre invece Bocchini, come tutti i seguaci della scuola di Cesena, ha marcata derivazione dal figurativismo. E così ha dovuto convertirsi al credo di Klee. L'ho visto negli improvvisi andirivieni nella sua città, tutto esaltato in un lavoro di schematizzazione del soggetto, di scansione delle tinte, nel tentativo di impadronirsi della linea pura. Ma poi gli è nata la stanchezza per un modo di dipingere a freddo, perché all'astrattismo, come all'informale non ci si giunge accademicamente, assimilando una tecnica, come non si giunge alla poesia attraverso una formale ricerca metrica. Così è ritornato ai vecchi schemi, più maturo e scaltrito naturalmente. Ed ha ripreso i soggetti della nostra civiltà meccanica: i semafori, le macchine per le quali non era necessaria una identificazione di contorni fisici, ma esclusivamente l'essenzialità di una poetica. Soggetti dunque come mezzi di linguaggio non naturalista. Affermerei che le tele sono tanto più efficaci così, quanto più mantenute nella freschezza dell'abbozzo, nella grazia dell'intuizione. E' che il bovarysmo, al quale mi riferivo all'inizio, ha una sua influenza benefica come verifica della propria disponibilità oltre che come contatto con le esperienze altrui. Per l'appunto una nuova conferma dell'insostituibile ispirazione della ricchissima provincia italiana. Romano Pieri |
Mario Bocchini e Ruggero Orlando nel 1968
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